capitolo3 - STORIA di FUCECCHIO FATTI, PERSONAGGI ED EVENTI - di Mario Catastini a cura di Giacomo Pierozzi

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CAPITOLI
III

FUCECCHIO FEUDO CADOLINGIO
986 - 1113


996 - Fucecchio sotto il secondo feudatario cadolingio, il conte Lottario (996-1034)

Lotario, nel 996, per onorare la memoria dei genitori, donò all’Oratorio di S. Salvatore i beni e le rendite delle chiese di S. Vito a Santacroce, S. Giorgio in Borgonovo, S. Martino in Catiana (Santa Maria a Monte) e S. Martino in Petriolo.
Poi, seguendo le traiettorie politiche del padre, fece erigere nel 1001, accanto all’Oratorio, un Monastero che avrebbe ospitato i monaci che officiavano l’Oratorio medesimo. Anche Lottario, investito del titolo di Conte di Borgonovo di Fucecchio dall’imperatore Ottone III, della Casa di Sassonia, riuscì, nel 1006, a far elevare il monastero al rango di abbazia. I monaci di S. Salvatore e non altri avrebbero eletto il loro abate o capo. Il primo abate eletto dai monaci fu Sichelmo.
Il 7 giugno 1006 il conte cadolingio Lottario accompagnò un atto di donazione all’abbazia con una maledizione che avrebbe dovuto colpire quei monaci che non avessero rispettato le volontà espresse nell’atto di donazione.
I monaci Benedettini di S. Salvatore esercitavano tre attività:
- officiavano l’Oratorio fatto erigere dal Conte Cadolo;
- mettevano in atto la Regola benedettina dell’ ORA ET LABORA;
- gestivano un ospitale, un ospizio per pellegrini annesso al monastero.
Gli abitanti del Castello di Salamarzana, il castello feudale cadolingio, e gli abitanti di Borgonovo videro raramente il Conte Lottario durante i suoi 38 anni di governo. Lottario, infatti, stabilì per sé un’altra dimora a Settimo (nei paraggi di Firenze) allo scopo di controllare meglio il traffico commerciale Pisa-Firenze per via terrestre e per via fluviale e per soffiare sul fuoco che divampava dalle fauci di Guarino, l’Abate del monastero di Settimo fatto erigere dal conte Lottario.
Il monastero di Settimo impose Lottario all’attenzione di tutta l’Italia e di una buona parte dell’Europa. Guarino, l’abate di Settimo, maledisse pubblicamente e senza nessuna reticenza la moglie del vescovo Ildebrando di Firenze. Guarino riuscì ad ottenere per il suo monastero il privilegio del NULLIUS DIOCESIS. Con questo privilegio il monastero di Settimo passava sotto la tutela diretta della Santa Sede. Nessun vescovo, perciò, avrebbe potuto esercitare il controllo sull’Abbazia né tanto meno governarla o nominarne gli abati.

1034 - Guglielmo il Bulgaro 3° feudatario di Fucecchio (1034-1072)

Guglielmo il Bulgaro, terzo conte di Fucecchio, subentrato al padre Lottario nel 1034 con il consenso dell’Imperatore Corrado II il Salico della Casa di Franconia, (soltanto dopo 1037 venne accordato anche ai piccoli FEUDI il diritto di ereditarietà) rese famosi i conti cadolingi di Fucecchio in tutta l’Europa per avere promosso due eventi di portata storica.
Guglielmo aveva puntato tutte le sue carte sulla Badia di Settimo e sul monaco Giovan Gualberto.
Il nostro conte finanziò, per Giovan Gualberto, la costruzione dell’abbazia benedettina di Vallombrosa. Il monaco Gualberto modificò parzialmente la Regola Benedettina e, di fatto, fondò così l’Ordine dei Vallombrosani. Questa operazione gli consentiva di gestire in piena autonomia le sue battaglie contro il concubinato del clero senza dover chiedere l’autorizzazione ai superiori, essendo lui il Superiore dei Vallombrosani.
Il bersaglio preferito di Giovan Gualberto era il vescovo di Firenze, monsignor Mezzabarba, regolarmente ammogliato.
Pungolato dal conte Guglielmo il Bulgaro, Giovan Gualberto riuscì ad indurre Papa Alessandro ad indire nel 1067 il CONCILIO DI FIRENZE.
E questo fu il primo evento di portata storica promosso dal nostro conte.
Tema di fondo del Concilio fu il concubinato. I fautori del matrimonio del clero prevalsero. Sembrava che Giovan Gualberto e il conte Guglielmo fossero stati sconfitti; ma i due non si arresero e ritornarono alla carica.
Il loro bersaglio rimase ancora una volta il vescovo di Firenze, Mezzabarba, reo, questa volta, di avere comprato il titolo di vescovo.
Giovanni Gualberto, sicuro di questo mercimonio, per dimostrare la fondatezza della sua accusa, si dichiarò disposto ad affrontare il Giudizio di Dio sottoponendosi alla “prova del fuoco”. Se l’avesse superata il vescovo Mezzabarba avrebbe dovuto rinunciare al titolo di vescovo.
La prova del fuoco si svolse a Settimo, in prossimità di Firenze, il 13 febbraio 1068 e fu sostenuta dal seguace di Giovan Gualberto, Pietro di Desiderio, conte di Sovana.
La prova del fuoco fu il secondo evento di portata storica promosso dal conte Guglielmo.
Il monaco Pietro riuscì a passare indenne fra due cataste di legna ardenti alla presenza di numerosissimi spettatori.
Il vescovo di Firenze, sconfessato dal Giudizio di Dio, fuggì con la consorte e non si fece più vedere a Firenze.
La fama del conte Guglielmo salì alle stelle e varcò i confini dell’Italia.
Il monaco Pietro, l’Igneo, su caldo invito del conte, venne mandato in veste di Abate nel monastero di S. Salvatore di Fucecchio che a quell’epoca si trovava sempre in prossimità dell’Arno. Vi rimase dal 1068 al 1074, l’anno in cui fu elevato alla porpora cardinalizia e nominato vescovo di Albano.



