<21> TRE SEPOLTURE NELL’AREA
DELLA PIAZZA DELL’OSPEDALE
Rita, la ragazza fucecchiese, e Margherita, la giovane
colf polacca, dopo l’incontro conclusosi nella piazza dei
Seccatoi, erano diventate amiche.
Un tardo pomeriggio del mese di marzo, mentre uscivo dalla
portineria dell’ospedale di Fucecchio vidi le due ragazze
sedute davanti al bar di Marco Costagli. Mi diressi verso
di loro. Appena mi videro mi salutarono e mi invitarono a
sedermi al loro tavolino rotondo.
Rita, la ragazza acqua e sapone, mi prevenne dicendomi:
- Non vorrai mica farci credere che anche in questa piazza
ci sono delle sepolture illustri.
Per evitare lungaggini porsi a Margherita il cellulare
magico e la invitai a rivolgersi direttamente alla piazza.
Margherita, compiaciuta per la mia scelta, premette il
tasto verde e chiamò la piazza.
La prima informazione della piazza
- Pronto, pronto, pronto.
- Ciao, Margherita. Ti ho riconosciuta subito. Ormai sei
diventata famosa. Parliamo spesso di te perché mostri
sempre un grande interesse per le cose che non ci sono più
in questa Fucecchio diventata da un paio di anni una
Città. Nel luogo dove voi state sedute c’era una piazza
che venne letteralmente cancellata dall’edificio che
ospita il Bar di Marco Costagli e il negozio di generi
alimentari “Da Alessandro”
- Davvero? – domandò in Rita in preda ad un certo stupore.
- Sì, c’era la piazza che fungeva anche da sagrato per la
chiesa di S. Andrea che le stava davanti. Avvicinati al
display delle cellulare magico e potrai vedere due
piantine che illustrano la presenza della piazza e la sua
cancellazione.
Rita si avvicinò al display e poté rendersi conto che
l’area occupata dall’edificio dove si trova il bar
corrispondeva a Piazza S. Andrea.
L’intervento di Margherita
- Tu, mia cara Piazza, hai detto che l’area dove noi ci
troviamo fungeva da sagrato per la chiesa di S. Andrea.
Allora davanti a noi c’era una chiesetta? – intervenne
Margherita.
- Chiesetta!! – esclamò stupita la piazza dell’ospedale.
Questa era una chiesa lunga per tutta la larghezza della
piazza. Era una chiesa a tre navate.
- Quello che mi dici ha dell’incredibile. Ma è proprio
vero?
- Se non ci credi, consulta la pianta di Fucecchio
dell’agrimensore Banti risalente al 1785.
- E dove posso trovarla questa pianta del signor Banti?
- La puoi trovare nella vicinissima Fondazione
Montanelli-Bassi oppure nella casa del fratello di Mario
non più distante di cinquanta metri.
Io annuii con la testa. E Margherita:
- Scusami per la mia incredulità.
- Ti capisco, Margherita e ti scuso.
Rita, ancor più meravigliata di Margherita, chiese:
- Da quanti anni c’era codesta chiesa di S. Andrea?
- Il conto devi farlo tu, cara Rita, dato che disponi di
una calcolatrice tascabile. Questa chiesa era stata
inaugurata addirittura nel 1239.
Rita estrasse la calcolatrice dalla tasca dei suoi jeans e
le ordinò 2012-1239. Poi riferì:
- Venne realizzata in questa piazza 773 anni fa. Era
vecchissima.
- Macché vecchissima!! Quando questa chiesa venne venduta
nel 1787 al signor Montanelli che la trasformò in
magazzino aveva appena dodici anni.
- Ma, allora, lei, cara signora piazza – obiettò Rita – ci
dice delle grosse bugie.
- Rita, Rita.. Io le bugie non le ho mai dette e mai le
dirò. Devi sapere che nel 1774 questa chiesa, che era
pericolante, venne ricostruita a tempo di record. Un anno
dopo era già pronta, Venne pure ricostruito il campanile.
