FUCECCHIO COMUNE DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
DAL SETTEMBRE DEL 1943 AL SETTEMBRE DEL 1944
Il bimestre settembre- ottobre 1943 fu punteggiato da una serie incredibile di avvenimenti che lasciarono i loro segni indelebili sulla vita dei fucecchiesi:
L’8 settembre 1943, il Governo Italiano presieduto dal Generale Pietro Badoglio annunciò via Radio che l’Italia aveva firmato l’ARMISTIZIO con le potenze che nel luglio 1943 avevano invaso il territorio italiano: Inghilterra, Francia e Stati Uniti.
Questo armistizio fu salutato dai fucecchiesi come la fine della guerra a cui anche noi italiani avevamo preso parte a partire dal 10 giugno 1940. Il tripudio dei fucecchiesi ebbe una durata brevissima.
Il 10 settembre i tedeschi occuparono Roma obbligando il re e il Governo ad una disordinata partenza per Brindisi. I fucecchiesi allibirono.
Il 12 settembre i tedeschi liberarono Mussolini prigioniero in un albergo a Campo Imperatore sul Gran Sasso. I “fedeli” del duce, a Fucecchio, esultarono.
Il 23 settembre Benito Mussolini fondò la Repubblica Sociale Italiana. L’Italia risultò così divisa in due stati:
1- il Regno d’Italia a sud;
2- la Repubblica Sociale Italiana al centro e al Nord.
Fucecchio che faceva parte della Repubblica Sociale Italiana ripiombò sotto la cappa della dittatura fascista.
Il 13 ottobre il Governo del Regno d’Italia dichiarò guerra alla Germania. Fucecchio piombò nel caos.
Molti soldati italiani, dopo l’8 settembre 1943, lasciarono l’esercito e cercarono di ritornare con ogni mezzo al loro paese.
Fucecchio venne interamente occupato dai Tedeschi e fu amministrato dai rappresentanti della Repubblica mussoliniana chiamati comunemente Repubblichini
In questo periodo Fucecchio conobbe la guerra. cannoneggiamenti, rastrellamenti, caccia ai renitenti alla leva e a quanti non volevano prestar servizio nell’esercito della Repubblica Sociale, distruzioni, eccidi.
1943 - Comitati di Liberazione
Nell’agosto del 1943, subito dopo la caduta di Mussolini avvenuta il 25 luglio, anche nel nostro Comune sorsero come funghi i Comitati di Liberazione Nazionale che avrebbero dovuto gestire il potere amministrativo locale ed organizzare la lotta per liberare l’Italia dai Tedeschi e, dopo il 23 settembre 1943, dai repubblichini, i soldati della neonata Repubblica Sociale Italiana del redivivo Benito Mussolini.
Comitati di Liberazione vennero organizzati a: Fucecchio, Ponte a Cappiano, Massarella, Torre E Querce
Il Comitato di Liberazione del nostro capoluogo era formato da:
- Angiolo Cecconi - Olinto del Gronchio
- Guido Toncelli - Alfonso Botrini
- Giuseppe Cambi - Duilio Cicalini
- Egisto Lotti - Giulio Malvolti
- Piero Malvolti - Ranieri Montanelli
- Guido Morelli - Gino Pernice
- Lisandro Sgherri - Gino Pascucci
- Agostino Banti
1944 - Repubblichini in Comune
Dal 23 settembre 1943 all’8 gennaio 1944 operarono in Fucecchio 3 centri di potere:
1- il Podestà che svolgeva funzione di sindaco;
2- il Comitato di Liberazione Nazionale che operava clandestinamente;
3- la sezione locale dei repubblichini, cioè dei fedeli che avevano aderito scopertamente alla Repubblica Sociale Italiana di Benito Mussolini.
L’8 gennaio 1944 avvenne nella vita politico-amministrativa fucecchiese una svolta importante. La carica di Podestà venne soppressa. Al Podestà subentrò il COMMISSARIO PREFETTIZIO, cioè un dittatorello impostoci dalla Repubblica Sociale Italiana.
