capitolo6-2 - STORIA di FUCECCHIO FATTI, PERSONAGGI ED EVENTI - di Mario Catastini a cura di Giacomo Pierozzi

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CAPITOLI
VI  (parte 2-2)

FUCECCHIO COMUNE LUCCHESE
1187 - 1314


1295 - Usurai
L’usura, prestito clandestino del denaro, è vecchia quanto il mondo e ci accompagnerà fino alla fine dei secoli.
L’usura veniva praticata anche nel medioevo come risulta dal protocollo (1295-1299) del notaro Rustichello di Pardo. Nove gli usurai registrati da Rustichello. Essi erano proprietari terrieri come Franchino di Orlando e Meo di Arrigo; oppure notai come Pepo di Ugolino e Turchio di Saragone; oppure commercianti come il pannaiolo Nardo di Bastocco. Certi usurai ricoprivano anche cariche prestigiose come quella di consiglieri comunali, camarlinghi o membri di commissioni speciali.
Fra i clienti di quegli usurai figurano i CONTADINI dei centri minori come Ventignano, Massarella, Galleno, Montefalcone, Musignano di Stabbia. Oltre ai contadini, nella lista dei clienti compaiono anche gli abitanti del castello di Fucecchio nonché certe personalità di spicco come notai, dirigenti pubblici e uomini di antica nobiltà come Figo di Acconcialeone dei Visconti che risultava al 15° posto nella lista dei 553 contribuenti iscritti al pagamento delle imposte. Queste ultime categorie ricorrevano al prestito degli usurai non per indigenza bensì per il bisogno immediato di denaro liquido.

1296 - Franchino di Orlando usuraio

Il protocollo notarile (1295-1299) di Rustichello di Pardo ci fa conoscere un USURAIO fucecchiese che si chiamava Franchino di Orlando.
Nel 1296 il nostro usuraio concesse 17 prestiti per un totale di 124 lire. In media ogni prestito ammontava a 7 lire. E con 7 lire si potevano acquistare o un bue o una decina di pecore.
Gli interessi maturati dall’usuraio Franchino nel 1296 ammontarono a 25 lire, pari al valore di 3 buoi o all’affitto di una casa per 3 anni.
Per i prestiti di media scadenza (4-8 mesi) il tasso di interesse oscillava dal 18 al 20%; per quelli a più lunga scadenza (superiore ad un anno) il tasso oscillava invece tra il 30 e il 50%.
Poiché esistevano precisi divieti in materia di USURA, il nostro notaio sostituiva la voce prestito con la espressione importo da restituire.
Quando il debito era stato saldato il notaro annotava sul margine della pagina la formula Hoc rogitum cassum est per me Rustichellum.
Il rinvio del pagamento oltre i termini pattuiti era frequente. Le inadempienze venivano registrate con la formula Non solvit.

1295-1299 - Contratti di soccida

Il protocollo notarile di Rustichello di Pardo, composto da 478 contratti che coprono il quinquennio 1295-1299, ne annovera anche 15 di SOCCIDA.
Con i contratti di SOCCIDA i benestanti o affidavano in custodia i loro greggi a pastori o noleggiavano bestiame da lavoro ai contadini che ne erano sprovvisti.
La soccida e l’USURA costituivano due forme di investimento molto redditizie e favorivano altresì lo sviluppo dei rapporti fra mondo rurale e il capoluogo.
Da uno dei 15 contratti, quello stilato il 18 novembre 1296, possiamo ricavare i termini degli accordi per una soccida. Gli altri 14 consentono di conoscere le condizioni fissate appunto dai contratti.
I concessionari di soccide erano generalmente dei benestanti di Fucecchio o dei castelli vicini. Questi benestanti affidavano l’allevamento dei loro animali ai pastori delle nostre colline o ai contadini emigrati da poco nelle nostre campagne ricche di boschi e di prati.
L’affidamento del bestiame minuto (pecore, capre e montoni) durava quasi un anno. Al termine dell’affidamento i contraenti dividevano a metà i frutti e cioè agnelli, lana e formaggio.
Il benestante che concedeva a NOLEGGIO animali da lavoro come buoi e vacche riceveva come compenso tre staia di grano all’anno per ogni bestia. Una persona consumava mensilmente uno staio di grano.

1295 - Nardo di Bastocco

Attraverso la consultazione del protocollo notarile di Rusichello di Pardo, lo storico locale Alberto Malvolti ha potuto ricostruire l’attività del mercante fucecchiese Nardo di Bastocco.
I dati raccolti riguardano il quinquennio 1295-1299.
Nardo di Bastocco nel 1294 aveva fatto parte del Consiglio Maggiore.
Nardo era un commerciante di panni. Aveva una bottega nei pressi del Palazzo della Volta. Il proprietario della bottega di Nardo era il padre del notaio Rustichello di Pardo.
La clientela di Nardo era costituita soprattutto dai contadini di Massarella.
Fra il novembre del 1298 e il febbraio del 1299, Nardo effettuò 6 vendite di panno fiorentino, a credito. Le taglie di queste pezze non superavano le 10 braccia.
Per garantirsi i crediti, Nardo li faceva registrare dal notaio Rustichello.
Da altri contratti veniamo a sapere che Nardo praticava anche l’usura: prestava ai contadini di Massarella delle piccole somme di denaro secondo un tasso di interesse che andava dal 15 al 20%.
Il nostro mercante forniva a noleggio anche il bestiame di cui i contadini avevano bisogno per il lavoro dei campi. Ad una certa Becca di Galleno noleggiò una vitella di pelo rosso.

