Il 14 marzo 1861 ci fu la Proclamazione del Regno d’Italia.
Fucecchio, finalmente, diventò un comune italiano.
I fucecchiesi festeggiarono l’avvenimento con fuochi d’artificio e con una grande luminaria.
Il nostro Giuseppe Montanelli non aveva ancora smaltito l’amarezza di essere stato battuto dall’avvocato Menichetti di Castelfranco che era stato eletto alla Camera dei Deputati del Parlamento Italiano grazie alla campagna denigratoria, nei confronti del nostro illustre concittadino sostenuta dal quotidiano LA PERSEVERANZA.
Al breve periodo dell’esultanza subentrò un lungo periodo di paura: si temeva il ritorno degli Austriaci e la conseguente fine della nostra italianità e della nostra indipendenza.
Dal 1861 al 1876 il potere sul Regno d’Italia venne esercitato dalla destra, formazione politica di chiara ispirazione conservatrice. Questi i provvedimenti che coinvolsero anche il nostro comune:
- coscrizione (servizio militare di leva) obbligatoria
- codice civile e penale eguale per tutti i cittadini del Regno d’Italia
- estensione dello Statuto albertino a tutto il Regno
- ripianamento del debito pubblico
- lotta al brigantaggio nell’Italia Meridionale
Terza guerra d’indipendenza e Legge dell’incameramento dei beni ecclesiastici
Conquista incruenta di Roma
1861 - Uffizio funebre per Cavour
La morte di Camillo Benso conte di Cavour, avvenuta il 6 giugno 1861, suscitò un profondo cordoglio anche a Fucecchio.
Sebbene si sapesse quanto il Cavour fosse uno spirito laico, la nostra amministrazione comunale deliberò di far celebrare in Collegiata un Uffizio (funebre) a suffragio dell’anima del grande statista italiano.
L’arciprete Silvestro Montanelli notificò al nostro Gonfaloniere che senza l’autorizzazione del vescovo non poteva celebrare le esequie funebri commissionategli dall’Amministrazione comunale.
Il vescovo concesse benevolmente l’autorizzazione.
Ad un mese di distanza dalla morte, il 5 luglio 1861, venne celebrato in Collegiata un Uffizio solenne. La chiesa era gremita di fedeli e di cittadini laici. I rappresentanti del Comune assistettero all’Uffizio in gramaglia nera.
L’ UFFIZIO dei defunti era una cerimonia che si svolgeva nelle chiese parate a lutto.
L’arredo indispensabile per questa cerimonia era il catafalco ricoperto da un grandissimo tappeto nero bordato con guarnizioni d’oro o d’argento. Ai lati del catafalco ci dovevano essere sei ceri giganti: tre per ogni lato.
Anche i parati dei sacerdoti erano neri.
La scaletta della cerimonia comprendeva: la celebrazione di tante Messe quanti erano i sacerdoti presenti all’Uffizio; il “suono a morto” delle campane che si ripeteva con una frequenza quasi ossessiva; il canto delle esequie funebri che si concludeva con l’aspersione e la incensazione del catafalco.
Il catafalco, di legno, aveva la forma di un tronco di piramide a base rettangolare e veniva posto sopra una pedana o sopra delle caprette. Era lungo tre o quattro metri ed era alto almeno due metri.
1861 - Ponte a fili di ferro
La borghesia locale, tra il 1850 e il 1860, aveva capito come e quanto fosse utile dotare il nostro paese di un ponte ora che era entrata in funzione anche la linea ferroviaria Firenze-Pisa. Nella costruzione di un PONTE SOSPESO A CAVI DI FERRO i nostri borghesi avevano subodorato anche un grosso affare. Ottenendo la privativa del ponte avrebbero potuto recuperare i soldi spesi ed accantonare lauti guadagni con l’imposizione perpetua di un pedaggio. La raccolta dei fondi necessari per la realizzazione di un’opera così imponente sarebbe stata garantita dalla vendita delle azioni.
E’ presumibile che nel 1854 sia stata fondata la Società Anonima per Azioni per la costruzione di un ponte sull’Arno sospeso a cavi di ferro.
All’inizio del 1855 alcuni membri di questa Società Anonima per Azioni - l’avvocato Giuseppe Banti, il dott. Pietro Trivellini, Francesco Montanelli, Stefano Marchiani, l’avvocato Giuseppe Marrucchi, Cipriano e Vincenzo Banti ed il dott. Raimondo Lampaggi si riunirono a Torre, nella casa colonica di Carlo Landini Marchiani, per fare il punto sulla situazione del ponte. Convennero tutti quanti che la loro inoperosità era da addebitarsi alla burocrazia granducale e all’ostruzionismo dei proprietari di quei terreni che dovevano essere espropriati per allargare la strada che avrebbe dovuto condurre al ponte.