Il Commissario Prefttizio che giunse a Fucecchio si chiamava Ceciliano Riccioni, ricordato dai più per la sua relazione sentimentale con una fucecchiese. Da questa relazione nacque una figlia: Ceciliana.
Tre furono i provvedimenti più significativi del Commissario:
1- Ordinò il rastrellamento dei giovani della classe 1924 renitenti alla leva. Quasi tutti i giovani fucecchiesi si imboscarono.Soltanto una ventina si presentarono alla visita medica. I rastrellamenti vennero affettuati da alcuni reparti dell’esercito repubblichino.
2- Fece abolire tutte le intitolazioni delle vie riferentisi alla Casa Reale e ai traditori del periodo 25 luglio - 8 settembre 1943: Viale Principessa Margherita diventò Viale Giancarlo Bitossi; Viale Regina Margherita diventò Viale Ettore Muti; Corso Vittorio Emanuele diventò Corso Gustavo Mariani.
3- Ordinò ai militari ritornati a casa dopo l’8 settembre 1943 di arruolarsi nell’Esercito della Repubblica Sociale Italiana.
Fucecchio, dunque, era finito sotto il tallone tedesco-repubblichino.
1943-1944 - Atrocità tedesche
Il 5 ottobre 1944, il sindaco di Fucecchio, Angiolo Cecconi, trasmise alla Regia Questura di Firenze un dettagliato rapporto sulle atrocità compiute dai militari tedeschi nel territorio del Comune di Fucecchio.
Questo il testo del RAPPORTO
1- Dal settembre del 1943 al 17 luglio 1944 i tedeschi si impossessarono del 30% del bestiame esistente.
2- Durante il periodo dell’EMERGENZA che va dal 18 luglio al 31 agosto 1944 essi compirono questi atti di barbarie:
- saccheggiarono fabbriche, depositi, magazzini, negozi, uffici pubblici, sedi di Enti e il 90% delle case private;
- razziarono il 40% del bestiame (bovini, ovini, suini, equini e pollame);
- distrussero fabbriche, 20 case del capoluogo, 22 case nelle frazioni, la torre di Castruccio, le chiese di S. Pierino e Torre, ponti, linee telegrafiche , telefoniche ed elettriche;
- assassinarono 7 massigiani e tre fucecchiesi del capoluogo;
- deportarono in Germania numerosi uomini fra i 20 e i 60 anni di età, strappati a forza dalle loro famiglie . Molti di essi, in data 5 ottobre 1944 non avevano fatto ritorno nelle loro famiglie e non avevano mai dato notizie di sé.
1944 - Guerra a Fucecchio dal 26 marzo al 21 giugno 1944
Fino alle ore 21 del giorno 26 marzo i fucecchiesi non erano stati toccati dalla seconda guerra mondiale.
Ne sentivano parlare alle trasmissioni radiofoniche; ne vedevano alcuni spezzoni ai cinegiornali LUCE che precedevano le proiezioni dei film nelle due sale cinematografiche del paese; avevano assistito dal Poggio Salamartano ai bombardamenti aerei di Livorno e di Pontedera. Poi improvvisamente....
- La sera del 26 marzo un aereo “alleato” mitragliò la casa dello Zucchi posta nella via provinciale Pistoiese. Un soldato tedesco rimase ferito e il tetto della casa fu seriamente danneggiato.
- Il 7 aprile, alle ore 17, venne bombardata la Stazione Ferroviaria S. Miniato-Fucecchio. Vi morirono 4 persone: Rosa Ulivieri ved. Serafini e la famiglia del gestore Pietro Chiavarelli.
- Il 27 aprile, alle ore 6,30, in località Samo, venne mitragliato da un aereo un camion carico di soldati tedeschi: ne venne ferito uno.
- Il 13 e il 14 maggio furono bombardati i boschi di Poggiadorno.