1295-1299 - Transumanza ed immigrazione

Dal protocollo notarile di Rustichello di Pardo, che copre il periodo 1295-1299, risulta che Fucecchio fu in quell’epoca zona di passaggio stagionale (primavera e autunno) per i pastori della Garfagnana e dell’Appennino e centro di immigrazione.
Dal contratto notarile del 29 ottobre 1298 risulta che Baldo di Aliotto e suo figlio Fioruccio, proprietari di greggi ovini della Garfagnana, affidarono il loro gregge a certo Cecco di Bindo di Grosseto Marittima. Questo Cecco di Bindo si impegnava sia a guidare i 2.000 capi di bestiame, di proprietà di Baldo, dall’Arno fino ai pascoli di Collecchio, in Maremma, sia a trattenere là il bestiame per restituirlo il successivo 1° maggio, ancora presso l’Arno.
Al grossetano Cecco di Bindo sarebbero stati pagati, in due rate, 6 soldi per ciascun ovino. La somma complessiva sarebbe ammontata a 600 lire. Con le 600 lire Cecco doveva far fronte a tutte le spese che avrebbe dovuto sostenere fino al primo maggio dell’anno successivo.
Ai 16 pastori arruolati per guidare il gregge spettavano pane di grano, vino in misura conveniente, carne per due volte alla settimana, calzari di cuoio e un paio di calzature di panno.
Per renderci conto degli introiti del maremmano forniamo questi due dati:
- una pecora valeva poco più di una lira;
- una lira equivaleva a 20 soldi.

Il flusso immigratorio nell’attuale territorio comunale era costituito soprattutto da contadini provenienti da Bucciano, Borgo S. Fiora, Montebicchieri, Roffia, Segromigno. I terreni preferiti erano quelli di Torre, Massarella e Cappiano.

1297 - Contratto di mezzadria

Il 21 aprile 1297 fu rogato dal notaio fucecchiese Rustichello di Pardo un contratto di MEZZADRIA, un istituto nuovo nel mondo agricolo toscano.
Cello di Napoleone, di nobile casata fucecchiese, confermò la locazione AD MEDIUM (a metà, a mezzo), ad Orlandino di Raimone di Cerreto Guidi a suo figlio Ciucco, di un podere situato presso il Poggio di Volpaia, dove già da tempo i due risiedevano. La terra, in parte arativa e in parte boschiva, venne concessa (in uso) ai due contadini per 4 anni.

Il PROPRIETARIO si impegnò a fornire ai due agricoltori mezzadri le scorte vive e morte: un paio di buoi; un somaro; un aratro con coltro e vomere, 8 staia di grano, 8 staia di orzo, 8 staia di spelda (specie di cereale) da prelevare annualmente dalla parte spettante al padrone; un prestito di 3 lire fino allo spirare del contratto.

I due CONTADINI, invece, si impegnarono a: mantenere fissa dimora nel podere; cedere ogni anno la metà dei frutti; consegnare due paia di pollastri al padrone in settembre; a consegnare al padrone 60 uova in tre tempi (Natale, Pasqua e Tutti i Santi); custodire il bosco senza tagliare legna se non per uso strettamente familiare; a rimondare regolarmente le fosse esistenti e a scavarne di nuove, se necessarie, con un aiuto da parte padronale.

Lo STRAME sarebbe rimasto interamente ai due contadini finché fossero rimasti nel podere: in caso di abbandono, la parte restante sarebbe andata interamente al padrone.

1299 - Il Monastero di S. Salvatore ceduto ai padri conventuali OFM

Il Monastero di S. Salvatore unitamente ai beni, privilegi, giurisdizione, esenzioni ed entrate era stato ceduto da papa Alessandro IV, nel 1258, alle clarisse del convento di Gattaiola in Lucca.
Per effetto di questa cessione, la badessa di Gattaiola diventò Episcopessa di Fucecchio, ruolo che poteva svolgere tramite un Vicario di sua fiducia.
Il 23 dicembre 1299, suor Leonora Caviccioni, seconda episcopessa di Fucecchio, cedette in proprietà il monastero e la chiesa di S. Salvatore ad una comunità di frati francescani conventuali, meglio noti come frati neri.
L’episcopessa di Fucecchio si riservò tutti i privilegi, le giurisdizioni, le esenzioni, i beni e le entrate del Monastero.
Ai padri conventuali vennero assegnate tre funzioni ben precise: la cura delle anime; l’amministrazione delle entrate della Pieve di S. Giovanni (oggi Collegiata); la nomina del pievano della soprascritta pieve di S. Giovanni.

I padri conventuali rimasero in S. Salvatore per circa cinquecento anni.
Essi, infatti, abbandonarono il monastero, che avevano ribattezzato Convento di S. Francesco, nel 1783 a seguito della loro soppressione decretata da Leopoldo I, granduca lorenese della Toscana.

1280 - Fucecchio, fra il 1280 ed il 1305, aveva cambiato volto

Quando i frati conventuali nel 1299 giunsero a Fucecchio per insediarsi nel Monastero di S. Salvatore rimasero stupiti ed ammirati della grandezza e soprattutto della sicurezza che questo nostro paese offriva con la sua seconda cinta di mura a protezione dei numerosi borghi sorti fuori della prima cinta muraria: Via Machiavelli, Via Donateschi, Via Manzoni, Via Lamarmora, Via Castruccio, Via Franco Bracci.

