<4> CHIESA DI S.
GAETANO E MONASTERO DI S. ROMUALDO
Mia figlia da molti anni non abita più a Fucecchio. Una
volta capitò qui di mercoledì mattina. Mi chiese di
accompagnarla al mercato settimanale che si svolge in
piazza XX Settembre. Voleva acquistare un paio di scarpe
eleganti in una delle numerose bancarelle di calzature, ma
non le trovò.
- Babbo – mi chiese – dove potrei trovarle?
- In Corso Matteotti, nel negozio della Cicalini.
Ci portammo in Corso Matteotti e dopo aver sorpassato
l’ingresso del Giardino Bombici, ci fermammo davanti alla
vetrina del negozio scic di calzature della Cicalini.
- Belle! Molto belle queste calzature! – esclamò mia
figlia.
Entrammo.

Una commessa superferrata in fatto di storia locale
- Bongiorno ! – fummo salutati dalla commessa, capelli
biondi alla Maddalena.
- Buongiorno – risposi io. Mia figlia, sorpresa dagli
arredi e dall’eleganza del negozio neppure aveva udito.
Poi come se si fosse risvegliata di colpo, osservò:
- Ma quanto è grande questo negozio. E’ stato sempre così?
- No, cara signora, era molto più grande.
Mia figlia non si accorse nemmeno di essere stata chiamata
signora, visto che è ancora “nubile” come si soleva dire
tanti anni fa.
- C’era forse un magazzino? – chiese ancora mia figlia.
- C’è andata molto vicino. In effetti quando noi
acquistammo il locale, qui c’era un magazzino; ma prima
del magazzino c’erano una chiesa e dietro alla chiesa
c’era addirittura un monastero.
Elen , mia figlia, in tono di rimproverò, mi disse:
- Tu, babbo, non me l’avevi mai detto!
Incassai l’accusa, ma preferii tacere. Mia figlia, invece,
rivolta alla elegante commessa, le chiese:
- Ma lei sa niente di quella chiesa e di quel monastero?
- Io so tutto o per lo meno so bene quello che ho trovato
scritto in una enciclopedia di Fucecchio che mi fu passata
per qualche giorno dalla Pro Loco di Fucecchio la cui sede
si trova proprio dietro questo negozio.
- Senta – esordì di nuovo mia figlia – io devo acquistare
un paio di scarpe, ma se non le dispiace, visto che non ci
sono altri clienti, mi piacerebbe che lei ci raccontasse
la storia della chiesa e del monastero che occupavano
l’area di questo negozio ed oltre.
- Volentieri. Potete sedervi.
Ci sedemmo. Mia figlia tirò fuori dalla sua borsetta il
suo cellulare multiuso per poter registrare tutto quella
che la slanciata commessa ci avrebbe narrato.
La prima parte di una storia di altri tempi
La ragazza, sobriamente imbellettata, iniziò:
- Nel dicembre del 1638 morì a Fucecchio il sacerdote
Giovanni Bardini. Questo sacerdote lasciò due case e dieci
staiora* di terra affinché si costruissero un convento per
suore ed una chiesa. L'idea piacque e alcuni benefattori
aggiunsero 800 ducati per realizzare l'opera.
Anche il vescovo di S. Miniato incoraggiò l'iniziativa.
Nel 1639 il convento e l'annessa chiesa erano già pronti.
La chiesa venne intitolata a S. Gaetano la cui festa cade
annualmente l’8 agosto. Il convento venne intitolato a
Santa Caterina ed in esso, sempre nel 1639, vi fecero il
loro ingresso 11 ragazze di oneste famiglie fucecchiesi
che furono affidate a due donne attempate.
Le 11 ragazze, negli atti pubblici, venivano denominate le
monachine del Conservatorio di S. Caterina.
Invano le monachine avevano ripetutamente supplicato il
vescovo di conceder loro la clausura. Il vescovo non
poteva loro concederla perché non disponevano di entrate
che ne garantissero l'autosufficienza. Queste monachine,
infatti, si affidavano alla carità dei paesani e alle
magre sovvenzioni del nostro Comune.
Grazie alla loro insistenza durata ben sei anni, nel 1645,
ottennero il permesso di costruire un muro di recinzione
al loro convento che, di fatto, diventò il monastero di S.
