Il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 segnò la vittoria della istituzione repubblicana su quella monarchica.
L’Italia ed anche Fucecchio voltavano pagina.
Il 25 giugno 1946, giorno della proclamazione della Repubblica, fu salutato con grande euforia dalla popolazione fucecchiese.
A Fucecchio, in questo suo primo cinquantennio di comune della Repubblica Italiana, si sono verificati dei fenomeni storici importantissimi.
-Fucecchio, da sempre comune prevalentemente agricolo, a partire dagli anni ’50, è diventato un comune industriale. C’è stata una vera e propria proliferazione di calzaturifici grandi e piccoli con tutto il loro indotto, calzifici, maglifici, borsettifici, una grande vetreria, concerie. Tutte queste attività manifatturiere hanno richiamato notevoli flussi migratori.
Negli anni ‘50 arrivarono alcune decine di immigrati dalle plaghe dell’aretino; negli anni ’60 e ’70 sono arrivati centinaia di immigrati da quasi tutte le regioni dell’Italia meridionale; negli anni ’90 Fucecchio è diventato un comune multietnico: sono arrivati africani, iugoslavi e poi una notevole ondata di albanesi, una colonia di cinesi e un discreto numero di filippini.
- Fucecchio si è ingrandito a dismisura. Sono state realizzate nella parte pianeggiante del paese delle grandissime zone residenziali: quella compresa tra viale Buozzi e via Fucecchiello; quella lungo la golena dell’Arno meglio nota come Le Buche; quella compresa fra gli ex Macelli Pubblici e via delle Fornaci; quella compresa tra viale Bonaparte e via Burello (Seccatoi); quella compresa fra la Ferruzza, Viale Colombo e viale E. Mattei meglio nota come La Banana. L’aumento considerevole della popolazione del capoluogo ha determinato l’ampliamento dell’ospedale, la creazione di due scuole superiori –l’Istituto tecnico ed il Liceo scientifico – Oltre alle zone residenziali sono state realizzate in periferia numerose zone industriali. L’ondata di benessere ha favorito la diffusione degli elettrodomestici e dei veicoli da trasporto e da diporto. Non esiste una sola famiglia che non sia motorizzata.
- Un evento disastroso ha turbato il nostro quieto e lieto vivere: l’alluvione dell’Arno del 4 novembre 1966
- Il fenomeno dell’industrializzazione e dell’incremento urbanistico ha interessato anche quasi tutte le frazioni del comune: Ponte a Cappiano, S. Pierino, Galleno e, in questi ultimi tempi, anche Massarella.
- L’esercizio del potere garantito dallo nostro stato repubblicano ha consentito alla popolazione di organizzarsi in partiti, in associazioni e, a partire dal 1981, in Contrade. Sono nati anche centri di servizi sociali, circoli culturali e ricreativi, oratori, ludoteche. La crescita culturale della nostra popolazione è testimoniata dalla nascita e dalla presenza di una casa editrice, l’Edizione dell’Erba ci che assicura notorietà a livello regionale e nazionale.
Alle luci del grande benessere si contrappongono anche le ombre delle EMERGENZE:
- la diffusione della droga che ingrossa ogni giorno di più la schiera dei drogati e che favorisce le forme di banditismo che affliggono con le paure dei furti, degli scippi e delle violenze la nostra quotidianità;
- la morte del centro storico e delle frazioni diventati dei veri e propri dormitori;
- l’immigrazione clandestina che canalizza lo spaccio della droga, il mercato della prostituzione e l’organizzazione del banditismo che sta mortificando il quieto vivere delle frazioni e della periferia del capoluogo;
- l’inquinamento atmosferico ed idrologico che sta uccidendo l’Arno ed il Padule;
- l’inquinamento partitico, il più deleterio. La norma che regola l’operato di chi esercita od eserciterà il potere è questa: “Prima di tutto il Partito e le sue affiliazioni e poi il paese” L’applicazione di questa norma è degenerata nella Postopoli di fascistica memoria: i posti di lavoro pubblici e la gestione dei servizi sociali vengono assegnati ai tesserati del Partito;
- la disoccupazione giovanile che coinvolge soprattutto l’esercito di diplomati e laureati;
- la presenza massiccia di persone pensionate. E’ un esercito alla sbando. E’ un tesoro di risorse inutilizzato. E’ anche una piovra che ruba posti di lavoro ai giovani.
