la FUCECCHIO che non c'è più

 

<3> ORATORIO DI S. ROCCHINO

Dal mercatino domenicale a S. Rocchino

In Piazza Vittorio Veneto per tutto il 2011 vi svolse settimanalmente il mercatino della domenica. Un amico mi avvisò che quel mercatino aveva le settimane contate perché gli insuesi neppure si accostavano alle cinque o sei bancarelle che esponevano i loro pezzi. Addirittura ben cinque delle cinque o sei bancarelle non si presentavano più da circa un mese.
Decisi di andare a vederlo almeno per una volta.
Quella domenica mattina ci trovai soltanto una bancarella con ortaggi e frutta. Davanti alla bancarella c’erano due ragazzine in pantaloni neri e berretto nero a cuffia. Una delle ragazze indossava una mantellina bianca con guarnizione nera. Forse, questa, era la polacca Margherita. Avevo indovinato.
- Ciao, Margherita – la salutai.
- Ciao, ciao, ciao, Mario! Che piacere incontrarti nella Piazza del tuo paese. Chissà quante cose interessanti sono sepolte sotto queste lastre di pietra!
- Hai perfettamente ragione. Comunque te le taccio perché le troverai tutte quante nel mio libro FUCECCHIO PARLA. Di una cosa sepolta, però, non ne parlai. Se mi seguirai ti porterò proprio nell’area dove un’altra chiesina, detta altrimenti Oratorio, vi venne realizzata e vi morì.
Margherita salutò il bancarellista e mi seguì.
Mi portai verso la scalinata in pietra che sale alla Collegiata. Insieme a Margherita salimmo la prima rampa di scalini e giunti sul ripiano feci cenno alla ragazza di fermarsi. Spiegai:
- Proprio qui c’era una chiesina, l’Oratorio di S. Rocchino. Ed ora prenditi il cellulare magico e divertiti a rivolgere tutte le domande che desideri all’Oratorio ormai sepolto.

L’Oratorio di S. Rocchino fornisce la prima rivelazione

Margherita prese il cellulare magico che avevo tirato fuori dalla tasca del mio cappotto scuro e cominciò:
- Buongiorno, buongiorno, buongiorno, oratorio di S. Rocchino.
- Buongiorno, Margherita. Sono contento che qualcuno si interessi finalmente di me.
- Vorrei sapere subito se ti fece costruire il Comune di Fucecchio.
- No. Non ci hai indovinato. Venni fatto costruire dalla Compagnia di S. Rocchino che i fucecchiesi avevano ribattezzato la Compagnia dei Pomposi. Vuoi sapere perché li chiamavano cosi?
- No, no, no! Desidero sapere perché tu vieni chiamato Rocchino. Forse esistono due santi; Rocchino e Rocco?
- Cara Margherita, con codesta domanda, mi fai tirar fuori il Comune di Fucecchio. Cerca di seguirmi, senza interrompermi. Prima di tutto esiste un santo solo: S. Rocco. Vengo chiamato Rocchino per una ragione molto precisa. Non interrompermi, eh! Devi sapere che fin dal 1400 nella piazza sottostante c’era già un Oratorio di S. Rocco; ma era talmente piccolo che lo chiamarono S. Rocchino. Dentro c’entravano a mala pena il prete ed altri quattro fedeli.
- Perché non hai rammentato il Comune, come mi avevi anticipato?
- Perché mi hai interrotto, Margherita?
L’Oratorio riprese un po’ di fiato e proseguì:
- Quell’Oratorio l’aveva fatto costruire proprio il Comune.
- E perché? – intervenne di nuovo la giovane polacca.
- Ché Mario non te l’ha mai detto come mai in tutti i paesi della Toscana c’era almeno una chiesina dedicata a S. Rocco ed al suo amico S. Sebastiano?
- No, non gliel’ho mai detto perché soltanto oggi ci siamo occupati di te – precisai con calma.
- Margherita, a questo punto il discorso si allunga un po’. Devi sapere che durante tutto il Medioevo e cioè dal 500 al 1500, si verificavano spesso anche in Toscana le epidemie di peste. S. Rocco e S. Sbastiamo erano stati proclamati dalla Chiesa i Santi Protettori dalla peste. La peste visitava spesso anche Fucecchio. Per questo il Comune aveva fatto costruire in Piazza un oratorio. Il Comune avrebbe voluto far costruire un Oratorio più grande, ma in Piazza non c’era più posto disponibile ad eccezione di quello dove venne murato l’oratorio.
- E come facevano i due Santi a proteggere i fucecchiesi dalla peste?
- A dire il vero, Margherita, è Dio che protegge le persone tramite l’intercessione dei Santi. Dio, però – così ci fanno credere – diventa buono se Gli rivolgiamo delle preghiere e se Gli offriamo dei sacrifici. E siccome la Messa è l’offerta di un sacrificio, il Comune fece costruire quella chiesina per farvi celebrare delle Messe per rendere più buono Dio che ci avrebbe così protetto dalla peste.
- Da chi venivano celebrate le Messe?
- Da un cappellano che veniva scelto dal Comune e che veniva regolarmente pagato con moneta sonante. Ad esempio, il 5 maggio 1526 venne eletto come cappellano un frate nero fucecchiese che si chiamava Luca Gherardelli. Gli venivano corrisposte 7 lire a mese. Il nostro frate doveva celebrare le Messe sia all’aperto, in Piazza, sia nel piccolissimo Oratorio, che si trovava in questa Piazza, specialmente quando le epidemie erano in arrivo.
- Grazie, grazie, grazie! Ho capito che prima di te c’era un altro oratorio molto piccolo che si trovava in Piazza e di cui era proprietario il Comune di Fucecchio.

