la FUCECCHIO che non c'è più

 

<1> DIETRO LE QUINTE DELLA LIBRERIA EDEN

Da pochi giorni era iniziato il nuovo anno, il 2012.
Da via Nelli mi stavo portando in Via Donateschi, quando vidi, davanti alla libreria Eden, Margherita, la badante polacca, caschetto castano anziché biondo.
- Buongiorno, Margherita.
- Buongiorno, buongiorno, buongiorno!
- Cosa stai osservando?
- Sto leggendo le novità che offre questa libreria di cui sono una cliente.


- Carissima Margherita, se le mura di questa libreria potessero parlare ti racconterebbero una storia incredibile, iniziata addirittura nel 1294, perciò oltre 700 anni fa.
- Davvero?
- Tieni. Prendi questo cellulare magico e premi il pulsante verde. Potrai parlare con le mura della libreria.

L’intervista di Margherita alla Libreria Eden posta nella biforcazione fra via Donateschi e via Machiavelli

La giovane polacca, in mantellina bianca, allungò la mano, prese il cellulare, premette il pulsante verde e chiese:
- Puoi dirmi, per piacere, che cosa c’era qualche anno fa, prima della libreria?
- C’era una enoteca – rispose una voce fioca , del tutto simile a quella di una vecchietta quasi sdentata – Ma vi è durata pochissimi anni.
- E prima dell’enoteca che cosa c’era? – chiese ancora Margherita.
- C’era un negozio di antiquariato. Anche questo negozio ebbe una vita breve: neppure dieci anni.
La badante polacca proseguì:
- E prima del negozio di antiquariato?
La solita vocina, flebile, quasi chioccia, rispose:
- A partire dal 1910 c’era sempre stato un negozio di mesticheria.
- E prima del 1910 – incalzò Margherita – che cosa c’era?
- C’era una chiesa. Sì, proprio una chiesa, ragazza mia, che era sopravvissuta per 600 anni.
- Una chiesa? Mi sembra incredibile. Ma doveva essere piccola!
- Ragazza mia, ti sbagli e di grosso. La chiesa era molto , ma molto più grande di quanto tu possa immaginare. Basterebbe che tu visitassi i magazzini che sono dietro la libreria per renderti conto
della sua grandezza. Ora, Margherita, se vuoi proseguire con le tue domande, premi il tasto rosso. Ti risponderà in diretta la chiesa che ora non c’è più.

Il colloquio di Margherita con la chiesa

Margherita, dopo aver premuto il tasto rosso, chiese speditamente:
- Tutte le chiese hanno un nome. Tu come ti chiamavi?
- Chiesa degli affogati – rispose una voce maschile tonitruante.
- Degli affogati? Mi fai rabbrividire di paura. Ma perché ti chiamavano così?
- Il mio nome vero sarebbe stato un altro, ma…. Ascolta, ragazza mia. Dopo la costruzione del ponte in mattoni di Fucecchio avvenuta nel 1867, i fucecchiesi, d’estate, cominciarono a frequentare l’Arno per rinfrescarvisi con delle belle nuotate. Moltissimi però non riuscivano ad imparare a nuotare e tutti gli anni almeno uno o due fucecchiesi affogavano in Arno. Il loro cadavere, non disponendo più il paese di una chiesa che fungesse da stanza mortuaria, veniva portato in questa chiesa.
- E nel 1910 che cosa successe?
- Te lo ha già detto la libreria. La chiesa diventò un negozio di mesticheria.
- Scusami – interloquì la simpatica polacca – ma io non capisco per quale ragione la chiesa sia stata ridotta a negozio.
- Fu ridotta a negozio per volontà del marchese Corsini.
- E che cosa ci rientrano i Corsini con questa chiesa?
- Eccome se ci rientrano. Furono proprio loro che , con il permesso del vescovo, chiusero la chiesa e la vendettero alla famiglia Mori di Fucecchio. I Mori la concessero in affitto come negozio.
- Scusami, caro signore, ma io non riesco a capirci niente – ribadì Margherita.
- Hai ragione, ragazza mia. Premi il pulsante color viola e parlerai direttamente con il fondatore della chiesa. Ti saluto, Margherita.
- Ciao, ciao, ciao!