*Imperatori sassoni *Imperatori franconi

936-967 Ottone I 1027-1039 Corrado I - il Salico
967-983 Ottone II 1039-1056 Enrico III
983-1002 Ottone III 1056-1106 Enrico IV
1002-1024 Enrico II 1106-1125 Enrico V

Il conte Guglielmo il Bulgaro non rimase indenne di fronte a questi avvenimenti e soprattutto di fronte all’assidua frequentazione di Giovan Gualberto e del monaco Guarino, abate della Badia di Settimo sulla quale aveva giocato le carte del suo successo.
Nel 1072, tre anni prima della sua morte, si ritirò dalla scena politica e si rinchiuse in un monastero.

1075 - Uguccione quarto conte di Fucecchio (1075-1096)

Uguccione fu il quarto feudatario cadolingio di Fucecchio.
Succedette legalmente al padre Guglielmo il Bulgaro nel 1075. Anche Uguccione seguì una politica di espansionismo territoriale a spese, soprattutto, della Chiesa. Purtroppo il nostro conte non poté avvalersi della copertura degli ordini monastici benedettini e vallombrosani perché in quel periodo essi occupavano i posti chiave nella gerarchia Ecclesiale.
A causa delle ruberie perpetrate ai danni dei vescovi di Lucca e di Pistoia, Uguccione fu raggiunto da una scomunica da parte di papa Gregorio VII nel 1078. E l’Imperatore Enrico IV, protettore del nostro Uguccione, non poté farci niente.
Il nostro Uguccione, allora, cercò di riappacificarsi con la Chiesa prodigandosi in vistose opere di carità.
Nel 1082 fondò l’Ospedale di Rosaiolo, presso l’Usciana in località Cerri, e dispensò l’Abbazia di S. Salvatore di Fucecchio dal FODERUM, cioè dal pagamento di un contributo speciale in occasione delle visite in Fucecchio di Re e Marchesi.
E fu proprio durante il governo dello scomunicato Uguccione dei Cadolingi che a Fucecchio si verificarono due avvenimenti, per noi, di portata storica:
1) Nel 1085, due anni prima di morire, Pietro Igneo, già abate di S. Salvatore e, all’epoca, vescovo e cardinale, ottenne per la nostra abbazia il Privilegio del NULLIUS DIOCESIS. Papa Gregorio VII, con quel privilegio decretò che “l’Abbazia di Fucecchio con i suoi beni e possedimenti che aveva e che avrebbe in seguito avuto dipendesse direttamente dalla Santa Sede che la riceveva sotto la sua protezione”. In virtù di questo privilegio l’abbazia sarebbe rimasta indipendente dalle ingerenze di qualsiasi vescovo e fuori da qualsiasi circuito diocesano. Il privilegio rimase operativo fino al 1622, l’anno in cui venne istituita la diocesi di S. Miniato. Questo privilegio segnò purtroppo l’inizio della fine ingloriosa della nostra Abbazia.
2) Nel 1088, Uguccione chiese ed ottenne dal papa Urbano II che la chiesa di S. Giovanni Battista, quella riservata agli abitanti di Borgonovo cresciuti vistosamente di numero, fosse elevata al rango di pieve, cioè di chiesa parrocchiale con Fonte Battesimale e cimitero. Finalmente gli abitanti del nostro paese nato ormai da quasi cent’anni non dovevano recarsi più a battezzare i propri figli o a Ripoli o a Cappiano.