- Il 20 e il 21 maggio furono mitragliati alcuni camion tedeschi.
- Il 29 maggio, alle ore 8,30, venne di nuovo bombardata la nostra stazione ferroviaria.
- Il 21 giugno accaddero tre fatti significativi:
1- venne bombardata la frazione di Galleno;
2- Fucecchio venne occupata dai tedeschi che si attestarono sulla riva destra dell’Arno;
3- il Commissario Prefettizio Ceciliano Riccioni fuggì in Lombardia.
1944 - Guerra a Fucecchio dal 22 giugno al 2 luglio 1944
Dopo la fuga del Commissario Prefettizio i fedeli di Mussolini, i repubblichini, si aggregarono ai tedeschi.
Il 22 giugno venne nuovamente bombardato Galleno.
Il 24 giugno venne bombardato anche Ponte a Cappiano.
Nell’ultima decade di Giugno i cacciabombardieri alleati tentarono ripetutamente di colpire il nostro ponte sull’Arno del 1867.
Il 28 giugno venne costituito un COMITATO provvisorio, rappresentativo di tutte le forze organizzate del paese, presieduto dal generale a riposo sig. Lamberto Capecchi. Questo Comitato doveva colmare il vuoto amministrativo conseguente alla fuga del Commissario Prefettizio. Fecero parte di questo Comitato:
- l’arciprete della Collegiata
- il segretario dell’Associazione Mutilati e Invalidi di guerra
- il Presidente dell’Associazione Combattenti
- il medico della Croce Rossa Italiana
- il Presidente dell’Ospedale
- l’ispettore scolastico
- il Direttore della Scuola di Avviamento Professionale
- il fiduciario del sindacato agricoltori
- il fiduciario del sindacato commercianti
- il fiduciario del sindacato dell’agricoltura
- il fiduciario del sindacato industriali
- il fiduciario del sindacato operai della SAFFA
- un geometra
- un farmacista.
Il 2 luglio, Festa del Sacro Cuore, poco dopo le ore 7, il nostro PONTE venne centrato dai cacciabombardieri alleati.
Il 2 luglio giunse a Fucecchio Mario Corona diretto a S. Croce sull’Arno. Il Comitato di Liberazione Nazionale di Empoli lo aveva messo a disposizione del CLN di S. Croce.
1944 - Guerra a Fucecchio dal 2 luglio al 21 luglio 1944
- Il 18 luglio il grosso dell’esercito tedesco attraversò l’Arno e si insediò sulla sponda destra dell’Arno. Cominciarono i cannoneggiamenti anglo-americani sul nostro paese. Questi cannoneggiamenti segnarono l’inizio vero e proprio della guerra per i fucecchiesi. Abbandonammo le nostre camere. Andavamo a dormire nelle cantine o nei sottoscala.
- Il 19 luglio, verso le ore 0,15 una cannonata centrò in pieno la casa di Biagi Dionisio (vedi casa di Biagino). Vi morirono 3 persone. Altrettante rimasero gravemente ferite. Due persone si prodigarono all’alba per recuperare le salme: Dino Billi, detto Peppole, e Quinto Ferri, detto Ciaccheri.
- Il 20 luglio cominciarono i rastrellamenti. Gli uomini dai 19 ai 60 anni venivano prelevati dai soldati tedeschi per essere poi dirottati a scavare trincee e piazzole. Qualche volta i rastrellati finirono nei campi di concentramento in Germania. Le truppe tedesche integrarono i rastrellamenti con razzie di bestiame, con il saccheggio dei negozi e con le rappresaglie.
- Il 21 luglio fummo obbligati ad abbandonare in massa il paese sottoposto continuamente al cannoneggiamento degli angloamericani assestati sulle colline di S. Miniato. Questo esodo viene comunemente indicato col termine SFOLLAMENTO.