1295 - Castello di Fucecchio

La nuova cerchia di mura portata a termine presumibilmente nel 1295 inglobò le contrade di: S. Andrea, Porta Raimonda, Porta di Borghetto e Porta Sanbuca.
Queste le porte aperte nella nuova cinta muraria: Porta Bernarda con ponte levatoio aperta nel 1288; Porta Raimonda aperta nel 1289; Porta della Valle aperta nel 1289; Porta Celli aperta nel 1289; Porta Nuova o di S. Andrea aperta nel 1293; Porta di Borghetto con ponte levatoio del 1300; Porta di Gattavaia con ponte levatoio del 1300.
La difesa del paese, oltre che alle mura era affidata anche alle torri.
Vi erano torri a difesa delle porte, torri di rompitratta edificate lungo la cinta muraria in posizione angolare, come la torre Bicchieraia o Gentile, e quelle erette all’interno del castello in luoghi di particolare valore strategico, come quelle dell’Olmo, del Pero , la Benedetta e la Brancasecca.
Come annessi delle mura sono da ricordare le bertesche - torrette di legno o alloggiamenti per i difensori - e i trabucchi , grandi fionde che potevano scagliare proiettili pesanti fino a cinque quintali.
All’esterno delle mura vi erano altri appostamenti difensivi: i fossati, vuoti o pieni d’acqua; le carbonaie; gli steccati o palizzate.

Di notevole importanza difensiva fu la realizzazione della rocca (1324 ) con le sue cinte murarie, le tre torri grandi (che si sono conservate), le tre torricelle, andate distrutte poco dopo il 1590, e la porta di accesso con torre.
Del castello di Fucecchio sono sopravvissute le tre torri e la porta con torre della rocca e il tratto di muro castellano che delimita il lato del Poggio Salamartano che guarda i monti pisani
Il tracciato della nuova cinta muraria, partendo da Porta S. Andrea, posta in fondo a via Castruccio, a confine con Via della Ferruzza, era il seguente: Porta S. Andrea, Vicolo delle Carbonaie, Scarelle,Poggio Salamartano, Monastero S. Salvatore, Via Machiavelli, Via Giovanni Nelli fino all’imbocco di Corso Matteotti, Corso Matteotti, Via Trieste, Via Porta Raimonda, cinta muraria del castello cadolingio di Salamarzana (oggi Rocca), Greppa del Cassero, Via della Greppa, Piazza dell’Ospedale, Via Franco Bracci (Oratorio di S. Antonio), Porta di S. Andrea.
All’esterno della cinta vi era un largo fosso che nella parte pianeggiante (Corso Matteotti, Piazza Montanelli) era pieno d’acqua. Sul lato esterno del fosso vi era, ad ulteriore protezione, una steccaia. Lungo la chilometrica cinta muraria si aprivano 9 porte quasi tutte protette da una torre e munite di ponte levatoio: porta S. Andrea, Porta di Cello, Porta Bernarda, Porta di Gattavaia, Porta di Borghetto (Via Lamarmora), Porta Raimonda, Porta della Valle, Porta di Valdarnese (Via Franco Bracci) e Porta Vecchia di cui ignoriamo l’esatta ubicazione.
Lungo la cinta muraria si innalzavano altre torri ed altre ancora facevano bella mostra di sé dentro il centro del paese.
Fucecchio, a partire dal 1293 risultava diviso in 6 contrade: S. Andrea, la Volta, la Valle e Piazza (Vittorio Veneto), la Sambuca, la Bernarda, la Raimonda.
I frati neri, attraversato l’Arno sopra il ponte di Pietra, fecero con ogni probabilità questo percorso:
Ponte, via Tea, via Trento, attraversarono la steccaia e il fosso di Corso Matteotti sopra il ponte levatoio della Porta di Borghetto (Via Lamarmora), percorsero via Lamarmora via Borgo Valori, entrarono nella costruenda Piazza (Vittorio Veneto), salirono lungo la via del Poggio Salamartano (sul lato sinistro dell’attuale scalinata in pietra della Collegiata) entrarono sul Poggio Salamartano dove trovarono il monastero e la chiesa che erano stati loro assegnati.

1300 - Porte castellane turrite (con torri)

Quasi tutte le PORTE CASTELLANE erano munite di torri. Queste erano nel 1300 le porte con torri:
1- PORTA BERNARDA. Viene menzionata fin dal 1288. Essa si trovava nell’attuale punto di incrocio fra via Arturo Checchi e piazza Montanelli. Davanti a questa porta vi era un importante nodo viario. Vi facevano capo la strada diretta a Colle Pietra, la strada diretta verso l’Arno, la strada per Santa Croce e quella per S. Miniato.
A questa porta con torre erano destinate le sentinelle per la custodia del castello. Presso questa porta avveniva il controllo e la pesatura delle biade che venivano introdotte nel castello.
Nel 1315 il Consiglio deliberò la costruzione, presso la porta, di un alloggiamento per gli esattori delle gabelle e la realizzazione di un ponte levatoio. Questa porta con torre doveva il suo nome al fatto che nei suoi pressi sorgeva la casa di un dominus Bernardo di Prefetto vissuto intorno alla metà del 1200 e capostipite della casata dei SIMONETTI.
Nel 1500 la porta venne denominata anche Porta all’Osteria essendo situata in prossimità dell’osteria che si trovava nel fabbricato del negozio LIU’, quello che fa angolo fra piazza Montanelli e Via Nazario Sauro.

2- PORTA NUOVA. Era detta anche Porta del Terrazzo. Fu aperta in fondo a Via Castruccio nel 1294.
Nel 1328 vi fu apposta la campana proveniente da S. Maria a Monte a ricordo della distruzione di quel castello ad’opera dei fucecchiesi.
Nel 1345, in seguito alla sollevazione dei Della Volta che attraverso essa erano penetrati con la forza nell’interno del castello con l’intento di impadronirsene, venne innalzata la torre che il 10 agosto 1944 venne distrutta , con le mine, dai tedeschi.
3- PORTA SALARIA. Si trovava all’inizio di Via Lamarmora. Era dotata anche di ponte levatoio per l’attraversamento del fosso in corrispondenza di Corso Matteotti. Una delibera prescriveva ai gabellieri di restare presso la Porta Salaria per controllare le imbarcazioni in transito sull’Arno, segno che il fiume doveva trovarsi a poca distanza da essa. La porta era dotata anche di una loggia destinata ai gabellieri.