Un fatto nuovo accaduto nel 1595, dieci anni prima che venisse realizzato l’Oratorio al termine della prima rampa di scalini.

Mi feci consegnare il cellulare magico a Margherita e, rivolto all’Oratorio, gli dissi:
- Siccome hai già parlato tanto, ora devi riposarti un po’. Ci penserò io a fornire alcune informazioni importanti alla ragazza polacca.
Margherita mi chiese:
- L’Oratorio che si trovava su questo ripiano venne fatto costruire dalla Compagnia dei Pomponi, vero?
- Dei Pomposi o di S. Rocchino. Devi sapere che questa Compagnia era nata nel 1595, quando l’oratorio, piccolissimo, si trovava ancora in Piazza. Questa Compagnia era stata fondata da un gruppo di Fucecchiesi ricchi ed acculturati. Decisero di indossare una cappa di color verde e di reclutare soltanto persone distinte , cioè benestanti e istruite. La Compagnia voleva promuovere una maggiore devozione per i due santi: Rocco e Sebastiano. Tutti convennero, fin dalla nascita della Compagnia, che sarebbe stato necessario un Oratorio molto più grande e che doveva trovarsi nella Piazza o nei suoi paraggi. Ma dove?
-Scusa, Mario - interloquì Margherita – c’era già nel 1595 questa doppia rampa di scalini?
Di scalini qui non c’era nemmeno l’ombra quando nacque la Compagnia di S. Rocchino. E in cima alle due rampe non c’era nemmeno la facciata della Collegiata con il suo orologio.
-Che cosa c’era allora?
Al posto delle scale c’era un ciglione ricoperto di erba e di qualche arbusto. Sulla tua sinistra, di fianco al palazzo – che non c’era - passava un viottolo che portava sul Poggio Salamartano.
-E in cima alla seconda rampa che cosa c’era?
-C’erano due cose: un bellissimo campanile di cui poi ti mostrerò l’immagine e la parte posteriore della vecchia Collegiata. A quel tempo la facciata della Collegiata era davanti al muro castellano. Poi ti farò vedere anche questa. Adesso, Margherita, puoi riprendere la conversazione con l’Oratorio.


Le passai il cellulare magico.

Come nacque l’Oratorio di S. Rocchino posto fra la Piazza e il campanile della vecchia Collegiata.