Molti trovarono rifugio nelle case dei contadini di Padulino, di Torre, di Massarella, di Querce. Furono relativamente pochi quelli che andarono a rifugiarsi sulle colline cerretesi. I disagi degli sfollati furono numerosi e gravi:
- dormivamo nei cascinali in venti, trenta persone tutte distese per terra e sopra qualche centimetro di paglia;
- ci procuravamo i covoni di grano abbandonati nei campi, lo “battevamo” e lo riducevamo in farina col macinino da caffè;
- disponevamo quasi tutti di riserve di riso intignolito che consumavamo senza nessun ritegno;
- non disponevamo nemmeno di un bagno: i nostri WC erano i campi o le concimaie; la nostra carta igienica era costituita dalle foglie dei fichi o da pampini o da manciate di erba;
- cucinavamo sempre all’aperto utilizzando i pochi mattoni che riuscivamo a trovare;
- dovevamo ripararci dalle cannonate che martellavano anche le campagne e soprattutto le case coloniche;
- a turno spiavamo l’arrivo di pattuglie di soldati tedeschi sempre interessati a rastrellare uomini e a compiere razzie.
Fortunatamente, durante tutto il periodo dello sfollamento durato 40 giorni, non piovve mai.
1944 – La casa di Biagino (Biagi Dionisio) distrutta
Anche l’Italia, come alleata della Germania e poi del Giappone, prese parte alla Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) a partire dal 10 giugno 1940.
L’esercito italo-tedesco era riuscito a conquistare i due anni quasi tutta l’Europa.
Nel 1942, l’anno in cui anche gli USA si schierarono contro i Paesi membri del Patto d’Acciaio (Italia, Germania e Giappone ) le sorti della guerra cominciarono ad invertirsi.
Nel 1943 gli anglo-americani sbarcarono in Sicilia; il 25 luglio il dittatore Benito Mussolini venne arrestato; l’8 settembre l’Italia depose le armi; nel medesimo mese di settembre tutta l’Italia peninsulare venne occupata dalle truppe tedesche che non erano più nostre alleate bensì nemiche; il 23 settembre l’ex dittatore Benito Mussolini, liberato dai tedeschi, fondò la Repubblica Sociale Italiana che si dotò di un proprio esercito, detto dei repubblichini. Anche Fucecchio venne occupato dai soldati tedeschi e governato dagli ex fascisti che si erano aggregati alla Repubblica Sociale Italiana.
Nel 1944, a luglio, l’esercito anglo-americano che aveva già liberato tutta l’Italia meridionale e buona parte di quella centrale dall’occupazione tedesca e repubblichina, si attestò sulle colline di S. Miniato. Il fiume Arno diventò la linea di demarcazione dei due eserciti che si fronteggiavano: sulla sinistra del fiume c’erano gli “alleati” anglo-americani; sulla destra i Tedeschi e i repubblichini.
Dalle colline di S. Miniato le artiglierie alleate vomitarono migliaia e migliaia di granate, per tutto il mese di luglio e di agosto, sul nostro paese e sulle nostre campagne. Per proteggersi dai quotidiani cannoneggiamenti notturni i fucecchiesi furono costretti a dormire, fino al 21 luglio - il giorno dello sfollamento - nelle cantine o nei sottoscala.
Il 19 luglio 1944, alle ore 1, la casa di Biagi Dionisio, venne colpita da una cannonata micidiale: la granata sfondò il tetto e due sottostanti pavimenti ed esplose al piano terra. Gli effetti furono micidiali: della casa, addossata alla torre di Castruccio e in angolo con l’attuale via Franco Bracci, rimasero in piedi soltanto i muri esterni. Due delle quattro famiglie che abitavano nel fabbricato rimasero illese e furono tratte in salvo soltanto al mattino con l’ausilio di scale a pioli. La famiglia di Sandro Monti, l’unico sopravvissuto, fu completamente distrutta. Sandro perdette la madre Giuseppina Baldelli di 70 anni, la moglie Sonia Ciardini di 24 anni e la figlia Denia di anni tre. Il Monti, nonostante le 14 gravi ferite riportate, si salvò. Tutti i membri della famiglia Biagi, i coniugi Dionisio e Corinna e i figli Piero e Sidra, rimasti sepolti sotto le macerie, furono ricoverati in ospedale perché feriti: la più grave risultò la signora Corinna.
