Quella di
procurarsi un oratorio fu, sin dall’inizio, una delle maggiori
aspirazioni dei promotori della fondazione della confraternita.
Tutte le
compagnie religiose, per poter compiere le uffiziature cui erano
tenute per tradizione e per statuto, avevano bisogno di un proprio
oratorio. Anzi, all’origine di queste compagnie stava quasi sempre
un oratorio o una cappella dedicata al culto della Madonna o di
qualche santo. Abbiano veduto che anche la prima confraternita di
Misericordia sorta in Fucecchio fu eretta nel piccolo oratorio della
Vergine delle Cinque Vie.
Anche tutte
le altre compagnie religiose esistenti in Fucecchio prima del
provvedimento governativo che decretò la loro soppressione, avevano
ciascuna in proprietà, o in uso un oratorio:
- la
Compagnia di S. Giovanni Battista lo aveva sul Poggio Salamartano;
- la
Compagnia della Madonna della Croce lo aveva sul fianco nord della
chiesa di S. Salvatore;
- sempre
sul lato nord della pieve ma con la facciata sulla piazza, come la
stessa pieve, c’era l’oratorio di S. Rocchino;
la
Compagnia dei Coronati Scalzi aveva l’uso dell’oratorio di S.
Maria delle Vedute ed in essa aveva eretto in proprio un altare e
collocata la Via Crucis e sul retro dello stesso oratorio aveva
eretto la propria stanza.
Il primo
proposito della confraternita fu quello di ripristinare a proprie
spese 1’ Oratorio di S. Margherita, posto alla biforcazione delle
vie oggi denominate Machiavelli e Donateschi, oratorio molto antico,
essendo stato fondato insieme con 1’ omonimo ospedale nel lontano
1294 da don Ruffino, divenuto poi arcivescovo di Milano. Detto
Oratorio fu offerto alla Misericordia dal dott. Giovanni Nelli, primo
governatore della confraternita, che ne era proprietario.
Il
magistrato della Misericordia, nell’adunanza del 10 dicembre
autorizzò il provveditore a fare le spese occorrenti per il restauro
di quell’oratorio, ma poi, non si sa perché, non se ne fece di
nulla e nel gennaio del 1860 ai cominciò a parlare dell’opportunità
di acquistare, per trasformarlo in oratorio, un fabbricato di via S.
Andrea già chiesa del vecchio monastero delle monache clarisse, da
tempo acquistato da privati e ridotto a fondi di botteghe e
abitazioni familiari.
(Annotiamo,
fra parentesi, che, per effetto della soppressione delle corporazioni
religiose, decretata nel 1790 da Leopoldo I, granduca di Toscana, le
superstiti monache clarisse del suddetto monastero di S. Andrea, che
era stato fondato nel 1330 dalla nobile fiorentina Lippa Bazzichi,
sposata a un componente la potente famiglia. fucecchiese Della Volta,
e le superstiti monache camaldolesi del monastero di S. Romualdo
posto sulla via dei Fossi, furono riunite nel monastero di S.
Salvatore dopo l’allontanamento da questo dei frati francescani,
che vi risiedevano da quando, nel 1299, il monastero fu loro ceduto
dalle monache clarisse di Gattaiola di Lucca, le quali, a loro volta,
erano succedute, nel 1256, ai monaci vallombrosani.)
Le
trattative per l’acquisto del suddetto fabbricato di via S. Andrea
si protrassero per circa due anni e finalmente il 17 e il 24 giugno
1862 vennero stipulati due distinti compromessi di acquisto: il primo
col sig. Agostino Matteoni per una piccola parte al piano terra dello
stabile; il secondo con il sig. Silvestro Ciardini per la porzione
maggiore così descritta:
- al piano
terreno una chiostra con negozio dalla parte dell’ospedale di S.
Pietro Igneo, una cantina sotterranea, una bottega e retrobottega con
ingresso dalla via S. Andrea, scala di pietra che porta al
- 1° piano
composto di una vasta stanza detta il “coretto” sulla detta via,
altra piccola stanza accanto, e da questa, mediante passo, si trova
altra stanza sulla chiostra e l’altra sulla via S. Andrea.
Al 2°
piano, al quale si accede mediante scala di pietra, numero cinque
stanze ed un passare corrispondente al 1° piano.
- Al 3°
piano un vasto stanzone a tetto, stonacato”.
Dopo cinque
anni, il 7 febbraio 1867, essendo governatore della confraternita il
sig. Gaetano Pacchi, succeduto il 10 giugno 1864 al defunto sig.