4- PORTA VALLE. E’ menzionata per la prima volta in un documento del 1289. Si trovava in fondo a via Mario Sbrilli alla confluenza fra le due Greppe, quella di Cammullia e quella del Cassero.
Veniva chiamata anche Porta di Pistoia perché vi faceva capo la strada diretta a quella città.

5- PORTA GIOVANNINA. E’ menzionata in un documento del 1345. Si trovava in un punto imprecisato del vicolo delle Carbonaie.

Torri nel periodo 1200-1500

Anche Fucecchio era un paese molto...turrito. Vi erano le torri poste sopra le porte, vi erano quelle poste nei punti nevralgici della cinta muraria, vi erano quelle della rocca ed infine quelle che si ergevano all’interno del paese-castello.
All’interno del castello di Fucecchio vi erano queste torri:
1- Torre BENEDETTA. Risulta in costruzione nel 1316, ma non viene indicata la sua ubicazione;
2- Torre BORGHETTO. Si trovava nell’attuale via Lamarmora. Secondo lo Statuto del 1308 doveva essere demolita e poi ricostruita ex novo;
3- Torre BRANCASECCA. Prese il nome dal podestà Bernardo Brancasecca che esercitò il suo ufficio nel 1290. Si trovava in prossimità di Gattavaia, come si evince da una delibera del Consiglio Comunale che prescriveva di fare un tratto di mura tra Gattavaia e Brancasecca;
4- Torre CISCHIONE. E’ localizzabile lungo la cinta muraria. Nel 1304 fu prescritta la costruzione di un tratto di mura castellane al Chiasso e al Cischione, dove più tardi attestò una torre e una porta (Porta al Cischione);
5- Torre GATTAVAIA. Lo Statuto del 1308 ricorda una torre di Gattavaia (attuale Via Manzoni) che avrebbe dovuto servire da modello per la ricostruzione delle torri di Borghetto e di Brancasecca;
6- Torre GENTILE. Nel 1300 designava una torre chiamata BICCHIERAIA. Si trovava nell’attuale Via Machiavelli. E’ probabile che il nome le derivi dal podestà Gentile de’ Buondelmonti;
7- Torre OLMO. E’ menzionata nello Statuto del 1308. Si trovava presso l’olmo in prossimità dell’attuale Piazza Cavour;
8- Torre del PERO. La costruzione di questa torre venne finanziata nel 1316. Non è indicata la localizzazione;
9- Torre della PIAZZA. Era quella dell’attuale piazza Vittorio Veneto (*). Costituiva, insieme alla torre di S. ANDREA, uno dei due principali osservatori per la vigilanza del castello di Fucecchio.

(*) Cinque anni dopo l’arrivo dei frati neri, nel 1304 i nostri amministratori realizzarono, con l’acquisto e la demolizione di case, la Piazza (Vittorio Veneto) dotandola di Palazzo Civico destinato a sede di tribunale, ad uffici pubblici e a salone delle riunioni degli amministratori comunali.
Era questa l’unica piazza di Fucecchio. La sua superficie corrispondeva alla metà dell’attuale. Per ragioni difensive l’urbanistica medioevale prevedeva in ogni centro abitato una sola Piazza ed alcune piazzette come l’attuale piazza Niccolini e Piazza Garibaldi.

1300 - Vie fluviali e vie terrestri nel sec. XIII

I nostri traffici commerciali fra il 1200 e il 1300 si svolgevano in larga parte lungo i due corsi d’acqua presenti nel nostro territorio: l’Arno e l’Usciana. Venivano utilizzate come mezzi di trasporto imbarcazioni di vari tipi: dai piccoli zoccoletti (piccole barche) ai barconi che potevano trasportare vari quintali di merci e che venivano chiamati impropriamente NAVI.

L’Usciana assicurava i collegamenti tra la Valdinievole ed il Valdarno attraverso i numerosi porti presenti nella gronda del Padule; l’Arno era percorso da imbarcazioni che collegavano Firenze con Pisa.
La viabilità terrestre era articolata su 5 direttrici dette strade o vie maestre:
1- la strada per il ponte e quindi per S. Miniato e Siena;
2- la strada per S. Croce e quindi per Pisa;
3- la strada per Cappiano e quindi per Lucca e Parigi;
4- la strada per Musignano e quindi per Pistoia;
5- la strada per Colle di Pietra e quindi per Firenze.
E’ ipotizzabile che il nodo stradale per eccellenza fosse costituito nel medioevo dall’attuale piazza La Vergine. Non a caso l’Oratorio erettovi dal Comune nel 1400 venne chiamato Oratorio della Vergine delle 5 Vie.

1306 - Sedi del Consiglio Comunale dal 1187 al 1306

Il Comune di Fucecchio era nato, su licenza di Enrico VI, nel 1187. I nostri amministratori, però, fino al 1306 non disposero mai di una propria sede per le riunioni.
Generalmente il Consiglio Comunale si riuniva nella Pieve di S. Giovanni Battista o nella casa di Cioni del Cambio.
Il Parlamento, cioè il popolo, veniva radunato sul Poggio Salamartano.
Nei luoghi sopra elencati avvenivano anche le votazioni per la elezione sia dei birri del notaro sia degli ambasciatori.
A partire dal 1291 il Consiglio Generale e quello Maggiore si riunirono sotto il porticato dell’ospedale di S. Maria o addirittura in Piazza S. Maria.
A partire dal 28 gennaio 1306 sappiamo che i 12 deputati addetti alla custodia e alla fortificazione del paese si riunivano sotto la loggia del Palazzo che oggi chiamiamo Pretorio e che presumibilmente fungeva da palazzo comunale e da palazzo per il podestà. Il Palazzo, ancor oggi esistente, si trovava in piazza Vittorio Veneto.