L’opera di soccorso ai feriti risultò difficilissima perché il buio era fitto, le macerie ostacolavano i movimenti e il timore di eventuali crolli frenava non poco l’azione dei soccorritori.
Gli illesi furono tratti in salvo al mattino con l’ausilio di scale a pioli. I tre cadaveri furono recuperati e calati dalle finestre, con l’ausilio delle solite scale e di corde, da Billi Dino (Peppole) e da Quinto Ferri (Ciaccheri).
Quella del Biagi fu la prima casa sventrata dai cannoneggiamenti.
1944 - Sfollamento del 21 luglio 1944
Ai primi di luglio del 1944 gli Alleati (anglo-americani) reggiunsero le colline di S. Miniato da cui potevano bombardare con le loro artiglierie le linea di difesa tedesca dislocata sulla riva destra dell’Arno. Il territorio comunale di Fucecchio diventò il bersaglio delle incursioni aeree e delle artiglieria Alleate.
Il 2 luglio gli aerei alleati centrarono il nostro ponte sull’Arno che aveva soltanto 75 anni.
Poi cominciarono i cannoneggiamenti. Le granate cadevano un po’ dappertutto provocando anche nel capoluogo morti e feriti.
Il 19 luglio, di notte, fu colpita in pieno una casa di via Castruccio addossata alla omonima torre. Ci furono tre morti e tre feriti gravi.
Ai cannoneggiamenti degli alleati facevano da contrappunto i rastrellamenti operati dai tedeschi in collaborazione con i repubblichini locali ( fascisti aderenti alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini). Si viveva in un clima di terrore.
Nel pomeriggio del 21 luglio 1944 i tedeschi, saggiamente, obbligarono la popolazione fucecchiese ad abbandonare il paese. Si verificò così lo sfollamento in massa dei fucecchiesi dalle loro case natie. La maggior parte delle persone si rifugiarono nelle adiacenze del Padule (Padulino), nelle colline delle Cerbaie. Pochissime persone scelsero le colline cerretesi.
In quella drammatica circostanza si manifestò dovunque la solidarietà delle famiglie contadine che misero a disposizione degli sfollati tutto ciò che possedevano: stanze, cascinali, letti, coperte, cibarie e il grano dei campi non ancora trebbiati.
Per proteggersi dalle cannonate che colpivano indiscriminatamente il paese e la campagna, gli sfollati dovettero scavarsi dei rifugi. Ma non mancarono le vittime da cannonate. Continuarono i rastrellamenti dei tedeschi e alcuni sfollati finirono nei campi di concentramento e di lavoro in Germania. Il 23 agosto 1944 venne perpetrato dai tedeschi l’Eccidio del Padule che costò la vita a 175 persone.
Durante i 40 giorni di sfollamento non piovve mai e questa fu una vera grazia per tutti coloro che doveva vivere all’aperto.
Il 31 agosto, di notte, i tedeschi si ritirarono dalla linea di difesa sull’Arno.
Il 1° settembre gli angloamericani attraversarono l’Arno. Finalmente era giunta anche per i fucecchiesi la Liberazione.
Il 2 settembre ci fu il rientro in massa della popolazione sfollata nel capoluogo.
Riproduciamo il laconico rapporto trasmesso alla Regia Questura di Firenze dal sindaco Angiolo Cecconi sullo stato di Fucecchio al rientro della popolazione dopo i 40 giorni di sfollamento.