I proprietari di questi terreni erano Tommaso, Edoardo e Gregorio Panicacci, Giuseppe e Luigi Majonchi, Emilio e Giuseppe Bassi, Paolina Banti, il principe don Tommaso Corsini, il marchese Piero Azzolino, Maria Giuseppa Lavajani Aleotti, Luigi e Vincenza della Bianca, la chiesa arcipretale della Collegiata, la chiesa parrocchiale di Gavena e le famiglie Bonistalli e Polandri.
Nel corso della riunione furono rilevate le difficoltà create dall’erigendo ospedale S. Pietro Igneo. Chi si era finanziariamente impegnato con l’ospedale, non poteva acquistare molte azioni.
Fra i fattori ostacolanti venne annoverata anche la notizia della ormai dilagante epidemia di colera che stava per investire anche la Toscana. Tutte le operazioni relative al ponte furono rimandate a tempi migliori.
Il 19 agosto 1861 l’impresa Antonini iniziò i lavori per la realizzazione di un PONTE SOSPESO A FILI DI FERRO per conto della Società Anonima costituita da notabili fucecchiesi. Questi notabili avevano già venduto 100 delle 140 azioni statuite.
Nel 1863 l’impresa Antonini alla quale erano stati affidati i lavori per la costruzione delle fondamenta o fondazioni sciolse il contratto e si ritirò. Si ritirò anche l’ingegner Capei.
Nel 1865 la Società Anonima rigettò il progetto del “ponte sospeso a cavi di ferro” e deliberò la costruzione di un ponte in muratura.
Sempre nel 1865 la Società Anonima si sciolse dopo aver rivenduto le 100 azioni al Comune di Fucecchio che si assunse l’onere della costruzione di un PONTE IN MURATURA.
1862 - La morte di Giuseppe Montanelli
All’inizio del 1862 si rese vacante un seggio per la Camera dei Deputati del Regno d’Italia nel Collegio elettorale di Pontassieve.
Nella seconda decade di gennaio si svolsero le votazioni. Fra i candidati era presente anche Giuseppe Montanelli che prevalse su tutti.
Il nostro concittadino, appena eletto, si portò subito nella capitale del Regno, Torino, per prendere parte attiva ai lavori del Parlamento. Montanelli, fra l’altro, era latore di un progetto per un nuovo Ordinamento Amministrativo..
Purtroppo la crisi del Governo Rattazzi non gli offrì neppure l’opportunità d’illustrarlo.
In prossimità della festività di Pasqua del 1862, il nostro neodeputato lasciò Torino, da 1 anno capitale del Regno d’Italia, e prese il treno per ritornare a Fucecchio. Quando giunse a Genova fu colto da una febbre molto alta. Anziché fermarsi per le cure del caso, Montanelli volle raggiungere egualmente Fucecchio. Giunse a casa in condizioni bruttissime.
A maggio le condizioni di salute peggiorarono.
Il 16 giugno 1862 ebbe una violentissima crisi febbrile. I medici si dichiararono impotenti di fronte alla morte ormai incalzante.
Giuseppe Montanelli, dopo la crisi, si assopì.
Qualche ora dopo la moglie gli chiese come stava: - Non mi sono mai sentito meglio - rispose.
Queste furono le sue ultime parole.
Entrò in coma.
Il giorno dopo, il 17 giugno 1862 spirò.
Aveva soltanto 49 anni. Era nato il 5 gennaio 1813.
Costernazione, sbigottimento e dolore pervasero la popolazione di Fucecchio.
Al suo funerale c’erano tutti: amici e nemici; ammiratori e denigratori; coloro che lo avevano seguito con fede e coloro che gli avevano dato il loro voto solo per fedeltà al proprio paese d’origine.
C’era anche il Guerrazzi. Venne a piangere sulla bara dell’amico Giuseppe. A lui spettò il compito di pronunciare l’orazione funebre che si concluse con un lunghissimo applauso.
1862 - Prostituta della Fontana Monumentale (piazza V. Veneto)
Nel 1862 al centro della piazza Vittorio Veneto c’era una fontana monumentale realizzata nel 1850.
La fontana non era bazzicata soltanto dalle persone che venivano ad attingervi acqua per uso domestico, ma anche da una prostituta, certa Maria moglie del pregiudicato Borgiani di anni 23. Pure Maria era persona pregiudicatissima in materia di libertinaggio.
Una mattina, un certo Gireschi le chiese:
- Mi fai mettere una mano fra le gambe? Ma già, tu fra le gambe non ci hai nemmeno un pelo.
Maria, senza farselo ripetere due volte, si alzò la sottana e si fece mettere una mano fra le gambe. Il Gireschi, eccitato, esclamò: Che p. che hai!!
In quel momento comparve, a bella posta, il Bargiani, marito della prostituta. Dal suo nascondiglio aveva visto ed udito tutto. Ne nacque un alterco col Gireschi. Maria riscosse la consueta razione di botte.