- Ciao, ciao, ciao, Oratorio. Se non ti dispiace riprendiamo la nostra conversazione. Puoi dirmi quando i Pomposi decisero di costruire il tuo Oratorio?
- Subito. Appena ebbero fondato la compagnia, nel 1595. Ma siccome era impossibile trovare un’area grande nella Piazza, studiarono subito la possibilità di edificare il nuovo Oratorio sul dirupo o ciglio che si trovava fra la Piazza ed il campanile della vecchia Collegiata.
- Chi era il proprietario di quel pezzo di terreno?
- Il pievano. A quel tempo la Collegiata si chiamava Pieve ed il parroco della pieve veniva chiamato pievano.
- E allora che cosa successe? – chiese di nuovo Margherita.
- I “pomposi” andarono dal pievano e gli chiesero se era disposto a vender loro quel ciglio per fabbricarci un Oratorio abbastanza grande di S. Rocchino, visto che quello di Piazza era inutilizzabile specialmente ora che era nata la Compagnia di S. Rocchino.
- E il pievano che cosa rispose?
- Quel pievano fu bravissimo. Si chiamava don Guglielmo Lupi. Lui rispose loro: “Io sono disposto a regalarvelo quel terreno; però, lo sapete meglio di me, per poter costruire l’Oratorio è necessaria l’autorizzazione della nostra episcopessa.
Margherita, in preda ad una discreta dose di perplessità, protestò:
- Ma tu, Caro Oratorio, ti stai burlando di me. Le episcopesse non sono mai esistite. Mi fai cader dalle nuvole. Non scherzare, per piacere!
- Io non sto scherzando e Mario te lo può garantire. Per piacere, Mario, devi intervenire!
Confermai:
- L’Oratorio sta dicendo la verità. Della badessa di quelle monache di Gattaiola in Lucca ti ho già parlato quando ti trovai davanti alla libreria Eden. La chiesa di Fucecchio è stata governata dalle episcopesse da 1299 fino al 1622. Soltanto a partire dal 1622 noi siamo stati governati dai vescovi di S. Miniato.
- Ed allora cosa successe?
L’Oratorio rispose:
- I dirigenti scrissero una lettera alla episcopessa per chiederle la cessione del terreno e l’autorizzazione a costruire un Oratorio di S. Rocchino più grande fra la Piazza e il campanile della pieve..
- E l’episcopessa che cosa rispose?
- L’episcopessa autorizzò la cessione del terreno e la costruzione dell’Oratorio.
- E poi che cosa successe? – insistette Margherita.
- La Compagnia fece costruire un bell’Oratorio che si trovava proprio nel luogo dove vi trovate tu e Mario. Appena l’Oratorio fu terminato, e si era nel 1605, i Pomposi scrissero un’altra lettera alla episcopessa perché mandasse un suo vicario a consacrarlo e perché chiarisse a tutti i confratelli quello che avrebbero potuto fare nell’Oratorio.
Presi il cellulare dalla mano destra di Margherita e suggerii all’Oratorio:
- Se te lo ricordi, ripetile quello che scrisse l’episcopessa ai Pomposi.
- Me lo ricordo molto bene. Scrisse: “Manderò il mio vicario, don Vincenzo Sisti a consacrare il vostro Oratorio nella festività della Natività della Beata sempre Vergine (8 settembre) onde in quello si possino celebrare divini uffizi e Messe, e che possa seppellirsi i detti confratelli.”
- Ma era matta quella episcopessa? Sotterrare i morti in una piccola chiesa è antigienico, non è vero?
- Cara Margherita – intervenni – ricordati che i fatti si riferiscono al 1600. A quel tempo che se ne sapeva dell’igiene? Nell’area del Poggio Salamartano c’erano tre chiese (S. Donnino, pieve di S. Giovanni, S. Salvatore) e due oratori (Madonna della Croce e S. Rocchino). Ebbene ogni chiesa ed ogni oratorio disponeva di tombe dentro il fabbricato e di un cimitero, lì vicino, dove le salme venivano interrate. Nell’area del Poggio Salamartano c’erano perciò anche cinque cimiteri. Cara Margherita, noi avemmo il primo cimitero pubblico, lontano dal paese, soltanto nel 1786.
- Grazie, Mario, per il tuo intervento chiarificatore – attestò l’Oratorio

Le ultime domanda di Margherita

- Ma dov’è andato a finire quell’Oratorio che era qui? Chi mi risponde?
- Ti rispondo io, Margherita - rispose l’Oratorio, che proseguì – Io rimasi in vita per 117 anni. Poi venni demolito e finii per sempre.
- Da chi fosti demolito?
- Dall’arciprete della Collegiata nel 1782.
- Dall’arciprete? O che non si vergognò?
- O Margherita, l’arciprete si limitò a dare ai muratori l’ordine di demolirlo.
- Ma com’è possibile che un prete dia l’ordine di abbattere una chiesa anche se piccola. E poi questo Oratorio non era dell’arciprete: era della Compagnia di S. Rocchino.
- Povera Margherita, si vede che sei digiuna di informazioni storiche! Devi sapere che due anni prima, e cioè nel 1780, il Granduca della Toscana Leopoldo I° soppresse tutte le compagnie che esistevano in Toscana e quindi anche quelle di Fucecchio. Il Granduca fece poi un’altra cosetta: regalò tutti i possedimenti delle compagnie al Capitolo della Collegiata e cioè alla Collegiata. Nello stesso anno il Capitolo decise costruire una Collegiata nuova di zecca e con la facciata rivolta verso la Piazza anziché verso il Monte Pisano. E nel 1782 l’arciprete fece demolire tutta la vecchia Collegiata ed anche questo Oratorio che era diventato suo. Dov’era il ciglio avrebbero costruito la scalinata che saliva davanti al portone della Nuova Collegiata. Perciò quel povero arciprete non fece alcun dispetto a nessuno. Il mio oratorio doveva essere abbattuto per forza per far posto alla scalinata. Soddisfatta?
- Soddisfattissima, Oratorio. Ti chiedo scusa se qualche volta mi sono mostrata un tantino intemperante.
- Ti capisco, Margherita. Sappi, però, che ti voglio molto bene e che sento anche il dovere di ringraziarti per l’interesse che hai dimostrato nei miei confronti. Ti meriti tanta fortuna e tanti successi. Salutami e ringraziami il tuo accompagnatore Mario. Ciao.
- Ciao, ciao, ciao, Oratorio di S. Rocchino.