Della ricostruzione di questa chiesa potrai saper tutto se
avrai la pazienza di leggere il libro del canonico Taviani
intitolato RICORDI e che potrai trovare in biblioteca o
presso la Fondazione Montanelli che ne ha curata la
pubblicazione.
- E come fece il canonico Taviani a sapere tutto? –
intervenne la giovane polacca con i suoi vistosi occhiali
da sole.
- Il canonico, mia bella Margherita, viveva a due passi
dalla chiesa e quando avvenne la ricostruzione della
chiesa aveva una trentina d’anni. Inoltre aveva il “vizio”
di scrivere quasi ogni giorno tutto quello che succedeva a
Fucecchio.
- Potrei parlarci con questo canonico – intervenne ancora
la giovane polacca.
- Diamine! Basta che tu prema il piccolo tasto giallo del
cellulare magico.
- Grazie, grazie, grazie.
Rita, preoccupata, chiese a Margherita:
- Ma almeno lo sai che cosa devi chiedere a questo
canonico Taviani?
Margherita, anziché rispondere a tono, premette il tasto
giallo ed immediatamente udì una voce robusta, virile:
Un personaggio davvero doc, il canonico Taviani
- Ciao Margherita! Ciao Rita. Ciao anche a te Mario
Catastini. Vi ringrazio per l’interesse che dimostrate per
la Fucecchio che è ormai sepolta da qualche secolo.
Colsi la palla al volo e proposi:
- Senta don Giulio, vuole parlare a queste due ragazze
anche del monastero che era annesso a questa chiesa?
- C’era anche un monastero in questa piazza? – si chiese
stupita la fucecchiese Rita.
- Sì, care ragazze - rispose il canonico - Attaccato alla
chiesa c’era un monastero di monache del tutto identiche a
quelle che attualmente si trovano nel monastero sul Poggio
Salamartano. E quando questo monastero venne chiuso, dieci
anni dopo la ricostruzione della chiesa di S. Andrea, di
monache ce n’erano 42.
E Margherita, la colf polacca:
- Ma il monastero nacque nello stesso anno della chiesa di
S. Andrea?
- No, Margherita. Il monastero venne costruito quasi cento
anni dopo la chiesa e precisamente nel 1334 mentre la
chiesa era stata costruita nel 1239.
- E perché, ora, non ci sono più né chiesa né monastero? –
interloquì Rita.
- Perché la chiesa ed il monastero vennero chiusi nel 1785
e venduti due anni dopo al Montanelli che li trasformò in
magazzini.
- Ma chi li fece chiudere? Il vescovo di S. Miniato? E
perché chiesa e monastero vennero venduti? – chiese a volo
la ragazzina polacca.
- La chiesa ed il monastero di S. Andrea furono chiusi e
venduti per ordine del granduca di Toscana Pietro Leopoldo
I°.
- E le 42 monache che erano dentro il monastero dove
andarono? – proseguì Margherita?
- Vennero mandate nel Monastero che si trova ancor oggi
nel Poggio Salamartano.
E Rita, la fucecchiese acqua e sapone:
- E cosa ci stava a fare quel monastero sul Poggio
Salamartano se dentro non c’era nessuno?
- Cara Rita, intanto devi sapere che quel monastero si
trovava sul poggio Salamartano dal 1100 e che non era
stato mai vuoto. Fino al 1300 c’erano stati i monaci
benedettini e poi quelli vallombrosani. Dal 1300 al 1783 ,
cioè fino a 4 anni prima che vi venissero trasferite le
monache di S. Andrea c’erano stati, per oltre quattrocento
anni i frati francescani conventuali, quelli vestiti col
saio nero. Perciò, cara Rita, quel monastero non era stato
mai vuoto. Anzi devo ragguagliarti con un’altra notizia.
Appena furono mandati via i frati neri vi venne trasferita
quella decina di suore romualdine che vivevano nel
monastero di Corso Matteotti. E non mi guardare male,
Rita! A Fucecchio, a quell’epoca, c’erano due monasteri e
due conventi*.
- Ho bell’ e capito, signor canonico – concluse Rita – che
Fucecchio nel 1770 era piena di frati e di monache.