La donna, stanca delle continue percosse,denunciò il marito.
Il Borgiani, convocato dai carabinieri, anziché giustificarsi, urlò:
- Non solo ho minacciato mia moglie, ma ora stesso dico che, Dio mi mandi anco un accidente, che tanto gli taglio la gola..e io ho ragione perché ieri dalle ore 10 alle ore 11 la trovai che si faceva toccare sotto da Gesualdo Gireschi.
1863 - L’ultimo Palio della lancia
Fucecchio, come quasi tutti i paesi della Toscana , fino alla fine del 1800, in occasione delle grandi festività civili e religiose, organizzava corse di cavalli, con o senza fantini, che si svolgevano da Via Dante a piazza La Vergine. Queste corse venivano chiamate impropriamente Palii.
Annualmente, però, si svolgeva anche a Fucecchio un Palio vero e proprio, analogo a quello di Arezzo, detto PALIO DELLA LANCIA o del Saracino. Vi partecipavano giostratori a cavallo armati di lancia. Per vincere dovevano infilare per tre volte la lancia in una campanella – ANELLO - attaccata all’estremità di una cordicella appesa ad un bigoncio pieno di acqua.
Anche nel 1855, poche settimane prima che Fucecchio fosse colpito dal COLERA, si era svolto l’annuale Palio della Lancia. Contingenze storiche particolari non consentirono, per otto anni consecutivi, l’organizzazione dell’annuale Palio.
Soltanto nel 1863, il 14 giugno, si svolse l’annuale Palio della Lancia. E fu l’ultimo. Si svolse nella strada che conduce all’Arno (il ponte a quell’epoca non c’era) e precisamente dirimpetto al Caffè dei Platani.
1863 - Brigantaggio nel Sud
I primi anni del Regno d’Italia proclamato nel 1861 furono resi difficili e drammatici dal brigantaggio che ebbe la sua sede nell’Italia Meridionale.
Piuttosto che prestare servizio militare di leva e pagare le tasse come tutti gli altri italiani, i meridionali preferirono darsi alla macchia. E per “vivere” si dedicarono al brigantaggio.
Il fenomeno fu talmente vasto che le forze dell’ordine si rivelarono inadeguate ed insufficienti.
Il Regno d’Italia, allora, fu costretto a mobilitare l’esercito e a sostenere una vera e propria guerriglia.
Numerosi fucecchiesi prestarono il loro servizio militare nel Sud guerreggiando e molte volte uccidendo i briganti.
Poiché le Casse dello Stato erano esangui e l’operazione militare antibrigantaggio era costosissima, venne deliberata una sottoscrizione nazionale.
Il Capitolo della Collegiata, correva l’anno 1863, si rifiutò di concorrere alla sottoscrizione. Questo rifiuto suscitò un vivo senso di deplorazione nella popolazione.
Un mese dopo, il Demanio, per rivalsa, tassò in maniera pesantissima i membri del Capitolo.
A nulla valsero i reclami e i ricorsi.
Il brigantaggio, almeno a Fucecchio, aveva subito una sconfitta sonora.
1864 - Ordinamento della Pubblica Scuola
Il 9 gennaio 1864 venne deliberato dal Consiglio Comunale il nuovo Ordinamento delle Pubbliche Scuole di Fucecchio.
Questo nuovo Ordinamento previde tre ordini di scuole (cicli?) dotati ognuno di un proprio programma. Il documento non riporta la durata di ogni ordine di scuola.
Questi i tre ordini di scuole e i loro programmi ridotti all’osso:
1- Prima Scuola: leggere, scrivere, aritmetica, le prime quattro operazioni, catechismo, grammatica inferiore italiana e latina;
2- Seconda Scuola: grammatica italiana e latina superiore, spiegazione di Cornelio e altri classici latini, bello scrivere italiano, storia sacra, greca, romana, italiana;
3- Terza Scuola: aritmetica: teoria e pratica; sistemi di pesi, monete e misure, geometria piana e solida, elementi di geografia, scrittura amministrativa, disegno lineare, lingua francese.
Ai maestri della Prima Scuola veniva corrisposto uno stipendio annuo di 800 lire;
Ai maestri della Seconda e Terza scuola veniva invece corrisposto uno stipendio annuo di 1200 lire.
Il Consiglio Comunale deliberò anche un Regolamento di Insegnamento e di Disciplina Interna composto da questi 6 titoli:
1°- Il ruolo di DIRETTORE viene esercitato dal sindaco che si avvale della collaborazione di 4 Ispettori eletti dal Consiglio Comunale. Gli Ispettori dovranno visitare 2 volte la settimana le scuole del paese e una volta al mese quelle di campagna;
2°- Comprende gli 8 articoli del Regolamento che disciplina l’attività degli insegnanti;
3°- Comprende i 9 articoli del Regolamento degli scolari e delle lezioni. In questo titolo viene fissato il Calendario delle vacanze, l’Orario antimeridiano e pomeridiano delle lezioni quotidiane;
4°- Gli Esami sono disciplinati da 8 articoli;
5°- Questo titolo riporta i due soli articoli del Regolamento che disciplina l’attività del Custode delle scuole.
