Nel 1320 Castruccio Castracani venne proclamato Principe dello Stato di Lucca. Questa nomina e la sottomissione, già avvenuta, dei castelli di Cappiano e di S. Maria a Monte misero in allarme Firenze e tutti quei comuni che volevano salvaguardare la propria libertà e la propria autonomia.
Appena Castruccio, nel 1321, si allontanò da Lucca per portarsi a Genova a dare man forte al proprio esercito impegnato in un’ennesima guerra, i Fiorentini organizzarono un esercito, comandato da Guido della Petrella, riconquistarono i castelli della Valdinievole e sbaragliarono le truppe di Arrigo, figlio di Castruccio, a Borgo a Buggiano.
Castruccio, allora, ritornò in Toscana deciso ad infliggere una sonora sconfitta ai Fiorentini accampati nella Valdinievole. Lo scontro frontale era previsto a Montevettolini per l’8 giugno 1321.
La notte del 7 giugno, Guido Petrella, resosi conto di essere impreparato a sostenere lo scontro frontale con Castruccio Castracani, ricorse ad uno stratagemma: il comandante fiorentino fece raccogliere sterpi e fascine, li disseminò i numerosi punti del campo e poi diede loro fuoco per far credere a Castruccio che di lì a poco avrebbe attaccato battaglia.
Mentre Castruccio predisponeva le proprie truppe per contrastare l’attacco dell’esercito fiorentino, il Petrella dirottò l’esercito in parte a Carmignano ed in parte a Fucecchio.
Il mattino dell’8 giugno, Castruccio, schiumante di rabbia, invase il Valdarno scorrazzando e devastando le campagne; ma non osò attaccare Fucecchio. Le scorribande di Castruccio durarono un mese: poi rientrò a Lucca. E noi fucecchiesi tirammo un bel respiro di sollievo.
Castruccio Castracani (n 1281 - m 1328)
Era il capo del partito ghibellino lucchese.
Nel 1314 il ghibellino Uguccione della Faggiuola conquistò la guelfa Lucca e ne diventò Signore. La sua prepotenza e la sua avarizia gli alienarono il consenso del popolo lucchese che nel 1316 lo cacciò dalla città.
Gli subentrò allora Castruccio Castracani che venne proclamato Signore a vita di Lucca.
Castruccio Castracani avrebbe voluto esercitare il dominio su tutta la Toscana, ma dovette fare sempre i conti con Firenze.
La politica espansionistica di Castruccio Castracani interferì notevolmente nella storia della nostra comunità.
Alla figura di Castruccio sono legate, infatti, alcune pagine buie ed altre luminose della nostra storia locale.
Uno degli obiettivi più ghiotti di Castruccio era la conquista del Valdarno.
Il Valdarno rappresentava, infatti, per la guelfa Furenze un cuscinetto fondamentale per frenare le mire espansionistiche di Castruccio.
Il Signore di Lucca, poi, non aveva mai perdonato a Fucecchio e ad altri comuni del Valdarno di avere dato asilo, nel 1314, ai lucchesi guelfi cacciati dalla città da Uguccione della Faggiuola.
Nel 1320, dopo aver rotto tutte le convenzioni pattuite con la Pace di Napoli del 1317, Castruccio diede l’avvio alle sue spedizioni punitive nel Valdarno (*).
(*) Nel 1320 distrusse barbaramente i nostri castelli - già comuni rurali - di Cappiano, di Massarella e di Torre e quelli di Montefalcone e di S. Maria a Monte.
Tutti i documenti esistenti in quei castelli furono dati alle fiamme.
I superstiti, inorriditi, abbandonarono e per sempre Massarella, Torre e Cappiano. La distruzione dei nostri castelli e l’esodo di quelle popolazioni rappresentano altrettante pagine buie della nostra storia.
Simonetti (n 1309 - m 1352)
A novembre, nel 1309, morì in Fucecchio il ricco Ser SIGNORETTO della Consorteria dei Simonetti. Ser Signoretto lasciò tre figlie ed un maschietto di nome Signoretto.