1306 - Palazzo Pretorio

Il Palazzo Pretorio si trova, integro, in Piazza Vittorio Veneto ed è facilmente riconoscibile perché è l’unico dotato di una loggia anche se mutilata di un braccio.
Esso venne inaugurato il 23 gennaio 1306. Era formato da una Loggia a forma di L e dal solo primo piano.
Al piano terra, sul retro e a fianco della Loggia, vi erano le celle per i carcerati.
Al primo piano si trovavano la Sala delle udienze, gli uffici e l’appartamento del Podestà (giudice).

1307 - Eresia dei Valdesi o Poveri di Lione

Nei secoli bui del Medioevo i nostri Fucecchiesi si dimostrarono meno conformisti e più liberi di noi che stiamo varcando la soglia del Duemila. Noi in questi ultima quattro secoli siamo andati sempre dietro al più forte. E questo credo che sia il nostro vizio capitale.
Nel 1300 nel nostro Comune c’erano alcuni eretici Valdesi che ebbero il coraggio di sfidare la Chiesa e lo Stato comunale.
Il movimento religioso dei Valdesi detto anche dei Poveri di Lione era nato in Francia nel 1176.
Per la loro predicazione di povertà e penitenza e per la loro lotta contro il clero, finirono col negare tutti i ministeri ecclesiastici e tutti i sacramenti ad eccezione dell’Eucarestia.
Il 21 maggio 1307 l’inquisitore padre Filippo di Lucca pronunciò, dalla nostra chiesa di S. Salvatore, una sentenza contro gli eretici Valdesi presenti nel nostro comune.
Secondo l’inquisitore, questi eretici predicavano la legittimità del lavoro manuale e delle attività venali nei giorni festivi.
Per i cattolici del 1300 le due attività, ritenute legittime dai Valdesi, venivano considerate forme di perversione, di corruzione e di mancanza di rispetto verso Dio e verso i Santi.
L’inquisitore, con la sua sentenza, comminò per i trasgressori la scomunica e una multa di 20 soldi (10 di questi 20 soldi sarebbero finiti nelle tasche del Podestà e degli Anziani). Il nostro Comune inserì questa sentenza nel suo Statuto.
Venne fatto presente all’inquisitore che il mercato - attività manuale e venale -, a Fucecchio, si svolgeva di domenica e che quindi la sentenza avrebbe colpito più i cattolici che non i valdesi.
Il mercato cattolico fu legittimato ricorrendo a questa giustificazione: siccome da Fucecchio passavano i Romei (i pellegrini della Via Romea o Francigena), eravamo obbligati ad offrir loro l’opportunità di approvvigionarsi di cibarie e di medicinali per non farli morire.
Nella rete degli eretici cadde nel 1318 il fucecchiese Aliotto dell’Acconciata, valdese. Al povero Aliotto vennero confiscati i beni.
Infatti, il 12 gennaio 1319 si procedette alla vendita di alcuni immobili dell’eretico Aliotto.
L’atto di vendita venne rogato nel Monastero di S. Salvatore dal notaro e scriba pubblico dell’imperatore, Rustico Passamonti di Lucca.
Vi si legge:
“ Dalla fu buona memoria di frate Caro di Arezzo, inquisitore della eretica pravità in Toscana essendo stata dannata la memoria di Aliotto dell’Acconciata di Fucecchio a causa dell’Eresia dei Poveri di Lione e pronunziata la confisca dei beni che ora si devono vendere, frate Filippo di Lucca dell’Ordine dei Frati Minori inquisitore della eretica pravità in Toscana vende e concede all’Ospedale di Altopascio 2 pezzi di terra del detto Aliotto nei confini di Massa Piscatoria in Villa di Nune nei luoghi detti all’Alberi e in Valle per fiorini 7”

1308 - Piazza Vittorio Veneto

Nel 1304 le riunioni del Consiglio Comunale si svolgevano negli spazi concessi dalle due chiese presenti sul Poggio Salamartano. Inoltre si dovevano affittare alcune case per ospitarvi i podestà e i vicari.
Nella riunione del 16 maggio 1304 i consiglieri deliberarono la costruzione di un Palazzo Pubblico e la realizzazione di una Piazza antistante il detto Palazzo. L’area prescelta fu quella corrispondente ad una porzione dell’attuale piazza Vittorio Veneto.
Fra il 16 e 31 agosto 1304 furono acquistate molte case nell’area ove sarebbe sorta la Piazza. La spesa per l’acquisto delle case ammontò a 2.100 lire. E per far posto alla Piazza ben 7 delle case acquistate furono demolite. La casa del Notaio Ser Provinciale di Guiscardo, invece, fu ridotta a Palazzo Pretorio con portico sotto il quale si sarebbero tenute le riunioni dei “Consigli cittadini”.
Palazzo e Piazza risultarono ultimati nell’anno 1308.