6°- Vi si stabilisce quando e da chi deve essere elaborato il Regolamento per la Scuola Femminile e per la Scuola Serale.
L’Ordinamento ed i singoli Regolamenti vennero firmati dal prof. Vincenzo Centofanti, da Carlo Landini Marchiani, da Attilio Lensi , dal dott. Pietro Lampaggi
1864 - Festa di S. Nicola da Bari
Nel calendario delle vacanze della scuola pubblica fucecchiese del 1864 era inserita anche la festa di S. Nicola da Bari, patrono degli scolari e della Russia.
La scuola elementare fino alla fine del 1800 venne didatticamente gestita dal nostro Comune.
Il 6 dicembre per gli scolari fucecchiesi era giorno di vacanza. Ma il Comune pretendeva che i ragazzi ne comprendessero la ragione.
Tutti perciò erano obbligati a presenziare ad una cerimonia alla quale prendeva parte perfino il sindaco.
La cerimonia prevedeva una conferenza dedicata a S. Nicola. E, incredibile a dirsi, questa conferenza doveva essere tenuta da uno scolaro.
L’alunno doveva ricordare agli scolari perché S. Nicola da Bari, vescovo di Mira, in Licia, ( Medio Oriente) era stato proclamato patrono degli scolari.
Grazie a quella conferenza annuale tutti i fucecchiesi avevano saputo che un macellaio della città di Mira aveva sgozzato e messo in salamoia, come porcellotti, tre scolari. S. Nicola aveva resuscitato i tre ragazzi e convertito al cristianesimo il terribile macellaio.
Attualmente soltanto in Germania e in Svizzera il 6 dicembre è festa grande anche se S. Nicola è stato ribattezzato S. Nikolaus.
I protestanti lo hanno trasformato in Babbo Natale.
Negli Stati Uniti è diventato il re delle festività natalizie ed ha assunto la denominazione di Santa Klaus.
1865 - Elezioni amministrative
Si svolsero a Fucecchio le elezioni amministrative. Vennero eletti consiglieri i nobili come il principe Tommaso Corsini, il marchese Domenico Ricciardi Pollini, il conte Giovanni Bardzky ed esponenti della borghesia dei commerci e delle professioni (vedi pagina 20 di “Società e cooperazione a Fucecchio 1874-2004).
Il 7 luglio 1865 venne insediata la Giunta presieduta da Gaspero Bachi. La grande proprietà terriera e la borghesia facoltosa, diventate una autentica consorteria, instaurarono un’egemonia che durò fino al 1919, cioè mezzo secolo.
Le linee politiche di questa consorteria si ridussero a ben poca cosa:
- realizzarono il ponte sul fiume Arno (1868);
- mascherarono il loro moderatismo facendo credere che la nostra comunità progrediva quotidianamente nell’industria dei tessuti, della paglia e dei cappelli e che disponevamo addirittura di un “molino a vapore”;
- predicarono che Fucecchio aveva stabilito rapporti commerciali non solo con tutte le province del Regno d’Italia;
- invasero e pervasero tutti gli altri centri di potere ed anche tutti gli organismi di socialità: le banche locali, le Opere Pie, la Regia Accademia dei Fecondi ravvivati, la Confraternita della Misericordia , la Fratellanza Militare, la società dei Reduci, la società del Buonumore, l’ospedale S. Pietro Igneo;
- bocciarono irrevocabilmente qualsiasi voce di dissenso: prima fra tutte quella di Giuseppe Montanelli. A Giuseppe Montanelli fu impedito di impiantare a Fucecchio il Collegio della Fratellanza degli Artigiani e gli avevano perfino negato un seggio al Parlamento ( Montanelli l’ottenne grazie a Pontassieve);
- l’eredità politica di Giuseppe Montanelli venne purgata, post mortem, degli aspetti più avanzati e progressisti;
- la consorteria diventò in seguito il cavallo di battaglia della Fucecchio liberale, nazionalista e fascista.
1866 - Incameramento dei Beni ecclesiastici
Il 7 luglio 1866, mentre era in atto la cosi detta Terza Guerra di Indipendenza che ci fece guadagnare il Veneto, il Parlamento del Regno d’Italia approvò la Legge dell’incameramento dei beni ecclesiastici.
Vennero venduti all’asta i beni di 25.000 Enti Religiosi che fecero introitare allo Stato Italiano 600 milioni di lire.
Per effetto di questa legge vennero soppressi, a Fucecchio, il Capitolo della Collegiata, il Monastero di S. Salvatore e il Convento Francescano La Vergine. Tutti i loro beni immobili, compresi i fabbricati dove dimoravano le monache clarisse e i frati, vennero incamerati da un organo dello Stato denominato Fondo per il Culto.
