1921 - Partito Nazionale Fascista: nascita della sezione locale
Il 30 marzo 1921 venne fondata anche a Fucecchio una sezione del Partito Nazionale Fascista. La sua prima sede era posta in via Dante.
Alle sezione locale di Fucecchio aderirono agrari, professionisti, commercianti, titolari di esercizi di vendita e alcuni elementi del sottoproletariato.
Gli iscritti al PNF di Fucecchio, inorgogliti dal successo elettorale riportato in aprile in occasione delle Elezioni Politiche Nazionali (1712 voti fascisti contro i 1070 dei socialisti e i 44 dei comunisti), organizzarono le squadracce punitive comandate dai fratelli Mori di Gavena. Le armi predilette delle squadracce erano il bastone e l’olio di ricino.
Gli episodi di violenza di cui le squadracce fasciste si resero protagoniste sia a Fucecchio sia nei comuni vicini sono innumerevoli. Questi gli episodi più significativi riportati da Riccardo Cardellicchio nel suo libro LO CHIAMAVANO LITTORIO.
1- Bruno Masani, incolpato di avere strappato la coccarda tricolore dal petto di due ragazze, venne selvaggiamente bastonato nel bar di Argene. Il Masani andò a denunciare i due bastonatori: Adriano Mori e Giovanni Filippi. L’uomo pestato nel bar di Argene fu convocato alla Casa del Fascio. Il Micheletti lo minacciò: - O ritiri la denuncia o finirai affogato nel pozzo nero. Il Masani ritirò la denuncia.
2- Tutti i fondatori del PCI locale vennero bastonati e poi purgati con l’olio di ricino.
3- Tutti gli arredi della casa di Angiolo Cecconi, l’ex sindaco socialista, vennero venduti all’asta, in piazza, di mercoledì.
4- Olinto del Gronchio dovette dar l’addio alla attività sindacale.
5- Alla moglie di Paolo Benvenuti venne spezzato un braccio.
6- Alcune operaie della SAFFA sospettate di nutrire simpatie per i partiti di sinistra vennero cacciate dalla fabbrica a suon di bastonate.
7- La nonna e il nonno di Spartaco Pascucci furono selvaggiamente bastonati di notte nella loro abitazione. La nonna ebbe due costole incrinate e sette punti in testa; il nonno dovette essere ricoverato in ospedale dove rimase per un mese.
8- A Emilio Sabatini, l’11 maggio 1921, fu ingiunto di non vendere più l’AVANTI, il giornale dei socialisti.
I segretari del PNF di Fucecchio a partire dagli anni Venti: Adriano Mori, Umberto Medici, Ricciardo Ricciardi Pollini (che negli anni 1935-1940 diventò segretario provinciale del PNF), Mario Pini, Mario Guasqui, Mario Lotti (ingegnere).
1922 - Marcia su Roma
Anche un manipolo di fascisti fucecchiesi volle prendere parte alla Marcia su Roma prevista per il 28 ottobre 1922.
Partirono di notte, sopra un camion guidato da Pietro Mannini. Pietro li accompagnò alla stazione ferroviaria di Empoli.
Su di un vagone in sosta scrissero, con il gesso, FUCECCHIO. Era il 27 ottobre.
L’indomani giunsero a Roma e presero parte alla Marcia, pacifica, dato che Re Vittorio Emanuele III impedì al capo del Governo, Facta, di proclamare lo stato di assedio.
Facta si dimise. Ed il Re, seduta stante, conferì a Mussolini che si trovava a Milano l’incarico di formare il nuovo Governo.
Mussolini raggiunse Roma in treno. Ad attenderlo alla stazione c’erano anche i fascisti fucecchiesi.
E proprio sulla spalla di un fascista fucecchiese Mussolini assestò una pacca di compiacimento.
Qualche anno dopo, negli anni’30, a tutti coloro che avevano preso parte alla Marcia su Roma venne assegnato un premio di mille lire.
Nel 1945, dopo la fine della guerra, gli squadristi fucecchiesi dovettero restituire alla sezione locale del P.C.I. le famose mille lire di premio.
1922 - Monumento ai Caduti
Il 25 giugno 1922, quarto anniversario della Controffensiva Italiana del Piave del 1918, si svolse a Fucecchio, nell’attuale piazza Vittorio Veneto, la cerimonia dello scoprimento del Monumento ai Caduti fucecchiesi della Prima Guerra Mondiale.
Via Lamarmora, piazza Niccolini, Borgo Valori e piazza Vittorio Veneto vennero addobbate con decorazioni bellissime.
La delegazione degli invitati presieduta da Sua Altezza Reale Ferdinando di Savoia, Principe di Udine, venne ricevuta in pompa magna in municipio.
Qui, il Presidente del Comitato Fucecchiese per il Monumento ai Caduti costituitosi nel 1919, il ragioniere Giuseppe Taddei, consegnò l’atto di donazione del monumento al Comune di Fucecchio rappresentato dall’avvocato Alberto Doddoli, Commissario prefettizio dal 2 aprile 1921.
Dopo questo atto di donazione, la delegazione degli invitati e le autorità comunali, precedute dalla Filarmonica locale, si portarono in corteo in piazza Vittorio Veneto dove erano schierate le rappresentanze di tutte le Armi dell’Esercito Italiano.
La delegazione prese posto sul palco d’onore innalzato davanti alla Pretura (Liceo Scientifico), sul lato destro, quello che fa angolo con via del Cassero.
Oltre al Principe di Udine, facevano parte della delegazione Ferdinando Martini ex Ministro della Pubblica Istruzione e Carlo Delcroix, il grande invalido di guerra, cieco e monco, che dopo lo scoprimento del monumento pronunciò il discorso ufficiale.
Il monumento, opera dello scultore fiorentino Augusto Miniati, allievo del professor Raffaello Romanelli autore di “Caalibri”, suscitò in tutti i presenti una grande ammirazione.
Il monumento è costituito da un obelisco di travertino di Rapolano alto oltre 6 metri.
Sulla parte anteriore dell’obelisco un nudo bronzeo rappresenta un guerriero che, colpito a morte, cade riverso e nello spasimo dell’agonia si comprime con la mano sinistra la ferita mortale, mentre il braccio destro non ha più la forza di sorreggere la daga che gli sfugge dalla mano.
Una Vittoria alata, essa pure di bronzo e al di sopra della figura del guerriero, sta a significare la visione della vittoria che passa rapida davanti agli occhi del morente.
Nella parte posteriore, alla base dell’obelisco, vi è lo stemma del Comune contornato da un serto di quercia e di alloro, in bronzo.
Sugli altri tre lati dell’obelisco sono incisi i nomi dei gloriosi caduti.
Dopo il discorso ufficiale di Carlo Delcroix ed il conferimento di una onoreficenza al grande invalido fucecchiese Giuseppe Mariotti, l’arciprete Masini celebrò una Messa di suffragio sul sagrato della Collegiata.
A conclusione della cerimonia venne offerto un pranzo a tutte le vedove e a tutti gli orfani dei caduti.
1923 - Violenze fasciste nella frazione di Torre
Le vittime della violenza fascista nella frazione di Torre furono Giuseppe Valori e Duilio Bonari.
Racconta Giuseppe Valori:
Nel 1923, avevo 19 anni, mi fu consegnata una lettera nella quale mi si invitava a presentarmi alle ore 9 di sera alla sede del Fascio (Partito Nazionale Fascista) di Torre.
Giunto ad un certo punto, il più solitario e il più buio della strada, mi trovai d’un tratto circondato da quattro individui che mi fu possibile riconoscere (avevo un lanterna accesa) in certi Nacci, Bagnoli, Settembri e Masotti.
Appena mi accorsi di loro, previdi quello che mi sarebbe accaduto. Infatti, appena fui loro vicino, uno mi colpì alla mano destra con una bastonata. Fortunatamente mi spostai rapidamente e, rimasto al buio per lo spegnimento della lanterna, mi detti alla fuga. Mentre fuggivo sentii sparare alcuni colpi di pistola. Per tutta la notte e per tutto il giorno dopo fui costretto a starmene lontano da casa.
La paura di quella notte procurò al Valori delle febbri che lo tennero a letto per tre mesi.
Duilio Bonari racconta:
Una volta i fascisti mi circondarono e mi ordinarono di sverniciare la bicicletta che era di colore rosso.
Un’altra volta minacciarono di bruciare la casa di mio padre se mi fossi rifiutato di prendere la tessera del Fascio. Al mio NO, mi assalirono e mi portarono via il fucile da caccia.
Un’altra volta ancora, nel 1923, venni circondato da una quindicina di giovani camicie nere armate di bastoni.
Il Bonari li affrontò con la falce e li mise in fuga. Rimasto senza lavoro, dovette emigrare a Torino.
1923 - Consiglio Comunale tutto di destra
Il 4 aprile 1923, dopo due anni di Commissariato prefettizio, venne insediato il nuovo Consiglio Comunale formato esclusivamente da fascisti, nazionalisti, liberali di destra, monarchici e clerico-moderati.
Ricoprì la carica di sindaco Piero Bassi, figlio dell’ex sindaco Emilio.
Accanto agli squadristi Adriano Banti Mori, Mario Pini e Lorenzo Bini finirono:
I monarchici Fernando Bardzky Matteoli, Tommaso Ricciardi Pollini, il marchese Filippo Corsini Il nuovo sindaco sarà Piero Bassi, figlio di Emilio;
I liberali di destra come Giuseppe Montanelli, Piero Bassi, Manfredo Tognetti;
Nazionalisti come Vittorio Boari, Guido Galeotti, Odoardo Baldacci.
Anche la riconquista del tessuto associazionistico avvenne all’insegna della restaurazione e della fascistizzazione.
La vecchia consorteria, in connubio con il PNF si riappropriò dell’Ospedale, del ricovero di Mendicità Umberto I, della Congregazione di Carità, della Regia Opera Pia Landini Marchiani.
