La Società laica (non religiosa) di Pubblica Assistenza fu costituita a Fucecchio il 17 febbraio 1895. Il suo scopo fondamentale era quello di prestare soccorso morale e materiale nei pubblici e privati infortuni.
Queste sono le prestazioni che venivano fornite dalla P.A.:
1- trasportare gli ammalati all’ospedale o a domicilio;
2- assistere gli infermi e fare le prime “medicazioni” ai feriti;
3- eseguire i trasporti funebri limitatamente a quelli civili;
4- prestare soccorso in caso di pubbliche calamità;
5- prestare la propria opera quando si verifichi un disastro derivante da incendio, da rovina o da inondazione;
6- soccorrere anche con sussidi giornalieri i soci ammalati, secondo il loro stato economico e quello della P.A.
La bandiera della Società laica era bianca e portava nel centro una croce verde circondata da due rami di acacia e la dicitura Pubblica Assistenza- Fucecchio.
Il distintivo per i soci era una fascia bianca con la croce verde e i soliti due rami di acacia da portarsi al braccio sinistro.
La Società si dotò di un proprio Statuto e di un Regolamento generale che vennero approvati nell’adunanza dell’Assemblea del 12 gennaio 1914: segretario Giovanni Mannini; Presidente Adolfo Masani.
Il Regolamento per la istituzione di Sezioni nel territorio comunale venne approvato il 30 settembre 1919 e fu firmato dai soliti Giovanni Mannini e Adolfo Masani.
Negli anni ‘30 la Pubblica Assistenza venne sciolta dal Fascismo e fu incorporata nella Croce Rossa Italiana.
Il 25 settembre 1980 la Società laica di Pubblica Assistenza si è ricostituita come ASSOCIAZIONE DI PUBBLICA ASSISTENZA FUCECCHIO-COMPRENSORIO DEL CUOIO E DELLE CALZATURE.
Alle prestazioni della primigenia P.A. sono da aggiungere:
7- eseguire le onoranze funebri sia civili che religiose;
8- promuovere la donazione del sangue.
La bandiera è bianca con la scritta in lettere dorate. Al centro c’è una croce bianca in campo circolare di colore bleu. In alto, a destra, lo stemma di Fucecchio. Sulla cima dell’asta, un nastro tricolore.
1895 - Piazza XX Settembre o Piazzale
Il 20 settembre 1895 la filarmonica locale, denominata Umberto I, di buon mattino sfilò per le vie del paese per ricordare a tutti che ricorreva il 25° anniversario della presa di Roma (20/09/1870).
Le finestre erano state tappezzate di tricolori e di festoni floreali. Alle ore 10, con alla testa un gruppo di ex bersaglieri fucecchiesi, si formò in piazza Montanelli un corteo che percorse Corso Matteotti, via Lamarmora, Borgo Valori, piazza Vittorio Veneto, via S. Giovanni, via S. Giorgio, via Castruccio e che fece ritorno in piazza Vittorio Veneto dove si sciolse. Nella piazza venne pronunciato un discorso celebrativo. L’oratore esordì con una punta di fierezza:
- In questo momento lo STENDARDO del Comune di Fucecchio sta sfilando insieme ad altre migliaia di stendardi per le vie di ROMA.. italiana. Lo portano i nostri consiglieri Francesco Pacchi, Emilio Bassi ed Ornato Vivaldi.
Un’ovazione interruppe l’oratore che poi proseguì:
- A perpetuare la memoria di questo fatidico avvenimento abbiamo deciso di chiamare Piazza XX Settembre il costruendo Piazzale.
Già nel 1870, subito dopo il plebiscito per l’annessione di Roma al Regno d’Italia, il Comune di Fucecchio aveva deliberato di aprire una piazza in ricordo della presa di Roma. Ed ora, dopo 25 anni, la delibera stava diventando esecutiva.
Dopo l’orazione ufficiale, la banda eseguì in piazza Vittorio Veneto, dalle ore 11 a mezzogiorno, marce e sinfonie. La festa non finì qui.
Alle ore 16 piazza Vittorio Veneto era gremitissima di persone, in maggioranza ragazze dai 16 ai 30 anni.
Per solennizzare ulteriormente il 25° anniversario della presa di Roma, il nostro Comune aveva istituito 4 doti del valore di 50 lire ciascuna da assegnarsi a 4 fanciulle nubili e povere di età compresa fra i 16 e i 30 anni. Ben 147 erano state le “fanciulle” ammesse all’estrazione. Le fortunate vincitrici furono Montanelli Maddalena, Salvadori Ottavia, Gargani Mariangela e Guasqui Bianca.
Vinse un’altra dote di 40 lire, istituita dal Circolo Fucecchiese in collaborazione con la Società di Pubblica Assistenza, la “fanciulla” Bongi Maria.
A nessuna delle 5 fortunate, però, vennero corrisposte le 40 lire. Secondo il Regolamento le avrebbero ricevute il giorno del matrimonio o al compimento del 40° anno di età se non si fossero sposate. Dopo l’estrazione ci fu un altro servizio della filarmonica che durò fino alle ore 18.
Alle ore 20 tutti si portarono nel Piazzale (piazza XX Settembre) per assistere allo spettacolo di fuochi pirotecnici.
Alle ore 22 iniziò in piazza Vittorio Veneto il concerto della banda locale sistemata sotto la Loggia del Palazzo Pretorio.
1896 - Un medico fucecchiese prigioniero in Abissinia
Il Governo Crispi, nel 1895, impugnando il trattato di Uccialli (1889), dichiarò guerra all’Abissinia.
A questa guerra prese parte anche il tenente medico fucecchiese Giulio Nardini.
Quando le nostre truppe giunsero a Cheren, il ministro Guicciardini telegrafò al sindaco di Fucecchio in tali termini: “Secondo notizie inviate dal Maggiore Salsa, il tenente medico Nardini sarebbe prigioniero presso il Negus (Menelik)”
Di Menelik, degli Abissini e dei suoi metodi di guerra se ne erano dette tante. Si affermava che i prigionieri italiani venivano evirati. Logico quindi che ogni fucecchiese alla notizia del Nardini prigioniero di Menelik, fosse preoccupato della sua sorte fisica. Tutta Fucecchio discuteva della cosa.
