<11> PIAZZA VITTORIO VENETO:
la torre dell'orologio e il campanile della vecchia Pieve
di S. Giovanni

Margherita, la giovane colf polacca, al momento di
congedarsi da mia moglie, prima di uscire entrò nel mio
studiolo.
- Ciao, ciao, ciao. Che cosa stai facendo? – mi chiese
- Sto scrivendo un libretto per un amico sulla Fucecchio
alta.
- Quanti quadretti hai nel tuo studio!! E questo qui che
cosa rappresenta? – mi chiese indicando la riproduzione di
una tavola dipinta ad acquerello da un architetto
fiorentino nel 1698.
- Rappresenta la nostra piazza Vittorio Veneto così
com’era nel 1698 e precisamente 314 anni fa.
E Margherita:
- Il palazzo con il loggiato c’è ancora. Ma quella
costruzione con le guglie ed il campanile che gli sta
davanti era una chiesa?
Ed io:
- Perché non provi a chiederglielo? Prendi pure il
cellulare magico che sta qui di fianco allo schermo del
mio computer.
Margherita, finalmente in fusò neri e maglietta nera con
bordi bianchi che ne esaltavano la femminilità, non se lo
fece ripetere due volte: prese il cellulare, spippolò sul
tasto a lei noto e chiese:
- Senti, campanile, come si chiama la tua chiesa?
- Margherita, Margherita! questa volta hai sbagliato
l’indirizzo!!
- Perché?
- Perché io non sono un campanile: sono semplicemente la
torre dell’orologio della cancelleria.
- E che cos’è la cancelleria?
- E’ il palazzo comunale. Io, come vedi, mi trovo proprio
dietro la facciata del palazzo comunale.
- Ma codesta facciata con le guglie e le rotondità sembra
quella di una chiesa. E quel rotondo che sta sulla
facciata che cos’è?
- E’ la meridiana. Anche lei segnava le ore.
Squillò il campanello del telefono.
La storia della torre dell’orologio
- Puoi continuare la tua conversazione con la torre
dell’orologio, Margherita., mentre io vado a rispondere
alla chiamata telefonica.
Margherita riprese subito la sua conversazione.
- Senti, torre, tu sei stata costruita quando venne eretto
il palazzo comunale che hai chiamato cancelleria?
- Nooo! Quando venne costruito il palazzo comunale non
esistevano ancora gli orologi. Il Palazzo venne costruito
nel 1400. Io, invece, venni costruita dopo l’invenzione
dell’orologio. Mi costruirono quando i consiglieri
comunali decisero di acquistare un orologio e di metterlo
a disposizione dei cittadini fucecchiesi.
- Ti ricordi in quale anno i consiglieri comunali decisero
di acquistare l’orologio?
- La data esatta non me la ricordo, ma lo acquistarono
dopo il 1500. E non fu facile installarlo. Anche
l’ingegnere che disegnò la torre dovette affrontare un
numero incredibile di problemi. Dentro la torre doveva
trovar posto la stanza che avrebbe ospitato il macchinario
che avrebbe fatto segnare le ore e i minuti alle lancette
– grandi - poste al centro del quadrante. Le lancette
dovevano essere collegate con la campanella storica che
con i suoi rintocchi avrebbe scandito le ore del giorno ed
anche della notte.
Il rientro di Mario nel suo studiolo
- Hai soddisfatto la tua curiosità, Margherita? – le
chiesi.
- Non del tutto. Mi piacerebbe sapere come mai questa
torre che si vede nel quadretto, ora non c’è più.
- Se permetti, te lo posso spiegare io – intervenni.
- Prego, prego.
- Devi sapere che la macchina che faceva funzionare
l’orologio era molto pesante e che il suo movimento aveva
reso instabile la torre. Nel 1680 la torre era stata
dichiarata pericolante e quattro anni dopo, nel 1684, era
stata demolita. Il crollo di questa torre avrebbe prodotto
dei seri danni alla cancelleria (palazzo comunale) ed
anche alle persone, se fosse crollata di giorno.
- Ho capito, capito, capito. Ora vorrei sapere dove furono
messi il quadrante , la campanella e la macchina
dell’orologio.