Piero Bassi, all’atto dell’insediamento di questo nuovo Consiglio Comunale, non illustrò il suo programma, ma si limitò a sottoporre all’approvazione dei consiglieri riuniti i testi di due telegrammi: uno per il re e l’altro per Benito Mussolini, capo del Governo e segretario del Partito Nazionale Fascista.
Questo il testo del telegramma inviato a S. E. Benito Mussolini:
Da quest’aula che seppe la rossa tirannide dei servi di Lenin, nella luce gloriosa della rinnovata Patria, il Consiglio Comunale, nella sua prima adunanza, plaudendo, manda a Voi, Duce magnifico, l’Evviva della redenta Fucecchio.
Le riunioni del Consiglio Comunale avvenivano raramente. Sembrava addirittura che i temi più scottanti fossero i testi di plauso da trasmettere al dittatore Benito Mussolini.
In una delle rare riunioni, infatti, il consigliere Giuseppe Montanelli, fascista e farmacista, propose di conferire a Benito Mussolini la cittadinanza onoraria del nostro comune. Il Consiglio Comunale accolse sia la proposta sia il testo stilato dal medesimo Montanelli che venne poi trascritto su di una lapide collocata a perpetua memoria nella sala delle riunioni consiliari. Ecco il testo:
IL CONSIGLIO COMUNALE, GRATO E RICONOSCENTE A S. E. BENITO MUSSOLINI, CAPO BENEMERITO DEL GOVERNO NAZIONALE E DUCE INVITTO DEL FASCISMO CHE, DOPO AVER DATO MIRABILE PROVA DI ARDIMENTO E DI VALORE SUI CAMPI DI BATTAGLIA, CONDUCE L’ITALIA AI FASTI RADIOSI DELLA GRANDEZZA E DELLA GLORIA DELL’ANTICA ROMA, AD UNANIMITA’ E PER ACCLAMAZIONE DELIBERA DI CONFERIRE A BENITO MUSSOLINI LA CITTADINANZA ONORARIA DI QUESTO COMUNE.
1922-1943 - Periodo fascista
Gli unici due fiori all’occhiello di questo lungo periodo furono la realizzazione del campo sportivo, lo Stadio Filippo Corsini (1927) e l’acquedotto nel capoluogo (1938).
L’obiettivo fondamentale dei dirigenti del PNF fu la fascistizzazione dei gruppi organizzati e della intera popolazione.
Il metodo seguito fu abbastanza semplice.
I gruppi organizzati vennero prima tutelati e poi gestiti direttamente dai dirigenti locali del Partito Nazionale Fascista. Non sfuggirono a questa strategia i sindacati degli agricoltori e dei commercianti (gli unici che non fossero stati soppressi dallo Stato fascista). e neppure le cooperative di produzione e lavoro. Non suscito eccessivo interesse la cooperativa di consumo presente nel nostro capoluogo.
Per la fascistizzazione dei vari strati sociali della popolazione fu seguita la strategia del consenso, suscitando simpatia, entusiasmo nei confronti del regime.
Come? Rispolverando le tradizioni a cui il popolo era particolarmente affezionato ed inventando nuove manifestazioni o feste che avrebbero prodotto occasioni di incontro, punto di partenza indispensabile per promuovere la fascistizzazione delle masse.
Vennero rispolverate: la festa di Montellori, il Fierone suddiviso in tre giornate, la festa del Poggetto con il Volo del Dottore.
Se ne inventarono di nuove:
La Befana fascista nel corso della quale venivano offerti pacchi dono a quasi tutti i bambini-bambine di Fucecchio;
La Festa dell’uva che si fece coincidere con la festa del Patrono S. Candido che si trasformò in una manifestazione folcloristica di notevole prestigio;
Le giornate dell’albero e del fiore.
Dopo la Conciliazione fra Stato e Chiesa (11 febbraio 1929) i dirigenti fascisti per promuovere maggiormente l’embrassons nous con la chiesa si adoperarono in tutte le maniere per solennizzare al massimo le festività religiose.
Il clero locale (quello del capoluogo e delle frazioni) si schierò toto corde al fianco del regime fascista.
Il clero esaltava il capo del fascismo e glorificava le imprese dell’esercito italiano e quelle degli squadristi in terra di Spagna.
Per spegnere le voci del dissenso il regime fascista soppresse la libertà di stampa e di sciopero (1926 ), tutti i partiti politici (1926) e quelle associazioni (1926-1928) – scout e Pubblica Assistenza - che rappresentavano delle mine vaganti.
Un’altra fonte di aggregazione poteva essere costituita da una buona ed efficiente organizzazione delle attività sportive. La gestione fascista dello sport fu disastrosa. Soltanto la SAFFA (fabbrica dei fiammiferi), riuscì a calamitare l’interesse dei fucecchiesi vincendo un campionato di calcio che le valse la promozione in seri. La Saffa organizzò anche un Dopolavoro che riscosse il consenso delle 600 maestranze presenti nello stabilimento di via Dante.
Gli oppositori del regime
Nonostante lo stato di povertà della maggior parte della popolazione e nonostante la ciclica disoccupazione che colpiva soprattutto i calzolai, la maggior parte della popolazione, incoraggiata anche dal benedicente clero locale, non mostrò mai, fino all’anno 1942, segni di insofferenza nei riguardi del regime fascista.
Gli oppositori del regime non superarono mai la ventina di unità. Nel 1936 alcuni di essi (Astutillo Banti, Alfonso Botrini, Galileo Lotti, Gino Pascucci e Guglielmo Sgherri) costituirono nel 1936 una cellula comunista clandestina. Coadiuvati dagli “anziani” Giovan Sante Lotti, Bruno Masani, Marino Riccioni e Giovanni Cambi, stabilirono contatti con i “compagni” di S. Miniato, Santa Croce, Empoli, Pisa e Firenze. Essi diffondevano la stampa e soprattutto raccoglievano fondi per foraggiare i comunisti combattenti nella guerra civile in Spagna.
Nel 1937 venne arrestato e condannato a due di confino il venditore ambulante Calvino Del Gronchio che, pur non facendo parte della clandestina cellula comunista, svolgeva attività sovversiva nei confronti del regime fascista.
Calvino rimase al confino fino all’8 settembre 1943. Uscito, si unì ad una banda di partigiani, venne catturato dai tedeschi e deportato in un campo di concentramento.
Liberato dagli americani venne ricoverato fino al 1947 in una clinica psichiatrica. Ritornò a Fucecchio ma ne ripartì subito.
Nel luglio del 1938 l’OVRA (polizia politica fascista) arrestò tutti i membri della cellula comunista formatasi nel 1936.
Il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato in data 29 aprile 1939, con sentenza n. 32, erogava le seguenti pene:
- 5 anni ad Alfonso Brotini;
- 3 anni a Galileo Lotti;
- 7 anni ad Astutillo Banti;
- 4 anni a Guglielmo Sgherri.
Ma la lotta clandestina dei comunisti non si esaurì. Ne rendono testimonianza le condanne inflitte ad altri Fucecchiesi dal Tribunale Speciale.
Il 14 maggio 1940 venne inviato al confino per 3 anni il calzolaio Giuseppe Soldaini;
Il 21 settembre 1940 venne ammonito il sarto Galliano Pagni;
Il 14 maggio 1941 venne condannato a 3 anni di confino il rappresentante Luigi Sordi.
Il 29 giugno 1944, giorno dell’incontro del confinato Mario Corona, sardo, con Astutillo Banti che per qualche tempo avevano condiviso nel 1942 il carcere di Saluzzo, segnerà la fine reale, per i nostri antifascisti carcerati nel luglio del 1938, del periodo fascista.
1924 - Circolo ricreativo dei signori di Piazza Montanelli
Il Circolo dei Signori, secondo la testimonianza di Leandra Briganti, nei primi due decenni di questo XX secolo si trovava in Via Donateschi nel Palazzo dell’Opera Pia Landini Marchiani.
Negli anni ‘20 i signori si trasferirono nei locali del Teatro Pacini dove da oltre mezzo secolo esisteva il Circolo dell’Accademia dei Fecondi Ravvivati.
Nel 1921 il Circolo dei Fecondi Ravvivati venne intitolato a Gustavo Mariani, il fascista fiorentino ucciso a Fucecchio in Corso Matteotti il 4 marzo 1921.
Le Costituzioni dei Fecondi Ravvivati non riscuotevano il consenso di alcuni signori locali.
Proprio questi ricchi dissidenti, nel 1924, costituirono una Società per Azioni con lo scopo di dar vita ad un Circolo Ricreativo di loro gradimento.
Il Circolo venne costruito sopra i magazzini dei fratelli Mori, in piazza Montanelli. Sul retro del fabbricato venne allestito un campo sportivo per le partite di tennis, di pallacanestro e di palla a volo.
Il Circolo dei Signori, cosi veniva chiamato il Circolo Ricreativo S.p.A., rimase in vita fino al 1944.
Dal 1945 al 1954 diventò, di fatto, il Circolo Ricreativo dei socialcomunisti.
Nel settembre del 1954 i socialcomunisti vennero sfrattati per mezzo delle forze dell’ordine e dal fabbricato dell’ex Circolo dei signori e dall’adiacente edificio della ex Casa del Fascio preventivamente destinati a Caserma e ad abitazione dei carabinieri.
1924 - Ulivelli suor Teresa miracolata
Nel 1924 c’era nel nostro monastero di S. Salvatore una suora conversa, addetta cioè ai servizi, che si chiamava Teresa Ulivelli.
Da cinque anni essa aveva un tumore della grossezza della testa di un feto all’altezza mediana del ventre, sulla parte destra. Il tumore, duro alla palpazione, le dava periodicamente dolori acuti e febbri alte. Consigliata più volte di sottoporsi ad intervento chirurgico, si era rifiutata recisamente.
Verso la fine del mese di agosto del 1924 le condizioni di salute di suor Teresa peggiorano al punto da farne prevedere prossima la fine.
Fu allora che il suo padre confessore inviò all’inferma una reliquia del Beato Teofilo e la raccomandazione di recitare in suo onore una novena per impetrarne l’intercessione ed ottenne così la grazia o il miracolo della guarigione.