Breve conversazione di Margherita con un personaggio fucecchiese straordinario

Appena Margherita ebbe premuto il pulsante viola, udì una voce maschile molto soave:
- Sono il fucecchiese Ruffino Lettieri, arcivescovo di Milano.
- Un arcivescovo!? – si meravigliò la badante polacca.
- Sì, proprio un arcivescovo. Io preferirei parlarti lontano dalle persone curiose. Se vuoi, possiamo riprendere la conversazione non appena sarai rientrata a casa.
- Senta arcivescovo, io muoio dalla curiosità. Mi fornisca intanto la spiegazione della fine della chiesa degli affogati. Poi a casa converseremo senza limiti di tempo.
- Va bene. Sarò molto breve. Questa chiesa portava il tuo nome: chiesa di Santa Margherita Martire. Essa doveva servire un ospedale per i poveri che doveva nascerle accanto. Presi la decisione di costruire l‘ospedale e la chiesa di S. Margherita nel 1294. Per assicurare a queste due istituzioni una durata di almeno mille anni lasciai un ingente patrimonio a coloro che dovevano gestire chiesa ed ospedale e cioè ai monaci della magione di Altopascio. Purtroppo nel 1301 le monache di Gattaiola di Lucca, 6 anni dopo la mia morte, riuscirono a prendere il posto dei monaci di Altopascio e a metter le loro mani sul patrimonio che doveva servire per l’ospedale e per la chiesa. Alle monache, dopo cento anni, subentrò di nuovo la Magione di Altopascio che venne chiamata Fondazione Ruffiniana. Le cose, però non cambiarono. Duecento anni dopo, la Fondazione Ruffiniana venne affidata ai Marchesi Corsini. E i marchesi Corsini, a partire dal 1910, chiusero chiesa ed ospedale e vendettero il tutto ai Fratelli Mori di Fucecchio per ingrassare il loro patrimonio. A casa tua, ti racconterò per filo e per segno tutto quanto. Ci sentiamo a casa tua, Margherita.
- Ciao, ciao, ciao.