- In una stanza della cancelleria.
- E poi che cosa successe?
- Tu mi chiedi troppo, Margherita. La mia memoria sta
perdendo dei colpi. Ti conviene usare di nuovo il
cellulare magico.
- Ma se la torre è stata demolita, come può rispondermi?
- L’orologio, però, non fu demolito. Perché non provi a
chiamarlo?
Margherita consulta l’orologio della cancelleria
- Pronto, pronto, pronto, orologio.
L’orologio con la sua voce stentorea rispose:
- Ciao, bellissima Margherita, che cosa desideri sapere?
- Io vorrei sapere che fine facesti dopo essere stato
sistemato in una stanza del palazzo comunale; però, prima
di tutto, desidererei sapere come hai fatto a conoscermi e
perché mi hai detto che sono bellissima. Io, sai, quando
mi guardo allo specchio, non pi piaccio punto, punto,
punto.
- Tu sei una ragazza simpaticissima ed amabilissima.
Queste due qualità cancellano all’istante qualsiasi
difetto e rendono le persone bellissime e
desiderabilissime. Non voglio scendere in altri dettagli.
Soddisfatta?
- Mah! Non troppo.
- Ora ti spiegherò che fine feci.
- Grazie, grazie, grazie!
- Per un anno rimasi confinato in quella stanza del
palazzo comunale perché nessuno si occupò di me. Nel 1685
i fucecchiesi cominciarono a manifestare una certa
impazienza nei confronti di chi guidava il comune. La
maggior parte protestava dicendo che l’orologio doveva
essere rimesso in funzione. “Perché non ricostruite la
torre?” – dicevano alcuni. Altri, invece, suggerivano di
metterlo in cima al campanile della Pieve di S. Giovanni
che a quel tempo si trovava dove ora c’è la facciata della
Collegiata. Posto a quell’altezza lo avrebbero visto da
tutte le parti.
- Scusa, scusa, scusa. Io non ho idea dove si trovasse
questo campanile dove volevano collocarti.
- Guarda pure sul display del cellulare e potrai vedere
dove si trovava il campanile della Pieve.
Sul display apparve questa immagine.

L’orologio riprese:
-Vedi bene che il campanile della pieve di S. Giovanni
guardava in Piazza Vittorio Veneto. E la Piazza si trovava
ai piedi dell’oratorio di S. Rocchino di cui tu vedi un
pezzo di campanile.
- Sì, sì, sì! Ma dimmi, fu facile montare l’orologio del
Comune sul campanile della chiesa?
- Non fu troppo facile, però…ce la fecero. Devi ricordarti
che per poterci sistemare l’orologio, dovettero innalzarlo
di ben sette metri.
- Puoi dirmi, orologio, quando venisti inaugurato?
- Me la ricordo molto bene quella data che segnò la fine
di un’attesa che era durata ben nove anni: il 24 giugno
1693.
- Ciao, ciao, ciao, orologio!
- Ciao, mia bella e simpatica Margherita.
La storia delle sepolture in Piazza Vittorio Veneto non
era finita
Margherita mi assalì di nuovo con un’altra domanda
imbarazzante, almeno per me:
- Ora il palazzo comunale non c’è più nella piazza. Come
mai?
- Io, cara Margherita, non saprei darti delle risposte
precise. Prova a chiamarlo con il cellulare magico.
- Ciao, ciao, ciao, caro palazzo comunale. Puoi spiegarmi
come mai non ci sei più?
- Perché venni demolito.
- Venisti demolito perché anche tu eri pericolante?
- No, no. Io non ero affatto pericolante.
- E allora perché venisti demolito?
- Perché così avevano deciso nel 1698 i consiglieri
comunali. Quei consiglieri decisero di abbattere anche
tutte le case che si trovavano dietro di me ed anche il
piccolo oratorio di S. Rocchino che si trovava fra quelle
case.
- E perché?
- Perché vollero realizzare una piazza molto più grande!
- E per quale ragione?