“Il 1° settembre 1944, quando i Tedeschi abbandonarono il territorio di questo Comune, lasciando ovunque i segni della loro rabbia bestiale, il paese presentava un aspetto desolante e la situazione generale in sintesi era la seguente:
MANCANZA di abitazioni, di pane e di altri generi alimentari, di acqua, di vestiario, di medicinali, di combustibili. Tutti i Servizi Pubblici paralizzati. Le condizioni igieniche erano allarmanti: una grave epidemia di TIFO infieriva nel capoluogo”.
1944 - Guerra a Fucecchio dal 21 luglio all’1 settembre 1944
I fatti più eclatanti dei 40 giorni di sfollamento furono due:
1- Il grande RASTRELLAMENTO effettuato a Torre e nelle sue adiacenze la domenica mattina del 20 agosto. Furono catturati un centinaio di uomini e fra questi l’avvocato Egisto Lotti, suo figlio Adriano, Tommaso Marradi, i portalettere Alfredo Soldaini e Guido Pozzolini.
Molti degli uomini catturati finirono in Germania; altri riuscirono a fuggire ( Egisto Lotti ha narrato la sua fuga nel libro UN PIEDE NELLA FOSSA); altri, come Alfredo Soldaini, vennero fucilati per avere tentato la fuga.
2- L’ECCIDIO DEL PADULE avvenuto il mercoledì del 23 agosto. Furono barbaramente uccise dai soldati tedeschi 175 persone: fra queste, 7 massigiani.
Altri fatti importanti avvenuti durante i 40 giorni di sfollamento:
- la distruzione della Torre di Castruccio fatta saltare dai tedeschi il 10 agosto;
- la piccola strage conseguente al cannoneggiamento del mulino di Ponte a Cappiano avvenuta il 10 agosto;
- l’uccisione dei coniugi Ficini, in via Donateschi, operata dai soldati tedeschi il 18 agosto.
1944 - Eccidio del Padule di Fucecchio 23 agosto 1944
Nel luglio del 1944 la linea del fronte di guerra si era attestata sull’Arno:
- a sinistra gli anglo-americani (nostri nemici dal 10 giugno 1940 all’8 settembre 1943 e poi nostri alleati a partire dall’8 settembre);
- a destra i soldati tedeschi (nostri alleati fino all’8 settembre 1943 e poi nostri nemici ).
Le popolazioni del Valdarno erano state allontanate dai centri abitati e si erano rifugiate nelle campagne vicine. Molti sfollati scelsero come loro rifugio il Padule.
Un “furbo” di Stabbia, per dimostrare che era il più bravo di tutti, verso il 20 agosto uccise irresponsabilmente, in Cavallaia, un soldato tedesco. Una pattuglia tedesca sorprese il nostro assassino mentre stava gettando il cadavere del soldato tedesco in canale (testimonianza di Gino Baronti).
La rappresaglia fu immediata.
Il 22 agosto 1944, a Monsummano, presso la Villa Giusti, il colonnello Krasemann, su ordine del generale Kessirling, ingiunse al Maggiore Strauch di distruggere case, ricoveri e tutti gli esseri umani presenti nella zona indicata su di una pianta del Padule.
La zona indicata sulla pianta, nel corso della giornata, venne teutonicamente cintata con l’ausilio di picchetti.
La zona era così delimitata:
- ad Est dalla statale 436 che porta a Monsummano;
- a Sud con l’inizio del Canale Maestro;
- ad Ovest dai piedi delle Cerbaie;
- a Nord dalla linea che va dall’Anchione alla Casa Borghese e da qui alla statale 436.
Nonostante la segretezza dell’operazione il cui inizio era stato fissato alle prime ore dell’alba del 23 agosto 1944, qualche notizia era trapelata; ma nessuno aveva voluto crederci.
Un maresciallo austriaco ed una ragazza romana, amante di un sergente austriaco, rivelarono che nel grande lago sarebbe avvenuta una rappresaglia in grande stile.
Le informazioni dei due si rivelarono esatte.
Poco prima della mezzanotte del 22 agosto giunsero truppe corrazzate tedesche, si disposero lungo la zona delimitata e piazzarono mitragliatrici e cannoncini.