Il 21 maggio 1896 giunse una lettera al padre del Nardini con queste semplici parole:
Carissimo babbo,
Sono arrivato. Baci.
Vostro figlio Nardini.
La lettera, portata subito in comune, produsse un grandissimo effetto.
Il Comune ne dette annuncio ufficiale e tutti se ne rallegrarono.
Poi la Giunta decise di andare a ricevere il Nardini alla stazione di S. Miniato quando questi fosse arrivato.
Fu fatto addirittura un bando pubblico:
“La Giunta Comunale va alla stazione di S. Miniato alle ore 6,36 per salutarlo e per dargli il Benvenuto a nome dell’intera cittadinanza fucecchiese, sicura d’interpretare completamente il sentimento pubblico generale. Il Paese nostro come un sol uomo addimostri in modo solenne la gioia immensa di rivederlo e di riabbracciarlo.”
Il nostro Giulio Nardini arrivò ai primi di giugno 1896 “integro fisicamente” ma con una mano ferita.
Sette giorni dopo il suo arrivo venne fatto un solenne banchetto in suo onore.
Al termine del banchetto i commensali inviarono un telegramma al primo aiutante di campo del Re. Il telegramma diceva:
CITTADINANZA FUCECCHIESE RIUNITA FRATERNO BANCHETTO AD ONORE TENENTE MEDICO DOTTOR NARDINI, FERITO, REDUCE DALL’AFRICA, DOPO SOFFERTA PRIGIONIA, UNANIME ACCLAMANDO EROICO ESERCITO ANCHE NELLA SCONFITTA, GLORIA ET ORGOGLIO NAZIONALE FIDUCIOSO VALORE ITALIANO AVRA’ PROGRESSO UNITARIO, RENDE OMAGGIO AUGUSTO SOVRANO ALTISSIMO ESEMPIO AMORE DI PATRIA.
1896 - La prima cooperativa di consumo
Nell’agosto del 1896,due anni dopo la nascita dell’Opera Pia Landini Marchiani, si costituì legalmente a Fucecchio una società cooperativa di consumo.
Questo l’organigramma composto da 27 nominativi:
Giovanni Dal Molin Presidente
Carlo Benvenuti Vicepresidente
Luigi Conti Segretario
Gesualdo Mannini Vicesegretario
Temistocle Del Terra cassiere
6 consiglieri
3 sindaci
2 sindaci supplenti
1 direttore di magazzino
1 provveditore
9 soci fondatori
Fra i dirigenti della cooperativa di consumo, oltre ai notabili vecchi e nuovi, troviamo anche due socialisti: Andrea Benvenuti, fondatore della Lega socialista locale, Virgilio Frediani.
Dall’esterno, tale cooperativa venne sostenuta caldamente dall’avvocato Francesco Pacchi che il 30 novembre 1896 volle tesserne le lodi con una conferenza tenuta nel Teatro Pacini.
Il movimento cooperativo di Fucecchio nacque perciò dalla collaborazione fra forze politiche contrapposte, dalla convivenza cioè fra moderati, socialisti e progressisti.
Il Presidente Dal Molin ricopriva altre cariche: consigliere comunale dal 1895, Direttore del Corpo Musicale “Umberto I” e consigliere del Gabinetto di Lettura (leggi biblioteca).
1897 - La Scuola di Avviamento Professionale (quando, dove, come? )
La scuola istituita dall’Opera Pia Landini Marchiani entrò in funzione nell’anno scolastico 1897-1898 nel fabbricato in angolo fra Vicolo delle Carbonaie e Viale Buozzi di proprietà del sig. ?
L’Opera Pia ottenne il fabbricato destinato ad edificio scolastico in locazione fino al 1909, l’anno in cui ne divenne proprietaria. Lo acquistò il 27 novembre 1909 per £ 23.500. Proprietaria dell’immobile era la Società Toscana Beni Mobili.
La scuola, che poteva essere frequentata dagli alunni che avevano superato l’esame della classe quinta elementare, assunse la denominazione di REGIA SCUOLA PROFESSIONALE LANDINI MARCHIANI.
Il primo direttore di questa scuola fu il professor Camosci che tale rimase fino alla sua morte avvenuta nel 1914.
Con Decreto del 13.06.1910 la scuola assunse la denominazione di SCUOLA TECNICA PAREGGIATA.
Il 6 maggio 1923, per effetto della Legge N. 1054 assunse la denominazione di SCUOLA COMPLEMENTARE PAREGGIATA.
Nell’anno 1929 la scuola complementare diventò Scuola di Avviamento Professionale, di tipo commerciale, denominata SCUOLA SECONDARIA DI AVVIAMENTO PROFESSIONALE A TIPO COMMERCIALE.
La Scuola di Avviamento Professionale venne dichiarata statale soltanto il 16 settembre 1937.
Nel 1941-1942 Il fabbricato ospitò anche i corsi di Scuola Media gestita dall’ENIMS.
Il 1° ottobre 1953 la nostra scuola media diventò autonoma.
Nel 1945-1946 diventò scuola media parificata.
Nel 1946-1947 diventò Scuola Media Inferiore.
Nel 1954-1955 diventò Scuola Media Statale
Nel 1964-1965 diventò Scuola Media Unificata.
Nel 1963 la scuola Media e l’Avviamento furono unificate e presero il nome di Scuola Media Unificata. In pratica la Scuola di Avviamento venne soppressa. Sopravvissero soltanto le classi seconda e terza che dovevano concludere definitivamente il loro ciclo nell’estate del 1965
1897 - Nasce a Fucecchio la Sezione del PARTITO SOCIALISTA ITALIA NO (dal 1897 al 1946)
Ne diede notizia il corrispondente fucecchiese del settimanale socialista empolese IL RIBELLE del 28 novembre 1897.