Quali PROSPETTIVE si aprono al nostro paese al di là e al di sopra delle emergenze?
Le attività industriali, necessariamente diversificate da quella trainante della calzaturiera, resteranno la locomotiva trainante.
Una oculata gestione delle risorse turistiche ed agrituristiche potrebbero incrementare notevolmente il nostro livello di benessere. Il complesso della ex fattoria Corsini non può bastare per richiamare migliaia di turisti. Piazza Vittorio Veneto, via S. Giovanni, Via Guglielmo S. Giorgio, Via Castruccio e via Franco Bracci potrebbero essere rivitalizzate utilizzando tutti i fondi sfitti per insediarvi botteghe artigiane mirate al recupero dei nostri mestieri di ieri. Tutto il patrimonio dell’ex Opera Pia Landini Marchiani inserito nel cuore delle meravigliose Cerbaie andrebbe rivalorizzato e non fatto deperire nel segno di un solidarismo che sa molto di disfattismo.
Una intelligente utilizzazione di tutte le risorse intellettuali e di tutte le competenze professionali fornite dall’esercito dei laureati, dei diplomati e dei pensionati.
1946 - Arena estiva sui generis
Negli anni ‘20 di questo ventesimo secolo venne realizzata in Via Roma in corrispondenza dell’attuale Ingrosso Zucchi l’Arena Edison detta anche del Mechetti. Era tutta in legno. Vi erano due ordini di posti : la platea a cielo aperto e due gallerie coperte lungo i due lati perimetrali paralleli alla corsia di Via Roma.
L’Arena era dotata di uno schermo per la proiezione dei film e di un palco con orchestra per le rappresentazioni teatrali e l’ esecuzione di opere liriche e di operette.
Durante il quinquennio dell’ultima guerra mondiale rimase sempre inattiva. Nell’agosto del 1944 fu colpita anche da molte cannonate. Nel 1945 l’Arena era ridotta ad un ammasso di legname marcio.
Gli unici locali cinematografici che ripresero la loro attività dopo la fine della guerra furono il Teatro Pacini in Piazza Montanelli e il Cinema Excelsior in Corso Matteotti, sotto l’attuale studio legale dell’avv. Roberto Casella.
D’estate i due locali andarono in deficit perché nessuno se la sentiva di rimanere a soffocare nel chiuso delle loro sale cinematografiche. Occorreva trovare un’area su cui realizzare un’Arena estiva. Ma dove?
I partiti di sinistra si erano impossessati dei locali del Circolo Ricreativo “dei signori” posto in Piazza Montanelli. Lo avevano ribattezzato Circolo Ricreativo dei Lavoratori. Sul retro di questo locale vi era il campetto sportivo dove prima della guerra si giocava a tennis e a pallacanestro.
Alcuni dirigenti del Circolo Ricreativo per Lavoratori proposero di ridurre quel campetto da gioco in una Arena estiva. Siccome occorreva una patente specifica per la gestione di un locale cinematografico, i dirigenti si rivolsero a Bachi Mario titolare del Cinema Excelsior e gli chiesero se era disposto a gestire l’Arena del Circolo Ricreativo a condizione di dividersi in parti eguali gli utili. L’accordo venne siglato molto rapidamente.
Gli introiti estivi di questa Arena furono ragguardevoli : era sempre gremita di spettatori.
Questa Arena sui generis non durò molto a lungo perché il titolare del Teatro Pacini ripristinò l’Arena Edison.
L’Arena Edison conobbe una vera e propria età dell’oro. Molte volte gli spettatori dovevano essere rimandati indietro perché i posti erano già tutti occupati.
Negli anni ‘50 , visto che le Arene “tiravano” , il Morelli, titolare della Edison costruì una arena molto grande sul lato sinistro di Via Cesare Battisti. Anche lì gli affari andavano a gonfie vele.
Pure il Bachi Mario, Baino, titolare del Cinema Excelsior realizzò una grande Arena in Via Cesare Battisti.
Negli anni ‘6O la televisione fece chiudere queste due grandi Arene.
1946-1950 Squadre di calcio: la VIGOR in Serie C
La Società bianconera, di fronte all’impegno della Serie C, dovette acquistare molti giocatori:
- il portiere Angelini, proveniente dalla Carrarese
- i terzini Salani e Bonaccorsi
- i mediani Betti e Turchi Renzo
- gli attaccanti Hedstroom, Malfatti, Peri e Pergola.