Verso le cinque del mattino le artiglierie leggere e pesanti cominciarono a vomitare il loro fuoco, nella zona delimitata, fino alle ore 12.
Le pattuglie dislocate nella golena uccisero senza pietà tutti coloro che tentavano di evadere dall’inferno di fuoco del Padule.
Le vittime dell’eccidio furono 175.
Fra queste sono da annoverarsi le sette della nostra frazione di Massarella.
1944 -Eccidio Padule : le vittime di Massarella, frazione di Fucecchio - 23 agosto 1944
Anche la frazione di Massarella pagò il suo tributo di sangue con le 7 vittime a cui è stata intitolata la piazza principale: Piazza dei Sette Martiri (non vi è stato inserito il Tisti, Guido Matteoni, perché nativo di Querce e residente a Carrara).
Ai sette martiri è stata dedicata questa lapide commemorativa posta sul lato destro della facciata della chiesa di S. Maria di Massarella.
DA INUMANA FEROCIA E VILE PIOMBO
IL 23 AGOSTO 1944 ASSASSINATI:
BANDINI AGOSTINO
CERRINI ENOS
GUIDI ANGIOLINO
GUIDI GIUSEPPE
GUIDI QUINTO
SETTEPASSI ALESSANDRA
CON LA FEDE NELLA LORO INNOCENZA
CON LA CERTEZZA DI GIUSTIZIA
CON IL CUORE STRAZIATO DAL RICORDO MA FIERO
ESPRESSIONE SINCERA DI TUTTA LA POPOLAZIONE
QUESTA LAPIDE IL COMITATO NAZIONALE
DI LIBERAZIONE
DECRETO’ IMPERITURA TESTIMONIANZA
DELLA BARBARIE TEDESCA E DEI TRADITORI D’ITALIA
Alle ore 3,50 del 23 agosto 1944, prima che si scatenasse l’inferno di fuoco sul Padule, vennero uccisi da una raffica di mitra GUIDO MATTEONI di 44 anni e GUIDI ANGIOLINO di 62 anni detto il Gobbo. Erano scesi in Padule da Poggio Pieracci, avevano già raggiunto il barchino con cui sarebbero andati a Stabbia a fare incetta di cocomeri e di cibarie da rivendere agli sfollati, quando furono visti ed uccisi da una pattuglia tedesca operante nella gronda di quel tratto di Padule. I loro corpi vennero recuperati alle ore 18 da Benedetto Guelfi, detto Betto, e da Angiolino Buffi.
Alle ore 4,40 venne ucciso AGOSTINO BANDINI , di 33 anni. Per assistere la figlia Luciana che si era fatta tanto male ad un braccino, Agostino aveva dormito in una casa della località il Papa anziché nel consueto rifugio. Sollecitato da una sorella, accorsa da lui verso le ore 4,30, Agostino si diresse di corsa verso il Padule. Incrociò una pattuglia tedesca. Venne ucciso, derubato, gettato in una fossetta e ricoperto con alcuni covoni di grano. Il suo cadavere venne recuperato alle ore 10,30 da Nella Catastini e da Lina Bagnoli.
Alle ore 4,50 venne falciata da una raffica di mitragliatrice nel cortile della Tabaccaia, in località Anchione, la diciassettenne ALESSANDRA SETTEPASSI, la “padroncina”.
Alessandra, fiorentina, trascorreva le vacanze estive nella sua Villa Crocialoni, in prossimità della località Dreoli. La Settepassi si era trasferita con il padre e la famiglia Malfatti alla Tabaccaia perché nella Villa Crocialoni si era insediato un Comando tedesco.
Alle ore 5 si scatenò sul Padule l’ inferno: cannoni, mitragliatrici, carrarmati vomitarono migliaia di proiettili fino alle ore 12.