La Sezione fucecchiese era composta da una ventina di giovani lavoratori. Durante la prima adunanza venne deliberata l’adesione della sezione fucecchiese al Partito nazionale socialista e ci si abbonò a diversi giornali socialisti. Il promotore della sezione socialista era stato soprattutto il calzolaio Raffaello Benvenuti, ex fondatore nel 1893 della Lega operaia socialista a Fucecchio.
Mentre ad Empoli l’adesione al PSI assumeva caratteri di massa con sezioni, circoli, cooperative, società di resistenza, a Fucecchio si faticava a reperire la somma necessaria per affittare un locale dove gli iscritti avrebbero potuto riunirsi. Un anno dopo, nel 1898, venne affittato un fondo in Via Sambuca (area dell’attuale Piazza Cavour e via Curtatone, cioè il Poggetto).
Le intimidazioni padronali, i ricatti, l’ignoranza e la miseria resero arduo e lungo il cammino per l’attecchimento di strutture politiche e sindacali. Comunque, la presenza di una sezione socialista, sia pur debolissima, servi a mettere a fuoco, dinanzi a tutti, i problemi della classe lavoratrice.
Vi si iscrissero: Benvenuti Andrea, sarto (deceduto nel 1942), che ne fu il primo Segretario; Benvenuti Enrico, Benvenuti Pietro, falegname (deceduto nel 1913); Bianconi Giuseppe, calzolaio (deceduto nel 1952); Lotti Enrico, Lotti Giovanni di Mariano, Lotti Giovanni di Pietro, Mannini Fiore, Papini Orazio (morto nel 1921 in seguito alle gravi ferite infertegli dai fascisti che naturalmente non furono mai ricercati) e Papini Virgilio, Riccioni Cesare, Taviani Alberto, entrambi calzolai.
La sezione teneva le sue riunioni in una misera stanza, umida e buia, al Poggio Alberighi ove i compagni, se volevano sedere, dovevano portarsi la seggiola. La disoccupazione in Toscana, nel 1897, era diventata endemica. La miseria degli strati popolari scatenò risentimenti ed esasperazione e sfociò, a Fucecchio, nel mese di settembre del 1897, in una massiccia dimostrazione operaia contro il Comune. Alla fine del XIX secolo, quindi, per la nostra popolazione l’interlocutore non era lo Stato bensì il Comune. La manifestazione operaia fucecchiese venne stroncata dai carabinieri a cavallo. Il nostro Comune, sotto la spinta della minaccia popolare, deliberò immediatamente l’esecuzione di alcuni lavori pubblici; inoltre esercitò una forte pressione sui ricconi del paese affinché anch’essi dessero un immediato avvio ai loro lavori.
Con l’ondata reazionaria del 1897 la sezione fu sciolta e tutti i suoi componenti arrestati e deferiti al Tribunale di guerra, sotto l’accusa di istigazione a delinquere, oltraggio con violenza e turbativa della libertà del lavoro e dell’industria. Con loro furono arrestati e processati: Bagnoli Eugenio, Benvenuti Cesare, Benvenuti Ettore, Benvenuti Paolo, Bertini Giovanni, Bricoli Egisto, Canovai Pietro, Cardini Gaetano, Cenci Agostino, Chimenti Corrado, Cicalini Giulio, Donati Pilade, Frediani Virgilio, Guasqui Augusto, Lotti Candido, Lotti Enrico, Pacini Giuseppe, Panzani Silvio, Soldaini Alfredo, e tre donne: Lupi Liduina, Marradi Annunziata, Boncristiani Maria.
Alcuni di questi imputati avevano raggiunto appena il 16° anno di età!
Il Tribunale di Guerra di Firenze aveva un lavoro enorme e aveva dovuto dividersi in sezioni: il processone di Fucecchio fu celebrato dinanzi alla seconda Sezione che sedeva in permanenza alla Fortezza da Basso, nei giorni 25 e 27 luglio 1898.
Dinanzi ai Tribunale di Guerra non era ammessa la difesa di avvocati civili: per gli imputati furono nominati difensori tre tenenti, tra i quali LUIGI PIRANDELLO, che fu poi uno dei più grandi drammaturghi italiani. Il Pirandello, pur non essendo avvocato, mise molto impegno nella difesa, tanto che il Presidente, ad un certo punto, gli impose di tacere!
Il Pubblico Ministero (avv. Argenti), riconoscendo che il processo era stato montato, chiese l’assoluzione di buona parte degli imputati, tra cui due donne, e la condanna degli altri a pene varianti dai~sei - mesi ai 14 mesi di reclusione. Ma il Tribunale non comprese la umanità cui si era ispirato l’avvocato militare: limitò a sei le assoluzioni ed aumentò le pene richieste dal P.M. portandole da un minimo di mesi 8 ad un massimo di mesi 27. Naturalmente il più colpito fu il Segretario della Sezione Andrea Benvenuti.
Chi portò pene minime le scontò interamente nel carcere giudiziario; gli altri furono trasferiti nel reclusorio di Sorano del Cimino da dove li liberò l’amnistia del 1899.
Nel 1898 esplose in maniera definitiva la crisi del FUSTAGNO, una stoffa ottenuta con cotone e canapa e della cui produzione avevamo l’esclusiva.
La tessitura, con l’indotto delle filanderie e delle tintorie, era stata per tutto il secolo XIX (1800-1900) l’attività più diffusa nel nostro comune. In tutte le famiglie, anche in quelle di campagna, c’era un telaio per tessere stoffe di cotone, di lino, di canapa, di fustagno. In paese c’erano anche delle botteghe con 10, 15 ed anche 20 telai.
I telai, a Fucecchio venivano spinti a mano. A Prato, invece, dopo il 1850, erano stati applicati ai telai i motori: prima quelli a vapore, poi quelli a scoppio ed infine quelli elettrici.
A Prato la produzione della stoffa era aumentata vertiginosamente e i pratesi avevano potuto abbassare, e di molto, i prezzi delle loro stoffe.