Nel corso della Novena suor Teresa tenne applicata sul tumore la reliquia di S. Teofilo; ma le sue condizioni si aggravarono ulteriormente: la temperatura, accompagnata da vomito, era salita a 40°.
L’ultimo giorno della Novena i dolori al ventre cessarono e la temperatura scese a 36°. Il tumore, però, era sempre, immutato, al suo posto. Libera ormai dai dolori lancinanti e dalla febbre, quella notte suor Teresa poté dormire beatamente fino all’alba. La mattina, era l’8 settembre, suor Teresa si sentiva benissimo. Si alzò e, nel vestirsi, si accorse che il grosso tumore era sparito. Piena di gioia e traboccante di energia si mise a fare il pane mentre le consorelle erano in coro a pregare. Quando rientrarono in cucina per la colazione rimasero esterrefatte nel vedere suor Teresa, fino alla sera precedente moribonda, in così perfetto stato di salute.
Il miracolo apparve in tutta sua grandezza quando il medico dott. Anghinelli constatò che il cistoma era scomparso senza lasciar traccia di sé.
Fu questo il primo dei due miracoli che fecero salire il già Beato Teofilo da Corte sull’altare della Santità.
Dal 1925 al 1943 il Regno d’Italia subì la pesante Dittatura Fascista. Questi furono i regali che vennero elargiti anche ai fucecchiesi:
- furono sciolte le Camere, i partiti, i sindacati e le associazioni
- fu abolita la libertà di stampa e di informazione
- venne prescritto l’indottrinamento fascista di tutti coloro che frequentavano le scuole di ogni ordine e grado
( il libro della Dottrina Fascista era prescrittivo per ogni scolaro)
- venimmo imbarcati in quattro avventure belliche che ci procurarono le SANZIONI della Società delle Nazioni (oggi ONU):
Guerra d’Etiopia (1935-1936)
Partecipazione alla guerra civile in Spagna (1936.1939)
Annessione coatta dell’Albania (1939)
Seconda guerra mondiale (1940-1945)
- dovemmo ingaggiare le fantomatiche battaglie del grano, dell’oro e del ferro per far fronte alle SANZIONI
- stringemmo alleanze con regimi tirannici
1925 – Soppressione della Pretura di Fucecchio
Nella primavera del 1925 Fucecchio venne raggiunto dall’ordinanza ministeriale che prescriveva la soppressione della Pretura e degli Uffici del Registro, delle Imposte e del Catasto.
La popolazione allibì. L’Amministrazione Comunale non si allertò per tentare il ripristino degli uffici soppressi. Gli assessori Boari e Manetti vennero apertamente accusati di connivenza con il Governo di Roma per interessi personali.
I due assessori rassegnarono le dimissioni che, però, vennero respinte.
Anche nella riunione consiliare del 10 maggio 1925 furono respinte le dimissioni ripresentate dai due assessori.
Nella riunione del 10 giugno 1925 si dimisero tutti i membri della giunta, sindaco compreso. Questa volta il Consiglio Comunale non le respinse.
Al sindaco Piero Bassi subentrò Giuseppe Montanelli, titolare di una farmacia e perciò impossibilitato a ricoprire la carica di sindaco. Il Montanelli dovette accontentarsi della qualifica di “facente funzione”.
Per quietare le polemiche sulla soppressione della Pretura e degli altri Uffici, il Montanelli andò a Firenze dal capo del fascismo toscano, Giovanni Marchi. Lo mise al corrente del malumore della popolazione, della crisi in comune e della sua intenzione di recarsi a Roma e di inoltrare una protesta.
Il Marchi lo dissuase e scrisse, in sua presenza, una lettera che il Montanelli avrebbe dovuto leggere in Consiglio Comunale. Questo il testo:
“ In merito a quanto mi ha comunicato circa la situazione creatasi a Fucecchio dopo la nuova sistemazione amministrativa della Toscana, debbo francamente sconsigliare di recarsi a Roma, anche perché questi sono gli ordini del partito. Contemporaneamente le assicuro che ho già avuto un colloquio col prefetto perché Fucecchio non venga diminuito della sua qualità di centro del Mandamento, il quale, anche per necessità amministrative, dovrà essere ricostituito. La prego di raccomandare ai suoi amministrati che solo rimanendo disciplinati ed ubbidienti sarà facilitato il mio compito nell’interesse della patriottica cittadina.
E la patriottica cittadina rimase e rimarrà per sempre orfana di Pretura e degli altri Uffici.
1926 - Giochi crudeli fascisti
Nel 1926 i fascisti erano padroni assoluti dell’Italia.
I fascisti locali si esibivano in giochi di una crudeltà inimmaginabile.
Dal loro repertorio ne estrapoliamo tre fra i più significativi.
- Molte volte , di notte, sporcavano con scritte ingiuriose la lapide di Gustavo Mariani, un fascista ucciso, forse dai “rossi,” in Corso Matteotti.
Il giorno dopo ne incolpavano i socialcomunisti Giuseppe Cambi, Olinto del Gronchio, Lotti Giovan Sante, i Moriani, i Tagliagambe che venivano picchiati a sangue e che venivano costretti a bere bicchieroni pieni di olio di ricino. Prima si fingevano arrabbiati - i fascisti- e poi se la ridevano come matti.
- Su di un personaggio apolitico, però, sfogavano tutta l’inventiva della loro crudeltà: Agostino Banti, meglio conosciuto come il Sor Agostino o come Lo zoppo del Bianchini. I fascisti, divertiti, lo infilavano in un sacco, ve lo chiudevano e dalle spallette del ponte lo calavano con una fune nelle acque dell’Arno lasciandovelo in ammollo per alcuni minuti. Poi lo ritiravano sù sganasciandosi dalle risate.
- Quando i fascisti locali non se la sentivano di durare tanta fatica, prelevavano Lo zoppo del Bianchini da un angolo della strada dove andava ad accattare, lo portavano in piazza La Vergine, lo accompagnavano in prossimità della vasca e ...ve lo gettavano dentro sbellicandosi dalle risate. E pensare che Agostino Banti era stato nel primo decennio del secolo il fucecchiese più ricco!
1927 - Manicomio (reparto di psichiatria)
Il reparto di psichiatria, volgarmente chiamato manicomio,venne istituito presso il nostro ospedale, quale sezione distaccata dell’Ospedale Provinciale Psichiatrico di Firenze, nel 1927.
Il reparto venne realizzato nel fabbricato che si trova alla sinistra del nostro ospedale.
Questo fabbricato, staccato da quello dell’ospedale, fu poi ad esso congiunto per consentire alle suore in servizio presso il nostro nosocomio, di accedervi senza dover uscire all’aperto.
La punta massima di degenti toccò quota 130, tutte donne, che i fucecchiesi chiamavano “le tranquille”.
La presenza delle “tranquille” costituì una costante voce di entrata a favore del Consiglio di Amministrazione del nostro ospedale per le “rette” che ci venivano corrisposte dalla Provincia.
Il reparto psichiatrico femminile ci procurò inoltre dei preziosi posti di lavoro riservati soprattutto agli infermieri e alle lavandaie.
Le degenti vivevano in stato di prigionia: stavano sempre rinchiuse nei loro stanzoni e potevano prendere aria in una terrazza scoperta e recintata da una rete metallica molto alta. Indossavano una specie di divisa. Raramente ricevevano visite dai loro congiunti.
Il manicomio venne chiuso il 12 ottobre 1967.
Quattro anni dopo, in una sezione del fabbricato vi venne realizzato un reparto di Pediatria.
1927 - Stadio comunale Filippo Corsini
Il primo stadio per le partite di calcio e per le corse dei cavalli era stato realizzato nella prima decade del presente secolo nel Piazzale, la Piazza XX Settembre.
Nel 1923 i dirigenti della squadra di calcio cominciarono ad affrontare il problema di uno stadio più consono alle attività sportive (atletica, ippica, calcio e ciclismo) che si praticavano a Fucecchio. Vennero prese in esame le possibili aree idonee all’impianto di un campo sportivo polivalente. Vennero scartate le aree delle”Buche” e quella dove oggi si trova Via Pacchi.
Un’area ideale venne individuata nella zona posta tra Piazza XX Settembre e la Ferruzza: quella dove poi è stato realizzato l’attuale stadio. Ma il Principe Corsini che ne era il proprietario non voleva cederla. Il Corsini ci avrebbe ceduto volentieri la zona dove attualmente è sorto il quartiere residenziale chiamato La Banana.
I dirigenti sportivi dovevano anche superare l’ostacolo rappresentato dall’amministrazione comunale decisamente contraria a spostare dal Piazzale l’impianto sportivo. I nostri superarono l’ostacolo riuscendo a far eleggere in consiglio comunale due partigiani della loro tesi. Ma come superare l’ostacolo Principe Corsini?
Quando nel 1926 morì il duca Filippo Corsini, la società sportiva in blocco,tutti i calciatori e numerosissimi tifosi si portarono a Firenze per prender parte alle esequie funebri del defunto duca Filippo. Questa presenza massiccia di sportivi fucecchiesi fece colpo sul Principe Corsini che, di lì a poco tempo, in cambio di 4 azioni da 500 lire,ci cedette l’area tanto desiderata e nella quale venne realizzato lo stadio.
Nel maggio 1927 avvenne l’inaugurazione del nuovo stadio alla presenza della Principessa Giovanna di Savoia. La cerimonia, solenne, richiamò il pubblico delle grandi occasioni.
Il nuovo stadio, veramente imponente, venne intitolato a Filippo Corsini. Era tutto cintato di tavole e disponeva di tribune in legno dalla parte della Ferruzza. In mezzo alla pista per la corse dei cavalli e delle biciclette faceva spicco un magico rettangolo verde per le partite di calcio.