- E di preti. Di preti ce n’erano almeno 37 – completò il
canonico, che proseguì – Al tempo mio molti preti
rimanevano disoccupati per tutta la vita. La
disoccupazione esisteva anche allora. Non chiedetemi,
ragazze care, la ragione per cui molti giovani e molte
ragazze si facevano preti, frati e monache. Il discorso
diventerebbe troppo lungo.
- Puoi dirci, canonico Taviani, cosa successe alla chiesa
e al monastero dopo che furono chiusi?
Ed il canonico.
- Fino al 1840 diventarono magazzini. Dal 1840 al 1872 i
magazzini vennero trasformati in scuola elementare
maschile. Nel 1891 la chiesa ed il monastero vennero
abbattuti per dar vita alla piazza dove ora vi trovate.
- Grazie, grazie, grazie, signor canonico.
- Prego – rispose il canonico che si congedò.
Un altro sepolto
Rita scosse la testa. Mai avrebbe immaginato che dietro le
quinte di questa piazza ci fossero state tante pagine di
storia, anzi tanti inquilini ormai sepolti.
Margherita, con i suoi occhialoni da sole, confidò a Rita:
- Prima di andarcene devo ringraziare la piazza che ci ha
fornito tante informazioni e ci ha fatto conoscere il
canonico Taviani.
Margherita premette di nuovo il tasto verde:
- Ciao, ciao, ciao, Piazza. Io e Rita ti ringraziamo per
averci fatto scoprire tante presenze dietro le quinte
della tua piazza.
E la piazza:
- Aprite bene le orecchie, ragazze.
Dalla viva voce del cellulare sentirono arrivare dei
lamenti prolungati. E Margherita:
- Chi è che si lamenta così?
- E’ la statua di bronzo del secondo re italiano, Umberto
I°.
- Una statua? E perché si lamenta? – domandò Rita che non
smetteva di stupirsi.
Il vostro amico Mario ne sa qualcosa più di me.
Rivolgetevi a lui. Ciao, ragazze care.
- Ciao, ciao, ciao.
E Rita:
- E allora, Mario, dicci tutto quello che sai su questa
statua.
Io vi dirò perché piange. Tutto il resto potrete
conoscerlo leggendo FUCECCHIO PARLA.
- Perché, perché, perché la statua di quel re piange?
- Il 2 ottobre del 1904 al centro di questa piazza venne
innalzato un monumento al re Umberto I°. La piazza, grazie
a questo monumento ed al muro di recinzione che la isolava
dall’ospedale acquistò una grazia inimmaginabile. Nel
1972, quando io avevo 40 anni, il monumento venne smontato
perché sotto il pavimento della piazza venne realizzato un
grande deposito di acqua che avrebbe alimentato
l’acquedotto pubblico. Al termine dei lavori il monumento
non venne rimontato per volontà dei nostri amministratori
comunali. Il basamento e il busto in bronzo di Re Umberto
I° finirono in un capannone della fattoria Corsini. Io,
qualche anno dopo, chiesi l’intervento della
Soprintendenza di Firenze. Gli ispettori della
Soprintendenza vennero a Fucecchio e dopo aver visionato
la piazza dell’ospedale, il basamento e la statua in
bronzo che si trovavano nella Fattoria Corsini convennero
che sarebbe stato opportuno ripristinare il monumento e
prescrissero al Comune l’obbligo di “rimontare” il
monumento. Sono già trascorsi oltre trenta anni ed ancora
la statua ed il basamento giacciono in Fattoria Corsini.
La statua del re emette i lamenti che avete uditi perché
vorrebbe ritornare al centro della piazza.
Le due ragazze mi ringraziarono e si alzarono per
abbandonare il tavolinetto rotondo del bar.
- Restate sedute al vostro tavolino! – gridò una voce
stridula – Fatevi raccontare da Mario la fine del
Conventino di S. Andrea!
- Come? C’era anche un Conventino, oltre al monastero? –
si chiese la ragazza acqua e sapone.