Caterina.
La seconda parte della storia
Mia figlia, stupita, si lasciò andare:
- Ma chi avrebbe mai immaginato che dietro questo negozio
ci fosse una siffatta storia!
- Cara signora – riprese la commessa con la sua voce soave
– le anticipo che la storia non è finita. Il bello deve
ancora venire.
La ragazza che si era seduta dietro il suo
tavolo-scrivania, si alzò ed assumendo l’atteggiamento
tipico delle maestre in spolverina nera della scuola
elementare proseguì:
- La vita di stenti a cui erano costrette quelle monachine
provocò lo svuotamento del monastero. Quasi tutte chiesero
di essere trasferite in altri monasteri. Il monastero era
rimasto quasi vuoto. Nel gennaio del 1684, per
interessamento del vescovo di S. Miniato, si stabilirono a
Fucecchio , nel Monastero di S. Caterina, certe monache
dell'Ordine di S. Romualdo chiamate "religiose monache
oblate di pura clausura vescovile".
Da quel momento il Monastero di S. Caterina diventò
Monastero di S. Romualdo. E tale rimase fino al 1783.
- Ché forse si svuotò un’altra volta il Monastero? –
chiese mia figlia.
- No, no: accadde un fatto molto più grave.
Decisi di intervenire per avere altre informazioni utili.
- Mi piacerebbe sapere qualcosa sulla chiesa di S.
Gaetano. Inoltre desidererei un’altra informazione che
forse rasenterà l’indiscrezione. Ma intanto ci parli un
po’ della chiesa di S. Gaetano.
- Tutte le domeniche il cappellano officiava la S. Messa
anche per i fedeli che abitavano nei paraggi della chiesa.
Tutti gli anni, l’8 agosto, le monache romualdine del
monastero di S. Caterina in corso Matteotti - presso la
loggetta - festeggiavano solennemente S. Gaetano. Dal 1684
fino al 1783 l'8 agosto era annunziato addirittura dal
suono a festa delle campane.
I dodici sacerdoti della Congregazione del SS. Nome di
Gesù che officiavano nella Collegiata si recavano
processionalmente nella chiesa di S. Gaetano per cantarvi
la Messa solenne. Dopo il 1771, quando la pieve fu elevata
al rango di Collegiata, l’arciprete venne coadiuvato da
dodici canonici che formavano il Capitolo. Inoltre,
davanti a questa chiesa facevano tappa anche le più
importanti processioni. Se lo desidera, signore, le posso
donare un volantino dove viene narrata la storia di S.
Gaetano. Ne ho un bel pacchetto nel cassetto. Me li ha
passati il Presidente della Pro Loco, Francesco Dei.
- Volentieri – annuii.
- Molto volentieri – confermò anche mia figlia.
Qui di seguito è stato riprodotto il testo del volantino.
Gaetano nacque a Vicenza nel 1480.
I suoi genitori erano conti di Thiene, un paese vicino a
Vicenza.
Dopo avere studiato Diritto all'Università di Padova,
voleva farsi sacerdote ma non se ne sentiva degno.
Pian piano riuscì a vincere questa riluttanza e si
consacrò a Dio.
Siccome nessuno conosceva meglio di lui il Diritto, venne
chiamato a Roma a ricoprire la carica di Notaio
Apostolico.
Roma in quel periodo ribolliva di fermenti culturali e
religiosi.
Michelangelo e Raffaello polarizzavano l'interesse di
tutti gli artisti dell'epoca con le loro opere.
Le proteste di Martin Lutero avevano una vasta risonanza
nella Città Eterna. Chi si schierava da una parte e chi da
un'altra: chi era favorevole alla Riforma della Chiesa e
chi no.
Anche il futuro San Gaetano si schierò, ma solo e soltanto
dalla parte di Gesù.
Affermava:
- Gesù attende e nessuno si muove.
Infatti nessuno operava in spirito di carità.
Nel 1519, a 43 anni, si iscrisse all'Associazione del
Divino Amore che raccoglieva tutti coloro che della carità
facevano lo scopo della vita religiosa: assistevano gli
ammalati, consolavano gli infelici, visitavano i carcerati
e aiutavano i poveri.