Il Fondo per il Culto era autorizzato a cedere gratuitamente i fabbricati incamerati ai Comuni che ne avessero avanzata una formale richiesta motivata da ragioni di utilità pubblica.
Il comune di Fucecchio ottenne:
- il Convento dei frati che venne ridotto a caserma per un distaccamento di soldati di Pisa;
- il refettorio e il chiostro del medesimo convento che furono ridotti a stalla e a deposito per quel distaccamento di militari;
- un’ala del Noviziato del Convento dei frati adibita a macello pubblico;
- il monastero di S. Salvatore ridotto a scuola elementare maschile e femminile per tutti gli scolari di Fucecchio;
- la Tinaia del monastero ridotta a spogliatoio e a chiesa per la Misericordia di Fucecchio.
1866 - Cappellina o stanza mortuaria
Il 23 luglio 1789 il Comune di Fucecchio vendette per 150 scudi ad un certo sig. Banti l’Oratorio di S. Giobbe con l’annessa stanza mortuaria posti al termine del lastricato dell’attuale via Mario Sbrilli, sul lato destro.
Il Comune fece questa operazione per ripianare un debito di mille scudi contratto, anche con il Monte di Pietà, per la costruzione della nuova Collegiata.
Il nostro paese rimase perciò privo di una stanza mortuaria pubblica necessaria soprattutto per i poveri e i miserabili.
Nel 1857 la neonata Arciconfraternita della Misericordia si fece carico di questo problema e il 30 settembre 1865 fu autorizzata dal vescovo di S. Miniato ad erigere una CAPPELLA MORTUARIA in un luogo detto Le Macine sito in via la Valle ai piedi della collina su cui si trova l’ospedale.
La Misericordia utilizzò per questa operazione i fondi raccolti dalla Società che si era costituita per edificare un tabernacolo per la Madonna di Piazza, detta anche Liberatrice della peste.
Con i fondi della Società del Tabernacolo, la Misericordia fece costruire quella che i fucecchiesi hanno sempre chiamato la Cappellina.
A partire dal 22 giugno 1876, la Cappellina poté disporre anche di un guardiano, Ranieri Giovanni Menichetti, il quale, a titolo di compenso, chiese ed ottenne il diritto e di poter falciare l’erba intorno alla chiesa e di cingerne l’area con una siepe di bossolo.
Il 25 agosto 1932 la Misericordia affittò la Cappellina all’Ospedale per un canone annuo di trecento lire.
Il contratto d’affitto veniva revisionato ogni anno.
Nel 1955 la Cappellina venne acquistata dall’Ospedale.
La cessione, da parte della Misericordia, venne conclusa con un semplice atto di compromesso nel 1956.
Con la somma ricavata, unmilionetrecentomila lire, la Misericordia acquistò una nuova ambulanza.
1867 - I frati costretti ad abbandonare il Ritiro La Vergine soppresso dallo Stato Italiano
Il 7 luglio 1866, mentre l’esercito italiano era impegnato a fianco di quello prussiano nella cosiddetta Terza Guerra di Indipendenza contro l’Austria, il Parlamento Italiano approvò la Legge dell’incameramento dei beni ecclesiastici. Lo Stato italiano non si limitò soltanto ad incamerare tutti i beni immobili appartenenti ai vari ordini religiosi ma ne decretò anche la soppressione di fatto in quanto li sloggiò dai loro conventi e dai loro monasteri.
Nel novembre del 1866 venne notificato anche alla comunità francescana del Ritiro La Vergine l’ordine di sfratto entro il 7 gennaio 1867. I frati non lo presero sul serio e confidarono nella Divina Provvidenza. Il 6 gennaio, pochi minuti prima che “uscisse” la tradizionale Processione dell’Epifania, detta di Gesù Bambino. Un messo comunale recapitò al guardiano che officiava in chiesa una ingiunzione scritta tassativa: “ DOMANI MATTINA DOVETE LASCIARE IL CONVENTO “
La mattina del 7 gennaio i frati lasciarono il Convento e la chiesa che vennero affidati in custodia al guardiano padre Pini coadiuvato da un frate sacerdote e da un frate laico.
Il Convento venne ridotto a Caserma per una compagnia di soldati di stanza a Pisa.
Il Refettorio venne adibito a stalla per i cavalli di detta compagnia.
Il Noviziato venne ridotto a macello pubblico.
I frati estromessi si organizzarono in RIUNIONI, dipendenti dal Provinciale e da Roma, disseminate in varie parti della nostra provincia.
Il 10 giugno 1879 i frati ricomprarono il convento di cui era diventato proprietario il nostro Comune : spesero 15.452 lire.
Nel 1885, con un atto di permuta, i frati rientrarono in possesso anche del fabbricato del Noviziato che era stato trasformato in Macello pubblico.