Vennero reinseriti nel Consiglio direttivo della Vigor tutti gli ex dirigenti che avevano allestito nel 1945 la squadra che partecipò al Campionato misto. Fu eletto Presidente Vittorio Canovai. Il nuovo segretario fu Luciano Guerrieri.
La stagione 1946-1947 fu molto avara di risultati: dopo 16 partite, la Vigor era penultima in classifica. Venne allora esonerato l’allenatore Spartaco Cenci che fu surrogato dal duo Moriani Giulio- Del Gronchio Riccardo. La formazione bianconera riuscì a compiere un finale di campionato veramente eccezionale. Dopo 27 partite disputate la Vigor si trovò all’ottavo posto in classifica generale con 25 punti: 9 partite vinte; 7 pareggiate; 11 perdute. La Vigor realizzò 34 reti e ne subì 37.
Per la stagione 1947-1948 fu assunto come allenatore Boni, ex giocatore del Padova e del Bologna. Furono acquistati anche alcuni giocatori: il centravanti Rizzato della giovanile del Padova; gli attaccanti Frassi del Ponsacco, Profeti dell’Empoli e Montecchio della Marinese.
La Vigor di Fucecchio effettuò un campionato esaltante: si classificò al secondo posto a pari punti, 37, con il Monsummano.
Nonostante l’immeritata sconfitta con la Monsummanese nella finalissima disputata a Pisa, la Vigor fu inserita nel campionato nazionale di Serie C.
La stagione calcistica 1848-1949 fece sconfinare la Vigor nell’Umbria, nel Lazio e nella Sardegna.
Furono acquistati l’allenatore Nigiotti, il portiere Pratelli, il terzino Cavalieri, il mediano Franceschi e l’ala sinistra Pieraccini, un autentico bomber.
La Vigor si piazzò al centro della classifica con 38 punti. La squadra realizzò 57 reti. Questi i goleador della Vigor: Rizzato con 28 reti; Pieraccini con 12 e Profeti con 11 reti.
La stagione 1949-1950 nacque sotto una cattiva stella: l’allenatore Nigiotti, amato dai calciatori, dai dirigenti e dalla tifoseria dovette abbandonare l’attività per gravi ragioni di salute. La gestione era finanziariamente passiva. Venne decisa l’adozione del “sistema” al posto del “metodo”. Furono venduti i giocatori Rizzato e Pieraccini. Altre due colonne metodiste della Vigor vennero “licenziate”: Renzo Turchi e Franceschi.
La Società della Vigor chiese lumi a Bardelli, il direttore dell’Informatore Sportivo. E Bardelli ci riempì di livornesi: l’allenatore Carpitelli, che arrivò prima dell’inizio del Campionato; i giocatori Gabiddy, Aliverti, Iardella, Dini, Neri che giunsero qualche settimana dopo l’inizio del Campionato. La rosa di giocatori che avevamo messo a disposizione di Carpitelli comprendeva Montanelli Bruno, Ancillotti, Puccini, Paparelli, Del Vecchio, Del Gronchio, Profeti, Giannini, Salani, Bonomo, Galli, Leardi, Bertelli, Cicalini, Riccioni, Marchetti, Taioli, Cavalieri e Lazzari.
I nuovi Consiglieri prof. Tuci, Testai, Morelli, Comparini, Metelli, Barsotti, Bachi, Gozzi e Bagnoli licenziarono di punto in bianco l’allenatore Carpitelli ed affidarono la squadra a Indro Cenci. Le prime partite della gestione Cenci aprirono le porte alla speranza e alla fiducia. La Vigor infatti vinse a Signa e a Terni. Ma poi precipitammo di nuovo all’ultimo posto della classifica. I tifosi disertarono le partite. Gli incassi si ridussero al lumicino. Finimmo all’ultimo posto con 17 punti e subimmo 85 reti. Finì e per sempre anche la rinata Vigor.
1946 - Circolo Ricreativo Cattolico
Nel 1946 gli operai dell’area socialista e comunista disponevano di un Circolo ricreativo di lusso in piazza Montanelli.