L’incredibile storia del frate domenicano fucecchiese Ruffino Lettieri

Margherita mi salutò frettolosamente:
- Vado subito a casa. Questa storia mi interessa moltissimo.
Le suggerii:
- Ti prego di registrare tutto quello che ti dirà l’arcivescovo Ruffino Lettieri.
- Io non ce l’ho un registratore.
- Se permetti, vado a prendere il mio e te lo porto a casa.
- Grazie, grazie, grazie.
Inforcai la mia bicicletta, andai a casa, presi il registratore e due audiocassette ed andai a portarlo a Margherita.
Suonai il campanello della casa che l’ospitava, le consegnai il magnetofono e le due audiocassette e me ne ritornai a casa mia.
Margherita si ritirò nella sua cameretta, piazzò il registratore e premette di nuovo il tasto viola.
- Buona sera – salutò la solita voce dolce e soave dell’arcivescovo.
E Margherita:
- Può parlarmi un po’ di sé prima di riprendere la storia della chiesa e dell’ospedale?
- Io nacqui a Fucecchio fra il 1200 ed il 1250. I miei genitori erano ricchissimi. Avevo un fratello, Dino, ed una sorella, Margherita. I miei genitori desideravano tanto che io studiassi, che mettessi su famiglia e che gestissi tutte le nostre ricchezze cercando di farle aumentare. Purtroppo dovetti deluderli. Appena quindicenne fui raggiunto dalla voce di Dio che volle chiamarmi al suo servizio. Diventai frate domenicano. Siccome ero bravissimo, i superiori pretesero che io studiassi tanto e che conseguissi diverse lauree. Però, devo confessarti, che ciò che mi stava più a cuore di ogni altra cosa erano i poveri. Io venni segnalato anche al Papa per gli studi che avevo condotto. Le segnalazioni non riscuotevano il mio interesse. La presenza delle persone povere, specialmente qui a Fucecchio, mi turbava. Io avrei regalato volentieri tutte le ricchezze che avevo ereditato dai miei genitori alla povera gente. Ero turbato anche dalla presenza di tante persone ammalate. I poveri che si ammalavano erano condannati a morire perché non avevano soldi per curarsi e soprattutto non avevano una stanza dove riposare. A quel tempo, ragazza cara, le famiglie dei poveri vivevano asserragliati in un’unica stanza. Non avevano nemmeno i letti perché non ci sarebbero entrati in quei pertugi. Dormivano su giacigli distesi per terra. Io avevo ereditato tutti i beni della mia famiglia perché mio fratello era morto. Un giorno mi dissi: “Se regalassi tutte le mie ricchezze ai poveri, essi potrebbero star molto bene per alcuni anni, ma poi ridiventerebbero nuovamente poveri. Inoltre, posso fidarmi delle persone a cui dovrei dare l’incarico di distribuire le mie ingenti ricchezze?” A quel punto mi balenò un’idea che mi parve felice.
- Mi può rivelare questa idea felice?
- Diamine. Decisi di far costruire un ospedale che oggi voi chiamereste casa di riposo destinata non ai pellegrini che passavano da Fucecchio, ma alle persone povere di Fucecchio. E accanto a questo ospedale doveva essere costruita la chiesa ad esse destinata: la chiesa di Santa Margherita martire. Questo ospedale, o casa di riposo, sarebbe stato realizzato nel mio palazzo. Nel mio palazzo dovevano essere recuperate due camere: una grande con 16 letti ed una camera più piccola con 4 letti destinati al personale che avrebbe accudito ai 16 fucecchiesi poveri in canna. Due anni prima di morire, e precisamente nel 1294, mi recai da un notaio di Lucca, certo Caldevillano del fu Pagano, e feci testamento. Non chiedermi, Margherita, che cosa lasciai in eredità per l’ospedale e la chiesa. Te lo dirò fra un paio di giorni, quando avrai visto il vicolo dello Spedalino che si trova a due passi dalla libreria Eden. Intanto devi sapere che gli esecutori delle mie volontà testamentarie dovevano essere il Maestro della Casa di Altopascio e i Priori dei frati predicatori di Lucca. Inoltre lasciai scritto che se si fosse loro presentato un problema, consultassero sempre Enrico da Fucecchio che a quel tempo era vescovo di Luni, una cittadina toscana a confine con la Liguria. Ti anticipo, cara Margherita, che questo Enrico da Fucecchio è stato uno dei personaggi storici più importanti non solo della Toscana, ma soprattutto dell’Italia e dell’Europa. Se non ci fosse stato lui!
- Signor arcivescovo, prosegua. Cosa successe dopo che ebbe firmato il testamento?
- Avvennero due fatti importanti. Del primo te ne parlerò dopo che avrai visitato il Vicolo dello Spedalino. Il secondo avvenimento fu veramente drammatico: il 31 marzo 1296, e cioè due anni dopo aver fatto il testamento, mentre mi trovavo a Roma morii.
- Che cosa successe dopo la sua morte?
- Il Maestro della Casa di Altopascio e i Priori dei frati predicatori di Lucca si disposero a far costruire la chiesa di S. Margherita e a ricavare le due camere nel mio palazzo, ma….
- Mi racconti, mi racconti!
- Quando la chiesa era ormai ultimata, nella esecuzione delle mie volontà testamentarie ci si vollero per forza infilare le monache di Gattaiola che si trovavano a Lucca. E loro non ci andarono per il sottile. Si servirono addirittura del vescovo di Lucca ed anche del papa.
- E che cosa fecero?
- Mi fecero risvoltolare nella mia tomba a Roma. Quelle piagnucolone, ed il nostro paese ne sa qualche cosa di più e di peggio, riuscirono ad entrare in possesso del mio palazzo che doveva trasformarsi in ospedale ed anche di tutto il terreno circostante. E lo sai che cosa fecero? Lo rivendettero. E chi lo comprò ci realizzò una locanda ed una osteria.
- E l’ospedale, cioè la casa di riposo?
- Alla casa di riposo venne destinata soltanto una stanza dove venivano ospitate a dormire soltanto mezza dozzina di vecchiette fucecchiesi mendicanti.
- E tutti i beni che lei aveva lasciati per la sopravvivenza secolare dell’ospedale e della chiesa di S. Margherita?
- Vennero riaffidati, dopo un secolo di pessima amministrazione da parte delle monache di Gattaiola, al Maestro della Casa di Altopascio. Ma le cose non andarono meglio. Anzi andarono di male in peggio. Due secoli dopo i miei beni vennero affidati ai marchesi Corsini. I marchesi per mettersi l’animo in pace, tutti gli anni, in occasione della festa di S. Margherita martire del 20 luglio, distribuivano ai poveri di Fucecchio 12 staia di grano che corrispondono a trecentocinquanta litri di questo frumento. Tutti i miei beni, come vedi, corrispondevano a 3 quintali e mezzo di grano. Meglio non pensarci! E alla fine vendettero anche la chiesa di S. Margherita e forse si intascarono tutti i soldi. Ora ti devo salutare, Margherita. Ci rivedremo non appena avrai visitato il vicolo dello spedalino.
-Ciao, ciao, ciao! – esclamò Margherita.