I quattro figli del defunto Ser Signoretto vennero assegnati a ser Bernardo, fratello del defunto. Bernardo era il titolare della Porta Bernarda che si trovava nei pressi dell’attuale Farmacia Serafini all’inizio di Via Giovanni Nelli.
Il patrimonio fondiario del defunto Ser Signoretto era davvero cospicuo. Questo consentì allo zio Bernardo Simonetti di accasare convenientemente le nipoti. Poiché l’erede di diritto era il maschietto ser Signoretto, lo zio Bernardo, pur non ledendone i diritti, ne impedì la crescita politica. Di Ser Signoretto non se ne sentirà mai parlare.
Salì, invece, alla ribalta della vita politica di Fucecchio, SIMONETTO, il figlio di Bernardo.
Simonetto, prima del 1318, si rese protagonista di molti fattacci, visto che il nostro comune, dal 1314, era sprovvisto della protezione militare di Lucca. Infatti le Magistrature ordinarie di Fucecchio non riuscivano né a catturarlo né a punirlo per tutti i suoi misfatti: ruberie, devastazioni, complotti, omicidi.
L’11 ottobre 1318 venne riunita nella Pieve di S. Giovanni Battista (Collegiata), su convocazione straordinaria, l’Assemblea Generale per prendere provvedimenti efficaci contro Ser Simonetto e tutta la sua consorteria. L’Assemblea Generale deliberò la sospensione delle Magistrature ordinarie e la creazione di una Balia di 12 uomini con licenza di prendere tutti i provvedimenti necessari.
Sicuramente i Simonetti vennero condannati al confino e i loro beni furono confiscati. Ne rende testimonianza il fatto che nel 1323 tutti i membri della consorteria poterono rientrare in paese.
Nel 1352 i Simonetti tentarono di compiere un colpo di stato, cioè di impadronirsi del potere su Fucecchio che godeva addirittura della protezione militare e giuridica del ducato di Firenze all’epoca impegnato nella guerra contro Siena, a fianco dell’Imperatore di Spagna ed Austria, Carlo V. Fortunatamente il loro disegno sovversivo venne scoperto ed il loro tentativo mirato al colpo di stato fallì.
Proprio nel giorno di S. Clemente, il 23 novembre, i Simonetti vennero sopraffatti e cacciati via definitivamente dal nostro Comune. Per storicizzare questo evento vennero prese due decisioni:
1- S. Clemente venne proclamato protettore del nostro Comune e ne fu istituita la Festa che cade il 23 novembre.
2- Il 29 agosto dell’anno successivo, il 1353, venne commissionata al pittore Guglielmo una pittura da eseguirsi sul muro del Palazzo del Comune raffigurante il tradimento di Piglio dei Simonetti e dei suoi seguaci.
1322 - Costruzione della Rocca o fortezza
Fucecchio era rimasto sotto la protezione di Lucca, la guelfa, fino al 1314, l’anno in cui ne divenne Signore il ghibellino Uguccione della Faggiola. Il nostro comune chiese protezione militare a Firenze. Firenze, dopo aver constatato che la posizione di Fucecchio era strategicamente apprezzabile per la difesa del contado fiorentino dagli assalti di Uguccione prima e di Castruccio poi, Signori della nemica Lucca, chiese di poter costruire nell’area dell’ex castello di Salamarzana o castello vecchio di Fucecchio una rocca (fortezza). Naturalmente anche Fucecchio doveva dare il suo contributo provvedendo, a costruzione ultimata, alla manutenzione della Rocca e al sostentamento della guarnigione militare fiorentina che avrebbe presidiato la fortezza. Fucecchio rispose di sì.
I lavori di costruzione, diretti da un frate, padre Giovanni, in collaborazione con il fiorentino Cagnazzo di Bonaiuto, iniziarono nel 1322 e si conclusero nel 1330, l’anno in cui il comune di Fucecchio si sottomise formalmente al Comune di Firenze.