Nessun mercante venne più ad acquistare le stoffe a Fucecchio perché erano troppo care. Le botteghe chiusero i battenti e così le filanderie e le tintorie. I telai familiari rimasero fermi. E di nuovo fummo colpiti in maniera irreversibile dalla disoccupazione. Come se ciò non bastasse, nel 1898, si verificò un aumento repentino del prezzo del grano e quindi del pane e della pasta. Questa concomitanza suscitò indignazione ed esasperazione nei ceti popolari.
Perciò in questo indimenticabile 1898 venne proclamato uno sciopero generale. Le autorità tutorie non vollero concedere il permesso. Il popolo non si lasciò intimorire dalle autorità.
Il 6 maggio 1898 Fucecchio scende in sciopero.
Di prima mattina, la gente esce dalle case degli Ortacci, di Cammullia, del Cassero e della Greppa innalzando cartelli con scritta una sola parola: pane. Si forma un corteo, in testa le donne (una, la Sola, sventola la bandiera rossa), dietro i bambini e gli uomini.
Il corteo si dirige verso il municipio, gridando:
- Abbasso la tassa sul macinato. Abbasso la tassa sulla fame. Abbasso la tassa sui poveri.
Davanti al municipio si grida anche: - Abbasso gli affamatori del popolo.
Il sindaco, Lelio Pera, si affaccia al balcone. -Andate a casa -- dice.
Come risposta ottiene fischi prolungati.
Intervengono i carabinieri e il commissario di polizia. Quest’ultimo dice:
- Chi è buon cittadino, torni a casa.
Ma nessuno si muove. Allora c’è l’intervento dei carabinieri a cavallo. Non sono molti, però riescono, con continue cariche, a disperdere i manifestanti e a intrappolarne alcuni (donne, soprattutto: c’è anche la Sola), che finiscono in carcere a San Miniato (processati, verranno condannati a due mesi di reclusione).
Più tardi, due operai si presentano al sindaco. A nome dei dimostranti chiedono che il prezzo del pane venga ridotto a trenta centesimi.
Il sindaco convoca d’urgenza il consiglio comunale, che delibera l’apertura di uno spaccio municipale per la vendita del pane di seconda qualità. Nella stessa riunione, si deplora «che i poteri e le autorità competenti non abbiano saputo in tempo escogitare ed attuare quei rimedi preventivi che avrebbero evitato una repressione resa dall’imprevidenza tanto più dannosa e più grave ».
Giovanni Dal Molin, responsabile dell’unica cooperativa di consumo, si dichiara pronto a mettere a disposizione locali, macchinari e personale per realizzare lo spaccio comunale del pane. Quando tutto sembra predisposto per la realizzazione di questa operazione interviene la Giunta comunale che boccia quanto era stato deliberato dal Consiglio Comunale che si era riunito in seduta straordinaria la sera del 6 maggio.
I tafferugli non erano però finiti. Il 9 maggio 1898 un gruppo di dimostranti assale svariati panifici. Poi, dopo una prolungata sassaiola, penetrano nella fattoria Panicacci e la saccheggiano.
Ma la condanna inflitta non valse ad frenare l’ardore e l’entusiasmo dei condannati i quali, nel 1902, ricostituirono la Sezione, ove si iscrissero nuove reclute: Benvenuti Paolo, Bricoli Egisto, Aringhieri Dante, Freudiani Corrado, Cecconi Angiolo, Tamburini Emilio e l’avvocato Matteoli Cesare.
Nel nome di quest’ultimo fu impegnata la battaglia per il Consiglio Provinciale del 1901, con l’appoggio dei repubblicani e dei radicali che formarono con il Partito Socialista il Blocco Popolare, come fecero in quasi tutta l’Italia, per difendere le libertà compresse.
La sede della Sezione fu sistemata in un locale più degno, in piazza Cavour, dove ben presto fu costituito anche il primo Circolo di Studi Sociali, al quale parteciparono alcuni intellettuali di idee democratiche come l’avvocato Giuseppe Pacchi, i Dottori Ranieri e Giovanni Montanelli, il Notaio Antonio Banti ed alcuni giovanissimi studenti, tra i quali ricordiamo Gino Montanelli, oggi oculista a Verona, e, Tullio Meucci, che la morte strappò anzitempo alla famiglia ed al Partito. Fu anzi il Meucci Tullio che costituì il primo nucleo del movimento giovanile.
Le idee e i programmi non erano però ancor bene definiti e fissati: Nelle classi operaie esisteva l’istinto verso il Socialismo, mentre nei ceti medi e specialmente negli intellettuali vi era una tendenza democratica, a sfondo repubblicano anticlericale, con varie aspirazioni riformistiche nel campo economico e sociale.
Più che al programma massimo ed alla dottrina marxista, si volgeva l’attenzione al programma minimo del Partito approvato dal Congresso di Roma del 1900, dal quale purtroppo ebbero origine le tendenze che sono state sempre una piaga per il Partito.
I giovani si sentivano attratti dalle idee di giustizia e di bontà del socialismo. Essi affluivano nell’Associazione dì Pubblica Assistenza, a carattere anticlericale, e nelle prime Leghe di Resistenza: quella dei calzolai, istituita nel 1901; dei terrazzieri istituita nel 1905; delle e fiammiferaie istituita nel 1907; tutte aderenti alla Camera del Lavoro di Empoli.
La Pubblica Assistenza fu la vera fucina rossa dalla quale uscirono i compagni migliori che si dimostrarono, oltre tutto, pieni di ardimento e di squisito senso di solidarietà sociale, avendo anche concorso a costituire il corpo volontario dei pompieri ed una scuola di pronto soccorso per gli infermieri, che partecipò anche al Congresso di Livorno, avvenuto se non andiamo errati, nel 1908.
La propaganda spicciola, capillare fatta mediante la diffusione di opuscoletti come “Il seme”, dei giornali quotidiani, tra cui “L’Avanti” (che ebbe una relativa larga diffusione), dette ben presto i suoi frutti.
Nel 1904 fu costituita la Sezione del Ponte a Cappiano di cui fecero parte, tra gli altri, il Bocini Leopoldo, ed il giovane Andrei Donnini,morto giovanissimo.
