Abbiamo già visto, nel capitolo precedente, che l’atto notarile del 3 dicembre 1874, venne concesso, tra l’altro, alla confraternita di Misericordia di Fucecchio, l’uso della chiesa di S. Salvatore unitamente ai locali annessi, ai mobili e agli arredi sacri di pertinenza della medesima chiesa. Ma è opportuno precisare che la concessione sul momento fu soltanto formale, cioè solo sulla carta, in quanto che la chiesa venne temporaneamente lasciata alla custodia e all’uso delle monache ex—professe nel monastero di S. Salvatore, cui fu concesso di rimanere, vita natural durante, ad abitare in uno stabile dell’ex—monastero e fu loro anche riconosciuta la facoltà di continuare ad occuparsi del funzionamento della detta chiesa fino a quando fossero rimaste almeno in numero di sei. Anzi, esse fecero di più. Le monache Teresa Lampaggi, Giuseppina Benedetti e Cherubina Benedetti, anche a nome e per conto delle altre consorelle, in data 8 ottobre 1887, con atto rogato dal notaro Bonfiglioli, ricomprarono dal Comune di Fucecchio il fabbricato con orto già assegnato ad esse per abitazione temporanea con l’atto notarile del 20 novembre 1873. Tuttavia essendosi nel frattempo verificato l’evento, previsto dalla legge 8 luglio 1866 la riduzione a meno di sei del numero delle monache, la stesse decaddero dal diritto di provvedere al funzionamento della chiesa di S. Salvatore, per cui giunse il momento per la Misericordia di assumere realmente la gestione della chiesa stessa.
Cominciarono pertanto le trattative tra il Comune, le monache e la Misericordia per il passaggio delle consegne della chiesa e di ciò che apparteneva ad essa. Ma avendo, le monache, divenute nel frattempo proprietarie dallo stabile adiacente alla chiesa, manifestato il desiderio di continuare in qualche modo a partecipare al funzionamento della chiesa, si pensò di stipulare un accordo, o una convenzione tra le monache e la Misericordia per condividere l’uso della chiesa e gli oneri relativi. Incontrandosi, tuttavia, qualche difficoltà nello stabilire tra le due parti i rispettivi oneri per il mantenimento del culto, la Misericordia supplicò il vescovo d’interporre i suoi buoni uffici per la definizione della vertenza. Il Vescovo, nell’agosto 1885, fece pervenire alla Misericordia uno schema di concordato che sostanzialmente collimava con le proposte della stessa Misericordia. Talché il 24 agosto 1888 fu dato mandato al governatore di dare esecuzione alla convenzione, non appena il Municipio, avesse effettuato la consegna della chiesa alla Misericordia.
Più lunghe furono le trattative tra la Misericordia e il Comune sul riguardo delle riparazioni che abbisognava il fabbricato della chiesa. Sul momento l’oggetto della vertenza era il restauro della loggetta prospiciente la chiesa. A chi spettava provvedervi? Al Comune, proprietario dell’immobile, o alla Misericordia, la quale, d’altra parte, pur avendone avuto l’uso sulla carta, di fatto non l’aveva mai esercitato, perché la chiesa fino allora era rimasta affidata alle monache?
Significativa, a tale riguardo, una lettera piuttosto risentita indirizzata, il giorno 11 ottobre 1887, dal governatore della Misericordia al sindaco di Fucecchio
“Le faccio noto stare in fatto che l’obbligo del restauro della loggetta non spetta alla confraternita di Misericordia, ma invece al Comune di Fucecchio. Infatti il contratto posto in essere tra il Comune di Fucecchio e la confraternita non può imporre alcun obbligo a quest’ultima quando per parte del primo non siano stati eseguiti gli obblighi da esso assuntisi.. (In altre parole: la Misericordia non aveva ancora ricevuto dal Comune la consegna dalla chiesa) E’ quindi all’amministrazione comunale che ella deve rivolgersi per fare eseguire detti restauri. Anzi ritengo che ella come sindaco debba anzitutto provvedere dacché l’esecuzione dal contratto abbia il suo effetto per parte di codesto Comune, mentre a lei nella sua qualità di ufficiale di pubblica sicurezza spetta dichiarare che l’amministrazione comunale resta per ora responsabile dei danni tutti che possono verificarsi e ai quali ella accenna nella sua lettera precedente, a quindi con la deliberazione di questo consiglio generale non s’intende di confondere l’una casa con l’altra ma bensì insistere sui propri diritti”.
La questione si trascinò avanti per diversi mesi. Possiamo seguirne il cammino attraverso la lettura dalle varie deliberazioni del magistrato della Misericordia.