La rocca era formata da tre cerchie di mura, da quattro torri e da una casa fortezza con adiacenze.
La torre di mezzo , sulla cima più alta, si trovava all’interno della prima cinta muraria. Essa si concludeva con una abitazione che poteva essere isolata dal resto della fortificazione.
La torre grossa o fiorentina e la torre del soccorso o pagliaiola si trovavano nell’area compresa fra la prima e la seconda cerchia muraria. Entrambe le torri erano addossate ,per un lato, alla prima cinta muraria. Presso la torre grossa c’era un ponte levatoio.
La quarta torre si innalzava sulla porta di accesso, la porta fiorentina, aperta nella terza cinta muraria.
Tutte le torri erano coperte a tetto. Gli spazi interni erano a volte murate e solai di legno.
All’interno delle torri c’erano armi, attrezzi da lavoro e riserve di cibo.
Nel circuito fortificato della rocca si entrava attraverso due porte: la porta Rosselmini che immetteva direttamente nel paese; la porta fiorentina collegata con la via che conduceva a Firenze.
La parte più bassa della cinta muraria era guardata da tre torricelle.
All’interno della rocca vi erano 6 tettoie, una casa murata ed altre case costruite con materiale deperibile. Vi erano anche due palazzi: quello nuovo e quello vecchio.
La difesa della rocca era affidata ad un corpo di venti armati forestieri comandati da un castellano, pure lui forestiero. Il comandante della rocca restava in servizio per quattro mesi e riceveva un compenso mensile di 20 lire. Ai fanti, invece, venivano corrisposte soltanto 5 lire.
A Firenze spettava la difesa della Rocca; a Fucecchio spettavano invece gli oneri della manutenzione della fortezza e del vettovagliamento del presidio militare. A tal proposito il nostro comune eleggeva due ufficiali che avevano piena autorità di spendere denaro pubblico sia per i rifornimenti alimentari sia per le opere di manutenzione che venivano segnalate da due ispettori fiorentini a ciò delegati.
1323 - Per due volte Castruccio tentò di conquistare Fucecchio
Nell’estate del 1323 il Castracani tentò di conquistare il nostro ponte fortificato, sull’Arno. Il nostro Corpo di Guardia resistette all’assedio di Castruccio. Quando, poi, da Firenze giunsero le truppe fiorentine capitanate dal Conte Guido Novello, il condottiero lucchese preferì abbandonare l’impresa. E il ponte fu salvo.
Il passaggio dei due eserciti, quello di Castruccio e quello di Guido Novello, provocò danni ingenti nelle campagne di S. Pierino dove andarono distrutte tutte le colture di miglio e di panico.
La notte del 19 dicembre 1323, mentre imperversava una grande tempesta, Castruccio, partito da Lucca con 150 cavalieri e 500 fanti, grazie alla complicità di alcuni di alcuni terrazzani fucecchiesi che gli aprirono una porta di accesso al castello - ce n’erano 9 - , entrò nel nostro paese per distruggerlo.
L’obiettivo principale del Lucchese era la ROCCA, la fortezza in fase di ultimazione, dove stavano i soldati preposti alla difesa di Fucecchio.
Per Castruccio non fu difficile penetrarvi; ma intanto le sentinelle avevano acceso i fuochi di allarme sulla cima della torre di guardia per chiedere soccorso ai comuni di S. Miniato, S. Croce sull’Arno e Castelfranco.
Le truppe di questi tre comuni, all’alba, accorsero in nostro aiuto e costrinsero Castruccio ad abbandonare la ROCCA e poi Fucecchio.
Prima che il Castracani riuscisse a sfuggire da Porta al Noce- in fondo all’attuale via Franco Bracci - venne ferito ad un orecchio con un colpo di roncola da calzolai.
Questa vittoria suscitò grande entusiasmo anche a Firenze.