Nel 1944, dopo la liberazione del nostro paese dall’occupazione militare tedesca, i dirigenti locali del P.C.I e del P.S.I si erano impadroniti sia della ex Casa del Fascio sia del Circolo ricreativo dei signori, entrambi situati in piazza Montanelli nei due fabbricati, contigui, ridotti, dal settembre 1954, a Caserma dei carabinieri e ad appartamenti per le loro famiglie.
Il Circolo dei signori disponeva di due saloni, uno per il bar e uno per le serate danzanti, di una magnifica sala di lettura, di alcune stanze da gioco e di una terrazza, usata nei periodi estivi. I socialcomunisti si erano appropriati anche della ex Casa del Fascio e l’avevano ridotta a sede sia dei loro due partiti sia della Camera del Lavoro.
I militanti cattolici, tacciati come fascisti, dovettero arrangiarsi, quasi clandestinamente, in un appartamento del palazzo di “Pergentino”, quello posto sul lato sinistro della scalinata in pietra della Collegiata.
Il Circolo dei cattolici, gestito da Giannino Ristori, figlio di Pasquale, il custode di S. Salvatore, era formato da quattro stanze d’appartamento.
Nella cucina venivano preparati il caffè e le altre bevande calde con l’uso dei fornelli. Non c’era la macchina per il caffè espresso. Un’altra stanza, il salottino, veniva usata come bar. Su di un tavolo venivano servite bevande calde e fredde. La terza stanza era riservata al gioco delle carte. Non vi entravano più di quattro tavolini da gioco. Nella quarta stanza, sempre affollata di giovani, vi era un tavolo da ping pong. Questo Circolino veniva aperto dopo cena e anche nel pomeriggio dei giorni festivi.
Quando Giannino Ristori si ritirò, nel 1949, il Circolino chiuse i battenti.
1946 - Congresso Mariano interparrocchiale
Dal 19 al 22 settembre del 1946 si svolse a Fucecchio, per iniziativa di don Pietro Stacchini, nominato arciprete della Collegiata di Fucecchio nell’agosto del medesimo anno a seguito della morte dell’arciprete don Giulio Frediani, un Congresso Mariano Interparrocchiale.
Il primo giorno del Congresso si svolse, in Piazza XX Settembre, la cerimonia dell’incoronazione della Madonna di Piazza detta anche Liberatrice dalla peste.
Piazza XX Settembre era illuminata a giorno.
La cerimonia dell’incoronazione venne officiata da tre vescovi:
- monsignor Giorgi, vescovo di Mentepulciano;
- monsignor Egidio Lari, arcivescovo;
- monsignor Tirinnanzi, vescovo di Aden.
Per l’occasione venne coniata una medaglia in argentone.
Il Congresso si concluse la notte del 22 settembre 1946 in Piazza XX Settembre gremita di fedeli.
Al Congresso Mariano non prese parte il nostro vescovo monsignor Ugo Giubbi che agonizzava in un ospedale di Firenze, dove morì il 23 settembre, il giorno dopo la chiusura del Congresso Mariano Interparrocchiale.
Morte di Giubbi Ugo, vescovo (n 1886 m 1946)
Il 23 settembre 1946, alle ore 11, morì nell’ospedale di Camerata di Firenze, dove si trovava ricoverato dal 18 agosto per una doppia ulcera duodenale, il vescovo di S. Miniato monsignor Ugo Giubbi. Aveva 60 anni.
Era nato a Pracchia (Pistoia) l’11 febbraio 1886.
Il 4 luglio 1928 era diventato vescovo della diocesi di S. Miniato.
La notte del 23 settembre 1946, poche ore prima di morire, disse ai presenti che pregavano per il suo imminente trapasso:
- Rinnovo la mia professione di Fede.. chiedo perdono a Dio di tutti i miei peccati. Perdono di cuore a chi mi ha offeso. Offro la mia vita per la diocesi, per i miei sacerdoti, per tutti i fedeli.
Uomo di grande preghiera, aveva fatto voto di povertà. Quando morì, lasciò soltanto le sue cose personali - poche- che vennero vendute per sopperire alle spese del funerale. Oltre alla povertà, monsignor Giubbi aveva imposto a se stesso innumerevoli penitenze.
Il fatto che aveva trasformato la sua esistenza in un penoso perenne Calvario era accaduto la mattina del 22 luglio 1944. Quella mattina, mentre il vescovo celebrava la S. Messa nel rifugio sotterraneo, al momento della Comunione, il Duomo venne colpito da alcune micidiali cannonate (tedesche? americane?) che uccisero molte delle persone che vi si erano rifugiate.