1869 - Ponte in muratura sull’Arno
La Società Anonima che si era costituita nel 1854 per costruire il “ponte sospeso a fili di ferro” si era sciolta nel 1865 dopo aver iniziato i lavori per la realizzazione delle fondamenta e dopo aver abbandonato il progetto del ponte sospeso a cavi di ferro ed abbracciato quello del ponte in muratura.
Alla Società Anonima subentrò in prima persona, dopo averla rilevata, la nostra amministrazione comunale che si assunse così l’onere della costruzione del ponte in muratura sull’Arno.
I lavori di costruzione del ponte, diretti dall’ingegner Mei, iniziarono il 17 maggio 1867.
Nel settembre del 1868 il ponte, già corredato di cancelli e di casotti per il pagamento del pedaggio, era già pronto. Non erano pronti i due tronconi del viale che doveva unire il ponte a Fucecchio e a S. Pierino.
L’inaugurazione venne perciò rimandata al 28 febbraio 1869: in quella data i due tronconi del viale erano già stati realizzati.
Chi attraversava il ponte doveva pagare il biglietto come quando andiamo al cinema. Il pagamento del pedaggio avrebbe dovuto protrarsi per 100 anni e cioè dal 1869 al 1968.
Il 1° gennaio 1909 il pagamento del pedaggio venne eliminato. Era sindaco Emilio Bassi.
La domenica del 2 luglio 1944, alle ore 7, il ponte venne distrutto da un bombardamento di aerei “alleati”.
Il ponte attuale venne ricostruito nel 1947-1948 ed inaugurato nel 1949.
1869 - Liquidati i fratelli Sordi navalestri o traghettatori di S. Pierino
Il 28 febbraio 1869 venne inaugurato il PONTE IN MURATURA sull’Arno.
Tutti erano felici. Soltanto i fratelli Sordi, cinque, di S. Pierino, erano molto corrucciati.
Dal 1° giugno 1786, la famiglia Sordi aveva l’esclusiva “tragettizia” fra S. Pierino e Fucecchio. Questa esclusiva, ottenuta dal granduca Leopoldo I, era loro costata la ragguardevole somma di 35.574 lire.
Di punto in bianco, nel 1869, i cinque fratelli Sordi, conosciuti come navalestri o traghettatori, si ritrovarono disoccupati. Il Comune, poi, per evitare una possibile concorrenza - visto che chi passava sul ponte doveva pagare un pedaggio - aveva espropriato i Sordi dei loro tre traghetti chiamati comunemente NAVI.
I Sordi avevano chiesto al Comune un indennizzo astronomico:
- 35.574 lire quale rimborso del contratto del 1786;
- 34.800 lire quale indennizzo della rendita mancata del 1869;
- 972 lire per il danno subito durante la costruzione del ponte.
Il TOTALE assommava a 71.346 lire.
Le tre navi espropriate e poi messe all’asta erano già state indennizzate dal nostro Comune.
Il 18 novembre 1869 la vertenza navalestri-Comune fu chiusa brillantemente dal fiorentino Giuseppe Casati, Delegato straordinario al posto del defunto gonfaloniere Banti.
Il Delegato disse ai cinque fratelli che, per Legge, sarebbero loro spettate soltanto le 35.574 lire del Contratto. Con un gesto di munificenza il Delegato aggiunse alla somma spettante loro per Legge qualche biglietto da mille lire e con un indennizzo di 42.500 lire, accettato dai fratelli Sordi, la vertenza fu chiusa.
1870 - La presa di Roma
Nell’agosto del 1870, nel corso della guerra franco-prussiana, i fucecchiesi assistettero incuriositi al passaggio continuo di truppe italiane dirette verso il sud.
Il TELEGRAFO, installato da poco in una stanzetta del Palazzo Comunale di via Lamarmora, era sommerso da una valanga di dispacci provenienti da Firenze, capitale del Regno d’Italia dal 1865 al 1871. C’era un gran via vai nell’ufficio telegrafico.
La popolazione subodorava qualcosa di grosso nell’aria. Gli analfabeti bazzicavano come non mai le farmacie e i caffè per udire dalla viva voce dei ricchi le notizie che essi potevano leggere sui giornali. Dicevano:
- I francesi hanno ritirato i loro Presidi da Roma;
- I francesi le stanno prendendo dai prussiani;
- I francesi sono stati sconfitti dai prussiani;
- Il re Vittorio Emanuele II ha scritto una lettera al papa per proporgli trattative pacifiche sull’annessione di Roma e del Lazio;
- Il papa si è rifiutato di rispondergli;
- L’esercito italiano muove contro Roma.
Il 20 settembre 1870 l’impiegato dell’Ufficio Telegrafico si affacciò alla finestra del sua stanza che dava in via Lamarmora e gridò ripetutamente: - Roma è nostra! Roma è italiana!