1309 - Campanile della Collegiata

L’attuale campanile della Collegiata apparteneva alla chiesa di S. Salvatore nella quale è incorporato.
L’esistenza di questo campanile risulta documentata a partire dal 7 agosto 1309. La torre campanaria era allora coperta da un tetto a quattro spioventi.
Le cinque campane della cella campanaria risalgono al 1408, fatte salve le rifusioni e le intitolazioni.
1309-1325 - Simonetti

A novembre, nel 1309, morì in Fucecchio il ricco Ser SIGNORETTO della Consorteria dei Simonetti. Ser Signoretto lasciò tre figlie ed un maschietto di nome Signoretto.
I quattro figli del defunto Ser Signoretto vennero assegnati a ser Bernardo, fratello del defunto. Bernardo era il titolare della Porta Bernarda che si trovava nei pressi dell’attuale Farmacia Serafini all’inizio di Via Giovanni Nelli.
Il patrimonio fondiario del defunto Ser Signoretto era davvero cospicuo. Questo consentì allo zio Bernardo Simonetti di accasare convenientemente le nipoti. Poiché l’erede di diritto era il maschietto ser Signoretto, lo zio Bernardo, pur non ledendone i diritti, ne impedì la crescita politica. Di Ser Signoretto non se ne sentirà mai parlare.
Salì, invece, alla ribalta della vita politica di Fucecchio, SIMONETTO, il figlio di Bernardo.
Simonetto, prima del 1318, si rese protagonista di molti fattacci, visto che il nostro comune, dal 1314, era sprovvisto della protezione militare di Lucca. Infatti, le Magistrature ordinarie di Fucecchio non riuscivano né a catturarlo né a punirlo per tutti i suoi misfatti: ruberie, devastazioni, complotti, omicidi.
L’11 ottobre 1318 venne riunita nella Pieve di S. Giovanni Battista (Collegiata), su convocazione straordinaria, l’Assemblea Generale per prendere provvedimenti efficaci contro Ser Simonetto e tutta la sua consorteria. L’Assemblea Generale deliberò la sospensione delle Magistrature ordinarie e la creazione di una Balia di 12 uomini con licenza di prendere tutti i provvedimenti necessari.
Sicuramente i Simonetti vennero condannati al confino e i loro beni furono confiscati. Ne rende testimonianza il fatto che nel 1323 tutti i membri della consorteria poterono rientrare in paese.
Nel 1352 i Simonetti tentarono di compiere un colpo di stato, cioè di impadronirsi del potere su Fucecchio che godeva addirittura della protezione militare e giuridica del ducato di Firenze all’epoca impegnato nella guerra contro Siena, a fianco dell’Imperatore di Spagna ed Austria, Carlo V. Fortunatamente il loro disegno sovversivo venne scoperto ed il loro tentativo mirato al colpo di stato fallì.
Proprio nel giorno di S. Clemente, il 23 novembre, i Simonetti vennero sopraffatti e cacciati via definitivamente dal nostro Comune. Per storicizzare questo evento vennero prese due decisioni:
1- S. Clemente venne proclamato protettore del nostro Comune e ne fu istituita la Festa che cade il 23 novembre.
2- Il 29 agosto dell’anno successivo, il 1353, venne commissionata al pittore Guglielmo una pittura da eseguirsi sul muro del Palazzo del Comune raffigurante il tradimento di Piglio dei Simonetti e dei suoi seguaci.

1309 - Fine dei Comuni Rurali che nel 1309 diventano frazioni di Fucecchio

1) CAPPIANO
Cappiano vanta il più antico insediamento umano di tutto il nostro Comune.
Il ponte di legno sull’Usciana aveva favorito quell’insediamento.
Gli abitanti di Cappiano furono sudditi dei feudatari Cadolingi, conti di Borgonovo di Fucecchio, dal 986 al 1113, l’anno della loro estinzione.
Dal 1113 ai primi del 1200 i Cappianesi cercarono di destreggiarsi fra coloro che li volevano assoggettare e riuscirono addirittura a diventare un Comune rurale.
Gli abitanti di Cappiano poterono così autogovernarsi con le magistrature tipiche dei Comuni rurali dal 1200 al 2 febbraio 1281.
Il Comune rurale di Cappiano, come del resto tutti gli altri comunelli rurali che si erano costituiti nell’area dell’attuale comune di Fucecchio, non disponeva di un esercito per difendersi dall’assalto dei Comuni più grandi.
I Cappianesi avrebbero potuto ottenere la difesa militare e conservare la propria autonomia amministrativa se si fossero sottomessi al Comune di Fucecchio; preferirono invece vendergli il loro territorio e la loro giurisdizione per 500 denari pisani piccoli.
L’atto di questa vendita venne rogato il 2 febbraio 1281 dal notaro imperiale Umberto e fu sottoscritto da un rappresentante del Comune rurale di Cappiano e da un rappresentante del Comune di Fucecchio, il medico Ansidoro.
L’atto di vendita del territorio e della sua giurisdizione non decretò la fine totale del Comune rurale di Cappiano.
Nel volgere di pochi anni i rapporti tra Cappiano e Fucecchio si fecero molto tesi.
Anche i Comuni rurali di Massarella e di Torre vennero ai ferri corti con Fucecchio. Perché?
I cittadini di Fucecchio proprietari di alcuni terreni situati nell’area dei Comuni rurali di Cappiano, Massarella e Torre avevano pagato le imposte relative a quei terreni al Comune di Fucecchio anziché ai Comuni rurali.
I tre Comuni rurali, per ritorsione, avevano sequestrato i terreni di proprietà dei Fucecchiesi: le imposte sui terreni costituivano una delle pochissime risorse finanziarie di quei comunelli.
Il 9 luglio del 1309 ebbe luogo a Fucecchio un incontro tra i rappresentanti dei tre comuni rurali e quello di Fucecchio.
Tutti e quattro i rappresentanti convennero sulla necessità di unirsi e formare un solo comune.
I rappresentanti (“ambasciatori”) di Cappiano, Massarella e Torre consultarono le loro assemblee.
Le assemblee , tenuto conto della grande povertà da cui erano stati colpiti i Comuni rurali, si dichiararono favorevoli ad unirsi a Fucecchio per formare un unico Comune.
Il 25 luglio 1309 vennero stipulati i patti e le convenzioni fra i rappresentanti dei quattro comuni per la costituzione di un solo comune e di un solo territorio col nome di Fucecchio.
Questo atto venne ratificato dalla Repubblica di Lucca.
Il 30 settembre 1309, Cappiano, Massarella e Torre diventarono frazioni del Comune di Fucecchio.