Il primo atto del Consiglio della Vigor fu l’organizzazione di corse al galoppo. Venne stampato un libretto con il programma delle gare che si sarebbero svolte domenica 26 giugno 1927, mercoledì 29 giugno 1927 e domenica 3 luglio 1927. I premi ammontarono a 12.000 lire e furono intitolati alla Principessa Giovanna di Savoia, a Carlo Landini Marchiani, al Podestà di Fucecchio, all’on. Lando Ferretti, all’on. Martelli, a don Tommaso Corsini e alla Società Vigor. Alla manifestazione ippica presero parte moltissimi fucecchiesi ed anche numerosi abitanti dei comuni vicini.
Il Comitato Direttivo che organizzò quella prima spettacolare manifestazione era costituito dal Presidente Alfredo Conti, dal Vicepresidente Dino Taviani e dal Segretario Mario Guasqui.
1927 - Comincia l’era dei Podestà che subentrano ai sindaci. (24 marzo 1927)
Primo Podestà di Fucecchio sarà Alfredo Conti, nominato dal Prefetto. Resterà in carica fino al 30 maggio 1928. Il ragionier Antonio Conti aveva ricoperto incarichi sia nella società sportiva Vigor che nel Sindacato fascista.
A questo Podestà subentrò nel giugno 1928 il Commissario Prefettizio Pietro Spinosi.
Nel maggio 1929 venne nominato Podestà l’avvocato Vittorio Boari.
Nell’ottobre del 1930 gli subentrò il Commissario prefettizio Amedeo Giorgi.
Nell’ottobre del 1931 venne nominato Podestà Mario Pini.
Nell’agosto del 1933 gli subentrò il commissario prefettizio Eraldo Galeotti.
Nel giugno del 1935 venne eletto Podestà Guidobaldo Pianetti.
Nel gennaio del 1938 gli subentro il Commissario prefettizio Carlo Montanelli che divenne poi Podestà.
Nel gennaio 1944 gli subentrò il Commissario prefettizio Ceciliano Riccioni
1927-1928 - Conti Alfredo, podestà miracoloso
Il 24 maggio 1927, il sig. Alfredo Conti venne nominato podestà (sindaco) di Fucecchio dal Prefetto di Firenze.
Per Fucecchio fu una vera fortuna.
Il problema endemico di Fucecchio era sempre stato la disoccupazione.
La SAFFA, è vero, dava lavoro a mezzo migliaio di operai, ma ne rimanevano altrettanti a casa senza lavoro.
Alfredo Conti, grazie al suo solerte impegno, ottenne l’apertura di una fabbrica di carte da gioco, la VINDOBONA, la terza per importanza in Europa.
I macchinari di questa fabbrica vennero installati al primo piano del fabbricato, posto in via Cesare Battisti, che nel dopoguerra venne adibito a Consorzio Agrario.
Al piano terra vi era il calzaturificio Bellacci che dava lavoro ad un centinaio di calzolai.
E per questo calzaturificio, il podestà Alfredo Conti ottenne una commessa di 32.000 paia di scarpe militari.
Il calzaturificio era stato costruito nel 1919 da un socialista di Pescia, amico di Angiolo Cecconi. Nel 1920 il calzaturificio venne acquistato dal napoletano Limatola Giovanni che portò a Fucecchio, in veste di direttore, Giovanni Sasso, padre di quel Michele che per molti anni , nel secondo dopoguerra, è stato consigliere comunale per conto del Partito Socialdemocratico. Nel 1925 il calzaturificio venne acquistato dal fiorentino Bellacci che lo gestì fino al 1936.
Il podestà Alfredo Conti non affrontò soltanto il problema della disoccupazione. Appena seppe che i Fucecchiesi avevano una predilezione particolare per la lirica, favorì l’esecuzione di spettacoli lirici con sostanziosi contributi finanziari.
Il dinamico podestà istituì a Fucecchio anche una Sezione dell’Opera Nazionale del Dopolavoro che ridette vita alla Banda e all’U. S. Vigor.
Avrebbe voluto demolire anche il vecchio teatro Pacini, ma incontrò la forte opposizione dei Fecondi Ravvivati che ne erano i proprietari.
Il mandato di Alfredo Conti ebbe termine il 3O maggio 1928.
1927 - Premio Bagutta
La prima edizione del premio letterario Bagutta si svolse a Milano il 14 gennaio 1927, giorno di compleanno del titolare del ristorante Bagutta, Alberto Pepori.
Il primo vincitore del premio Bagutta fu Gianbattista Angeletti.
Il titolare del ristorante Bagutta, Alberto Pepori, era un fucecchiese di Galleno.
Alberto Pepori emigrò in Lombardia nel 1910.
Dal 1910 al 1924 gestì una piccola trattoria a Como.
Nel 1924 aprì un’altra trattoria a Milano in Via Bagutta. Vi venivano a mangiare i conduttori di carrozze, i pensionati e gli impiegati delle assicurazioni.
Nel 1926 il ristorante ebbe fra i suoi clienti anche lo scrittore Riccardo Bacchelli che apprezzò moltissimo la cucina fucecchiese. Fu proprio Bacchelli che fece conoscere ed apprezzare il Bagutta a giornalisti, pittori e letterati di stanza a Milano come Orio Vergani, Mario Vellani Marchi, Gino Scarpa, Adolfo Fracci, Mario Alessandrini.
L’ 11 novembre 1926, giorno di S. Martino, gli 11 artisti del ristorante Bagutta decisero di organizzare un premio letterario, il Bagutta, cercando di racimolare la somma di cinquemila lire da destinarsi al vincitore. Pur ricorrendo a mille strattagemmi gli undici artisti riuscirono a racimolare soltanto 3.200 lire. La somma integrativa venne versata da Alberto Pepori.
Il premio, corrisposto negli anni successivi dal Ristorante Bagutta, andò in letargo nel 1937. Il Ministero della Cultura Fascista avrebbe voluto gestire il Premio in collaborazione con il Pepori. Il Pepori si rifiutò ed il Bagutto fu costretto a chiudere i battenti
Soltanto nel 1946, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e a conclusione dell’opera di ricostruzione della città, il Premio letterario Bagutta, ancor oggi molto ambito dagli scrittori, venne riportato in vita.
1928 - Sezione femminile del PNF: le segretarie
La sezione femminile del PNF fu costituita a Fucecchio nel 1928.
Reclutò le sue adepte soprattutto in mezzo alle maestre e alle professoresse della locale Scuola di Avviamento Professionale.
Le donne del PNF si occupavano principalmente della Befana fascista, delle colonie elioterapiche e dell’assistenza invernale.
Ricoprirono la carica di Fiduciarie:
- la professoressa Carrozza Papini;
- la signora Maria Urbani;
- la professoressa Emma Marradi.
Fra il 1932 e il 1933 furono costituiti i Fasci Femminili:
- a Ponte a Cappiano con segretaria la maestra Campigli;
- alla Torre con segretaria la maestra Negrilli;
- a Massarella con segretaria la maestra Favilla;
- a Galleno con segretaria la signora Cristiani.
1930 - Padre Teofilo da Corte (n 1676 m 1740) proclamato santo
Le guarigioni istantanee di suor Teresa Ulivelli del monastero di S. Salvatore di Fucecchio (7 settembre 1924) e di suor Matilde Pollacchi, portinaia del convento delle Visitandine di Massa e Cozzile della diocesi di Pescia (12 agosto 1926) misero in moto, a Roma, la procedura della Causa della Canonizzazione del nostro padre Teofilo da Corte.
Dopo il TUTO PROCEDI POSSE (6/4/1930) e il PLACET del 22 maggio 1930, il papa indisse la Canonizzazione del Beato Teofilo per il giorno 29 giugno 1930.
La cerimonia si svolse nella Basilica Vaticana. Nel grande tempio illuminato da 80.000 lampadine elettriche pendevano le due grandi tele dipinte dal professor Boa nelle quali erano rappresentati i due miracoli del Beato, lo stendardo processionale della sua Gloria e lo stendardo raffigurante S. Teofilo che sostiene amorevolmente un frate infermo su di un asinello. Entrambi gli stendardi erano stati dipinti da padre Samuele Puri OFM.
Alla loggia esterna pendevano la Gloria dei Martiri Camaldolesi,quella del Beato Roberto Bellarmino e, alla sinistra di quest’ultimo, quella del nostro Beato Teofilo.
Dalla cattedra il pontefice Pio XI pronunciò la famosa formula:
- Ad onore della SS. Trinità, per l’esaltazione della Religione Cattolica, con l’autorità di Gesù Cristo, dei SS Apostoli Pietro e Paolo e Nostra DECRETIAMO e DEFINIAMO che i Beati Giovanni e compagni martiri, Roberto Bellarmino, Teofilo da Corte sono SANTI e come tali li ascriviamo nel catalogo dei Santi.
Poi al pontefice furono presentate le offerte rituali. Le tortore e gli uccelli offerti per S. Teofilo, nell’atto di essere presentati in gabbie dorate al papa si misero a “cantare” giocondamente.
Alla cerimonia presenziarono molti fucecchiesi, fra cui il guardiano padre Carlo Catarsi, padre Candido Benvenuti, padre Vincenzo Checchi, l’arciprete don Giulio Frediani, il podestà Boari Antonio.
Il giorno dopo, il papa accordò un’udienza ai sacerdoti e ai laici della nostra diocesi. Tramite il cardinale Eugenio Pacelli, il pontefice fece pervenire al nostro vescovo Monsignor Ugo Giubbi, forzatamente assente per indisposizione, una lettera di ringraziamento per l’obolo di S. Pietro pari a 500 lire.
1930 - Padulani di Massarella
A Massarella, nel 1930, vivevano quattro categorie di contadini, oltre ai boscaioli:
- i mezzadri 26%
- i coltivatori diretti 23%
- i braccianti agricoli 13%
- i padulani 33%
I padulani vivevano generalmente lungo la gronda del Padule ed erano dislocati in Cavallaia, a Tacchio, a Poggio Pieracci e allo Stillo.
I padulani, oltre a coltivare il loro poderino poco più grande di mezzo ettaro, si dedicavano alla pesca, alla caccia e alla spattumatura.