Il vescovo salì subito in cattedrale e, di fronte a tanta tragedia, rimase come impietrito dal dolore. Per tutto il giorno fece la spola fra la cattedrale e il Palazzo Vescovile dove erano stati trasferiti i feriti.
Alcuni antifascisti propalarono l’insinuazione che il responsabile della strage era il vescovo che l’avrebbe complottata con i tedeschi.
Niente di più infamante poteva essere detto a carico di un essere umano!
- Chiesi al Signore - ebbe a confessare - che prendesse la mia vita, ma salvasse la mia diocesi e la mia città episcopale. Dio non ha voluto la mia vita, ma ha voluto invece che io sentissi l’amarezza della calunnia dei figli che è di tutte la più dolorosa. Sia fatta la Sua
1947 - Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti
Coltivatori diretti sono i contadini proprietari del podere che coltivano.
Allo scopo di tutelare i loro interessi e di far valere i loro diritti hanno creato, a partire dal 1947, un loro sindacato che ha assunto la denominazione di Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti.
Siccome il fondatore della Confederazione fu l’onorevole Bonomi, per molti anni la Confederazione è stata chiamata la Bonomiana. Attualmente viene chiamata la Coldiretti.
La struttura organizzativa comprende:
- la Presidenza Nazionale con sede a Roma;
- le Federazioni Provinciali presiedute dai Direttori Provinciali;
- le Federazioni di zona. Della Federazione di zona fanno parte diversi comuni. Il comune di Fucecchio è inserito nella Federazione di Zona di Empoli.
Per molti anni il Presidente della Federazione della zona di Empoli è stato il fucecchiese Livio Frediani residente nella frazione di Torre.
La carica di Presidente della Sezione Coldiretti di Fucecchio è stata ricoperta per molti anni da Montanelli Marino coadiuvato dal segretario M° Enzo Cioni.
La prima grande battaglia della Coldiretti riguardò l’estensione dell’assistenza medico-farmaceutica-ospedaliera-specialistica a tutti i coltivatori diretti. Dopo quella lunga battaglia anche i coltivatori diretti poterono usufruire dell’assistenza sanitaria gratuita.
1947 – Giornali: L’ECO DI FUCECCHIO
Nel 1947 nacque il settimanale locale l’ ECO DI FUCECCHIO.
Il settimanale era diretto dal pittore prof. Dedalo Montali che abitava nel palazzo, oggi di proprietà Barnini, posto sul lato sinistro della scalinata in pietra davanti alla Collegiata.
Il Montali si avvalse della collaborazione di studenti universitari e di alcune personalità di spicco come quella del direttore didattico Pietro Palavisini.
Il settimanale , come afferma in una sua memoria Pietro Palavisini, “ ebbe vita breve, appena tre mesi, eppure, in così breve arco di tempo, poté svolgere un’azione molto utile, riuscendo a mettere a fuoco tanti problemi paesani di allora e a sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità competenti in ordine alla loro soluzione.”
Il direttore didattico Pietro Palavisini curava una rubrica intitolata DIVAGAZIONI.
Quelle sue DIVAGAZIONI meriterebbero di essere collocate in un’antologia locale per il loro linguaggio esemplarmente lindo e per gli spaccati di vita paesana che ci offrono.
1948 - Elezioni politiche nazionali del 18 giugno 1948
La campagna elettorale che le precedette fu molto accesa. Per il Fronte Popolare (socialcomunisti) venne a parlare a Fucecchio anche Pietro Nenni.
L’esito di queste votazioni a livello locale fu il seguente:
Camera Senato
Fronte popolare (socialcomunisti) 55,2% 54,11%
Democrazia Cristiana 35,6 % 36,9%
1949 - C.I.S.L. di Fucecchio
I dati relativi alla costituzione in Fucecchio di una Sezione della Confederazione Italiana Sindacati Liberi sono stati forniti, tramite lettera del 1978, dal signor Boncristiani Giuseppe.
In Italia, a partire dal 1945, esisteva soltanto un Sindacato: la C.G.I.L. (Confederazione Generale Lavoratori Italiani).
Il Sindacato unico, però, veniva pilotato in maniera troppo scoperta dai Partiti Comunista e Socialista. La maggior parte degli scioperi proclamati da questo sindacato erano di natura squisitamente politica.