- Per noi fucecchiesi la parola conventino non significa
piccolo convento bensì una piccola fila di casa a ridosso
di una via, ma da essa staccata. Lungo tutta l’ala destra
dell’attuale ospedale quella degli ambulatori e del
laboratorio di analisi e dei prelievi dei donatori di
sangue c’era una fila di case di cui abbiamo anche una
foto. Al piano terra di questo conventino c’erano botteghe
artigiane, magazzini e stalle. Mio padre, da bambino, fece
l’apprendista calzolaio in una di quelle botteghe
artigiane. In certi giorni di mercato veniva arruolato da
un venditore ambulante che nel Conventino disponeva di
magazzino e di stalla. Agli inizi del 1900 i mercati si
raggiungevano con i barrocci trainati dai cavalli. Al
primo piano, invece, c’erano delle abitazioni, cioè degli
appartamenti per modo di dire. In uno di quegli
appartamenti abitò anche mia zia Gaetana Falorni qualche
mese dopo essersi sposata con Luigi Cenci.
- E perché venne abbattuto questo conventino? – mi chiese
a volo la giovane polacca.
- Per potervi costruire nel 1927 un manicomio femminile ed
anche per poter recingere opportunamente l’area
dell’ospedale. Una volta, quando ero ancora un ragazzo,
mio padre, mentre andavamo a far visita a mia madre
ricoverata in ospedale, mi portò in prossimità della
facciata del manicomio e mi disse: “ Qui c’era la bottega
del calzolaio che mi insegnò il mestiere” Si portò più in
basso e concluse: “Qui c’erano il magazzino e la stalla di
Ghiaopino. Mi portava quasi sempre con sé al mercato di
Lucca.” Nel 1927 il conventino sparì per sempre.
Proprio mentre concludevo la narrazione della fine del
Conventino si avvicinò a noi il mio amico Beppe
Montanelli.
Un’altra sepoltura celebre
- Ciao, Mario. Buonasera, ragazze - ci salutò Beppe
Montanelli che proseguì – Caro Mario, ci voleva proprio la
tua presenza qualche minuto fa in fondo alla via. Due
turisti si affannavano a leggere la targa posta alla base
della defunta torre di Castruccio. Appena mi hanno visto
comparire dalla scaletta dell’Andreini mi hanno chiesto
informazioni sulla Torre. Io mi sono limitato ad indicar
loro il cartello soprastante che dà almeno qualche notizia
corredata di date. Se c’eri tu, Mario, avresti dato loro
un sacco di informazioni.
Ribattei:
- La persona più qualificata in fatto di informazioni
sarebbe stato il professor Alberto Malvolti l’unico
storico autentico del nostro Comune. Io, invece, dispongo
di un maggior numero di notizie desunte da testimonianze
sulla morte della torre.
- Come come? C’era una torre? Io non ne sapevo niente.
Purtroppo non sono abituata a leggere le lapidi –
intervene Rita.
E Margherita aggiunse:
- Puoi dirci quando e perché morì la torre?
Avevo dodici anni quando la torre morì. E non mi trovavo
nemmeno in paese. Mi trovavo “sfollato” da venti giorni in
Padulino a causa della guerra che stava passando da
Fucecchio. La torre morì la notte del 10 agosto 1944. I
soldati tedeschi di stanza a Fucecchio e che all’epoca
erano diventati nostri nemici l’avevano minata e quella
notte la fecero esplodere. Era l’unica delle nove torri
della terza cerchia di mura medioevali del 1300 che era
sopravvissuta.
Scossi la testa in preda ad un forte rammarico.
Le due ragazze se ne accorsero e non vollero ferirmi con
altre domande.
Dissi loro:
- Se volete saperne di più leggete il mio racconto sulla
torre di Castruccio nel libro FUCECCHIO PARLA che
troverete sul sito
www.fucecchionline.com.
*
Monastero di
S. Andrea in Piazza dell’ospedale.
Monastero di S. Caterina in corso Matteotti (Giardino
Bombici).
Convento- Ritiro La Vergine di frati zoccolanti in Piazza
La Vergine.
Convento di S. Francesco di frati neri sul Poggio
Salamartano
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