Enrico VI, figlio dell’imperatore Federico Barbarossa e padre del futuro imperatore Federico II, nel 1187, quando scese in Italia, per conto di suo padre, si fermò per qualche giorno a Fucecchio dove ricevette i massimi rappresentanti delle città toscane.
Durante la sua permanenza a Fucecchio, Enrico VI fu colpito dalla povertà e dalla precarietà in cui viveva la nostra gente.
Le alluvioni dell’Arno, la mancanza di mura di protezione e l’assenza di rappresentanti che potessero disciplinare la vita cittadina in ogni suo aspetto, facevano di Fucecchio un BORGO miserabile ed abbandonato a sé.
Nel lasciare Fucecchio, Enrico VI invitò la popolazione ad esporgli le proprie richieste di autonomia amministrativa.
Il figlio del Barbarossa, congedatosi dal nostro borgo, andò a stabilirsi a Bologna.
Il 1° settembre 1187, i cinque deputati fucecchiesi eletti dal popolo: Aleotto di Berto, Giovanni del fu Diotisalvi, Iacopo del fu Landucci, Peppo de’ Valori, Francesco de’ Valori si presentarono ad Enrico VI, a Bologna, e gli chiesero di dar loro la facoltà di amministrarsi e di recingere il BORGO con mura e fortificazioni.
Enrico VI accolse la richiesta, ma pretese in cambio: il giuramento di fedeltà all’Impero e il giuramento di rispetto dell’Autorità ecclesiastica.
Il figlio del Barbarossa sanzionò questa concessione con un privilegio recante l’imperiale sigillo.
Il privilegio dichiarava i Fucecchiesi “liberi ed esenti dalla soggezione di qualsiasi persona, di qualsiasi autorità e dignità ecclesiastica o secolare sia arcivescovo o vescovo, duca, marchese, conte, console, podestà, città o Comune” e sanzionava la pena di mille libbre d’oro a favore dell’Impero per chiunque avesse violato la volontà imperiale.
Enrico VI Ratificò che chiunque avesse voluto vendere o comprare alcuna cosa in detto castello, dovesse versare alla casse dell’Impero la somma di 12 denari ed impose che non appena il paese si fosse circondato di mura, i Fucecchiesi avrebbero dovuto consegnare al fisco imperiale tante terre fuori della giurisdizione fucecchiese quante erano quelle occupate dentro il recinto murario. Le mura dovevano essere costruite entro il termine perentorio di 4 anni.
Nasceva così il Comune di Fucecchio.
Nella prima fase, tre furono le magistrature che esercitarono il potere:
- il CONSIGLIO MINORE formato da 26 persone, presieduto da 4 anziani (i capi delle più importanti famiglie) cui competeva l’amministrazione ordinaria.
- il CONSIGLIO MAGGIORE formato da 13 rappresentanti delle classi dominanti cui competeva l’amministrazione straordinaria.
Le cariche dei 13 erano così suddivise: 3 consoli, 6 deputati per le tasse e 4 deputati per l’approvazione dei consigli.
Ai Consoli spettavano la firma, la spedizione dei bandi, la convocazione delle sedute del Consiglio.
Le cariche duravano un mese, ma potevano essere riconfermate.
Nella seconda fase i Consoli furono sostituiti con un Podestà coadiuvato da: 2 ministri, 6 birri per l’amministrazione della giustizia, un capitano con quattro soldati e sei cittadini delegati a riscuotere, in coppia, le gabelle presso la Porta Bernarda, presso la Porta Nuova (S. Andrea) e presso la Porta Raimonda.
Fedeli alla promessa fatta, gli amministratori eressero le mura intorno al paese alto e vi aprirono delle porte di cui abbiamo i nomi ma non l’ubicazione. Di questa cinta muraria possiamo ricostruire in maniera attendibile il percorso. Assumendo come punto di partenza il vertice dell’attuale palazzo Costagli contiguo alle scarelle (Porta di Cello) possiamo tracciarne questo percorso:
- Palazzo Costagli, Poggio Salamartano, Poggio Alberighi. Via Alfredo Soldaini, tratto alto di Via Lamarmora, via Pietro Martini, Porta Raimonda;
- Palazzo Costagli (Porta Cello o Porticciola) , via Guglielmo S. Giorgio, Via della Greppa, Greppa del Cassero (a confine con le mura dell’ex Castello feudale di Salamarzana).