Nel 1948 avvenne, a livello nazionale, la scissione del Sindacato favorita dalla sconfitta elettorale del Fronte Popolare formato da Comunisti e socialisti.
Dal Sindacato unitario uscirono Mario Pastore e Grandi, appartenenti all’area democristiana, che fondarono la C.I.S.L. (Confederazione Italiana Sindacati Liberi).
Nel 1949 venne fondata a Fucecchio una Sezione della CISL con sede in Via Roma.
La nascita ufficiale della CISL di Fucecchio avvenne il Primo Maggio 1950.
Dal 1949 al 1959 la CISL di Fucecchio fu diretta da questi segretari:
- Masotti Olinto
- Tognetti Egisto
- Toni Antonio
Nonostante la presenza di diverse industrie (fiammiferi, calze, laterizi, tessuti e scarpe), gli operai iscritti alla CISL furono, in quel periodo, soltanto 12 (dodici).
Nel 1959 assunse la carica di Segretario della CISL Boncristiani Giuseppe, un operaio calzaturiero.
Nonostante la chiusura delle industrie dei fiammiferi, dei laterizi e dei tessuti, surrogate da fabbrichette di calzature e da alcune concerie, il numero degli operai iscritti alla CISL salì a quota 500 (cinquecento).
Giuseppe Boncristiani ha conservato la carica di Segretario della Sezione CISL di Fucecchio fino a tutto il 1996.
1951 - Elezioni amministrative nel Comune di Fucecchio (giugno 1945)
Anche a livello locale, come a quello mondiale, si verifica una guerra fredda tra l’opposizione socialcomunista ed il Governo democristiano, deciso a far rispettare l’ordine.
Purtroppo i socialcomunisti fucecchiesi credevano di poter scavalcare i regolamenti impunemente; ma non fu così. Gli organizzatori di scioperi e manifestazioni non autorizzate vennero denunciati e condannati a qualche mese di galera. Lo Stato, finalmente, faceva sentire la sua presenza ed anche la sua autorità.
1953 - Circolo ricreativo ACLI
Nel 1950 venne creata anche a Fucecchio una sezione dell’ACLI, l’Associazione Cristiana Lavoratori Italiani.
Questa associazione intendeva promuovere nel mondo operaio di ispirazione cristiana la consapevolezza dei diritti da rivendicare, degli interessi da difendere e dei valori da assumere come elementi portanti per la costruzione di una società più cristiana.
Il fondatore della sezione fucecchiese dell’ACLI fu il maestro Pietro Boldrini (1920-1996). Le clarisse del Monastero di S. Salvatore affittarono alla neonata associazione i due locali dove avevano allestito dal 1785 il Conservatorio per fanciulle e ragazze fino al 1899 e poi l’asilo e la scuola di lavoro per le bambine di Fucecchio fino al 1943.
“Le Acli” installarono la loro sede con biblioteca nel locale ricavato, fin dal 1783, dalla tamponatura del lato sinistro del chiostro del monastero, quello contiguo al lato destro della chiesa di S. Salvatore. Nel salone vuoto che guardava sul Poggio Salamartano venne sistemato il ping pong che fino al 1949 si trovava nel Circolo Ricreativo Cattolico.
Nel 1952 il Consiglio direttivo dell’associazione, sensibile alla richiesta di un locale di ritrovo avanzata dai soci, deliberò di realizzare nel salone vuoto un Circolo Ricreativo ACLI. Nelle casse dell’associazione non c’era nemmeno una lira. Il volontariato dei soci compì il miracolo. I muratori Fulvio Gini e Antonio Casella e anche l’assistente spirituale, padre Nazzareno Poletti, si impegnarono ad eseguire gratuitamente tutti i lavori in muratura. Lo studente liceale Romano Bagnoli realizzò l’impianto elettrico. Altri si adattarono al lavoro di manovalanza e di imbianchini. I novizi del convento La Vergine fabbricarono il bancone e lo scaffale per il bar. 23 soci versarono una somma a fondo perduto per l’acquisto del materiale necessario alla realizzazione del Circolo Ricreativo.
All’inizio del 1953 il Circolo Acli era quasi pronto. La cerimonia dell’inaugurazione avvenne la prima domenica del febbraio 1953. Finalmente anche gli operai dell’area cattolica disponevano di un locale di incontro ricreativo.