Nel 1905 furono costituite le Sezioni di Massarella e di Torre, per l’opera davvero instancabile dei compagni Buoncristiani Cesare, Bigini Ulisse, Boschi e Cammilli Francesco.
Nel 1905 il primo sciopero delle tessitrici a domicilio. Fu una delle prime Leghe, quella delle tessitrici, ed aderì alla Camera del Lavoro di Empoli, alla inaugurazione della quale intervenne anche un Pretore, Stefano Betti nativo di Colle Val d’Elsa dove aveva udito la parola calda di Vittorio Meoni. Il Betti subì una serie di noie da parte dei superiori.
Le tessitrici erano sfruttate in modo indegno. Erano costrette per guadagnare pochi centesimi al giorno, a lavorare oltre 10 ore col telaio a mano e a pedale: un vero tormento! Per riscuotere 7 Lire dovevano riportare una tela intera (parecchi metri!) ed il compenso veniva loro corrisposto, metà in contanti e metà in merce, che erano costrette a vendere sottocosto. Non raggiungevano in tal modo i 50 centesimi giornalieri!
Lo sciopero fu annunciato dall’Avanti!, che aveva cominciato ad avere una certa diffusione anche in Fucecchio. La segreteria della Federazione dei Tessili inviò il suo segretario, Galli, che assistette le scioperanti fino alla vittoria. Esse ottennero che fosse stabilito il metraggio della tela e che il pagamento della mercede fosse fatto tutto in contanti. La giornata di lavoro fu compensata con una lira! Sembrò una grande vittoria.
Accanto al sindacato tessili, sorsero quello dei fornaciai, dei terrazzieri e fornai, cui si aggiunsero, più tardi, quello dei vetrai (per essere sorta in S. Pierino una fabbrica di bicchieri e, per poco, in Fucecchio, una di fiaschi).
Nel 1906 fu costituita la cooperativa dei sarti, di cui fecero parte giovani socialisti e simpatizzanti tra i quali Paolo Benvenuti, Santini e Cecconi Candido, che doveva, ben presto, divenire un animatore del movimento socialista.
Il movimento socialista si era innestato su quello anticlericale, d’intonazione repubblicana e massonica. I giovani socialisti erano sotto l’influenza di alcuni professionisti d’idee democratiche e mancavano di esperienza e di coscienza classista.
Essi aderivano ad ogni iniziativa che avesse carattere democratico ed anticlericale. Così nel 1903 parteciparono, come Sezione, alla commemorazione di Giovanni Bovio tenuta al Teatro Pacini dal dott. Giuseppe Meoni di Prato; nel 1907 aderirono al primo trasporto in forma civile del maestro Angioli Luciano, che destò grande scalpore in Fucecchio e fu causa di incidenti cogli abitanti della frazione di Orentano (ove fu trasportata la salma) aizzati dal prete e dai signorotti del luogo; si iscrissero al Circolo Anticlericale, che promosse varie manifestazioni: comizi (uno tenuto dall’avvocato Francesco Bianchi dì Lucca, uno da Raffaello Busoni di Empoli in contraddittorio col ragionier Spigliati di Firenze); lezioni (restò famosa quella del Dott. Nicolò de’ Colli di Fiesole sul miracolo di S. Gennaro); diffusione di stampa. Grandiosa riuscì la manifestazione di protesta per il martirio di Francesco Ferrer nel 1909.
Ricordiamo a titolo di curiosità che il Circolo Anticlericale aveva per bandiera un gran drappo rosso sul quale era stata riprodotta una vignetta dell’Asino di Podrecca (che venne ad inaugurarla) rappresentante un asino che spazzava frati e monache. La bandiera riportava ovunque grande successo e l’autorità di allora non pensò mai né a sequestrarla né a processarla: oggi, in piena democrazia repubblicana, sarebbero guai!
Si spiega questo acceso anticlericalismo, non solo perché il movimento socialista era legato cogli esponenti della democrazia repubblicano-massonica, ma anche perché in tutti i congressi della gioventù socialista, che nel 1907 aveva aderito a Bologna al P.S.I. si insisteva sulla necessità della lotta anticlericale, giustificata dal contegno dei cattolici di allora, ostili allo Stato italiano unitario.
Il Partito Socialista non ebbe in Fucecchio forza sufficiente per lottare da solo. D’altra parte anche nei centri più importanti ed evoluti erano, dopo il 1898, frequenti le fusioni cogli altri partiti che si dicevano popolari, per combattere le consorterie annidate nei Comuni e nelle province. La Sezione era composta esclusivamente o quasi, di poveri lavoratori che avevano poche disponibilità, raggiungendo la paga giornaliera di appena lire 2!
Quando quattro nostri compagni, il Benvenuti, il Cecconi Candido. l’Aringhieri ed il Giannotti Leopoldo si recarono nel 1909 ad Imola, per rappresentare la Sezione ai funerali di Andrea Costa, dovettero, per ritornare al paese, ricorrere al sotterfugio di nascondersi in treno nelle ritirate, non avendo danaro per comprare il biglietto.
La prima affermazione dei partiti popolari si ebbe nel 1906. I candidati furono: l’avv. Banti Antonio e l’avv. Pacchi Giuseppe, simpatizzanti socialisti; l’ing. Giuseppe Dei, radicale, il rag. Giuseppe Taddei ed il commerciante Emilio Lotti, repubblicani, ed il compagno Cesare Buoncristiani, che già vedemmo animatore dei contadini di Massarella e Torre. La lista, portata per la minoranza, ebbe una lusinghiera affermazione, riuscendo tre candidati socialisti ad eguagliare i voti del capolista avversario, principe Corsini, ed a superare quelli del sindaco uscente, Bassi, e del deputato provinciale Montanelli, nonostante che gli avversari fossero ricorsi ad ogni sorta di mezzucci, compreso l’uso della cosiddetta lista a rotazione.
Prima di queste elezioni i partiti popolari avevano fatto un brutto scherzo alla consorteria locale: avevano portato un candidato burletta, un povero scemo che riuscì eletto con una votazione anche superiore a quella di alcuni pezzi grossi! Ciò provocò le ire degli avversari che si dimisero in massa provocando la venuta dì un commissario.