1324 - Si festeggia la vittoria su Castruccio
Ad un mese esatto di distanza, in occasione della ricorrenza dei santi Audiface ed Abacuc che cade il 19 gennaio, venne solennemente festeggiata con una LUMINARIA ed una PROCESSIONE di ringraziamento la vittoria riportata dai Fucecchiesi su Castruccio Castracani, Signore di Lucca, il 19 dicembre 1323.
Furono particolarmente festeggiati gli otto terrazzani che, rinserratisi in una torre della Rocca, erano riusciti ad impedirne la conquista da parte di Castruccio Castracani.
Ad ognuno degli 8 terrazzani che quasi sicuramente avevano provveduto ad effettuare dalla cima della torre le segnalazioni di pericolo ai comuni vicini con l’accensione dei fuochi venne corrisposto un premio di 40 soldi. Questi i nomi degli 8 terrazzani:
- Lemmo Giani - Lorenzo detto Corpoterra
- Biono Gieri da Monsummano - Cambio di Casari
- Chino Gani di Montecatini - Barone Meucci
- Cecco Baroni - Riccomanno Pucci
Altra persona festeggiata fu lo speziale Chele di Lippo che nel corso delle prime ore del fatidico 19 dicembre 1323 consegnò ai fucecchiesi 48 libbre di ceri, torce e candele per illuminare le vie dove infuriava la battaglia.
Per la LUMINARIA dei festeggiamenti furono consumate soltanto 19 libbre e 8 once di cera.
Il 22 maggio 1324, 150 cavalieri lucchesi intrapresero una spedizione punitiva contro Castelfranco, reo di avere portato soccorso a Fucecchio il 19 dicembre 1323.
La battaglia infuriava da tre ore a Castelfranco quando giunse a Fucecchio un messo mandato a chiederci aiuto.
Immediatamente partirono da Fucecchio cento cavalieri comandati dal Conte Novello.
I lucchesi, alla vista di questi cavalieri, si diedero alla fuga.
I cavalieri partiti da Fucecchio li inseguirono, ma due di essi, più veloci degli altri, si avvicinarono troppo ai lucchesi in fuga e vennero fatti prigionieri.
1325 - Cappiano: un evento bellico
Nel 1325 il comando dell’esercito fiorentino venne affidato a Raimondo da Cardona che subentrò a Guido Novello.
Quasi tutta la Valdinievole ed il Valdarno erano in mano delle milizie di Castruccio Castracani, signore di Lucca.
Anche Ponte a Cappiano era stato occupato da Castruccio.
Una presenza così ravvicinata rendeva molto insicura la vita dei Fucecchiesi e dei numerosi lucchesi, guelfi, che nel 1314 si erano rifugiati a Fucecchio.
Raimondo da Cardona se ne rese conto ed escogitò un piano per impadronirsi di Cappiano che rappresentava un nodo stradale di grandissima importanza.
Il 4 luglio 1325 Raimondo cinse d’assedio Tizzana per far credere a Castruccio che i fiorentini volevano conquistare quel castello.
Castruccio abboccò.
Il 9 luglio Raimondo distaccò da Tizzana 500 cavalieri e li dirottò a Fucecchio. I 500 si unirono ai cavalieri lucchesi presenti nel nostro castello e a quelli di Fucecchio.
I cavalieri raggiunsero la Gusciana, vi gettarono un ponte di legno, l’attraversarono, si accamparono attorno a Cappiano e mandarono delle staffette a Tizzana ad informarne Raimondo da Cardona.
Raimondo abbandonò Tizzana e puntò con l’esercito fiorentino su Cappiano.
Il 13 luglio 1325 Cappiano capitolò.
Grave fu lo scorno di Castruccio Castracani.
Raimondo da Cardona, imbaldanzito da questo successo, riconquistò Monfalcone ed Altopascio.
I fucecchiesi, euforici, tributarono al vincitore un’accoglienza trionfale.
Due mesi dopo, però, il 25 settembre 1325, Raimondo da Cardona subì una tremenda batosta ad Altopascio.