- Scusami se non ti fornisco subito la risposta. Noi,
quarant’anni prima (nel 1647), avevamo avuto il permesso
di fare un mercato settimanale. I mercati veri hanno
bisogno di piazze spaziose per potervi piazzare tante
bancarelle. Nella piazzetta che vedi nella illustrazione
di Mario ci potevano entrare tre o quattro bancarelle
soltanto. Nessuno voleva venire a vendere la sua merce a
Fucecchio perché non ci trovava mai un’area libera.
Perciò, cara Margherita, la piazza venne ingrandita per
realizzarvi un ricco mercato settimanale. La demolizione
iniziò nel 1698 e si concluse nel 1699. Ma l’operazione
non finì qui….
Il penultimo perché di Margherita
- E il palazzo comunale, Mario, dove venne trasferito?
Risposi:
- Non lo so. Prova a chiederlo alla Piazza: Lei dovrebbe
saperlo.
Margherita cliccò sul cellulare magico e chiese:
- Ciao, piazza, piazza, piazza. Puoi dirmi dove venne
trasferito il palazzo Comunale che prima si trovava di
fronte al palazzo Pretorio, quello con le arcate ed il
loggiato?
- Rimase sul perimetro della Piazza.
- Non capisco – replicò la giovane polacca.
- Devi sapere, cara Margherita, che sul lato dove
attualmente si innalza il Liceo Scientifico c’erano due
case: una a tre piani e l’altra a quattro piani, piano
terra compreso. La casa più bassa faceva angolo con
l’attuale via Mario Sbrilli. I nostri amministratori la
comprarono e con alcuni lavori l’adattarono a Palazzo
comunale.
- Senti, signora Piazza, posso vederlo sul display il
nuovo palazzo comunale, il secondo per l’esattezza?
- Guarda pure. Hai bisogno di altre informazioni,
Margherita?
- Sì, sì, sì.

1-Palazzo Banti sul lato
destro della scalinata
2-l’attuale Palazzo
Cuggino
3-l’attuale Palazzo
Pacini
4-Palazzo Pretorio
5-striscia dove si
trovavano i due scalini
6-Casa Cocchi
7-Palazzo comunale
L’assetto della nuova Piazza
Margherita guardò sul display e chiese:
- Il nuovo palazzo comunale è quello tinto di verde?
- Sì, Margherita. Ora cos’altro vuoi sapere?
- A te, cara Piazza, che cosa successe dopo che furono
abbattuti il palazzo comunale e tutte le case che gli
stavano dietro?
- Venni tutta quanta lastricata, ma….
- Ti prego, spiegami codesto ma…
- Siccome la pavimentazione sarebbe stata troppo pendente,
per evitare l’eccessiva pendenza separarono la piazza
dalla via che la costeggiava con 2 scalini. Se osservi
bene sul display, vedrai la linea di separazione fra la
piazza e la via: lungo quella linea che vedi furono
realizzati i due scalini.
- La vedo, la vedo. Grazie, grazie, grazie, Piazza.
Arrivederci a presto.
L’ADDIO DEL CAMPANILE DELLA VECCHIA PIEVE DI S.
GIOVANNI
- Accidenti al canonico Taviani! Accidentacci ai
fucecchiesi! Accidenti a tutti!
Margherita che stava per congedarsi da me, si voltò di
scatto e mi chiese:
- Ma chi è che urla così forte e con una tale vociaccia?
- Grazie dei complimenti, cara Margherita. Sono l’anima
del campanile della Pieve, quello su cui avevano piazzato
l’orologio che si trovava sulla torre del palazzo
comunale, quello davanti al Palazzo Pretorio. Il canonico
Taviani e il popolo fucecchiese mi condannarono a morte.
- Scusa, scusa, scusa, campanile! Vuoi spiegarmi come
fecero a condannarti a morte? – chiese Margherita che
stava per congedarsi dal mi studiolo.
Entrambi ci eravamo dimenticati di spengere il cellulare
magico. Per questa ragione avevamo udito le proteste del
campanile che così rispose alla domanda di Margherita:
- Devi sapere, dolce fanciulla della Polonia, che il
canonico Taviani convinse i fucecchiesi che era bene
buttar giù la chiesa della vecchia pieve e costruirne una
nuova. E lui, il canonico, senza il permesso del granduca
Leopoldo I°, lo sai cosa fece?