Nelle elezioni del 1908 riuscirono eletti l’avv. Banti, l’avv. Doddoli, il rag. Taddei e l’ing. Dei, per i radicali e repubblicani e due compagni socialisti: Dante Aringhieri e Cesare Buoncristiani. Un piccolo passo innanzi era fatto!
Nelle elezioni del 1910, per il parziale rinnovamento del consiglio, ai due compagni decisamente socialisti si unì un simpatizzante nella persona deIl’avv. Mario Soldaini.
Nel 1909 il Partito Socialista volle scendere in lotta anche nelle elezioni politiche nel collegio di 5. Minuto, affermandosi sul nome dell’avv. Carlo Corsi di Firenze, coll’appoggio dei partiti popolari.
Non vi era speranza di successo (l’avversario era troppo forte anche per le personali simpatie di cui godeva), ma l’affermazione fu lusinghiera. Il candidato socialista riportò circa 1.500 voti, pur non avendo raggranellati che poche decine in alcune zone ove non fu neppur possibile fare propaganda.
Ma il Partito entrava ormai nella sua fase di ascesa. Aveva dato buon frutto la propaganda di Giulio Masini, di Raffaello Busoni, di Bellincioni di Pontedera, di Adalberto Targioni, di Modìgliani, di Francesco Betti, cui si univa quella spicciola di ogni giorno ed in ogni occasione di Benvenuti, di Aringhieri e dei fratelli Cecconi.
Il movimento socialista ebbe grande incremento dopo il ritorno a Fucecchio, da Pisa, ove si erano trasferiti per seguire i corsi universitari, di due giovani: il Dott. Tullio Meucci e l’avv. Gaetano Pacchi.
Quest’ultimo divenne subito il nostro alfiere. Giovane di 21 anni, veniva dal movimento sindacalista da cui si era staccato nel 1908, per seguire la corrente socialista della gioventù aderente al partito.
Tutti ricordano il grande discorso di Pacchi al Teatro Pacini per la celebrazione del 10 Maggio 1911. L’attività dei giovani sotto la guida di Pacchi, si moltiplicò. Appartenendo ad una famiglia che in tutto il Mandamento era venerata, il Pacchi poté andare dove difficilmente altri avrebbero potuto parlare. La Sezione vide raddoppiati i suoi iscritti; fu costituito il primo nucleo femminile e sorsero le Sezioni di S. Pierino, di Querce e di Galleno.
Ne! 1913, in una assemblea di sezione, fu lanciata la proposta di far uscire a Fucecchio un settimanale.
Fino ad allora avevano usufruito per le loro polemiche (particolarmente curate da Candido Cecconi) della “Vita Nostra” di Empoli, ma ora si sentivano capaci di fare uscire un loro foglio.
Nacque così “IL FARO” che visse fino allo scoppio della guerra, cioè fino al Maggio 1915, quando il direttore avvocato Pacchi fu chiamato alle armi. Furono giornate di entusiasmo e di alacre lavoro. Pochi erano i mezzi: tanta la fede e la volontà, per cui tutti davano il loro contributo improvvisandosi articolisti, corrispondenti e perfino compositori tipografi.
Il Partito acquistava, di giorno in giorno, più forza e simpatia penetrando anche nelle zone più refrattarie. Nel 1913 si ebbe la prima vera, grande lotta socialista per le elezioni politiche a suffragio allargato, affrontata con tattica intransigente nel nome di Luigi Salvatori, avvocato di Viareggio, morto anzitempo, dopo 10 anni di patimenti in galera e al confino.
La parola calda, travolgente di Salvatori (questa volta osteggiato anche dai rappresentanti degli altri partiti “popolari” che vedevano tramontare la loro supremazia morale) meravigliò gli avversari ed infiammò i compagni. Una forza nuova si faceva strada, nonostante tutte le persecuzioni, le corruzioni e le intimidazioni di ogni genere.
Il Socialismo passava! Contro Francesco Guicciardini, Salvatori ottenne 3.000 voti.
Dopo il congresso di Ancona, il Partito ingaggiò un’altra aspra battaglia per le elezioni amministrative, con tattica sempre più intransigente. Contro gli avversari coalizzati, conquistò la minoranza coi compagni: Benvenuti Paolo, Cecconi Candido, Aringhieri Dante, Donnini Alfieri, Freudiani Duilio e Pacchi Gaetano.
La guerra, contro la quale tutte le Sezioni socialiste del Comune insorsero con grandiose manifestazioni, fermò la meravigliosa marcia in avanti. Le Sezioni si vuotarono di giovani richiamati alle armi; “IL FARO” cessò le pubblicazioni (l’ultimo numero costò al direttore un processo dal quale lo liberò l’amnistia) e il Partito sembrò languire.
Ma il fuoco covava sotto la cenere e divampò in fiamme ardenti alla fine del conflitto. Tutte le frazioni del Comune, tutti i comuni del circondano si tinsero in rosso. Nacquero sezioni del partito dovunque, si costituirono nuovi sindacati, donne e giovani fondarono i loro circoli che trovarono ospitalità nella Casa del Popolo, acquistata nel 1919. Anche i lavoratori dei campi si svincolarono dalla soggezione al prete ed al padrone e vennero ad accrescere le file del proletariato socialista.
La propaganda di Pacchi, di Salvatori, di Masini, di Busoni Raffaello e Jaurés, di Candido Cecconi si intensificò fino all’inverosimile e Fucecchio concorse al trionfo della lista socialista nelle elezioni del 1919 affermandosi sul nome del concittadino Gaetano Pacchi.
Il Comune fu conquistato ed il mandamento per le elezioni provinciali del 1920 fu appannaggio socialista, nel nome di Giuseppe Nesti di Montecalvoli.
Fucecchio ebbe il primo Sindaco socialista nella persona del carissimo Angiolo Cecconi, mutilato di guerra, che, ben presto, s’impose alla considerazione degli avversari e delle stesse Autorità.