Fatto prigioniero, Raimondo, insieme agli altri prigionieri, dovette sfilare processionalmente per le vie di Lucca, incatenato, con un cero in mano e il capo cosparso di cenere fra due ali di popolo esultante.
Il Signore di Lucca riuscì ad infliggere una pesantissima sconfitta all’esercito fiorentino ad Altopascio nel 1325; ma questa vittoria gli procurò soltanto la conquista di Pistoia.
1326 - Carlo di Calabria a Fucecchio
Il duca Carlo di Calabria era figlio del re di Napoli.
Dopo l’umiliante sconfitta subita dall’esercito fiorentino ad Altopascio il 25 settembre 1325 ad opera di Castruccio Castracani, Signore di Lucca, Firenze affidò il comando del suo esercito al duca Carlo.
Il duca Carlo di Calabria subentrò così a Raimondo da Cardona.
Appena giunto in Toscana, nel 1326, il duca Carlo di Calabria si acquartierò a Fucecchio con il suo forte esercito.
Il duca aveva scelto Fucecchio per la sua posizione strategica: doveva infatti costituire una base di lancio delle sue controffensive contro l’invincibile Castruccio Castracani.
Nonostante disponesse di un forte esercito, il duca Carlo riportò soltanto severe sconfitte negli scontri contro l’esercito di Castruccio.
La presenza sia pure temporanea dell’esercito fiorentino in Fucecchio rappresentò una manna per gli esercenti delle poche rivendite e per le tenutarie delle case di malaffare.
Firenze dopo la sconfitta di Altopascio aveva eletto a proprio Signore Carlo Duca di Calabria, figlio di Roberto d’Angiò re di Napoli e capo del partito guelfo in Italia, con la segreta speranza di sbarazzarsi del terribile Castruccio Castracani che nel 1327 era stato nominato Duca di Lucca e di Pistoia dall’imperatore e re di Germania Ludovico il Bavaro (1314-1347).
Il Signore e Duca di Lucca venne sconfitto mortalmente, nel 1328, da una improvvisa malattia.
1329 - Pace di Montopoli
Generalmente la firma di un trattato di pace sancisce la fine di una guerra. Anche la PACE DI MONTOPOLI, firmata il 12 agosto 1329, segnò la fine di una contesa..militare.
Un anno prima, nel 1328, era morto improvvisamente, a 47 anni, a causa di una malattia, Castruccio Castracani, Signore di Lucca e Vicario Imperiale.
Subito dopo la morte di Castruccio, Ludovigo il Bavaro lasciò Roma e prese possesso di Pisa e di Lucca esautorando i figli di Castruccio Castracani ai quali, però, sborsò una grossa rendita. Non soddisfatto, il Bavaro saccheggiò e devastò i castelli della Valdinievole affidandoli poi a presidi tedeschi. Poi insediò a Pescia il fiorentino Federico di Lapo degli Umberti, con il titolo di Vicario Imperiale e con giurisdizione su tutta la provincia.
Di fronte al pericolo di rappresaglie tedesche i sindaci di Pescia, Buggiano, Massa e Cozzile formarono una Lega e chiamarono in loro aiuto Marco Visconti di Milano. Il Visconti venne in Toscana e costrinse il Bavaro a fuggire da Lucca e dalla Valdinievole.
Il Visconti rifiutò la carica di Signore di Lucca e preferì vendere la città (di Lucca) per 30.000 fiorini d’oro a Gherardo Spinola di Genova.
Pistoia e la Lega di Pescia si riunirono per decidere se seguire il nuovo Signore di Lucca o allearsi con la Repubblica Fiorentina. I Comuni della Valdinievole preferirono sottomettersi alla Repubblica Fiorentina.