Essi coltivavano gli ulivi, qualche vite, un po’ di saggina e ortaggi per uso familiare.
Dal 20 aprile fino alla fine di luglio si dedicavano alla pesca.
Nel mese di agosto si dedicavano alla spattumatura e cioè al taglio del sarello per conto terzi.
Alla fine di settembre ricominciavano a pescare e proseguivano in questa attività fino a dicembre.
La giornata del padulano pescatore iniziava alle 3 del mattino e si protraeva fino al tramonto. Erano contemplate due interruzioni: quella della prima colazione, alle ore 8 e quella del pranzo, alle ore 12. Alle 21,30 andavano a dormire.
L’inverno veniva dedicato alla caccia. I padulani, però, non cacciavano in proprio: accompagnavano le comitive di cacciatori forestieri a cacciare in Padule.
L’arrivo di queste comitive rappresentava per i padulani un evento molto gratificante: i cacciatori portavano soldi, liquori, notizie fresche, giornali e periodici, libri e soprattutto allegria.
Le abitazioni dei padulani erano veri e propri tuguri. Si componevano di una cucina e di una o due camere. Erano sprovviste di latrine.
Nell’aia vi erano sempre due capanne: una per gli attrezzi e una per gli animali da cortile. Contigui alla casupola vi erano il porcile, la stalla e la concimaia.
L’alimentazione dei padulani prevedeva tre pasti:
- la colazione: pane, un uovo o una mela e 1 bicchiere di vino annacquato;
- il pranzo: minestra o zuppa, pesce o salumi o erbaggi e 2 bicchieri di vino;
- la cena: o una frittata o un piatto di patate o una zuppa di pane e verdura o fagioli e 2 bicchieri di vino.
I padulani trascorrevano in Padule (da qui il nome padulani) anche la domenica volutamente dimentichi del precetto festivo.
1930 - La prima festa in onore di S. Teofilo da Corte
Dopo la cerimonia di canonizzazione o proclamazione di santità avvenuta a Roma il 29 giugno 1930, Fucecchio organizzò in onore del suo S. Teofilo una festa grandiosa che si protrasse dalla domenica 28 settembre alla domenica 5 ottobre 1930.
Fucecchio, forse, non vedrà più una festa simile.
Il 5 ottobre, ultimo giorno di festa, convennero a Fucecchio 60.000 persone.
In preparazione di questa festa eccezionale padre Vincenzo Checchi fece stampare tre esemplari di santini:
- S. Teofilo in atto di orazione;
- S. Teofilo risana una bambina cieca;
- S. Teofilo assiste un infermo.
Inoltre vennero stampate cartoline con l’urna del santo, con la chiesa e con il convento La Vergine.
Furono coniate medaglie, medagline e medaglioni.
Vennero pubblicati questi libri:
IL DEVOTO DI S. TEOFILO e IL COMPENDIO DELLA VITA DI S. TEOFILO
Vennero anche pubblicati alcuni numeri del giornalino intitolato IL SANTO DI FUCECCHIO.
Per disporre gli animi alla grande festa, dalla domenica 20 settembre al sabato 27, due padri missionari tennero un corso di esercizi spirituali.
La domenica 28 settembre iniziarono i festeggiamenti veri e propri.
La chiesa venne parata a festa e, all’interno, venne illuminata a giorno da mille lampadine elettriche.
Notevole anche la LUMINARIA realizzata dall’elettricista fucecchiese Nelli Giovanni.
Vennero illuminati con lampade elettriche la chiesa e il campanile.
Vennero illuminate con fiaccole anche le torri della Rocca, il campanile della Collegiata e le finestre delle case poste nelle vie adiacenti al convento.
Furono eseguite Messe Pontificali, Messe e Vespri in musica.
Numerosi furono i panegirici pronunciati in onore di S. Teofilo.
Alla processione dell’ultimo giorno di festa presero parte tre vescovi, tutto il clero fucecchiese, le autorità locali, le associazioni, le confraternite, i rappresentanti di molte parrocchie vicine e ben 5 bande.
Il martedì 30 settembre ebbero luogo queste manifestazioni:
- una tombola con 1500 lire di premi in piazza Montanelli;
- i fuochi pirotecnici nell’area della Rocca davanti alla piazza della chiesa;
- un concerto bandistico ad opera della filarmonica di Monsummano.
Anche il giorno di chiusura, il 5 ottobre, si svolse un eccezionale spettacolo pirotecnico a cura della ditta Ulivelli di Vinci.
A conclusione della serata, la Filarmonica di Porta a Borgo di Pistoia eseguì un concerto che durò fino a mezzanotte. Il maestro Berlenghi diresse una marcia sinfonica, la sinfonia della Forza del destino, un sunto di Madame Butterflay, un sunto del Mefistofile, la sinfonia Maschere di Mascagni, una Ouverture di Wagner e le Danze N. 5 e N. 6 di Brahms.
1930 - Croce Rossa Italiana sezione di Fucecchio
La Croce Rossa nacque a Ginevra il 29 ottobre 1863 per opera di Henry Dunant che, quattro anni prima, nel 1859, aveva assistito alle battaglie di Solferino e S. Martino.
A questa Organizzazione tutti gli stati del mondo riconobbero il diritto di poter raccogliere i feriti ed i morti durante e dopo le battaglie.
In seguito la Croce Rossa riuscì a far sottoscrivere a tutti gli Stati del mondo gli articolati di varie Convenzioni Internazionali dove erano stati stabiliti i DIRITTI dei militari morti, di quelli feriti e di quelli prigionieri.
In tempo di pace , la Croce Rossa assiste con le proprie ambulanze feriti, ammalati, handicappati e soccorre le popolazioni in caso di calamità naturali o meno: terremoti, maremoti, incendi, eruzioni vulcaniche, bombardamenti, esplosioni.
La Croce Rossa fin dal suo nascere si diffuse prima in Europa e poi in tutti gli altri continenti.
Trattandosi di un servizio ausiliario dell’esercito, la Croce Rossa ebbe larga diffusione anche in Italia a livello, però, militare.
Negli anni ‘30 il Governo Fascista sciolse tutte le Associazioni assistenziali e le incorporò nella Croce Rossa Italiana, un Ente di Stato a cui vennero assegnati compiti ben precisi sia in tempo di guerra che in tempo di pace.
A Fucecchio, negli anni ‘30, operavano due associazioni assistenziali: la Misericordia e la Pubblica Assistenza.
La Pubblica Assistenza locale venne sciolta ed incorporata di sana pianta nella CRI. In pratica tutta la struttura organizzativa della Pubblica Assistenza cambiò nome e divenne Sezione locale della C.R.I. che stabilì la propria sede in via Arturo Checchi
Attualmente la vecchia sede di via Arturo Checchi funge da garage per le auto e per le ambulanze in dotazione alle nostra Sezione. L’ingresso della nuova sede si trova in Corso Matteotti.
Nella sezione di Fucecchio prestano servizio numerosi volontari che assicurano un servizio di assistenza per malati e feriti 24 ore su 24.
Dall’11 gennaio 1976, presso la sede della CRI, ha sede la Guardia Medica che sostituisce i medici di famiglia dalle ore 13 del sabato alle ore 8 del lunedì successivo. La Guardia Medica presta il medesimo servizio anche durante le festività infrasettimanali.
1930 - Nasce il NUF Nucleo Universitario Fascista
Nel 1930 i giovani universitari di Fucecchio dettero vita al Nucleo Universitario Fascista che si prefisse due obiettivi:
1 - la promozione della cultura fascista con conferenze e lezioni;
2 - la diffusione e la pratica dell’attività sportiva privilegiando l’atletica leggera e la pallacanestro maschile e femminile.
Il Direttorio del NUF nel 1939 era composto da:
Inson Rosati segretario
Cosimo Lastrucci addetto all’organizzazione
Furio Mengozzi responsabile dell’amministrazione
Oris Nelli addetto al settore cultura e politica
Pietro Boldrini responsabile dello sport
Giulio Vezzosi responsabile della stampa e propaganda
Giovanni Pellegrini addetto al Turismo e divertimento.
L’esito disastroso dei primi tre anni di guerra (1940-1945) rese consapevoli questi giovani di quanto fosse stato avventato il loro credo nel duce, il dittatore Benito Mussolini.
1933 - Paoleschi padre Tito
Il francescano predicatore, padre Sisto Paoleschi*, visse gli ultimi 18 anni della sua vita nel Ritiro OFM La Vergine di Fucecchio.
Di questo frate i fucecchiesi apprezzavano la giovialità, la povertà, lo spirito di obbedienza e soprattutto l’umiltà. Sapevano, per sentito dire, che padre Sisto era stato un bravo predicatore, ma nessuno ne conosceva il curriculum, veramente straordinario.
* Padre Sisto era nato a Serra Pistoiese il 29/07/1855.
Fu ordinato sacerdote il 24/08/1878 all’età di 23 anni.
Predicò in tutte le pari d’Italia.
Morì a 78 anni.
Persone di ogni ceto sociale sfilarono davanti alla sua salma.
1934-1938 - Squadre di calcio: l’AVANGUARDIA
Una giovanissima squadra fucecchiese partecipò negli anni compresi fra il 1934 e il 1938 al Campionato ULIC o dei liberi. Questa squadra si chiamò AVANGUARDIA e fu voluta dall’organizzazione giovanile fascista denominata GIL (Gioventù Italiana del Littorio).
Fungeva da allenatore-giocatore il fucecchiese Spartaco Cenci che tanta parte avrà nella storia sportiva di Fucecchio.
L’Avanguardia si rivelò un vero e proprio vivaio di giovani speranze. Infatti i suoi Picchi, Risorti, Del Gronchio, Innocenti, Ancillotti, Morelli, Banti, Bricoli e Sgherri indossarono nei campionati 1935-1936 e 1936-1937 la maglia nerazzurra della SAFFA.