Una dimenticanza imperdonabile

Salimmo sul Poggio Salamartano e, dopo aver disceso le Scarelle, imboccammo il Viale Buozzi e ci dirigemmo verso lo stadio comunale.
Per tutto il tragitto non avevamo profferito una parola. Divertito, punzecchiai Margherita con questa osservazione:
- Tu, Margherita, questa volta ti sei dimenticata di chiedere una informazione importantissima all’Oratorio di S. Rocchino.
- Quale informazione?
- Per mezz’ora abbiamo parlato di un santo, ribattezzato Rocchino e..
- Ah, è vero: ho dimenticato di chiedergli se mi faceva conoscere la vita di S. Rocco. Tu Mario la conosci? Puoi raccontarmela?
- Ti dirò soltanto che la festa di S. Rocco cade ogni anno il 16 agosto. Appena sarò giunto a casa di manderò tramite la posta elettronica una scheda con la vita di S. Rocco.
Mezz’ora dopo esserci salutati, sul computer di Margherita comparve il testo della vita di S. Rocco qui riportato.

San Rocco nacque pochi anni prima del 1300 a Montpellier in Francia.
All'atto della nascita recava sulla pelle del petto una croce rossa.
Il cognome della sua famiglia era Rog. Da Rog venne derivato il nome Rocco.
Rocco, a venti anni, rimase orfano di entrambi i genitori.
Subito dopo questo triste evento decise di recarsi in pellegrinaggio sulle tombe degli apostoli a Roma.
Prima di partire distribuì tutte le sue ricchezze ai poveri.
Parti con il caratteristico abbigliamento dei pellegrini:
cappello a falde larghe; mantello a mezza gamba o sarrocchino; il bordone o bastone; un rosario ed una grossa conchiglia sul petto che fungeva da bicchiere e da tazza.
Giunto in Italia si trovò di fronte ad una grave epidemia di peste. Dimentico dello scopo del suo pellegrinaggio, si dedicò interamente all'assistenza degli appestati.
Anche a Roma il giovane Rocco profuse tutte le sue energie e tutto il suo spirito di carità nei confronti degli appestati.
E dopo Roma, andò a Cesena, a Novara e poi a Piacenza per assistere gli appestati.
Sulle rive del Po il giovane francese contrasse la peste. Il bubbone, comparsogli su di una gamba, gli procurava dolori lancinanti.
Per non essere di peso a nessuno si trascinò in un bosco e si rifugiò in una capanna. Il bubbone, immobilizzandolo, gli impediva di mangiare e di bere. Accaddero, però, due fatti prodigiosi:
una fonte cominciò a sgorgare a portata della conchiglia di S. Rocco ed un cane, tutti i giorni, gli portava un tozzo di pane stringendolo fra i denti.
Rocco guarì.
Il giovane, allora, ritornò in Francia a Montpellier.
Nessuno lo riconobbe; neppure suo zio che era governatore della città. E fu proprio lo zio che lo fece arrestare come spia.
Dopo cinque anni di prigionia, Rocco morì. Era il giorno dell'Assunta del 1327.
Solo allora i parenti lo riconobbero perché videro sulla pelle del suo petto la croce rossa che egli vi portava impressa fin dalla nascita.


 

FUCECCHIO dai primi del '900
agli anni sessanta


videomontaggio con 220 immagini d'epoca

 

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<1> Dietro le quinte della libreria Eden
<2> La chiesina di S. Giobbe
<3> L'oratorio di S. Rocchino
<4> La chiesa di S. Gaetano e monastero di S. Romualdo
<5> Sotto l'asfalto di Corso Matteotti
<6> Qui c'era la chiesa di S. Giovanni
<7> Anche le mura di Fucecchio sono state sepolte
<8> La casa del 1100 sul Poggio Salamartano
<9> Il teatro dell'Accademia dei Fecondi
<10> Il Teatro Pacini
<11> Piazza V. Veneto: torre dell'orologio e il campanile
<12> La fine del secondo Palazzo Comunale
<13> La chiesa di S. Leopoldo
<14> La fontana monumentale
<15> La fornace D'Andrea
<16> I Seccatoi sono resuscitati
<17> La fornace della calce
<18> Altri due cimiteri
<19> La fornace del Baldacci
<20> Via delle Fornaci
<21> Piazza dell'Ospedale

 



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