2) MASSARELLA
I Comuni rurali avevano il loro tallone di Achille nella difesa militare perché non disponevano di un corpo di armati e perché non avevano sufficienti risorse finanziarie per poter assoldare dei mercenari.
I comuni rurali, inoltre, sarebbero rimasti tagliati fuori dalla rete del traffico commerciale se non si fossero appoggiati a qualche comune più ricco.
Senza questo appoggio le loro entrate sarebbero state pari allo zero.
Se volevano sopravvivere dovevano scegliere fra la sottomissione o l’unione al comune di Fucecchio, il più vicino ed il più affidabile.
Sottomettersi significava porsi sotto la protezione militare del comune di Fucecchio senza perdere l’autonomia amministrativa. Naturalmente il comune che si sottometteva doveva accettare alcune condizioni.
Unirsi, invece, significava:
- rinunciare alla propria autonomia amministrativa,
- accettare di diventare parte integrante (frazione) del territorio e della popolazione fucecchiesi
- impegnarsi a rispettare gli Statuti del Comune di Fucecchio,
- professarsi disponibili ad accogliere i nuovi oneri ma anche i nuovi diritti quali, quello di essere eletto a ricoprire una carica pubblica.
I Massigiani per oltre cento anni preferirono ignorare queste due opportunità: erano troppo orgogliosi e troppo gelosi della loro autonomia.
Poi avvenne un fattaccio che fece precipitare il corso degli eventi.
Alcuni possidenti fucecchiesi, proprietari di alcuni poderi nel territorio dei comuni rurali di Massarella e Cappiano, pagarono l’imposta su questi loro immobili al comune di Fucecchio anziché a quelli di Massarella e di Cappiano.
Il Consiglio Comunale di Massarella chiese inutilmente che quei soldi venissero versati nelle loro casse, esangui. Il comune di Fucecchio e i possidenti opposero il loro netto rifiuto. I comuni di Massarella e di Cappiano , per ritorsione, confiscarono i poderi dei possidenti fucecchiesi.
Fucecchio e i possidenti chiesero giustizia a Lucca.
La Repubblica di Lucca, anziché mandare a Fucecchio il solito giudice per istruire un processo a carico dei due comuni rurali, inviò un ambasciatore a Fucecchio a cui affidò l’incarico difficilissimo di convincere i due comunelli ad unirsi al comune fucecchiese.
La riunione fra le parti avvenne a Fucecchio il 9 luglio 1309.
Di fronte alle rimostranze dei rappresentanti di Massarella e di Cappiano, l’ambasciatore di Lucca fece la voce grossa e minacciò ripetutamente la rottura di ogni rapporto commerciale di Lucca con i due comuni rurali.
La rottura di quei rapporti commerciali avrebbe significato la miseria e la fame. Per i due comuni rurali fu gioco-forza accettare l’invito all’unione al comune di Fucecchio.
Gli accordi tra Fucecchio, Cappiano e Massarella furono sottoscritti a Fucecchio il 25 luglio 1309 e ratificati a Lucca il 30 settembre del medesimo anno.
La ratifica segnò la fine del comune rurale di Massarella che divenne frazione del comune di Fucecchio.

3) TORRE o ULTRARIO
Da un documento dell’archivio vescovile di Lucca, datato 1018, nel luogo dove oggi sorge la frazione di Torre vi era un piccolo agglomerato di case di agricoltori, chiamato Villa S. Gregorio, che dipendeva dalla pieve di S. Pietro di Cappiano.
Nel secolo XII (1100-1200) la denominazione Villa S. Gregorio si trasformò in ULTRARIO o Ultra Rivo, cioè villaggio posto al di là del Rio Ramoni.
Agli inizi del 1200 il villaggio si circondò di mura con porte, si fortificò con una grande torre (da qui il nome Torre) e si dotò delle magistrature tipiche dei Comuni Rurali. Questo nuovo assetto gli fece assumere il nome di Castello di Ultrario.
Non potendo provvedere in proprio alla sua difesa militare, il Comune Rurale di Ultrario o Castello di Ultrario si sottomise, nel 1280, al comune di Fucecchio. Il Castello di Ultrario dovette sottoscrivere certi impegni, ma conservò i suoi organi di autogoverno.
La vicinanza di Comuni più grandi, però, soffocava le attività commerciali del Castello di Ultrario. Gli abitanti di questo comune rurale rischiavano la miseria nera. Fu giocoforza per il Castello di Ultrario unirsi al comune di Fucecchio per non rimanere economicamente stritolato. L’atto di unione al comune di Fucecchio venne sottoscritto nel 1309 a Lucca come risulta da un documento lucchese datato 30 settembre 1309.
Con questo atto di unione finiva il Comune Rurale di Ultrario. L’omonimo Castello diventava così una frazione di Fucecchio come Massarella, Cappiano, Querce e Galleno.

