<20> VIA DELLE FORNACI
Il CD di Gabriele Pozzolini
Dovevo riportare un CD al mio insegnante di musica
bandistica Indro Pozzolini. Purtroppo il maltempo
insistente mi impediva di usare il mio unico mezzo di
locomozione: la bicicletta. In quel Cd erano state
registrate 7 esecuzioni dell’orchestra Baro Drom Orkestar
di cui fa parte il batterista Gabriele Pozzolini
pluridiplomato del Conservatorio di Firenze e nipote ,
appunto, di Indro Pozzolini.
Mia moglie, resasi conto del mio stato di disagio, mi
suggerì di farmici accompagnare in auto dalla giovane colf
polacca, Margherita.
Composi il numero del cellulare di Margherita e:
- Sono Mario Catastini ed avrei bisogno di un grosso
piacere.
- Dimmi, dimmi, dimmi.
- Dovresti accompagnarmi con la tua auto dal mio ex
insegnante di Musica che abita in via Paisiello.
- Volentieri, volentieri, volentieri. Ma dove rimane
codesta via? Io non l’ho mai sentita nominare.
- E’ la prima traversa a sinistra di Via delle Fornaci.
Perciò basta entrare in via delle Fornaci che tu conosci
bene e , percorsi trenta metri, entrare nella prima
traversa a sinistra.
- Ho capito, capito, capito. Però, Mario c’è una cosa che
non ho compreso. Te ne parlerò fra pochi minuti quando
verrò a prenderti in macchina.
Perché quella via non si chiama via della Fornace
Margherita entrò in casa tutta trafelata perché aveva
dovuto salire di corsa le scale esterne della mia casa per
evitare di essere inzuppata dalla pioggia in quel momento
battente. Appena entrata si asciugò alla meglio con
l’asciugamano che le porse mia moglie. La facemmo
accomodare a tavola in attesa di sorseggiare una tazzina
di caffè espresso che mia moglie stava preparando.
Appena Margherita si fu rilassata, le chiesi:
- Qual è la cosa che non hai compreso?
- La via delle Fornaci si dovrebbe chiamare via della
Fornace perché lungo di essa vi era un solo forno: quello
che coceva le pietre che venivano trasformate in calce.
Non ho forse ragione?
La mia consorte apprezzò moltissimo la considerazione di
Margherita e lì per lì temette che io non sapessi cosa
risponderle
Replicai:
- Purtroppo, cara Margherita lungo quella strada ce ne
erano altre due di fornaci e molto più antiche di quella
delle pietre da calce. Perciò di fornaci ce n’erano tre.
Ed è per questa ragione che si chiama via delle Fornaci.
“Donna Rosa” – così ho ribattezzato mia moglie – ci servì
una tazzina di caffè e si sedette al tavolo insieme a noi.
E mentre io e Margherita ci sorbivamo il caffè fumante,
donna Rosa sbottò:
- Mah, non ci posso credere a codeste fandonie. Non
l’avevo mai sentito dire che c’erano tre fornaci. Io
sapevo soltanto che per la via delle Fornaci c’erano i
Bagni del Cinquini e che ora c’è la palestra del Cigno.
Preferii non replicare
La pioggia battente era …finita.
- Scendiamo subito, prima che ci ritocchi un’altra bella
bussata di pioggia.
- Ciao, ciao, ciao, Rosina. E grazie del caffè – disse
tutta d’un fiato Margherita, maglietta viola aderente al
suo corpo e fusò neri che rilevavano la forma e la
consistenza delle sue gambe.
Le rivelazioni della via delle Fornaci
Appena ci fummo sistemati nell’auto di Margherita le porsi
il cellulare magico e le suggerii di premere il tasto
verde per chiamare direttamente Via delle Fornaci.
La ragazza, prima di mettere in moto la sua auto, premette
il pulsante verde.
- Ciao, Margherita! Sono via delle Fornaci. In che cosa
posso esserti utile?
- Ciao, ciao, ciao! E’ vero che lungo la tua via c’erano
tre fornaci?
- E’ verissimo.
- Cuocevano anche loro le pietre da calce?
- No, no. Quella a metà strada coceva embricini e mattoni;
quella in cima alla salita della via, coceva
esclusivamente mattoni. Vuoi saper qualcos’altro, dolce
Margherita?
