<8> LA CASA DEL
1100 SUL POGGIO SALAMARTANO NON C’È PIÙ
Margherita, la ragazza polacca che da alcuni anni vive a
Fucecchio come badante e come colf mi manifestò un giorno
il desiderio di incontrarsi con la comunità delle clarisse
che vive nel Monastero di S. Salvatore, sul Poggio
Salamartano, a partire dal 1785.
Telefonai immediatamente al Monastero e mi rispose la
badessa. Le dissi:
- Una giovane polacca vorrebbe incontrarsi con la vostra
comunità in una ora qualsiasi del pomeriggio perché al
mattino deve assolvere i suoi impegni di badante e di
colf.
- Ha forse intenzione di farsi monaca come noi?
- Questo, cara badessa non lo so e non gliel’ho neppure
domandato; ma lo escluderei perché desidera che anch’io
partecipi all’incontro.
- Potete venire domani alle ore 16. Saremo liete di
conoscerla.
L’indomani poco prima delle ore 16 ci trovavamo già sul
Poggio Salamartano che avevamo raggiunto salendo le
interminabili “scarelle” in mattoni.

Come in altre occasioni, la ragazza manifestò il suo
entusiasmo per il Poggio Salamartano, il “salotto buono”
di Fucecchio. In questa occasione apprezzò moltissimo i
cinque lecci dal fogliame foltissimo ed intensamente
verde.
Giunti all’altezza del quarto leccio, l’attenzione di
Margherita venne attratta dalla presenza di quattro
quadrucci di marmo bianco sulla pavimentazione ammattonata
di questa piazza.
- Cosa ci stanno a fare questi quadruccetti di marmo
bianco?
La casa medioevale incendiata
Risposi:
- Nel 1200 nell’area occupata dal quadrangolo che
otterresti congiungendo i quattro quadrucci c’era una casa
di contadini. Là, sulla parete del muretto del portico,
c’è un quadretto in plexiglas che ce ne mostra la immagine
e ce ne dà la descrizione. Avviciniamoci.
Margherita, spinta dal suo desiderio di conoscere, non se
lo lasciò ripetere due volte.
- Com’è possibile? Com’è possibile?
- Che sa? – le chiesi.
- Come avete fatto a sapere che era fatta in questa
maniera?

- Nel 1984 quando furono eseguiti i lavori mirati
all’ammattonatura di questa piazza, prima di fare la
gettata di cemento per realizzare la massicciata su cui
dovevano essere murati i mattoni, venne fatto con le ruspe
una scavo di una ventina di centimetri. Quando la ruspa
arrivò su questo punto vi trovò tanti pezzetti di ardesia
di color nero. Fortunatamente quel giorno sul Poggio
Salamartano c’era l’archeologo fucecchiese Andrea Vanni
Desideri. Lui ordinò subito al ruspista di interrompere lo
scavo. E a noi che eravamo presenti ci disse: “Qui,
sicuramente c’era una casa e sul tetto non c’erano gli
embrici, ma pezzi di ardesia”. Poi ci disse: “Mi
raccomando, non passateci di sopra. Io vado subito a
prendere i miei arnesi e proseguirò lo scavo”.
- E tu, Mario, eri presente?
- Sì, sì. Gli scavi di Andrea durarono alcuni giorni.
Mentre scavava trovò quell’anfora che vedi addossata al
palo che sta al centro della casa, alcune pezzetti di
boccali in prossimità del focolare e, incredibile a dirsi,
la parte inferiore di una macina a mano del grano.
- Mario, non riesco a capire di cosa erano fatte le pareti
di quella casa.
- Andrea ci spiegò che erano fatte con delle erbe avvolte
intorno a stecche di legno e poi ricoperte con argilla.
- Ma come mai quei contadini che sicuramente erano
poverissimi lasciarono in casa quell’anfora e quella
macina ed anche i boccali?
- Perché dovettero fuggire all’improvviso.
- E perché dovettero fuggire all’improvviso?
- Perché in quella casa vi scoppiò all’improvviso un
incendio.
- E chi ve lo ha detto?
- Andrea ha ritrovato dei pezzetti dei pali, che
sostenevano la casa ed il tetto, carbonizzati. Sicuramente
la casa venne incendiata o nel 1136 o nel 1185. Ce lo
dicono i documenti scritti.
- E che cosa vi dicono?
- Che i nemici nel 1136 entrarono in Fucecchio e ne
incendiarono quasi tutte le case.
- E nel 1185, invece, che cosa successe?
- Un fatto molto triste. I cattolici fucecchiesi
incendiarono le case di quattro o cinque famiglie
eretiche. Può darsi che quella famiglia che abitava qui
sul Poggio fosse una di quelle.
- Come si chiamavano questi eretici?
- Patarini.
- In che cosa non credevano?
- Credevano in tutto ciò in cui credono i cattolici.
- E allora in cos’altro credevano?
- Loro credevano che per raggiungere Dio che è la nostra
felicità e per sfuggire a Satana che è il nemico numero
uno della nostra felicità era necessario disprezzare il
corpo e i piaceri dei sensi. Addirittura asserivano che
era preferibile suicidarsi piuttosto che cadere nelle
braccia di Satana. Essi amavano la purezza e la povertà,
due valori che a quel tempo non erano amati nemmeno dai
preti e dai frati.
- Mah! – sbuffò Margherita.
- Sono le ore 16, Margherita.
Fatti pochi passi , aprimmo il portone ed entrammo
nell’atrio del Monastero. Suonai il campanello e
attraverso il citofono annunciai alla suora portinaia la
nostra presenza.
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