Urbano II decretò che la giurisdizione sulla Pieve venisse esercitata dall’abate di S. Salvatore. Spettava quindi all’abate la nomina del pievano della chiesa di S. Giovanni Battista.
Il 7 novembre 1096 Uguccione rimase vedovo della seconda moglie, Cilia.
Tredici giorni dopo, il 20 novembre 1096, morì anche il conte Uguccione.

1096 - Il conte cadolingio Ugo, quinto ed ultimo feudatario di Fucecchio (1096-1113)

Anche Ugo ricalcò la traiettoria politica del padre Uguccione: imperialista e predatore dei bene ecclesiastici.
Come i suoi predecessori terrorizzò i viandanti e depredò i commercianti diretti a Firenze o a Lucca dato che disponeva di castelli nei punti strategici del traffico stradale e fluviale.
Nel 1097 si verificò a Fucecchio un fatto veramente straordinario: anche alcuni fucecchiesi presero parte alla Prima Crociata per liberare il Santo Sepolcro dai Turchi che ne impedivano la visita ai pellegrini cristiani. Questo evento fu salutato con particolare entusiasmo dai monaci vallombrosani, dal pievano e da tutta la popolazione di Borgonovo. I crociati che partirono da Fucecchio hanno un nome e cognome. Furono i nipoti del Conte Ugo: Lottario, Ranieri e Bulgarino. Essi si aggregarono alla seconda spedizione della Prima Crociata, quella affidata al comando di Goffredo di Buglione. Ranieri e Bulgarino morirono in Palestina nel 1099.
Altri fatti che fecero cambiare il volto a Fucecchio si verificarono durante il governo dell’ultimo feudatario.
L’alluvione dell’Arno del 1105 distrusse completamente l’Oratorio, il monastero e l’ospitale di S. Salvatore, la chiesa pievana di S. Giovanni Battista ed anche il ponte di Bonfiglio.
I monaci chiesero ed ottennero dal papa Pasquale II l’autorizzazione a ricostruire le due chiese, il monastero e l’ospitale sul Poggio Salamartano che venne loro ceduto gratuitamente dal conte Ugo. Anche la cima del secondo dei tre colli su cui si formerà il centro storico di Fucecchio era ora occupato da quattro notevoli fabbricati.
Gli eventi militari costrinsero Ugo a vendere moltissimi dei suoi possedimenti. L’ultimo feudatario di Fucecchio dovette infatti sostenere l’imperatore in lotta contro la Chiesa. Inoltre dovette contrastare l’offensiva dei fiorentini che non tolleravano più le sue sopraffazioni a carico di quanti percorrevano le vie che portavano a Firenze.
Adalgisa, la prima moglie del Conte Ugo, non diede alla luce il tanto desiderato erede al feudo. Dopo la morte di Adalgisa, il conte Ugo convolò a nozze Cecilia, vedova di Opizzo degli Upezzinghi, già madre di cinque maschi. Nemmeno lei gli diede il tanto agognato discendente.
L’alluvione del 1105 e la mancanza di un discendente tanto desiderato furono interpretati come segni premonitori della sua fine.
Intanto i fiorentini incominciarono ad incalzare il nostro conte Ugo: lo cacciarono dal Castello di Monte Orlando (1107) e poi, nel 1113 dal Castello di Montecascioli dove rimase mortalmente ferito. Ugo si fece riportare nel suo castello di Salamarzana a Fucecchio. Qui accorsero i vescovi di Pistoia, di Lucca ed alti prelati delle città vicine.
Ugo fece chiamare un notaro e dettò un TESTAMENTO che si può così riassumere:
1- Ordinò che fossero restituiti agli ecclesiastici tutti i BENI che aveva loro sottratto con la forza;
2- Ordinò pure di dividere i beni rimanenti in due parti:
a) la prima parte doveva essere assegnata e agli esecutori testamentari per pagare i debiti contratti dal conte e alla moglie Cecilia purché non convolasse a terze nozze;
b) la seconda parte doveva essere divisa tra i cavalieri e i vassalli che erano stati con lui in tempo di pace e di guerra.
3- Dispose che tutte le sue case, terre e cose ecclesiastiche fossero divise fra i vescovi di Lucca, Volterra, Pistoia, Firenze e Pisa.

Poiché il conte Ugo non ebbe figli nemmeno dall’ultima moglie, la dinastia cadolingia si estinse.
Per effetto dell’estinzione della dinastia, il feudo, per disposizione legale, ripassava all’imperatore.
Quasi sicuramente Ugo morì il 19 febbraio 1113.

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