4) GALLENO
Di Galleno si hanno notizie dagli inizi dell’undicesimo secolo, quando vi sono documentati beni pertinenti al Vescovo di Lucca, ai Signori di Porcari e soprattutto ai conti Cadolingi di Fucecchio che avevano qui una corte.
Situato in mezzo a terre della Curia imperiale e più tardi circondato dai beni dell’ospedale di Altopascio, presso l’incrocio fra la Via Francigena con la “ Traversa di Valdinievole “, Galleno è ricordato come “borgo” agli inizi del 1200 ed è successivamente indicato come CASTELLO (paese circondato da mura) presso il quale è segnalata la esistenza di un mulino.
La locale chiesa di S. Pietro era suburbana, cioè direttamente dipendente dalla cattedrale di Lucca. Alla fine del 1200 il rettore di detta chiesa veniva appunto nominato dal Capitolo lucchese, nell’ambito di una terna proposta dagli abitanti del castello che si era dato nel frattempo le struttura amministrativa di Comune Rurale.
Per la sua posizione strategica, il comune rurale di Galleno costituiva un ghiotto boccone per i Comuni più grandi che confinavano con il suo territorio.
Data l’esiguità del numero dei suoi abitanti e non potendo contare su pingui entrate, il comunello di Galleno non poteva disporre nemmeno di un miniesercito. Galleno aveva perciò bisogno di protezione militare.
Per ottenere la protezione militare Galleno doveva sottomettersi ad un comune vicino.
Galleno chiese la protezione militare al Comune di Fucecchio.
Il comune di Fucecchio gliel’accordò ma a certe condizioni.
Ai Gallenesi era riconosciuto il diritto di autogovernarsi (in tal modo il comune rurale restava in piedi), però dovevano accettare come loro giudice (podestà) una persona scelta dal Comune di Fucecchio.
I Gallenesi dovevano inoltre corrispondere al comune di Fucecchio una certa somma e dovevano mettergli a disposizione una dozzina di soldati in caso di guerra.
L’accettazione di queste condizioni in cambio della protezione militare si chiamava SOTTOMISSIONE.
L’atto di sottomissione che prevedeva un cerimoniale particolare venne sottoscritto a Fucecchio il 3 giugno 1284.
Quando un comune rurale non era più in grado di soddisfare alle condizioni sottoscritte nell’atto di sottomissione, chiedeva di UNIRSI al Comune protettore rinunciando così ad autogovernarsi, accettando di diventare parte integrante (frazione) del Comune al quale si univa ed accogliendone la giurisdizione.
Il comune rurale di Galleno chiese di UNIRSI a quello di Fucecchio soltanto nel 1368. L’atto di UNIONE venne firmato l’1 febbraio 1368.

1310 - Due romitori in paese

Un testamento del 1310 ricorda l’esistenza, in Fucecchio, di due ROMITORI, luoghi di raccoglimento per chi aveva scelto una vita di solitudine e di preghiera.
I due romitori erano situati agli estremi opposti del paese: una si trovava vicino alla Porta di via Castruccio; l’altro era in prossimità della Porta Raimonda.
Nel romitorio vicino a Porta Nuova (via Castruccio) possiamo intravedere il nucleo più antico della chiesa della Ferruzza.
Nel romitorio fuori Porta Raimonda possiamo ipotizzare l’area dove poi sorse l’Oratorio della Madonna delle 5 Vie, diventato nel 1631 chiesa La Vergine. Questa ipotesi è resa plausibile da un manoscritto giacente nella Biblioteca Laurenziana.
Nel manoscritto della Laurenziana si parla del frate agostiniano Gabriele che nel XIII secolo fondò a Fucecchio, nelle vicinanze dell’Arno, un oratorio intitolato appunto alla Vergine.
Il manoscritto racconta anche un miracolo di cui sarebbe stato artefice proprio padre Gabriele.
I costruttori dell’Oratorio chiesero qualcosa da mangiare a padre Gabriele. Il frate, che non aveva niente da offrire, si fece dare un’anfora: la immerse nelle acque dell’Arno, allora lì vicino, la ritirò sù e vi trovò dentro una bella lampreda con la quale sfamò i muratori.

1310 - Lebbrosari o malatie del Valdarno

La lebbra era una malattia abbastanza diffusa nel Medio Evo.
A partire dal XIII secolo vennero realizzati nel nostro Valdarno 3 lebbrosari chiamati MALATIE.
I lebbrosari, ospedali, non erano luoghi di cura bensì centri di isolamento, molto lontani dai centri abitati.
Con questi centri isolati veniva scongiurato il pericolo di epidemie.
Dove erano dislocati i 3 lebbrosari o malatie?
1- una malatia si trovava a S. Miniato;
2- un’altra si trovava vicino all’ospedale di Rosaia presso i Seccatoi di Fucecchio in via Burello;
3- la terza si trovava alla Querce presso la chiesa di S. Salvatore di cui non esistono più tracce.
Da un documento del 13 giugno 1310 risulta che Duccio di Rinaldo, di Fucecchio, nel suo testamento, lasciò a donna Pina, vedova, ricoverata presso la malatia di S. Ginesio a S. Miniato, una camicia in refrigerio delle sue carni.

1314 - Fornace comunale

Lo Stato imprenditore non è una invenzione del XX secolo: esso era già operante nel Medioevo, al tempo dei Comuni.
I Comuni erano degli Stati in miniatura. E quasi tutti esercitavano attività imprenditoriali.
Il Comune di Fucecchio, a conferma di quanto asserito, nel 1308, deliberò la costruzione di una fornace per laterizi.
Gli Operai (amministratori) eletti per tale ufficio furono: Telmo di Ranaldo, Nerio di Righetto e Ricciorino di Bartolomeo.
La FORNACE venne costruita presso la strada che conduceva all’Arno ed entrò in funzione nel 1314. Essa rimase attiva per due secoli.
La sua struttura edile comprendeva:
- la fornace vera e propria o FORNO sostenuta da una serie di archetti realizzati con mattoni crudi;
- il capannone dove avveniva la foggiatura dell’argilla in mattoni, tegole e pianelle;
- il portico, sotto il quale si facevano essiccare mattoni, tegole e pianelle prima di metterli in fornace;
- la casa del custode-esercente.

Il Comune aveva elaborato anche una complessa normativa che disciplinava perfino la fattura dei laterizi.
“I mattoni siano fatti nella stessa forma, lunghezza e larghezza di quelli del muro antistante all’Abbazia di S. Salvatore”.


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