Giuseppe Lotti (Bozzolino), il futuro trombettista della Banda fucecchiese e di numerose orchestre locali e genovesi, mezz’ala estrosa dell’Avanguardia, ricorda ancora le lezioni di calcio impartite dall’allenatore Spartaco Cenci , dentro la palestra delle scuola elementare, su di un tavolo, con l’ausilio di fagioli. Lo Sporting Club di Firenze dimostrò a più riprese vivissima simpatia per l’Avanguardia, creatura di Spartaco Cenci.
1935 - Squadre di calcio: la SAFFA
Nel 1935 si ebbe un ritorno improvviso al gioco del calcio per iniziativa del Dopolavoro SAFFA che aveva alle spalle lo stabilimento industriale per la produzione di fiammiferi ed affini in via Dante. Il via alla costituzione della nuova squadra calcistica nero-azzurra venne dato dai direttori dello stabilimento locale della SAFFA, gli ingegneri Capaccini e Muzzi coadiuvati dall’impiegato e sportivo Guido Toncelli.
Nel 1935-1936 la squadra nerazzurra della SAFFA partecipò al Campionato di II Divisione. Lo stadio comunale aveva cambiato look: erano sparite le tribune di legno e, al posto del tavolato che chiudeva il campo, venne innalzato un muro alto quattro metri; vennero edificati lungo il muro di viale Buozzi tre archi; il rettangolo di gioco venne recintato con rete metallica. La squadra, allenata dal fiorentino Luchetti, si classificò al primo posto senza aver perduto nessuna partita.
Nel 1936-1937 la squadra nero-azzurra partecipò al Campionato di I Divisione. La Saffa doveva vedersela con squadre quali il Prato, l’Empoli, il Siena, la Pistoiese. Vennero confermati tutti i giocatori che avevano partecipato alla promozione e furono acquistati Ancillotti, Puccini, Donati, Fogli e Giani. L’allenatore Luchetti, nelle ultime partite lanciò il sedicenne fucecchiese Riccardo Del Gronchio ed il quindicenne portiere Risorti. Rientrò nelle file fucecchiesi Giulio Moriani. La SAFFA si classificò al primo posto, disputò e vinse le finali e ottenne perciò la promozione in Serie C.
Nel 1937-1938 la SAFFA partecipò al Campionato di Serie C. La squadra venne rafforzata con gli acquisti di Salvatori dal Berta di Firenze, di Mora dal Magenta, di Spagnoli dal Borgotaro, di Rossi, Tasselli e Cappellini dal Pistoia e di Galli proveniente da Lucca. La squadra nerazzurra terminò il Campionato con 27 punti, in una posizione di centro classifica. Durante questo campionato la SAFFA fu la squadra più richiesta per gli allenamenti del giovedì da parte del Livorno, della Lucchese e della Fiorentina. Al termine del Campionato vennero venduti i giocatori più bravi:
- Riccardo Del Gronchio passò al Pontassieve e poi all’Udinese;
- Risorti venne acquistato dalla Roma;
- Ancillotti andò al Torre Annunziata;
- Moriani Giulio ritornò all’Empoli;
- Galli e Mora passarono all’Arezzo;
- Rossi passò alla Pistoiese.
Con la partenza dei migliori giocatori calò anche il sipario sull’attività calcistica della SAFFA che non si presentò al palo di partenza del Campionato di Serie C del 1938-1939.
Se la SAFFA mise in vetrina calciatori come Del Gronchio, Risorti, Umberto Galli e Adrio Briganti, la comunità fucecchiese impose all’ammirazione di tutti due bravissimi corrispondenti locali: Bruno Panzani della Gazzetta dello Sport e Renato Falorni de La Nazione.
1935 - Ordinamento di Polizia pubblica
L’ordine pubblico è condizione primaria di vivibilità in qualsiasi paese o città. Per poterlo garantire occorrono due cose: un ordinamento chiaro e severo; una polizia efficiente.
Il podestà di Fucecchio, Guidobaldo Pianetti, il 2 luglio 1935 approvò questo ordinamento per garantire alla popolazione una vita abbastanza serena:
1- Ogni edificio pubblico e privato deve essere conservato in buono stato
2- I macellai, i salumieri e i beccai non possono circolare in pubblico con vesti intrisi di sangue e portare i ferri del loro mestiere avvolti in tela.
3- Il bestiame da macello deve essere condotto attraverso le strade meno frequentate evitando di passare davanti alle chiese e alle scuole.
4- Il suono delle campane è vietato :
- dalle ore 20 alle ore 5 nel periodo 1° novembre - 30 aprile;
- dalle ore 21 alle ore 4 nel periodo 1° maggio- 31 ottobre.
5- Il suono delle campane non può durare oltre due minuti e tra una suonata e l’altra devono intercorrere almeno 10 minuti.
6- I suonatori ambulanti non possono fermarsi a suonare per le vie pubbliche per più di 5 minuti nello stesso punto e a distanza minore di 20 metri dal punto precedente.
7- Sono considerate industrie rumorose ed incomode il mestiere del calderaio, del lattoniere, del materassaio, del fabbro, del falegname e del mugnaio.
1935 - Oro alla Patria
Il 2 ottobre 1935 le campane della torre civica suonarono a lungo a distesa.
I fucecchiesi si riversarono in massa in piazza Montanelli dove erano stati sistemati alcuni altoparlanti. Il segretario della sezione locale del Partito Nazionale Fascista informò i cittadini che di lì a poco il Duce Benito Mussolini “avrebbe fatto” un discorso importantissimo al popolo italiano per via radio. E fu così.
Mussolini annunciò che l’Italia aveva dichiarato guerra all’Etiopia e che la vittoria delle nostre truppe, nonostante le sanzioni, era certa.
Ma intanto per sopperire alle spese non indifferenti di questa guerra africana era necessario che tutti dessero un contributo in oro o in argento.
Nel mese di novembre il segretario politico del Fascio di Fucecchio, Dino Taviani, stabilì che anche la popolazione fucecchiese doveva dare il suo contributo d’oro e d’argento presentandosi alla Casa del Fascio che nel frattempo era stata trasferita da piazza Vittorio Veneto in piazza Montanelli, nel fabbricato attualmente ridotto ad appartamenti per le famiglie dei carabinieri.
Quasi tutte le donne sposate consegnarono spontaneamente la loro fede nuziale: in cambio ricevettero un anello di metallo inossidabile. Tutti, o con le buone o con le cattive maniere, dovettero consegnare qualche oggetto d’oro o d’argento. Pochissimi la fecero franca.
1935 - Sabato fascista
La propaganda fascista all’inizio di questo nuovo anno, il 1935, si intensificò vistosamente. Anche a Fucecchio tutti sognavano l’IMPERO.
Fingendo di emulare gli antichi Romani, Mussolini, dittatore fascista dello Stato italiano, riuscì a convincere gli italiani che la conquista dell’Impero ci avrebbe permesso di risolvere tutti i nostri problemi economici e, primo fra tutti, quello della disoccupazione.
Per tenere in stato di ebollizione tutta la popolazione venne istituito il Sabato Fascista, una celebrazione che avrebbe dovuto coinvolgere tutta la popolazione.
Tutti i sabati, gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado, in divisa simil-militare e senza cartella, si portavano a scuola. Qui venivano inquadrati dai loro insegnanti a poi affidati ai gerarchi fascisti di Fucecchio. In Piazza XX Settembre si formava un grande corteo che si portava, sfilando per le vie del paese, in piazza Vittorio Veneto cantando a squarciagola inni del regime fascista. In piazza venivano resi gli onori militari al monumento ai caduti. Al termine della cerimonia tutti gli alunni venivano riportati nel Piazzale. I maschi venivano esercitati nell’uso delle armi; le femmine, invece, si esercitavano nella preparazione del saggio ginnico di fine d’anno.
Dopo le esercitazioni le scolaresche venivano condotte nelle loro aule dove venivano loro impartite lezioni di Dottrina Fascista.
1936 - Cinema Excelsior
Nel 1936 si verificò a Fucecchio il boom delle sale cinematografiche.
In quell’anno erano già operanti il Cinema e l’Arena Edison di Mechetti Amedeo ed il Cinema- Teatro Pacini.
Proprio nel 1936, in Corso Matteotti, venne aperta una sala cinematografica in corrispondenza degli attuali numeri civici 50-52-54.
Oltre alla platea con 150 posti vi era anche una galleria con una cinquantina di poltroncine.
Titolare di questa nuova sala cinematografica era “Baino”, il padre di Mario Bachi.
Nel 1937 i gestori delle tre sale cinematografiche, per evitare gli inevitabili danni della concorrenza, formarono una Società.
Questa Società cessò di vivere nel 1942, l’anno in cui la famiglia Morelli Guido acquistò il Teatro Pacini messo all’asta dall’Accademia dei Fecondi Ravvivati che ne era proprietaria dal 1833
Dopo la ristrutturazione del Teatro Pacini avvenuta nel 1952 e dopo l’inizio delle trasmissioni televisive, il Cinema Excelsior non venne quasi più frequentato.
Per evitare l’inevitabile dissesto finanziario, il nuovo titolare, Mario Bachi, cedette al titolare del cinema-teatro Pacini la patente del Cinema Excelsior e dell’Arena Giardino.
1937-1940 Atletica leggera e pallacanestro
La gestione delle attività sportive e ricreative, nel periodo che va dal 1937 al 1940, venne affidata al GUF (Gioventù Universitaria Fascista) e alla GIL (Gioventù Italiana del Littorio).
La GUF riuscì a formare un’ottima squadra di pallacanestro ed una discreta squadra di atletica leggera.
La squadra di pallacanestro aveva il suo campo da gioco sul retro del Circolo Ricreativo (quello dei signori) in piazza Montanelli. Elementi di lustro di questa squadra furono Pietro Boldrini, Furio Mengozzi, Giancarlo Lotti, Giovacchino Nelli, Mario Lastrucci e Taddei.
La squadra di atletica leggera aveva i suoi elementi di spicco in Pietro Boldrini (200 mt, salto in alto e salto in lungo), Mengozzi Furio (00 mt), Lastrucci Mario e Cosimo (3000 mt e corsa campestre), Adriano Lotti (salto con l’asta), Piero Malvolti (corsa campestre).