Il servizio bar nei primi anni fu gestito dai soci che, a turno, assolvevano i vari compiti che venivano di volta in volta loro assegnati dal Presidente Pietro Boldrini, titolare della licenza Bar. E proprio Pietro Boldrini, ogni sera, alle ore 19,30 apriva il locale ed accendeva la macchina per il Caffè espresso. La gestione del buffet fu affidata a Giuseppe Boncristiani. Lisandro Monti ricoprì per molti anni la carica di provveditore. L’addetto alla pulizia del locale era Pietro Falorni, il sagrestano della Collegiata.
La disposizione degli arredi ha subito due cambiamenti come risulta dalle piantine illustrative.
A partire dal 1996 la sede dell’Associazione ( diventata Movimento Cristiano Lavoratori) e il bar del Circolo sono stati installati nel locale ricavato nel lontano 1783 dalla tamponatura del lato del chiostro del monastero addossato alla chiesa di S. Salvatore. L’ex salone del bar del Circolo è stato ridotto a Parlatorio delle clarisse di S. Salvatore.
1954 - Il Partito Comunista locale viene sloggiato dalla Casa del Popolo e dal Circolo Ricreativo di Piazza Montanelli
Subito dopo la Liberazione di Fucecchio, dall’occupazione tedesca, avvenuta il 1° settembre 1944, i dirigenti del partito comunista, quelli del partito socialista e quelli del sindacato occuparono in piazza Montanelli l’immobile che per tanti anni aveva ospitato la Casa del Fascio e il Circolo Ricreativo dei Signori.
La Casa del Fascio venne ridotta a Casa del Popolo con le sedi del partito comunista, del partito socialista e della Camera del Lavoro. Il Circolo dei Signori diventò il Circolo Ricreativo dei Lavoratori. Il campetto da basket adiacente al Circolo venne trasformato in arena estiva per proiezioni cinematografiche.
Dieci anni dopo, e precisamente il 17 settembre 1954, l’Intendenza di Finanza di Firenze ordinò ai dirigenti del Circolo Ricreativo dei Lavoratori e ai dirigenti della Casa del Popolo di lasciare liberi da persone e da cose i locali dell’immobile di piazza Montanelli ( Circolo e Casa del Popolo) entro le ore 8 antimeridiane del giorno 28 settembre 1954 allo scopo di metterli a disposizione del Demanio dello Stato che ne era il legittimo proprietario. Tutto l’immobile sarebbe stato adibito a Caserma dei carabinieri. L’ordinanza dell’Intendenza avvertiva che , scaduto il termine, si sarebbe proceduto immediatamente allo sfratto forzoso dell’immobile con l’intervento della Forza Pubblica (Polizia).
I dirigenti dei partiti di sinistra , quelli della CGIL e quelli del Circolo promossero un Comitato di difesa ed erano intenzionati ad ingaggiar la lotta contro le forze dell’ordine.
La sera del 27 settembre accadde un fatto clamoroso: il Comitato di difesa decise di promuovere seduta stante una sottoscrizione per l’acquisto del Circolo Torino in via Dante. Occorrevano 15 milioni di lire. Sette milioni di lire dovevano essere consegnati subito e gli altri 8 milioni di lire in tante rate mensili. Operai, contadini, commercianti, simpatizzanti, pensionati affluirono per tutta la notte nella Casa del Popolo a portare il loro obolo. Il tempo però era insufficiente per raccogliere i 7 milioni richiesti come anticipo. Alle ore 8 del mattino sarebbe scaduto il termine. Nessuno abbandonò la Casa del Popolo e nemmeno il Circolo. Alle ore 8 la polizia giunta in forze in piazza XX Settembre anziché intervenire preferì stazionare nel Piazzale. Il comandante aveva saputo della sottoscrizione aperta dalle sinistre per trasferirsi spontaneamente in Via Dante.
Durante la giornata del 28 settembre furono raccolti i 7 milioni: 3 milioni e mezzo in contanti e gli altri in cambiali. A mezzanotte venne firmato il contratto di acquisto del Circolo Torino.
La mattina del 29 settembre gli occupanti lasciarono la Casa del Popolo e il Circolo Ricreativo e si portarono in corteo in via Dante nella loro nuova sede.
I membri del COMITATO che promossero la sottoscrizione:
- Guerrieri Canido presidente del Circolo Ricreativo