- Sì. Vorrei sapere se le due fornaci che cocevano i
mattoni erano eguali o simili a quella che coceva le
pietre da calce.
La telefonata frangiconversazione
Il mio cellulare emise uno squillo analogo a quello dei
telefoni fissi.
- Pronto!- esclamai.
- Pronto. Sono Indro Pozzolini. Mio nipote Gabriele mi ha
detto di lasciarti il suo CD in omaggio.
- Indro, stavo per riportartelo proprio adesso. Mi aveva
dato un passaggio nella sua auto quella giovane colf
polacca di cui ti avevo parlato.
- Senti, Mario. Mio nipote gradirebbe moltissimo un tuo
giudizio sulle sette esecuzioni della sua orchestra ed uno
in particolare su di lui.
- Indro, ringrazia tanto tuo nipote Gabriele e digli che
avrà il mio giudizio scritto che consegnerò a te sabato
prossimo, giorno della mia visita.
- Grazie, Mario. E ringrazia anche la ragazza polacca.
Rivolto a Margherita, le chiesi:
- Saliamo di nuovo nel mio studiolo o preferisci terminare
qui la nostra conversazione sulle fornaci presenti
nell’omonima via?
- Preferisco rimanere qui. Desidero richiamare subito la
Via delle Fornaci.
Di nuovo Margherita premette il pulsantino verde e
precisò:
- Scusami, cara via, per l’interruzione involontaria della
nostra conversazione. Io ti avevo chiesto se le altre due
fornaci erano uguali o simili a quella che coceva la
pietra da calce.
- Erano completamente diverse, Margherita. Quella a metà
strada era una fornace a buca.
- Scusami, ma io non ti capisco.
- Cara Margherita, questa fornace consisteva in un grosso
capannone in muratura che produceva embricini per i tetti
e mattoni per i muri. In mezzo al pavimento di questo
capannone si trovava una specie di pozzo profondo cinque o
sei metri Questo pozzo veniva riempito di mattoni o
embricini da cuocere. Il forno si trovava sotto il pozzo.
I fornaciai dovevano tener vivo il fuoco per tutta la
durata della cottura cioè per circa una diecina di ore.
Dopo la cottura i fornaciai dovevano aspettare quattro
giorni perché i mattoni cotti ghiacciassero. E appena i
mattoni erano ghiacciati i poveri fornaciai entravano
nella buca e la svuotavano degli embricini o dei mattoni
cotti. Per avere delle informazioni più precise, cara
Margherita, ti conviene consultare internet. Lì ci
troverai spiegazioni ed illustrazioni chiarificatrici.
- Scusami, signora via. Vorrei sapere se anche la terza
era una fornace a buca.
- No, no!
Proprio in quel momento sfrecciò una rover bianca. Passò
sopra una pozzanghera vicina e imbrattò tutto il
parabrezza dell’auto di Margherita.
Il tergicristallo magico
Margherita mise subito in funzione il suo tergicristalli
che in un amen pulì il vetro del parabrezza. Appena fu
ripulito il parabrezza si trasformo in uno schermo
televisivo. Vi comparve l’immagine di un capannone dotato
di ciminiera.
La signora via riprese.
- Così si presentava la fornace posta in cima alla salita.
Dentro vi era una fornace a giro. Per questa fornace non
venivano usate fascine di ramaglie e legna: si usava il
carbon fossile polverizzato. Io non ho immagini del forno
a giro. Devi di nuovo consultare Internet. Lì troverai
anche le immagini della fornace a giro che era molto più
moderna ed efficiente di quella a buca. Prima di
salutarti, mia cara Margherita, non posso nasconderti la
mia amarezza, la mia delusione. In questa via non scorre
più la vita, fatta eccezione per il tratto iniziale
animato da chi frequenta la palestra e dagli scout. Il
resto della via mi si configura come un cimitero, pulito,
illuminato, grazioso, ma cimitero. In questa strada vi era
un via vai continuo di operai ed operaie e di carri
trainati da cavalli che trasportavano mattoni da cuocere e
mattoni cotti Le fornaci sepolte hanno segnato la fine
della vita in questa strada. Ciao, bellissima Margherita.
E grazie per l’interesse per il paese ormai sepolto.
- Ciao, ciao, ciao! Grazie, grazie, grazie. Ti abbraccio
con affetto profondo carissima via delle Fornaci.
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