La GIL dimostrò di essere più organizzata ed ebbe una maggiore continuità grazie alla presenza di un allenatore “patentato” quale era Spartaco Cenci. La squadra di atletica della GIL partecipò a varie riunioni a Firenze. Essa si mise in particolare evidenza grazie alle prove maiuscole di Pietro Boldrini, di Sveno Briganti e di Mario Morelli, i più bravi in senso assoluto dato che lottavano sempre per la vittoria nelle gare in cui erano impegnati. Anche Nevio Lotti, approdato successivamente al calcio, Furio Mengozzi, Livio Sgherri e Giuseppe ed Enrico Taddei si rivelarono atleti di buona levatura.
In una delle numerose riunioni organizzate al Filippo Corsini il punteggio finale premiò la formazione locale alle prese con le squadre del S. Miniato e dell’Empoli. Il mattatore della gara fu Pietro Boldrini.
Spartaco Cenci allevò anche dei campioni come Agostino Fenzi, campione toscano del lancio del martello; Rosina Mancini, campionessa toscana nel lancio del giavellotto; Dino Campigli nel salto con l’asta; Nevio Lotti nel salto triplo; Adriano Donati nei 100 mt; Enrico Taddei nel lancio del peso e del disco; Edda Mannini nel salto in alto; Rossetti e Falorni (detto Pelaghino) nella marcia.
1938 - O.V.R.A. a Fucecchio
L’OVRA era la Polizia segreta al servizio del dittatore Benito Mussolini.
Questa polizia aveva il compito specifico di rendere inoffensivi tutti gli avversari politici del Regime fascista. Essa cercava di individuarli e di catturarli. A secondo della loro pericolosità o li incarcerava o li confinava o li uccideva.
Nel 1936 il calzolaio fucecchiese Alfonso Botrini lavorava in un calzaturificio di S. Romano. Qui Alfonso conobbe l’empolese Gino Ragionieri, un comunista clandestino. Il Ragionieri introdusse il nostro Botrini nell’organizzazione comunista empolese. A Empoli Alfonso venne incaricato di costituire una Cellula Comunista clandestina anche a Fucecchio.
Alla Cellula Comunista clandestina di Fucecchio aderirono Galileo Lotti, Gino Pascucci e Guglielmo Sgherri. I membri di questa cellula ebbero l’incarico di diffondere materiale di propaganda antifascista e di raccogliere fondi per il SOCCORSO ROSSO destinato ai comunisti che avevano preso parte alla guerra civile in Spagna.
L’attività di questi comunisti locali non passò inosservata. Qualcuno si prese cura di informarne l’OVRA. Nel 1938, di notte, i poliziotti dell’OVRA prelevarono i quattro clandestini dalle loro abitazioni e li incarcerarono. Analoga sorte toccò anche ad Astutillo Banti di Ponte a Cappiano e a Del Gronchio Calvino di Fucecchio.
I primi 5 clandestini vennero processati a Roma e condannati a qualche anno di carcere. Del Gronchio Calvino venne condannato al CONFINO. Liberato dopo l’8 settembre 1943, Calvino si aggregò ad una formazione partigiana. Durante un combattimento ingaggiato contro i nemici tedeschi, Calvino venne fatto prigioniero e fu deportato in un campo di concentramento. Gli americani lo trovarono ancora vivo sotto un cumulo di cadaveri. Scioccato, il Del Gronchio impazzì. Fu curato per due anni dagli americani. Nel 1947 fu rimpatriato: era guarito.
Gli altri fucecchiesi incarcerati erano rientrati alla fine del 1943 o all’inizio del 1944.
1938 - Congresso Eucaristico Diocesano a Fucecchio
Il 1938 fu l’anno di Fucecchio.
Dopo l’inaugurazione dell’acquedotto civico, Fucecchio ospitò il Primo Congresso Eucaristico Diocesano che si svolse nei giorni 3-4-5 giugno 1938.
A Fucecchio si videro affluire gruppi di fedeli da tutte le parrocchie della nostra Diocesi.
Presero parte attiva a questo grande raduno molte illustri personalità che con la loro parola cercarono di far riscoprire il valore e la funzione redentrice e mistica della presenza del Cristo nell’Eucarestia.
Questi i nomi delle personalità più celebri:
- monsignor Ugo Giubbi vescovo di S. Miniato
- monsignor Lari arcivescovo
- dott. Pacini di Lucca
- prof. Foresi di Livorno
- Avv. Viviani di Siena
- commendator Calvelli di Firenze
- prof. Alfredo Guadagni di Siena
Alle cerimonie più solenni presenziarono sempre le nostre Autorità civili e militari.
1938 - Antifascisti arrestati dall’O.V.R.A
Il Partito Nazionale Fascista aveva assunto la guida del Governo del Regno d’Italia nel 1922 ed aveva instaurato la propria dittatura a partire dal 1924.
Partiti, sindacati e quasi tutte le associazioni erano stati sciolti. La libertà di stampa venne subito bandita. Gli oppositori del regime vennero arrestati e mandati al confino. Gli altri oppositori fuggirono all’estero. Eppure il P.N.F temeva che si formassero gruppuscoli di opposizione e che questi tramassero clandestinamente contro il regime fascista e contro l’incolumità del Capo. Per questa ragione era stata istituita l’ O.V.R.A , un corpo di polizia politica a cui era demandato il compito di stanare gli oppositori che operavano clandestinamente.
Attraverso i propri canali, l’OVRA aveva saputo che a Fucecchio si era costituita una cellula comunista che operava clandestinamente contro il regime diffondendo volantini e giornali stampati in tipografie compiacenti. I membri di questa cellula, secondo le informazioni giunte all’OVRA, avevano addirittura raccolto fondi per sovvenzionare i comunisti spagnoli durante la guerra civile del 1936.
Grazie ad una “soffiata”, la polizia politica al servizio dello stato fascista di Benito Mussolini la notte del 9 agosto 1938 venne a Fucecchio ed arrestò quel gruppo di antifascisti che avevano dato vita alla cellula comunista.
Nella retata dell’OVRA finirono Guglielmo Sgherri detto il Delegato, Alfonso Botrini, Pascucci Gino, Lotti Galileo, Banti Astutillo e Biagioni Alfredo. Vennero accusati di svolgere attività di propaganda contro il regime fascista e di avere raccolto fondi per finanziare gli antifalangisti durante la guerra civile in Spagna.
Condotti nel carcere delle Murate di Firenze e poi in quello di Pistoia, vennero successivamente deferiti al Tribunale Speciale di Roma e processati il 29 aprile 1939.
Furono tutti quanti condannati dai 3 ai 6 anni di reclusione e alla libertà vigilata.
Dopo il processo vennero trasferiti nel famigerato carcere di Forte Urbano di Castelfranco Emilia dove scontarono la pena loro inflitta.
1938 - Acquedotto civico
Il nostro paese non era dotato di una rete idrica. I paesani si approvvigionavano d’acqua alle “pompe” - così venivano chiamate le fontane dislocate opportunamente in quasi tutte le vie e nelle piazze.
Queste fontane erano collegate tramite pompe aspiranti ai molti pozzi che fin dal medioevo avevano assicurato l’approvvigionamento idrico ai nostri antenati.
Nel 1927 il nostro Consiglio Comunale incaricò gli ingegneri Giuseppe Marrucchi e Mario Lotti di progettare un acquedotto civico per il capoluogo. Nel corso del medesimo anno il progetto venne presentato, discusso ed approvato.
L’esecuzione del progetto venne però rimandata sine die.
Nel 1937, finalmente, il progetto venne reso esecutivo. Cominciarono così i lavori per la realizzazione dell’acquedotto civico.
Vennero costruite due centrali: una in prossimità del ponte sull’Arno e una nell’angolo destro della piazza dell’ospedale S. Pietro Igneo.
Nella centrale del ponte l’acqua prelevata direttamente dall’Arno veniva depurata per essere poi spinta nella centrale della piazza dell’ospedale. Dalla centrale della piazza dell’ospedale l’acqua veniva immessa nella rete idrica dell’acquedotto.
Sul finire della primavera del 1938 l’acquedotto era pronto.
La cerimonia dell’inaugurazione fu grandiosa anche se breve.
Vi presenziarono tutte le autorità locali e il “federale” di Firenze Ricciardo Ricciardi con un codazzo di capi e sottocapi fascisti.
Prestarono servizio la Filarmonica fucecchiese ed il corpo dei giovani moschettieri della scuola elementare del nostro paese.
In questa occasione venne montata nell’area compresa fra il Teatro Pacini e l’attuale caserma dei carabinieri una vasca dalla quale, al momento dell’inaugurazione dell’acquedotto, zampillò acqua colorata.
Il giorno dopo, la vasca venne smontata.
1940 - Garzi suor Maria Chiara clarissa di S. Salvatore (1865-1940)
Il 15 febbraio 1940 si spense nel nostro Monastero di S. Salvatore, in odore di santità, la settantacinquenne suor Maria Chiara Garzi a cui sono state attribuite guarigioni e fatti prodigiosi attestati da testimonianze scritte rilasciate dalle persone ..”graziate”.
Suor Chiara, al secolo Cesira Garzi, era nata a Cortona l’1 dicembre 1865. I suoi genitori erano persone piissime.
I sacrifici, le rinunce e la preghiera quotidiana avevano scandito gli anni della fanciullezza di Cesira Garzi.
Imparò a fare la sarta e diventò anche maestra di scuola.
A 18 anni andò a fare l’insegnante a Teverina, frazione di Cortona.
Dopo aver rifiutato una proposta di matrimonio, il 26 maggio 1898, all’età di 33 anni, vestì l’abito di clarissa nel monastero di S. Salvatore di Fucecchio.
Nel nostro monastero ricoprì le cariche di Maestra delle Novizie, di Vicaria e di superiora o badessa.
Volle sempre riservata a sé l’assistenza delle consorelle inferme per meglio servire il suo Gesù Crocifisso che tanto amava.