Per creare un nucleo di sacerdoti moralmente puliti e
cristianamente impegnati nelle opere di carità promosse, a
Chieti, la costituzione di una congregazione di sacerdoti
regolari, i TEATINI, la cui Regola venne approvata nel
1524.
Poco dopo il vescovo di Chieti, Gian Pietro Carafa, il
fondatore della Congregazione dei Teatini,
In questa città, Gaetano istituì Monti di Pietà, organizzò
ospedali, aprì ospizi.
E a Napoli morì nel 1547, compianto da tutti i poveri
della città.
L’ultima parte della storia che c’era dietro questo
negozio di calzature
- Lei, signore - soggiunse la commessa, in spolverina rosa
con colletto bianco – mi ha detto che desiderava sapere
un’altra cosa: che cosa?
- Andavano d’accordo, fra di loro, le monache bianche
romualdesi del nostro monastero?
- Ma per caso, lei ha letto RICORDI del canonico
Fucecchiese Giulio Taviani? - mi chiese la ragazza.
- Sì – risposi.
- E allora sa meglio di me – riprese – che cosa successe
alla nipote del canonico Taviani e alla sua amica che si
trovavano insieme in questo monastero. Questa amica si
chiamava, se non ricordo male, madre Vanghetti. Tale
monaca venne fatta oggetto di tali persecuzioni e di tali
raggiri che la indussero a chiedere il trasferimento
perché la sua vita in comunità si era trasformata in una
serie interminabile di tribolazioni. Non le dico altro.
Annuii con un movimento della testa.
E mia figlia:
- Io sono curiosa di conoscere la fine di questa storia.
- Sarò molto concisa – riprese con un largo sorriso la
commessa – Nel 1783 il Granduca lorenese di Toscana,
Leopoldo I°, soppresse quasi tutti gli ordini religiosi
del granducato ed anche le confraternite che disponevano
di immobili e di lasciti. A Fucecchio, e mi limito agli
Ordini religiosi, vennero soppressi i francescani
conventuali di stanza sul Poggio Salamartano, le nostre
romualdine e le clarisse che dimoravano nel monastero di
S. Andrea che si trovava nell’attuale piazza
dell’ospedale. Le romualdine, quindi, dovevano andarsene
altrove oppure spogliarsi dei loro abiti religiosi e
ritornare allo stato laicale. Le poverette supplicarono il
granduca di non mandarle via. Il Granduca, per niente
impietosito dalla supplica bagnata di lacrime, avanzò loro
questa proposta:
- Se vi assumerete l’obbligo di insegnare a leggere e a
scrivere alla fanciulle di Fucecchio, io vi manderò sul
Poggio Salamartano nel monastero di S. Salvatore. Quel
monastero è vuoto perché ho già mandato via i frati neri.
Le bianche romualdine obiettarono:
- Ma i soldi per tamponare il chiostro per realizzarvi la
nostra clausura dove li troveremo?
Ed il Granduca:
- Venderete la chiesa di S. Gaetano, il vostro monastero
di S. Romualdo e l’orto. Con il ricavato potrete
realizzare la vostra clausura e pagare tutti i debiti che
avete fino ad oggi contratti.
La badessa delle romualdine accettò la proposta.
Vendettero al fucecchiese Agostino Panicacci chiesa,
monastero ed orto ed intascarono la cospicua somma di
3.170 scudi. Pagarono tutti i debiti e con i 1.600 scudi
rimasti tamponarono il chiostro di S. Salvatore che dava
sul Poggio Salamartano per assicurarsi la clausura, si
trasferirono sul Poggio Salamartano ed aprirono
immediatamente la scuola elementare per le fanciulle
fucecchiesi.
Ma quattro anni dopo dovettero andarsene. Molte si
spogliarono, pochissime si trasferirono in altri monasteri
non soppressi.
- E perché dovettero andarsene? Per un altro ordine del
granduca di Toscana?
- No, no. Vi ho già detto che vennero soppresse anche le
suore clarisse che dimoravano nel monastero di S. Andrea.
