la FUCECCHIO che non c'è più

 

<17> LA FORNACE DELLA CALCE

Verso le 13, 20 squillò il campanello del telefono.
Sollevai la cornetta e
- Ciao, ciao, ciao, Mario.
- Ciao, Margherita. Ti è successo qualcosa?
- Volevo invitarti a prendere un caffè espresso. La signora per la quale lavoro mi ha regalato una macchinetta rossa fiammante per fare appunto il caffè espresso.
- Mi dispiace, Margherita, ma proprio in questo momento stavo iniziando a scrivere la storia di una fornace particolare che morì fra il 1930 ed il 1935.
- E dove si trovava questa fornace particolare?
- Naturalmente si trovava in via delle Fornaci.
- E perché era una fornace particolare, Mario?
- Perché non cuoceva i mattoni.
- Ed allora che cosa cuoceva?
- Pezzetti di pietra.
- Ma mi stai prendendo in giro, Mario? Non ho mai sentito dire che le pietre vengono cotte. E perché?
- Per trasformarle in calce.
- Io non ti capisco, Mario. Vieni a prendere una tazzina di caffè espresso e poi ci andiamo insieme per la via delle Fornaci. E così mi farai vedere dove si trovava il forno dove venivano cotte le pietre. Puoi dirmi almeno perché venivano cotti i pezzetti di pietra?
- Verrò subito a “prendere” una tazzina di caffè espresso e così ti spiegherò.
- Gazie, grazie, grazie.

Un caffè espresso finalmente bollente

Sul tavolo di marmo Margherita aveva piazzato tre tovaglioli: uno per la zuccheriera e gli altri per le due tazzine con i rispettivi cucchiaini e piattini.
Dopo che mi fui seduto la giovane colf polacca collocò le due tazzine sul pianetto in acciaio inossidabile della macchina espresso.
Poco dopo Margherità sistemò le due tazzine di caffè sui rispettivi piattini. L’aspetto del caffè era piacevole per la sua cremosità, ma non lo vedevo “fumare”. Temetti che fosse freddino. Mi dovetti ricredere quando tastai la parte esterna della mia tazzina: mi scottai tre diti.
Mi complimentai con Margherita e poi ripresi il filo de discorso:
- Le pietre venivano cotte perché così facendo si trasformavano in calce.
- Ma che cos’ la calce? A cosa serve?
La calce serve a fare la calcina che in lingua italiana si chiama malta.
- Ma che cos’è la calcina?
- E’ quell’impasto di calce e rena che i muratori usano per appiccicare i mattoni e per intonacare le pareti. Per fare quell’impasto che chiamiamo calcina, gli aiutanti dei muratori dovevano preparare per prima cosa la calce. Con la rena facevano una piccola vasca, la riempivano d’acqua e ci gettavano dentro quelle pietre che erano state cotte nel forno. Le pietre appena toccavano l’acqua si scioglievano e diventavano una soffice farinata più bianca della neve. Questa farinata si chiamava grassello di calce. L’aiutante mescolava questa farinata con la rena ed otteneva la calcina o malta per il muratore.
- Mario, dove si trovava questo forno che tu hai chiamato fornace?