Firenze, intanto, inviò contro Pisa, colpevole dei maneggi intercorsi con i tedeschi per la vendita di Lucca allo Spinola,un esercito al comando del conte Beltramo del Balzo. I pisani, allora, chiesero a Firenze di fare la pace. Firenze accettò. La PACE venne firmata a Montopoli il 12 agosto 1329. Anche Fucecchio, rappresentato dal notaro Ser Vanni di Forte prese parte a questo grande evento e ne trasse dei vantaggi. Infatti, per effetto della PACE DI MONTOPOLI:
- tutti i fucecchiesi prigionieri, quelli in ostaggio di Pisa e quelli che erano stati banditi dal paese poterono ritornare a Fucecchio;
- coloro ai quali erano stati confiscati i beni ne rientrarono in possesso;
- tutti i beni tolti dai pisani a Fucecchio furono integralmente restituiti.
1368 - Galleno sottomissione (nel 1284) ed unione (1368) a Fucecchio
Di Galleno si hanno notizie dagli inizi dell’undicesimo secolo, quando vi sono documentati beni pertinenti al Vescovo di Lucca, ai Signori di Porcari e soprattutto ai conti Cadolingi di Fucecchio che avevano qui una corte.
Situato in mezzo a terre della Curia imperiale e più tardi circondato dai beni dell’ospedale di Altopascio, presso l’incrocio fra la Via Francigena con la “ Traversa di Valdinievole “, Galleno è ricordato come “borgo” agli inizi del 1200 ed è successivamente indicato come CASTELLO ( paese circondato da mura) presso il quale è segnalata la esistenza di un mulino.
La locale chiesa di S. Pietro era suburbana, cioè direttamente dipendente dalla cattedrale di Lucca. Alla fine del 1200 il rettore di detta chiesa veniva appunto nominato dal Capitolo lucchese, nell’ambito di una terna proposta dagli abitanti del castello che si era dato nel frattempo le struttura amministrativa di Comune Rurale..
Per la sua posizione strategica, il comune rurale di Galleno costituiva un ghiotto boccone per i Comuni più grandi che confinavano con il suo territorio.
Data l’esiguità del numero dei suoi abitanti e non potendo contare su pingui entrate, il comunello di Galleno non poteva disporre nemmeno di un miniesercito. Galleno aveva perciò bisogno di protezione militare.
Per ottenere la protezione militare Galleno doveva sottomettersi ad un comune vicino.
Galleno chiese la protezione militare al Comune di Fucecchio.
Il comune di Fucecchio gliel’accordò ma a certe condizioni.
Ai Gallenesi era riconosciuto il diritto di autogovernarsi (in tal modo il comune rurale restava in piedi), però dovevano accettare come loro giudice (podestà) una persona scelta dal Comune di Fucecchio.
I Gallenesi dovevano inoltre corrispondere al comune di Fucecchio una certa somma e dovevano mettergli a disposizione una dozzina di soldati in caso di guerra.
L’accettazione di queste condizioni in cambio della protezione militare si chiamava SOTTOMISSIONE.
L’atto di sottomissione che prevedeva un cerimoniale particolare venne sottoscritto a Fucecchio il 3 giugno 1284.
Quando un comune rurale non era più in grado di soddisfare alle condizioni sottoscritte nell’atto di sottomissione, chiedeva di UNIRSI al Comune protettore rinunciando così ad autogovernarsi, accettando di diventare parte integrante (frazione) del Comune al quale si univa ed accogliendone la giurisdizione.
Il comune rurale di Galleno chiese di UNIRSI a quello di Fucecchio soltanto nel 1368. L’atto di UNIONE venne firmato l’1 febbraio 1368.
La particolare posizione geografica, presso un nodo viario assai transitato, se era stata favorevole allo sviluppo del castello, ne determinò probabilmente la decadenza quando, durante i frequenti conflitti trecenteschi, dovette sopportare passaggi ed incursioni da parte degli eserciti in lotta.
Fu solo a partire dalla seconda metà del 1400 che, molto lentamente e con risultati diversi a seconda delle località, si aprì una fase di ripopolamento degli antichi borghi delle Cerbaie.