Preoccupato per la sorte del figlio Dante di 28 anni, del nipote Quinto Guidi di 19 anni e dello sfollato Enos Cerrini di 21 anni che erano andati a dormire in un capanno in Padule, GIUSEPPE GUIDI, detto il Pescio, 50 anni, verso le ore 6 lasciò la sua casa a Poggio Pieracci e scese giù verso il Padule per raggiungere il capanno dei tre giovani e metterli in salvo. Giunto sulla gronda, venne falciato da una raffica di mitra. Cadde sul bordo della viottola della gronda e vi rimase fino alle 19, l’ora in cui venne recuperato da Betto (Benedetto Guelfi).
I tre giovani, Dante, Quinto ed Enos, terrorizzati da quella infernale pioggia di proiettili, verso le ore 9 uscirono dal Padule e si arresero ad una pattuglia tedesca di passaggio.
I tre furono accompagnati sull’aia della casa Spinelli dove vennero processati e condannati a morte per l’intervento di un ufficiale delle SS di stanza, temporanea, a Villa Lapi (oggi Villa Arrigoni).
DANTE e QUINTO GUIDI ed ENOS CERRINI furono avviati verso la radura della grande vettrice. Qui giunti, vennero mitragliati alle spalle. Enos Cerrini, rimasto illeso, riuscì a dileguarsi fra il sarello e ad immergersi nel canale. Se vi fosse rimasto, si sarebbe salvato. E invece attraversò il canale e si inerpicò sull’argine per eclissarsi poi dietro il medesimo. Lo videro i tedeschi da una postazione di mitragliatrici sistemata sulle Piagge. Gli spararono e lo colpirono alla nuca: mancavano pochi minuti alle ore 10. Scivolò nell’acqua e vi rimase fino all’indomani mattina alle 11,30, l’ora in cui la sua salma venne recuperata da Guido Spinelli e da Benedetto Guelfi.
I corpi di Dante Guidi e di Quinto Guido vennero recuperati quel giorno medesimo alle ore 20 da Marchino, fratello di Quinto e cugino di Dante.
Il giorno 24 agosto le salme dei sette martiri massigiani vennero inumate: Dante, Quinto, Enos, Agostino, Beppe e Angiolo nel cimitero di Massarella; Alessandra Settepassi nella cappella privata di Villa Crocialoni.
1944 – Fine della guerra a Fucecchio
- La notte del 31 agosto 1944 i tedeschi abbandonarono per sempre Fucecchio e tutte le loro postazioni sulla riva destra dell’Arno.
- La mattina del 1° settembre 1944 gli angloamericani attraversarono l’Arno in prossimità di Castelfranco e ci liberarono.
- Il 2 settembre quasi tutti gli sfollati rientrarono a Fucecchio.
Il paese era irriconoscibile. Le cannonate avevano lesionato quasi tutte le case. Le strade erano ingombre di macerie. Fucecchio sembrava un paese fantasma.
La conta delle vittime civili fu sorprendente: erano 133.
Pochi giorni dopo il rientro degli sfollati scoppiò un’epidemia di TIFO. Altre persone - non si sa quante - morirono.
- Il 5 ottobre 1944 il sindaco Cecconi Angiolo trasmise alla questura di Firenze un rapporto nel quale elencò i saccheggi, operati anche da alcuni sciacalli fucecchiesi, le razzie, le distruzioni, gli assassinii, e le deportazioni che si verificarono dal luglio al settembre del 1944. (vedi Bollettino Storico Culturale N. 9 pagg. 34 e 35)
Fra le distruzioni segnaliamo:
- molti capannoni della SAFFA
- 20 case del capoluogo demolite con mine dai tedeschi
- 22 case nelle frazioni demolite con mine
- le chiese di S. Pierino e Torre
- le condutture elettriche, le linee telefoniche e telegrafiche
- l’acquedotto e i mulini
- i ponticelli e molti tratti di strade
Tutti i servizi pubblici erano paralizzati. Mancavano generi alimentari, acqua, medicinali e combustibili.
L’epidemia di tifo rendeva ancor più drammatica la situazione della popolazione fucecchiese.