In data 22 febbraio 1888 si deliberò dalla Misericordia “l’immediata presa di possesso dello stabile della chiesa di S. Salvatore e dei relativi arredi sacri, conservando aperta al culto la chiesa stessa, e quindi di riparare immediatamente la loggetta davanti la chiesa, salvo di sperimentare tutti i diritti e azioni contro chi di ragione per la cattiva manutenzione del suddetto immobile per il tempo passato”.
E ancora, in data 16 aprile 1868, “il magistrato delibera di entrare in trattative con il Comune circa la vertenza con esso esistente, salvo a deliberare in proposito quando si conosceranno le disposizioni del Comune. Il magistrato è fiducioso che la rappresentanza municipale vorrà proporre un modo di sistemazione da rendere sperabile il buon esito delle trattative che vanno ad aprirsi”.
Il 2 maggio dello stesso anno, “il governatore informa il magistrato che la giunta municipale di Fucecchio ha deliberato di proporre al consiglio comunale che venga autorizzato il sindaco a transigere con questa opera pia mediante il pagamento alla medesima di una somma non maggiore di lire 100 per i restauri da farsi alla loggetta prospiciente la chiesa di S .Salvatore”.
E l’11 giugno il governatore dà lettura al magistrato di una officiale del sindaco con la quale questi lo invita alla consegna dalla chiesa di S .Salvatore ed annessi nonché dei mobili e arredi sacri alla medesima inerenti”.
Infine, il 17 agosto, il governatore della Misericordia, parlando dello stato della loggetta, dice che tale restauro non può essere ulteriormente trascurato a causa delle maggiori avarie prodotte dal tempo, e che in tal senso ha ricevuto nuove sollecitazioni da parte dal sindaco. In conseguenza, il governatore viene autorizzato dal magistrato a fare eseguire subito i lavori necessari, proponendo al consiglio generale lo storno di lire 200 dal bilancio 1888.
Ci siamo dilungati assai sulla suddetta vertenza per mostrare come i rapporti tra la Misericordia e il Comune siano stati sempre piuttosto difficili.
Torniamo al problema dei rapporti con le monache di S. Salvatore. In data 8 gennaio 1890 venne stipulata una convenzione tre le due parti riguardo alla custodia e al mantenimento degli arredi sacri, della cura della chiesa e all’esercizio dal culto nella chiesa stessa. Le basi della convenzione furono queste:
1°) La Misericordia ritirerà subito e conserverà presso di sé tutti gli arredi, i mobili e quant’altro di sua esclusiva proprietà;
2°) Le proprietarie del monastero si assumono il mantenimento della chiesa e l’esercizio dal culto nella medesima, ed a tale scopo terranno in consegna e in deposito, con obbligo di mantenimento e di restituzione nel caso in cui la Misericordia fosse costretta a ritirarli, tutti gli arredi sacri e i. mobili descritti nell’inventario pubblico del 17 ottobre 1888, rogato Lampaggi, registrato a Fucecchio il 5 novembre successivo, ad eccezione di alcuni oggetti i quali saranno ritenuti dalla Misericordia per i propri bisogni di culto.
3°) La Misericordia si. obbliga di eseguire le riparazioni occorrenti ai finestroni della chiesa;
4°) In caso di bisogno, tanto la Misericordia che le monache debbono imprestarsi gli oggetti che all’una e alle altre potessero temporaneamente occorrere.
Con questa convenzione si addivenne ad un pacifico accordo molto utile ad entrambe le parti. Dunque, per riassumere tutta la faccenda, se l’uso della chiesa di S. Salvatore da parte della Misericordia ebbe inizio — nominalmente —come abbiamo prima affermato — dal 3 dicembre 1874, di fatto la chiesa rimase affidata alle monache dal 1874 al 1886 e dal 1900 in poi.
Al compiersi, nel 1904, dal primo trentennio dall’affidamento della chiesa di S. Salvatore alla confraternita di Misericordia, essendo divenuta negli ultimi anni troppo onerosa la manutenzione generale dell’immobile, essa cercò di svincolarsi dagli obblighi assunti con il Comune. Il 29 marzo 1094 il magistrato della Misericordia deliberò di proporre al consiglio generale d’invitare la rappresentanza comunale a riprendere in consegna la chiesa e gli arredi ad essa inerenti. In data 15 maggio 1905, il dott. Angiolo Bonfiglioli, incaricato di trattare la questione con l’amministrazione comunale, riferisce al magistrato che la stessa amministrazione sarebbe disposta a lasciare alla Misericordia l’uso e il mantenimento in ordinario a straordinario della chiesa di S. Salvatore per un altro trentennio, dietro un compenso annuo da corrispondere dalla stessa amministrazione comunale in una misura da convenirsi fra la parti, e il magistrato delibera di proporre al consiglio generale di accettare la precedente proposta, purché l’amministrazione comunale le corrisponda un compenso annuo dalle 300 alle 350 lire.