La rinascita di Galleno, cominciata intorno alla metà del 1400, fu merito della famiglia fucecchiese degli Orlandini che da quel tempo e da quel luogo presero appunto il nome di GALLENI.
Degli Orlandini si hanno notizie sicure dalla seconda metà del 1200, quando il capostipite, Ferano di Orlandino, ricoprì più volte la carica di consigliere del Comune e da allora “questa famiglia ha sempre goduto di tutti gli onori del pubblico”.
Fu appunto in forza del prestigio raggiunto che, nel 1441, Ferano di Stefano Orlandini ottenne il “livello” del Galleno, ossia la concessione in uso delle terre, dei pascoli e di ogni altro diritto sul luogo dove un tempo sorgeva il borgo di Galleno.
Della vicenda ci parla con una certa dovizia di particolari un documento del 1583, redatto in occasione di una lite insorta tra i Galleni e il Comune di Fucecchio, secondo il quale i diritti dei concessionari a quella data avrebbero dovuto cessare e le terre del Galleno avrebbero pertanto dovuto essere restituite al dominio diretto della Comunità.
Il 26 ottobre di quell’anno gli Anziani di Fucecchio elessero arbitro per dirimere la controversia Don Chiarissimo di Rosso di Filippo dei Medici.
Il giorno successivo, davanti al Consiglio del Comune, l’arbitro emise la propria sentenza che risultò favorevole a Ser Luca, Marco e Ferano fratelli e figli di Pietro di Luca di Ferano “del Galleno”, e a Valerio di Giovanni di Pietro di Luca di Ferano, loro nipote, in considerazione dei miglioramenti che essi avevano prodotto sui beni tenuti in concessione.
L’arbitro ricordò che il loro avo Ferano di Stefano aveva ottenuto le terre del Galleno quando essere erano inabitabili, incolte, prive di edifici e di uomini disposti a risiedervi. Fu proprio grazie all’operosità, all’impegno e alle spese profuse da Ferano che in quei luoghi sorsero nuove abitazioni, a beneficio del Comune e di tutti coloro che avevano occasione di passare lungo la strada delle Cerbaie; altrimenti, si precisava ancora nella sentenza, quei beni sarebbero rimasti per sempre inutilizzati, coperti da boschi e infestati da ladroni e altri pubblici criminali. Ora, invece, per merito di Ferano e dei suoi discendenti, le terre del Galleno erano state rese “domestiche” ed abitabili, le strade risultavano ormai sicure per i viandanti, anche grazie alla costruzione, sempre su iniziativa della famiglia Galleni, di un “ospizio” dove chiunque poteva trovare rifugio. Era nata così l’OSTERIA del Galleno che avrebbe continuato per secoli ad essere un importante punto di riferimento per tutti coloro che transitavano attraverso i boschi delle Cerbaie.
I Galleni avevano dovuto lottare duramente contro i briganti ed anche contro i numerosi lupi che ogni anno stringevano d’assedio pure i centri maggiori come Fucecchio. Pertanto non si poteva che riconfermare ai Galleni in perpetuo “in linea mascolina” l’antica concessione per il canone annuale di 24 staia di grano. Anzi, nell’occasione, fu ad essi concesso di costruire in quelle terre anche un mulino sopra il rio del Galleno e il rio del Landuccio o altrove, nella valle del Galleno, per il canone aggiuntivo di altre 12 staia di grano da pagarsi al Comune di Fucecchio, ogni anno, nel mese di agosto.
Gli stessi tre fratelli che avevano visto rinnovata la concessione del Galleno, nel medesimo anno, ottennero in locazione il mulino di “Cavaticcio”, presso la confluenza dell’Egola in Arno e, una ventina d’anni dopo, Marco Galleni ottenne in gestione anche l’osteria di Ponte a Cappiano da poco ricostruita.
Galleno deve dunque la sua rinascita alla famiglia Orlandini di Fucecchio che, alla fine del 1700, si trasferì per sempre a Pisa.