Poi subentrò ... il fascismo, colle sue violenze, le sue atrocità, i suoi delitti. Molti i feriti (fra questi gravemente Candido Cecconi); molte le case e gli studi devastati (fra questi quello di Gaetano Pacchi); molti i costretti ad allontanarsi dal paese.
Ritornarono, dopo aver partecipato alla guerra di liberazione, più vivi che mai. La Sezione fu subita ricostituita a fianco di quella del P.C.I.; ripresa la organizzazione sindacale; conquistato il Comune, nel 1946 e nel 1951; riconfermato sempre Angiolo Cecconi a Sindaco; conquistato un seggio nel Consiglio Provinciale col compagno comunista Mario Corona
1898 - Inondazione del fiume Arno. (1 aprile 1898)
1899 - La Scuola elementare maschile e femminile nel Piazzale
La riduzione di un’ala del convento di S. Salvatore a scuola elementare maschile - la femminile si trovava al piano terra del medesimo convento - non si rivelò una operazione indovinata.
La scuola era stata aperta il 4 novembre 1874, ma dopo pochi anni le aule diventarono malsane ed insufficienti.
Per supplire alla mancanza di aule, il Comune dovette sistemare alcune classi in un Palazzo di via Gattavaia e all’interno del Teatro Pacini.
Cominciò a maturare in molti amministratori il proposito di costruire ex novo una grandissima scuola elementare. Occorreva, però, reperire molti fondi.
Nel 1886 il Comune vendette alle superstiti clarisse di S. Salvatore il convento dove erano temporaneamente alloggiate. Con questa vendita il Comune incamerò 20.000 lire. L’Opera Pia Landini Marchiani si impegnò a donare 15.000 lire per la costruzione di un edificio scolastico nuovo. Lo Stato, per Legge, ci avrebbe dovuto dare 18.000 lire. Il gruzzolo, come si può vedere si fece abbastanza consistente.
Il 1° novembre 1896 venne deliberata dal Consiglio Comunale la costruzione di un edificio scolastico capace di accogliere 500 alunni nel Piazzale o Piazza XX Settembre.
Il progetto venne elaborato dall’architetto Micheli. La gara di appalto dei lavori venne vinta dall’impresario Fisti che subappaltò la costruzione della scuola all’impresa Frangini.
Il fabbricato, costato 52.004 lire, venne consegnato al Comune il 5 agosto 1899. Al primo collaudo il fabbricato risultò “poco stabile”.
L’inaugurazione fu fatta il 9 novembre 1899 alle ore 10,30.
I 117 invitati vennero ricevuti in Piazza XX Settembre mentre la Banda musicale eseguiva alcune marcette ( 2 soltanto perché si voleva spendere il meno possibile. Ad ogni bandista, infatti, venne corrisposto un compenso di 50 centesimi di lira ).
Dalle ore 11 alle ore 12 vennero pronunciati nella palestra della scuola discorsi. Parlarono l’assessore alla Pubblica Istruzione, il direttore didattico e il sindaco.
Dopo i discorsi vennero visitati i locali della scuola.
Alle ore 13 ci fu per i 117 invitati la “refezione” che venne allestita nella Palestra che dalle 11 alle ore 12 era stata utilizzata come Auditorium.
La refezione fu gratuita per gli invitati forestieri, mentre per gli invitati locali fu A BOCCA E BORSA (e cioè a pagamento: 5 lire).
Dalle ore 15 alle ore 17 le autorità visitarono la Scuola Professionale, l’Ospedale e il Municipio.
1900 - La morte di Umberto I re d’Italia
Il 29 giugno 1900, a Monza, l’anarchico Giulio Bresci uccise il Re Umberto I di Savoia.
Il giorno dopo, l’assessore Soldaini rese pubblica la notizia a tutto il paese. Il popolo manifestò la propria costernazione esponendo le bandiere abbrunate e tenendo chiusi tutti i negozi. Il prosindaco telegrafò alla Regina i sensi di indignazione e di cordoglio di tutto il popolo fucecchiese.
La Giunta comunale, dopo aver commemorato la figura del re, deliberò di portare il lutto, di abbrunare tutti i ritratti e il banco degli assessori e di fondare e mantenere a Fucecchio un RICOVERO DI MENDICITA’ per anziani intitolato alla memoria di Re Umberto I di Savoia.
“ Sarà il monumento più caro e uno dei più belli fra quanti Fucecchio potrà erigerne alla santa memoria del Padre del Popolo”
Fu deliberato che a partire dal 1901 sarebbero state stanziate ogni anno 1500 lire per l’erigendo Ricovero di Mendicità.
Il nuovo re, Vittorio Emanuele III, ed il presidente del Consiglio Giolitti inaugurarono un quindicennio di politica silenziosa ma profondamente trasformatrice.
- il suffragio maschile divenne universale;
- la legislazione in campo sociale fu veramente rivoluzionaria: venne resa obbligatoria l’assicurazione contro l’invalidità e la vecchiaia; venne redatta una legislazione sociale a tutela del lavoro dei fanciulli e delle donne;
- venne istituito un Commissariato a tutela dei milioni di immigrati che avevano lasciato e che lasciavano l’Italia;
- non fu ostacolata la nascita di formazioni politiche che andarono sotto il nome di socialismo, liberalismo, nazionalismo, democrazia cristiana di Murri;
- senza grande scalpore anche il Regno d’Italia si dotò di un paio di colonie: la Libia ed il decanneso;
- fu salutata anche in Italia l’affermarsi della cultura idealistica che ebbe i suoi epigoni in Croce e Gentile;
- la diga Giolitti, nel 1914, venne travolta dalla fiumana nazionalista che voleva ed ottenne l’ingresso dell’Italia nel primo Conflitto mondiale.
1900 - Accattonaggio ed emigrazione
Dal 1800 al 1900 l’attività manifatturiera più praticata a Fucecchio era stata quella tessile.
Fucecchio era un paese di linaioli, di tintori, di filandole, di tessandoli e tessandole, di calzettaie e di magliaie.
Non c’era casa di paese e di campagna che non disponesse di un telaio.
Esistevano anche le botteghe dove si fabbricavano tessuti e nelle quali lavoravano dalle dieci alle venti operaie.