Luigi Bonfiglioli, con contratto rogato dal notaro dott. Niccodemo
Trivellini, la Misericordia acquistò la porzione maggiore dello
stabile, quella di proprietà del sig. Silvestro Ciardini, composta
di dodici stanze con cantina, chiostra e terrazzo scoperto, tutto per
lire 2352.
Appena due
giorni dopo la stipulazione del predetto contratto, e precisamente il
giorno 9 febbraio 1867, in un’adunanza straordinaria del magistrato
della Misericordia, il governatore rese nota, tra la sorpresa di
tutti, una lettera governativa diretta al Comune di Fucecchio, che
suonava così:
“Se
codesta confraternita della Misericordia desidera una chiesa propria
potrà fare pago il suo desiderio per mezzo di quella dei frati che
l’amministrazione del Fondo per il Culto sarebbe disposta a cederla
quando la cessione fosse domandata per mezzo di codesto Municipio che
dovrebbe, senza concorso per parte di detta amministrazione,
assumersi l’onere della uffiziatura relativa”.
A questo
punto si rende opportuna una spiegazione del perché di quella
offerta. E’ di quell’epoca, precisamente dell’8 luglio 1866, la
legge con la quale vennero soppressi in tutta Italia molti enti
religiosi, i cui beni vennero incamerati dallo Stato, che, in
compenso, istituì un Fondo per il Culto. In Fucecchio furono colpiti
dal provvedimento il Capitolo della chiesa Collegiata, il convento
dei frati francescani e il monastero delle suore clarisse sul Poggio
Salamartano.
Le chiese
erano ovviamente escluse dal provvedimento, appartenendo per loro
natura alla comunità. Da ciò l’offerta dei Fondo per il Culto,
tramite il Comune, alla Misericordia della chiesa della Vergine.’
I
consiglieri della Misericordia discussero a lungo la suddetta
proposta. Passato l’effetto della sorpresa sull’animo dei
presenti, qualcuno, cui erano note le vicende dell’antica compagnia
della Misericordia, avrà, per un momento pensato:
— La
Misericordia ritorna nella sua sede primitiva.
In
conclusione, la proposta non dispiacque, anche se non era di pieno
gradimento per tutti. Un consigliere, dal senso pratico, disse:
— Certo,
la chiesa della Vergine non offre la centralità desiderata, ma
conviene accettarla, in quanto l’accettazione non preclude la
possibilità di chiedere un’altra chiesa più centrale nella
eventualità che si renda disponibile.
S’intuisce
a quale chiesa fosse rivolto il pensiero di quel consigliere, e lo
vedremo più avanti. Ma un altro consigliere, preso da un dubbio,
esclamò:
— E
dello stabile che abbiamo or ora acquistato in S. Andrea, che ne
facciamo?
—Si
rivende — replicarono gli altri — e così si recupera l’ingente
somma spesa.
Però, in
quel momento, nessuno seppe immaginare ciò che avrebbero fatto i
frati francescani. Questi, cacciati dal convento, si sistemarono qua
e là in case private, in attesa degli eventi. Un gruppo di essi
prese alloggio non lungi dal convento, in una casa sulla via del
Roccone, offerta loro dal principe Corsini.
Alcuni
frati erano stati pregati di rimanere, provvisoriamente nel convento,
come custodi dei locali dello stesso convento e della chiesa. Ma a
poco a poco, alla chetichella, i frati allontanatisi ripresero a
frequentare, nelle ore diurne , il convento e la chiesa della Vergine
e, dopo qualche anno, con l’aiuto della popolazione, che li amava e
li considerava vittime di un sopruso, poterono ricomprare il convento
il 1° gennaio 1880, dopo 14 anni dalla loro cacciata, vi poterono
ritornare tutti, e questa volta da padroni. Essi poterono pure
riscattare i locali del convento che nel frattempo erano stati
adibiti a pubblici macelli permutandoli con i capannoni da loro
stessi appositamente costruiti per quella funzione lungo la via Sotto
la Valle.
Tornando
all’argomento che c’interessa, la Misericordia, forse avendo
intuito in un secondo momento come la faccenda dei frati sarebbe
andata a finire, lasciò cadere l’offerta della chiesa della
Vergine e attese la maturazione di favorevoli eventi per la soluzione
del suo problema. Gli avvenimenti attesi si verificarono puntualmente
pochi anni appresso e portarono la Misericordia al possesso
dell’antico oratorio della Madonna della Croce sul Poggio
Salamartano e all’uso della chiesa di S. Salvatore.
L’avvenimento
abbisogna di una particolare narrazione, che occuperà il capitolo
seguente.