Le trattative si protrassero ancora per qualche tempo e la conclusione fu che la chiesa dl. S. Salvatore rimase ancora in uso alla Misericordia, che lo divise con le monache, come abbiamo già detto. Rimasero tuttavia aperte tra la Misericordia e il Comune le questioni di competenza circa il carico delle riparazioni ordinarie e straordinarie all’immobile della chiesa. Dobbiamo intrattenerci ancora per un poco su tali questioni.
Nel mese di febbraio dell’anno 1905 pervenne al governatore della Misericordia e al sindaco del Comune una contestazione giudiziaria, provocata dalle quattro monache del Monastero di S. Salvatore: Lavinia Ceccotti, Cesira Barbieri, Cesira Garzi e Giovanna Ulivelli, divenuta proprietaria dello stabile situato sul fianco sud della chiesa, per le non mai fatte riparazioni, tante volte invano sollecitate nel corso di vari anni, della doccia e della gronda della chiesa, per cui le acque piovane discendenti dal tetto delle chiesa andavano a scaricarsi sul sottostante tetto dello stabile di loro proprietà, danneggiandone a più riprese la copertura e le stesse travi. L’atto giudiziario conteneva l’intimazione di provvedere immediatamente alle necessarie riparazioni e chiamava le due parti interessate a risarcire alle monache i danni sofferti.
Il sindaco — com’è facile intuire — addossò tutta la responsabilità della mancata esecuzione dei detti lavori alla Misericordia, tenuta per contratto alla dovuta manutenzione della chiesa. Ecco che cosa scrisse in proposito il commissario del Comune al governatore della Misericordia in data 25 ottobre 1905:
“.. In questa occasione, date le nuove premure che a me sono state rivolte dalle interessate, ricordo alla S.V. che le proprietarie dell’ex—convento notificarono tempo addietro a codesta istituzione (ed anche non so perché a questo Municipio una diffida per i danni patiti e pazienti originati dalle condizioni in cui trovansi, per la mancanza di riparazioni ordinarie eseguite a tempo opportuno, le docce e la gronda di codesta chiesa; ed a questo proposito tengo a farle presente che se potrà in ipotesi ammettersi che sia discutibile (lo so che pel Municipio non è) l’obbligo in cotesto ente di provvedere alle riparazioni straordinarie e di quelle che possono essere conseguenza di queste.”
Vi fu ancora scambio di corrispondenza sull’argomento tra il governatore della Misericordia e il commissario del Comune, con richiesta del primo al secondo di un concorso dal Comune alle spese per la riparazione da effettuarsi alle docce e alle gronde del tetto della chiesa. Ciò si desume dalla seguente lettera del Commissario del Comune:
“Senza entrare affatto nel merito delle considerazioni dalla S.V. svolte nella nota controindicata, le significo che non avrei difficoltà a prestarmi perché per una volta e in via di pura e graziosa concessione il Comune acceda all’idea di concorrere per un terzo nelle spese poi restauri della doccia e della gronda di cui si è precedentemente parlato. S’intende, per altro, che con questo deve rimanere perfettamente impregiudicata la posizione e i diritti giuridici e le ragioni del Comune nella vertenza, nei quali per ogni buon fine insisto completamente”.
Per concludere su questo argomento, un fatta è certo: che la Misericordia continuò ad interessarsi della chiesa di S .Salvatore; che allorquando nel 1915 essa fu occupata dall’autorità militare per adibirla ad alloggio dei soldati, fu la Misericordia a prendere in consegna e a custodire nella propria cappella tutti gli arredi, i mobili, i dipinti e quanto altro era nella chiesa; e che al termine dell’occupazione militare fu la Misericordia a ricevere il relativo indennizzo dello Stato per il ripristino della chiesa.
Col passare dei decenni, la chiesa di S. Salvatore è tornata ad essere semplicemente la chiesa della monache, e la Misericordia si serve ancora di essa normalmente due volte l’anno per celebrarvi le festa annuale della Madonna di Lourdes, sua celeste patrona, e per commemorarvi, la sera della ricorrenza di Ognissanti, i propri fratelli e sorelle defunti.