Quando passò il treno della motorizzazione dei telai gli artigiani fucecchiesi preferirono ignorarlo. Gli artigiani di Prato, invece, ci salirono a volo. Prato decollò; Fucecchio precipitò in una recessione irreversibile.
All’inizio del secolo ventesimo la situazione economica del nostro paese era veramente disastrosa: non c’era lavoro per nessuno.
Molte persone, allora, si dedicarono all’accattonaggio. Quasi tutti i giorni, all’alba, lasciavano il paese e a piedi raggiungevano i paesi e le cittadine dove si svolgevano i mercati settimanali, le fiere annuali o importanti festività locali.
Chi si vergognava a praticare questa attività, emigrava nell’Italia settentrionale dove , per alcuni mesi dell’anno, erano molto ricercati i fornaciai, cioè operai che sapevano produrre laterizi. Al termine della “stagione” rientravano a Fucecchio in attesa di ripartire.
I fornaciai si portavano preferibilmente in Emilia ed erano accompagnati dalla moglie e dai figli dato che potevano usufruire di un alloggio gratuito.
Un’altra categoria di “stagionali” erano i calzolai che raggiungevano addirittura la Corsica.
Alcune famiglie lasciarono per sempre Fucecchio ed emigrarono quasi tutte in Francia.
1901 - Divorzio
Fucecchio, domenica 10 gennaio 1901
Dopo l’annuncio del Vangelo, i parroci della Collegiata e di S. Maria delle Vedute lessero una lettera pastorale del nostro vescovo monsignor Pio del Corona.
Il vescovo informava i fedeli che il ministro Zanardelli, massone, aveva presentato alla Camera dei deputati un progetto per la introduzione del DIVORZIO anche nel Regno d’Italia.
A conclusione della pastorale i parroci lessero:
“..questo nefasto disegno viene da uomini perversi e più che un attentato sacrilego alla Religione è un’onta alla civiltà del popolo italiano, è un conato selvaggio a scornare la donna.”
I fedeli non seppero nascondere la loro perplessità.
La notizia si diffuse a macchia d’olio.
Per alcune settimane non si parlò che di divorzio sia nelle osterie sia nelle botteghe artigiane.
I pareri erano discordi.
Il disegno di Legge del ministro Zanardelli, alla fine, si arenò.
Anche su Fucecchio calò una coltre di silenzio.
Di divorzio non se ne parlò più.
1902 - Trasporto funebre
Per effetto della presenza del neonato Partito Socialista e delle Camere del Lavoro (sindacato) nacque e si consolidò anche a Fucecchio, agli albori del 1900, la classe operaia organizzata.
I dirigenti della classe operaia additavano nei PADRONI e nel CLERO i due nemici da sconfiggere. Padroni e clero divennero il bersaglio “orale” preferito della gente povera: Offese e dispetti si sprecavano.
Il 28 settembre 1902 si svolsero i funerali del socialista Eugenio Lotti. I familiari del Lotti espressero il desiderio che il corteo funebre percorresse via Lamarmora anziché tagliare da via Mario Sbrilli. I preti si opposero. I familiari e i compagni socialisti non si arresero.
Quando il corteo funebre imboccò piazza Vittorio Veneto, il crocifero e preti svoltarono in via Mario Sbrilli mentre il corteo proseguì compatto per Borgo Valori e scese in Via Lamarmora.
L’autorità ecclesiastica ne rimase scossa.
1903 - Lite fra clero e Misericordia
Il 20 luglio 1903 accadde un episodio veramente singolare che ebbe come protagonisti il Governatore della Misericordia Sestilio Benvenuti e l’arciprete della Collegiata, il canonico Masini.
Il 20 luglio papa Pio IX era agonizzante. Venutone a conoscenza, il Governatore della Misericordia, smanioso di anticipare l’arciprete nel diffondere la notizia della morte del papa che si dava per imminente, fece suonare “a morto” le campane.
L’arciprete andò su tutte le furie.
Non appena gli vene comunicata l’avvenuta morte del papa, l’arciprete fece suonare le campane “a morto” per tre ore consecutive.
Il Governatore passò subito al contrattacco: mentre le campane suonavano, si mise in giro per le strade allo scopo di far sapere a tutta la gente che il primo ad averne dato l’annuncio -della morte del papa- era stato lui.
Il giorno dopo, il 21 luglio, l’arciprete Masini affisse in fondo alla chiesa una Circolare per condannare l’operato del Governatore della Misericordia che aveva prevaricato una prerogativa dei parroci.
Il 22 luglio, il Governatore Sestilio Benvenuti minacciò di denunciare l’arciprete ai carabinieri se non avesse tolto dalla porta della chiesa la Circolare.
L’arciprete Masini non tolse niente.
Nemmeno l’intervento del vescovo riuscì a scoraggiare le manie esibizionistiche del Governatore della Misericordia.
1903 - Fillossera
La fillossera è un insetto simile alla mosca che nell’arco di un anno produce tre generazioni diverse di insetti, ognuna delle quali esplica una funzione specifica.
La prima generazione è formata da fillossere innocue.
La seconda generazione è formata da fillossere che producono vesciche sulle pagine delle foglie.
La terza generazione, che trae origine dalla seconda, attacca le radici delle viti succhiandole e decretandone così la morte.
Nel 1903 la fillossera e le condizioni metereologiche avverse distrussero in anticipo il raccolto dei campi. Grano ,viti e ulivi non produssero alcun frutto.
La situazione dei contadini del Valdarno era disperata.
I Comuni di Fucecchio, Santa Croce sull’Arno e Castelfranco di Sotto chiesero aiuto al Governo; ma il Governo non rispose.
Qualcuno suggerì ai nostri amministratori di rivolgersi al papa:
- Il suo cuore paterno resterà commosso al racconto di così gravi sciagure.
L’inoltro della richiesta d’aiuto seguì la via gerarchica.
Forse anche la Santa Sede “fece orecchie da mercante”.
La fillossera scardinò i vigneti e la fiducia nelle alte gerarchie civili e religiose.