Quelle sarebbero state le monache insuesi. Erano 43. La
loro badessa era convinta che avrebbe indotto il granduca
a recedere dalla sua decisione. Ma Leopoldo I° era un
duro. Dopo una querelle che durava da due anni, ordinò
alla badessa di abbandonare entro un mese il monastero: se
lei e le sue consorelle volevano rimanere a Fucecchio, lui
le avrebbe trasferite nel Monastero del Poggio Salamartano
dove era già stata assicurata la clausura di tutto
l’immobile. Però dovevano impegnarsi non solo ad insegnare
a leggere e a scrivere alle fanciulle fucecchiesi ma anche
ad insegnar loro un mestiere. La badessa, pur di non
lasciare Fucecchio accettò le condizioni del granduca di
Toscana. Il monastero del Poggio Salamartano era così
grande che ce ne sarebbero entrate altre cento di monache.
La convivenza fra le monache ingiunsi e quelle insuesi,
molto più numerose, si rivelò immediatamente molto
difficile. Le due badesse non riuscivano a concordare su
niente. Le clarisse di S. Andrea presero il sopravvento e
si esibirono in dispetti, raggiri e soprattutto in minacce
vere. Minacce addirittura di morte se prestassimo fede ad
alcune lettere delle romualdine spedite dal Poggio
Salamartano e che io ho lette. Addirittura ci sono minacce
di morte. Fu così che nel 1787 le romualdine che avevano
realizzato la clausura ed organizzato la Scuola Femminile
se ne dovettero andare “becche e bastonate”.
E mia figlia, prima di acquistare il paio di scarpe che
aveva adocchiato in vetrina, chiese ancora:
- Non ha mica per caso una scheda sulla vita di S.
Romualdo che sarà stato il fondatore delle romualdine?
-Sì, eccolo!
La commessa tirò fuori dal cassetto un volantino di color
verde pisello e ne consegnò uno a mia figlia e uno a me,
che troverete qui sotto riprodotto.
S. Romualdo 7 febbraio
Il culto di S. Romualdo rimase vivo a Fucecchio dal 1684
al 1787.
Per 101 anni i Fucecchiesi venerarono questo santo per
merito delle oblate di S. Romualdo, monache di clausura,
che vennero a stabilirsi nel nostro Conservatorio di S.
Caterina da Siena nel 1684.
Con la partenza delle oblate il culto di S. Romualdo si
spense per sempre a Fucecchio.
Il 7 febbraio, festa di S. Romualdo, trascorre ormai
inosservato per tutti i Fucecchiesi.
S. Romualdo nacque a Ravenna nel 952.
Il padre di Romualdo era il duca della città.
A 20 anni Romualdo entrò nell'Abbazia benedettina di S.
Apollinare, nei paraggi della città natale.
Con il permesso dei superiori si ritirò sui colli veneti
per farsi eremita.
Desideroso di soddisfare pienamente il suo ideale di vita
religiosa, andò con alcuni amici eremiti nel cenobio di
Cuxà in Spagna.
Dopo dieci anni di permanenza in quel cenobio, ritornò nel
monastero di S. Apollinare in Classe a Ravenna e ne
divenne Abate per volontà dell'imperatore Onorio III.
Un anno dopo raggiunse l'Abbazia di Montecassino.
La regola benedettina dell' ORA ET LABORA non placò la sua
sete di misticismo.
Dopo l'esperienza di Montecassino, Romualdo riformò la
Regola benedettina e fondò l'ORDINE DEI CAMALDOLESI che
prese questo nome dal luogo dove sorse il primo monastero
per il nuovo Ordine.
Il vocabolo CAMALDOLI venne coniato da Romualdo per
rendere memorabile la visione prodigiosa di un casentinese.
Vicino alla località CAMPO AMABILE, nel Casentino, viveva
un uomo che si chiamava MALDOLO.
Un giorno, d'estate, Maldolo si addormentò in un campo di
quella località e sognò una interminabile fila di uomini
rivestiti di sai bianchi e risplendenti che salivano su di
una scala lunghissima che lambiva il cielo.
Maldolo raccontò il sogno a Romualdo.
Il monaco interpretò il sogno in senso mistico. Quasi
sicuramente Dio voleva fargli capire che proprio nel campo
di Maldolo ( CA- MALDOLO ) doveva costruire un monastero e
che i suoi monaci dovevano indossare il saio bianco.
* Uno staioro
equivale a 655 metri quadrati: 10 staiora equivalgono
perciò a 6.550 metri quadrati e cioè poco più di mezzo
ettaro.
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