Ci trasferimmo nel cortile degli ex Bagni Cinquini

Con Margherita ci portammo per la via delle Fornaci e precisamente nel cortile degli ex Bagni del Cinquini (Bartolucci)
Giunti nel centro del cortile affermai:
- La fornace era proprio in questo punto.
Margherita sgranò i suoi begli occhi rotondi. Accennò ad aprire la bocca senza nascondere la sua perplessità.
Aveva perfettamente ragione. Spiegai:
- Qui c’era una torre alta una ventina di metri. Aveva una forma quasi cilindrica che si andava restringendo nella parte più alta. Il diametro di questa torre alla base era di cinque o sei metri. Alla base della torre o fornace c’erano tre aperture dalle quali si infilavano fascetti e legna da ardere per cuocere le pietre.
- E le pietre da cuocere dove stavano?
- Ad una altezza di un paio di metri c’era una rastrelliera di ferro. Le pietre da cuocere venivano calate su questa rastrelliera.
- E da dove venivano calate queste pietre?
- Dalla cima del torrione.
- E come facevano a portarle fino lassù?
- Ce le portava un carrello.
- E chi lo spingeva?
- Nessuno. Veniva trainato fin sulla cima da un cavo di acciaio. Naturalmente avevano predisposto un paio di verghe su di un piano inclinato. Quando il carrello giungeva sulla bocca della torre si drizzava e si svuotava. Lo stesso cavo lo faceva ridiscendere lungo la discesa. Veniva ricaricato e di nuovo scaricato all’interno della torre.
- Ma erano molto grosse le pietre che venivano gettate nel forno?
- No, erano pietroni sminuzzati.
- Non capisco, Mario. Ma venivano trovate qui a Fucecchio queste pietre?
- No! Questa pietre delle dimensioni di una decina di decimetri cubi ed anche di più ci arrivavano da Monsummano. Venivano trasportate dalle cave di Monsummano a Fucecchio con i barrocci trainati da cavalli abbastanza forti. Appena erano state scaricate nel cortile esse venivano spezzate o sminuzzate da due operai con un martello, il mazzuolo, dal manico molto lungo.

Come si svolgeva il lavoro nella fornace

La fornace veniva alimentata attraverso tre grossi fori alla base della torre. Per assicurare che il fuoco rimanesse acceso 24 ore su 24 vi venivano impiegati tre fornaciai. Ogni fornaciaio svolgeva un turno di 8 ore.
Appena le pietre risultavano cotte, tramite un marchingegno applicato alla rastrelliera, esse cedevano sul piano del forno. Con l’aiuto delle pale venivano tirate fuori dalle tre aperture attraverso cui si alimentava la fornace. Appena le pietre cotte si erano sufficientemente raffreddate venivano sistemate dagli operai addetti in un magazzino.
- E poi?
- Poi venivano vendute alle imprese edili, quelle che fabbricano case nuove o riparano case vecchie.
- Mario, io volevo sapere quando venne sepolta questa fornace.
- Quasi sicuramente nel 1935.
Mentre a piedi rientravamo in paese, Margherita mi chiese:
- Per caso non c’erano mica altre fornaci qui a Fucecchio?
- Fortunatamente, sì!
- Perché quelle fornaci era una fortuna per Fucecchio?
- Perché assicuravano un posto di lavoro a moltissime persone.
 


 

FUCECCHIO dai primi del '900
agli anni sessanta


videomontaggio con 220 immagini d'epoca

 

HOME PAGE
 
<1> Dietro le quinte della libreria Eden
<2> La chiesina di S. Giobbe
<3> L'oratorio di S. Rocchino
<4> La chiesa di S. Gaetano e monastero di S. Romualdo
<5> Sotto l'asfalto di Corso Matteotti
<6> Qui c'era la chiesa di S. Giovanni
<7> Anche le mura di Fucecchio sono state sepolte
<8> La casa del 1100 sul Poggio Salamartano
<9> Il teatro dell'Accademia dei Fecondi
<10> Il Teatro Pacini
<11> Piazza V. Veneto: torre dell'orologio e il campanile
<12> La fine del secondo Palazzo Comunale
<13> La chiesa di S. Leopoldo
<14> La fontana monumentale
<15> La fornace D'Andrea
<16> I Seccatoi sono resuscitati
<17> La fornace della calce
<18> Altri due cimiteri
<19> La fornace del Baldacci
<20> Via delle Fornaci
<21> Piazza dell'Ospedale

 



fucecchionline.it 
®  2015

Questo sito non rappresenta una testata giornalistica e viene aggiornato senza alcuna periodicità esclusivamente sulla base della disponibilità del materiale.
Pertanto, non è un prodotto editoriale sottoposto alla disciplina di cui all'art. 1, comma III della L. n. 62 del 7 marzo 2001


riproduzione vietata senza l'autorizzazione del legittimo proprietario