- No - rispose Margherita.
- Nel 1780 fece radere al suolo la vecchia chiesa della
Pieve.
- Fece abbattere anche te, campanile?- chiese Margherita.
- No, no. Aveva deciso che io sarei stato il campanile
della nuova chiesa, cioè della Collegiata.
- E allora perché mandavi gli accidenti al Taviani ed ai
fucecchiesi?
- Eh, cara Margherita, dopo che ebbero scavato le
fondamenta della nuova Collegiata, dopo lunghe riflessioni
decisero che la facciata della nuova chiesa doveva
guardare la Piazza e non il Monte Pisano. Questa loro
decisione mi costò la vita.
- Perché?
- Se la facciata della nuova Collegiata fosse stata
rivolta, come la vecchia, verso il Monte Pisano, io sarei
rimasto dove mi trovavo. Invece, con la facciata della
nuova chiesa rivolta verso la Piazza, io mi sarei trovato
proprio al centro della facciata, in corrispondenza del
portone d’ingresso. Per questa ragione i preti decisero di
demolirmi e di ricostruirmi di fianco alla facciata sul
lato destro. Ma per far questo dovettero chiedere il
permesso al granduca.
- E il granduca che cosa fece?
- Mandò un esperto per rendersi conto della situazione
nuova che si stava creando. Questo esperto mi controllò
ben bene. Ogni pochino scuoteva la testa. Mi faceva capire
che niente gli andava bene.
-E allora?
- L’esperto riferì al granduca le sue osservazioni. E il
granduca mandò a chiamare il canonico Taviani e
l’ingegnere comunale. Appena i due furono entrati
nell’ufficio del granduca non ebbero neppure il tempo di
salutare Leopoldo I°. Questi li disarmò dicendo loro
pressappoco:
- Ma che siete matti? Non lo sapevate che il campanile
poteva cadere da un momento all’altro?
- Ma noi lo faremo ricostruire di fianco al lato destro
della facciata della nuova Collegiata – intervenne il
canonico Taviani.
- Già – sbuffò il granduca – Ma chi paga le spese per
demolire e ricostruire il campanile??
- Il Comune – rispose prontamente il canonico.
- Si vergogni, canonico! Il Comune di Fucecchio si è già
indebitato fino ai capelli per costruire la nuova Chiesa.
Deve risarcirmi un prestito di 5.000 scudi. Dove potrebbe
trovare i soldi per far ricostruire il campanile?
Il canonico tacque. Poi timidamente chiese:
- E allora che cosa si deve fare? Un campanile per la
chiesa è indispensabile.
- Ascoltate bene entrambi. Prima di tutto dovete far
demolire subito il campanile che potrebbe crollare da un
momento all’altro. Non dovrete ricostruire nessun
campanile perché io vi regalerò il campanile della vicina
chiesa di S. Salvatore. Di che cosa se ne fanno le monache
clarisse di quel campanile? Sarebbe sprecato. Quello sarà
il campanile della nuova Collegiata!
- E l’orologio che si trova in cima al campanile che
dovremo subito demolire, dove lo piazzeremo? – osservò
l’ingegnere comunale.
- Ingegnere, questo problema dovrà risolverlo lei e non
io!!
Il campanile concluse:
- Cara Margherita, il canonico e l’ingegnere, un po’
amareggiati, salutarono il granduca e rientrarono a
Fucecchio a bordo di un navicello che li sbarcò al porto
di Saettino e proseguì subito dopo per Pisa. Io venni
demolito dopo qualche giorno. Si era nel 1782.
Margherita chiese ancora:
- E l’orologio dove venne piazzato?
- Leggiti il primo racconto del libro FUCECCHIO PARLA .
Quel racconto è proprio dedicato all’orologio comunale.
Leggi quella storia e saprai. Troverai il racconto su
Internet nel sito della Pro Loco di Fucecchio. Ciao,
Margherita.
- Ciao, ciao, ciao, carissimo campanile!
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