La notizia si diffuse rapidamente. Si cantò, si brindò, ma non venne organizzato nessun festeggiamento ufficiale perché un dispaccio giunto da Firenze ordinava: - I festeggiamenti potranno essere fatti soltanto dopo l’esito del plebiscito di annessione che si svolgerà in tutto il Lazio il 20 ottobre prossimo.
Venerdì 21 ottobre, di notte, centinaia di fucecchiesi si assieparono sotto il Palazzo Municipale, in via Lamarmora, per conoscere tramite il telegrafo l’esito del plebiscito.
Quando l’impiegato del telegrafo si affacciò per l’ennesima volta alla finestra, teneva in mano una strisciolina di carta. Sorrise, chiese silenzio con un cenno delle mani e gridò: - I SI’ sono stati quarantamila; i NO, soltanto quarantasei. Roma e il Lazio sono italiane.
Volarono i cappelli. Scrosciarono gli applausi e gli Evviva. Gli esercizi pubblici si riempirono di avventori. Si bevve e si cantò fin quasi all’alba.
La domenica appresso, il 23 ottobre, si svolsero i festeggiamenti così come erano stati programmati dalla Giunta comunale nella seduta del 6 ottobre.
- Vennero distribuiti Kg. 1,688 di pane e mezzo chilogrammo di carne ai familiari dei soldati fucecchiesi che avevano preso parte alla conquista di Roma.
- Fu effettuata una corsa di cavalli con fantino da piazza La Vergine a piazza Montanelli. Al primo arrivato venne assegnato un premio di 40 lire; al secondo un premio di 10 lire.
- La corsa dei cavalli fu preceduta dalla sfilata della banda locale.
- La banda tenne un concerto serale sotto la loggia del Palazzo Pretorio e poi sfilò per le vie del paese suonando quasi senza interruzione.
In occasione del 25° anniversario della conquista di Roma, nel 1895, il Comune chiamò Piazza XX Settembre il piazzale da costruirsi nell’area proveniente dall’eredità Landini Marchiani e donata da Re Umberto I al Municipio di Fucecchio.
1871 - Canonico Gaetano Maria Rosati
Era nato a Fucecchio il 4 febbraio 1793.
Diventato sacerdote, si impose all’ammirazione di tutti per la sua elevata cultura umanistica, per il suo amore verso il paese, per la sua pietà verso i sofferenti, per la sua carità verso i miseri e i derelitti, per la sua vasta dottrina e per il suo dichiarato Patriottismo.
Grazie a questi meriti acquisiti venne nominato Governatore della Compagnia di S. Candido, Operaio della Madonna della Ferruzza, cancelliere del Capitolo della Collegiata e primo maestro della Scuola Secondaria istituita dal Comune di Fucecchio.
Nel 1839 fondò con Nicodemo Trivellini e con Giovanni Bardzky l’Ospedale S. Pietro Igneo ed un piccolo ricovero per anziani.
Il 13 gennaio 1840 fu nominato parroco, il primo, della chiesa di S. Maria delle Vedute e di S. Rocco.
Nel 1848 pubblicò il libro intitolato MEMORIE SU FUCECCHIO.
Nel 1857 fondò l’Arciconfraternita della Misericordia.
Nel 1863 lasciò la carica di cancelliere del Capitolo e quella di insegnante nella Scuola Secondaria.
Morì il 3 maggio 1871 a seguito di un colpo di apoplessia e venne sepolto in una cappella del primo Cimitero Civico di Fucecchio.
Il 6 novembre 1921, per iniziativa del parroco delle Vedute Palmiro Ghimenti, in occasione del 50° della morte, i resti della salma del canonico Rosati, raccolti in un’urna metallica, vennero trasferiti con un corteo funebre solenne nella chiesa di S. Maria delle Vedute.
Al corteo, preceduto dalla banda locale, presero parte i rappresentanti del Comune,dell’Ospedale, della Misericordia, del Fascio di Combattimento, delle scuole Normale, Tecnica ed Elementare, delle Associazioni cittadine e numeroso popolo.
L’elogio funebre, sul feretro, in chiesa delle Vedute, fu letto dal canonico Francesco Galli.
La cassetta metallica venne murata nel muro della navata sinistra. Sopra vi venne collocata una lapide commemorativa fatta togliere dall’attuale parroco don Carlo Favilli.
1872 - Scuola elementare maschile in Sant’Andrea (1840-1872)
Nel 1783 la chiesa e il monastero di S. Andrea vennero soppressi.
Il provvedimento diventò esecutivo nel 1785 quando le 43 monache clarisse vennero trasferite nel Monastero di S. Salvatore sul Poggio Salamartano.
Nel 1786 la chiesa e il monastero di S. Andrea vennero acquistati da un privato che li ridusse a magazzini.
Il 30 settembre 1840 il proprietario dei due fabbricati li cedette in affitto al Comune che li ridusse a Scuola Elementare Maschile.