E Margherita si portò nel Vicolo dello Spedalino

Era proprio vero: il vicolo si trovava sulla destra della libreria Eden, lì, a due passi. Sul muro del fabbricato, già palazzo del generale Costagli, Margherita individuò la targa che recava la scritta in color bleu: Vicolo dello Spedalino. Proprio in quel momento squillò il cellulare che la badante polacca aveva ricevuto dal sottoscritto Mario Catastini. Una vocina quasi stridula disse a Margherita:
- Premi il tasto verde.
Margherita obbedì.
- Ciao, Margherita – ripeté la solita voce dal timbro soave.
- Buona sera signor arcivescovo.
- Questo era il mio palazzo. Il vicolo lo hanno chiamato dello Spedalino perché quelle “benedette” monache di Gattaiola ridussero il mio ospedale con venti letti ad un misero tugurio di sei letti. Senti, Margherita, staserai farò sentire con il cellulare a casa tua. Desidero che tu registri l’elenco dei beni che lasciai in eredità per il mantenimento secolare della Casa di riposo che a quel tempo si chiamava ospedale.
Intanto ti rivelo che intitolai la chiesa, qui accanto, a S. Margherita in onore di mia sorella che aveva lo stesso nome. La sua festa veniva festeggiata ogni anno ed in maniera solenne il 20 luglio. Oggi di questa santa non se ne conosce più nemmeno il nome. Peccato!
Stasera ti racconterò anche la vita della Santa e così registrerai tutto e se rimarrai in Italia, quando diventerai madre potrai raccontare la storia mia e quella della mia chiesa e del mio ospedale ai tuoi figli.
- Ma, lei, arcivescovo deve raccontarmi ancora il primo fatto importante che le accadde nel 1295.
- Hai ragione. Io mi trovavo a Roma perché il papa mi aveva nominato Arcivescovo di Milano. Io aspettavo che da un giorno all’altro mi chiamasse per consacrarmi arcivescovo. Poi, invece, morii. Pazienza. Ciao, Margherita.

L’immenso patrimonio lasciato in eredità dall’Arcivescovo Ruffino Lettieri

Mentre la badante polacca si stava coricando nella sua cameretta ricolma di decorazioni, di nuovo squillò il segnale del cellulare magico.
- Buonasera, arcivescovo! – lo anticipò Margherita.
- Scusami l’ora. E’ pronto il registratore?
- Sì, sì.
- Bravissima, Margherita. Per assicurare un’assistenza secolare a 16 fucecchiesi molto poveri io lasciai agli esecutori del mio testamento
- il mio palazzo;
- 200 fiorini d’oro;
- il Castello di Nischieta (oggi Castellare in S. Croce sull’Arno) con tutti i suoi appezzamenti di
terreno agricolo;
- tutte le case grandi e piccole che possedevo in Fucecchio;
- e una cospicua parte dei miei beni che si trovavano in Toscana.
Purtroppo la mia intenzione caritativa non venne rispettata nonostante che il testamento fosse stato firmato da un notaio.
- Io, signor arcivescovo, vorrei visitare la sua tomba. Si trova a Fucecchio?
- Cara Margherita, la mia tomba non esiste più. Prima di morire dissi che desideravo essere seppellito a Roma in un convento Domenicano.
- Ma prima di diventare arcivescovo, aveva ricoperto altre cariche?
-Oh, sì! Ero stato nominato arcidiacono della Chiesa di Reims in Francia. Ed ora, prima di congedarmi, vorrei leggerti la vita di quella S. Margherita martire a cui intitolai la chiesa destinata ai miei poveri. Devi sapere che nei secoli passati, in occasione delle grande processioni, tutte quante facevano tappa nella mia chiesa di Santa Margherita martire. Ti leggo subito la sua biografia.
Santa Margherita nacque in Oriente e visse al tempo dell'imperatore Diocleziano (284-313).
Il padre di Margherita era pagano.
Margherita, di nascosto, si convertì al cristianesimo.
Quando suo padre venne a conoscenza della conversione di sua figlia, la cacciò di casa.
Nell'anno 307 Margherita venne catturata dai persecutori romani e sottoposta a processo.
Le assicurarono che l'avrebbero lasciata libera se avesse rinunciato alla sua verginità e se avesse abiurato alla religione cristiana.
Il rifiuto di Margherita fu netto.
I carnefici, allora, prima la torturarono e poi la decapitarono.
Si dice che le sue reliquie siano state portate a Montefiascone, nel Lazio, nel X secolo.

Ciao , Margherita. Ti abbraccio con tanto affetto e mi auguro che tu possa metter su una tua famiglia nel mio amato paese.
-Ciao, ciao, ciao, arcivescovo Ruffino!

 


 

FUCECCHIO dai primi del '900
agli anni sessanta


videomontaggio con 220 immagini d'epoca

 

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<1> Dietro le quinte della libreria Eden
<2> La chiesina di S. Giobbe
<3> L'oratorio di S. Rocchino
<4> La chiesa di S. Gaetano e monastero di S. Romualdo
<5> Sotto l'asfalto di Corso Matteotti
<6> Qui c'era la chiesa di S. Giovanni
<7> Anche le mura di Fucecchio sono state sepolte
<8> La casa del 1100 sul Poggio Salamartano
<9> Il teatro dell'Accademia dei Fecondi
<10> Il Teatro Pacini
<11> Piazza V. Veneto: torre dell'orologio e il campanile
<12> La fine del secondo Palazzo Comunale
<13> La chiesa di S. Leopoldo
<14> La fontana monumentale
<15> La fornace D'Andrea
<16> I Seccatoi sono resuscitati
<17> La fornace della calce
<18> Altri due cimiteri
<19> La fornace del Baldacci
<20> Via delle Fornaci
<21> Piazza dell'Ospedale

 



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