Un anno prima di morire fu colpita da paralisi progressiva.
E fu proprio in questo periodo che rifulsero le sue virtù e il suo incessante amore per Gesù.
Alla fine dell’anno della sua morte, il 1940, apparve in sogno a Ottorino Toni, abitante in via Castruccio, e gli rivelò il suo stato di santità.
Coloro che credettero nella santità di suor Chiara, e furono in molti, chiesero ed ottennero grazie incredibili.
La guarigione più eclatante fu quella ottenuta da Dinora Canovai Sgherri, ancora vivente(1997). Colpita da paraplegia, era costretta a vivere dentro un guscio di gesso. Nell’estate del 1942 guarì e ritornò a muoversi e a camminare.
1940 - Seconda guerra mondiale. Quel lontano 10 giugno a Fucecchio del 1940
Fucecchio, 10 giugno 1940
Avevo otto anni.
Durante la settimana avevo aiutato la mamma a cucire le bandine, avevo “addirizzato” tanti spilli da calzolaio per il mio babbo ed avevo eseguito tante commissioni.
La domenica, al termine del pranzo, la mamma, a titolo di compenso, mi regalò mezza lira e mi disse che potevo andare al cinema.
Scelsi il Cinema Excelsior di corso Matteotti dove veniva proiettato il film IMPUTATO ALZATEVI interpretato dal comico Macario.
In platea, dove io mi trovavo, non c’erano tanti spettatori.
Sul più bello la proiezione fu interrotta. Si accesero le luci. “Baino”, il proprietario, si portò sotto lo schermo e disse:
- Bisogna andare tutti in Piazza (Montanelli) perché fra pochi minuti Mussolini pronuncerà un discorso molto importante.
Uscimmo tutti quanti senza mugugnare. Per noi Benito Mussolini era la voce di Dio.
Quando vi giunsi la piazza era già gremita di persone. Gli anfitrioni fascisti stavano sistemando gli altoparlanti sul terrazzo della Casa del Fascio.
Tutti aspettavamo con trepidazione il segnale radiofonico che avrebbe annunciato l’inizio del discorso del Duce. In mezzo a tutta quella folla mi sentivo stranamente solo.
Quando venne emesso il famoso segnale radiofonico la folla si zittì all’istante.
Mussolini con la sua voce tonante annunciò così l’entrata in guerra dell’Italia al fianco della Germania itleriana:
- Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie. La parola d’ordine è una sola e categorica per tutti: VINCERE! E vinceremo.
La folla presente applaudì freneticamente.
Il motto VINCERE tappezzò le strade, le aule, tutti gli uffici pubblici, i muri esterni di numerosissimi fabbricati.
Venne anche composto un inno intitolato VINCERE. Questa la prima strofa:
Vincere, vincere, vincere,
e vinceremo in cielo, in terra e in mare
è la parola d’ordine
d’una suprema volontà
1941 - Case popolari di Piazza XX Settembre
L’iniziativa di costruire un blocco di case popolari in Fucecchio era stata presa in seria considerazione dall’ultima Giunta Comunale presieduta fino al 1919 dal sindaco Emilio Bassi.
Questa Giunta aveva addirittura istituito un Comitato per la raccolta di fondi finanziari fra i benestanti.
Il Comitato, presieduto da Giuseppe Montanelli, aveva raccolto una somma non indifferente.
Nell’ottobre del 1919 l’Amministrazione Comunale presieduta dal sindaco Emilio Bassi era stata surrogata dal Commissario Prefettizio.
Il 20 ottobre 1920 al commissario prefettizio subentrò un Consiglio Comunale liberamente eletto e formato da trenta consiglieri, tutti socialisti.
Nella seduta del 2 gennaio 1921 venne affrontato il problema degli alloggi e fu rispolverata l’idea di costruire un blocco di case popolari utilizzando anche i fondi raccolti dal Comitato già presieduto da Giuseppe Montanelli.
Il marasma politico del 1921 conclusosi il 21 aprile con la cacciata dei socialisti e l’insediamento di un nuovo Commissario Prefettizio fece tramontare la speranza di avere anche a Fucecchio delle case popolari.
Il 4 aprile 1923 venne eletto il nuovo Consiglio Comunale formato da fascisti, nazionalisti, liberali di destra, monarchici e clerico-moderati.
La carica di sindaco venne ricoperta da Piero Bassi, figlio di Emilio, il sindaco del primo ventennio di questo secolo.
Nella riunione del Consiglio Comunale del 26 luglio 1924 venne messa all’ordine del giorno la voce: costruzione di Case Popolari.
Dio solo lo sa se c’era bisogno di alloggi popolari decorosi da destinarsi agli operai del nostro paese costretti a vivere nei tuguri del Cassero, della Greppa, di Cammullia, della Valle, di Valdarnese, di Gattavaia, del Poggetto, degli Ortacci...
Il Consiglio Comunale affrontò il tema delle Case Popolari per dare il contentino alle masse popolari; ma con un escamotage riuscì ad affossare il progetto di costruzione di Case Popolari nel Capoluogo.
Il sindaco, prima di aprire il dibattito sul tema Case Popolari, volle leggere i comunicati trasmessigli, sull’argomento, dai Fasci di Combattimento di Massarella, di Ponte a Cappiano e di Torre.
Questi comunicati esprimevano una recisa opposizione alla costruzione di Case Popolari nel capoluogo. Come non tenerne conto?
Il progetto venne bocciato all’unanimità.
Esso venne rispolverato nel 1938 dal Commissario Prefettizio e poi Podestà Carlo Montanelli.
Il podestà Montanelli nel volgere di pochi anni fece realizzare un blocco di case popolari nelle adiacenze di Piazza XX Settembre.
All’inizio del 1941 gli appartamenti vennero assegnati a quanti ne avanzavano richiesta. Le richieste, a dire il vero, furono pochissime perché il canone di affitto non era affatto popolare. Infatti il canone mensile ammontava a 95 lire che saliva a 100 se l’appartamento era dotato di orticello. Un impiegato comunale di prima nomina percepiva, nel 1941, uno stipendio mensile di 240 lire. Un operaio che non aveva quasi mai il lavoro assicurato per tutto l’anno non poteva permettersi il lusso di quel canone; senza contare che tutti gli uomini al di sotto dei quaranta anni erano in guerra.
1943 - Sfollati livornesi a Fucecchio
Il 28 maggio 1943 alcune centinaia di fortezze volanti statunitensi, poco prima di mezzogiorno, in due ondate successive, bombardarono a tappeto la città di Livorno. Venne colpita anche la raffineria di petrolio dell’ANIC. Dal Poggio Salamartano vedemmo una colonna di fumo impressionante.
Sul far della sera ed il giorno successivo giunsero a Fucecchio alcune centinaia di livornesi scampati alla morte ed ancora visibilmente terrorizzati dalla catastrofe del bombardamento. Molte famiglie di sfollati trovarono alloggio nelle vecchie case del centro storico: via Cammullia, via della Greppa, via del Cassero, Via Valdarnese, via Lamarmora, il Poggetto, via della Valle. La famiglia di Ottorino, un nostro coetaneo, venne ospitata nell’appartamento del Moro, nel fabbricato dove attualmente abita anche il cappellano della Collegiata don Mario Santucci.
Fucecchio che già ospitava alcune centinaia di soldati italiani di stanza temporanea nel nostro paese si rivelò all’altezza della situazione.
Nessuno si arricciò nel proprio egoismo. La gara di solidarietà nei confronti degli sfollati livornesi fu esaltante. Questi sfollati assommavano ad oltre 1500 unità.
Il 21 luglio del 1944 anch’essi dovettero abbandonare Fucecchio e furono costretti a sfollare una seconda volta nelle campagne del nostro comune. Alcuni, durante i quaranta giorni di sfollamento, morirono perché colpiti dalle cannonate; altri finirono nelle retate dei rastrellamenti tedeschi e morirono nei campi di concentramento in Germania: tra questi anche il babbo del nostro amico Ottorino.
Fra tutti gli sfollati livornesi ci piace menzionare Alberto Matteucci, l’autore delle formelle in gesso delle stazioni della Via Crucis che ancor oggi possiamo ammirare nella chiesa locale di S. Maria delle Vedute e di S. Rocco.
Gli sfollati livornesi lasciarono Fucecchio subito dopo la liberazione del nostro paese dall’occupazione tedesca avvenuta il 1° settembre 1944.
A Fucecchio rimasero per sempre alcune famiglie e fra queste quella di Giorgio Sanna noto esponente politico del mondo cattolico, consigliere comunale e provinciale.
1943 - Venticinque luglio
Nelle prime ore del 25 luglio 1943, il Gran Consiglio del Partito Nazionale Fascista, su proposta di Dino Grandi e di Galeazzo Ciano, votò la sfiducia a Benito Mussolini, capo del Governo e dittatore d’Italia dal 1922.
Nello stesso giorno, il re d’Italia, Vittorio Emanuele III, ordinò l’arresto di Mussolini e diede l’incarico di formare un nuovo Governo a Pietro Badoglio, Maresciallo d’Italia. La notizia dell’arresto di Mussolini, trasmessa dalla radio, scatenò un vero putiferio a Fucecchio.
Tutti i fucecchiesi , quel giorno, diventarono antifascisti. E per darsi una parvenza di autenticità si resero protagonisti di atti di iconoclastia inimmaginabili. Vennero demoliti tutti i simboli del Fascismo. Furono cancellati con mani di tempera da imbianchini tutte le immagini e tutti i motti che tappezzavano le facciate di tante case e di tanti palazzi. Dalle finestre vennero gettati in strada i quadri con la foto di Mussolini che erano presenti in tutti gli edifici pubblici e in moltissimi appartamenti. La sede del PNF venne devastata. I documenti (registri, filze, cartelle) vennero gettati al vento e quasi tutti distrutti. Tutti gridavano contro il Regime fascista.
Non mancò la caccia ai gerarchi fascisti locali. Allo squadrismo nero subentrò subito quello rosso.