Anche la Misericordia, quando dopo il 1857 acquistò la ex chiesa e l’ex monastero di S. Andrea, rinnovò al Comune la concessione dell’affitto dei due immobili.
Nel 1860 la vetustà dell’ex monastero di S. Andrea (1334) cominciò a lanciare qualche segnale di decadimento: minacciava cioè di rovinare.
Il Comune, allora, nel 1872 rescisse il contratto di affitto e dovette cercare un altro fabbricato per installarvi le classi della Scuola Elementare Maschile.
1873 - Festa dello Statuto
Ogni anno, a partire dal 1861, il primo giugno veniva celebrata la Festa dello Statuto, la Costituzione scritta e concessa da Re Alberto di Savoia al Regno del Piemonte nel 1848 e poi adottata anche dal Regno d’Italia nel 1861.
Il primo giugno 1873, sotto la loggia del Palazzo Pretorio, alle ore 6 pomeridiane, dinanzi alla Giunta Comunale presieduta dal sindaco Gaspero Bachi, venne assegnata a Zari Agostino di Ponte a Cappiano la Medaglia d’argento al Valore Civile accordatagli dal Regno d’Italia con decreto 23 aprile 1873.
Questa la cronaca giornalistica:
Numeroso popolo era accalcato sulla piazza e a tutti i balconi delle case stavano spettatori.
Circondavano il seggio della Giunta la Banda Musicale, i Carabinieri, la Guardia Municipale, una Delegazione della Società Operaia con la sua bandiera, vari pubblici impiegati e molte distinte persone del paese.
Il sindaco dette inizio alla cerimonia con queste parole:
- Una sera del passato ottobre (1872), voi, Agostino Zari, ponendo in pericolo la vostra vita, salvaste quella di un povero fanciullo.
Quest’atto di coraggio vi rese meritevole della medaglia d’argento al valore civile.
Il fatto risaliva all’alluvione dell’Arno del 13/14/15 ottobre 1872 che coinvolse anche Ponte a Cappiano.
1873 - Cappella del Santissimo Sacramento nella chiesa Collegiata
All’inizio del 1872 il camarlingo della Compagnia del SS. Sacramento Iacopo Comparini Rossi propose all’arciprete Silvestro Montanelli di fare una nuova Cappella del SS. Sacramento, più profonda, da internarsi nei fondi della proprietà della Confraternita medesima.. L’arciprete che aveva già programmato per il 1872 la ripulitura e l’abbellimento della Collegiata si dichiarò favorevole.
Il 4 agosto 1872, ricorrendo la prima domenica del mese, alle ore 6 ebbe luogo la solita processione del Venerabile SS. Sacramento per la Piazza, dopodiché i fratelli della Compagnia, in riunione, affrontarono insieme il tema della erezione della nuova cappella del Santissimo in sostituzione di quella allora presente.
All’adunanza presero parte l’arciprete, il Governatore della Compagnia Tommaso Montanelli, il primo consigliere Paolo Neri, il cancelliere Giuseppe Conti e il Provveditore Giovanni Guasqui.
Dopo una lunga discussione gli adunati decisero di affidare all’ingenger Alcibiade Melani il disegno della nuova Cappella che doveva essere molto più profonda di quella esistente.
Per accelerare i tempi esonerarono il Comune, proprietario della chiesa, da qualsiasi spesa inerente alla riduzione della vecchia cappella in nuova, dato che la Confraternita disponeva di ben 5.000 lire.
Alla fine del 1783, in concomitanza con la conclusione dei lavori di abbellimento (scanalatura dei pilastri e dipintura della cupola a lacunari) e di imbiancatura della Collegiata, la Cappella del SS. Sacramento era già stata ultimata.
1873 - Monache e frati a Fucecchio
Nel novembre del 1873 la Sottoprefettura di S. Miniato chiese epistolarmente al nostro Comune quanti sodalizi religiosi si trovavano a Fucecchio e di quali risorse disponevano per vivere.
In data 1 dicembre 1873 il Comune rispose che nel Convento di S. Salvatore c’erano 14 monache: dodici professe e due no; che nel Convento La Vergine c’erano 12 frati: sei sacerdoti e sei laici.
Le risorse finanziarie di cui disponevano i due sodalizi erano costituite dalle pensioni che venivano corrisposte alle suore professe e ai frati sacerdoti. Le magre pensioni venivano integrate dalle elemosine in natura e in denaro.
Nel 1783 il granduca lorenese Leopoldo I soppresse la chiesa ed il convento di S. Andrea dove dal 1334 alloggiavano le clarisse francescane. La soppressione diventò esecutiva nel 1785. La chiesa ed il convento di S. Andrea furono venduti ad un privato che li usò come magazzini.
Nel 1840 il proprietario dei due ex luoghi pii affittò i locali al Comune che li ridusse a Scuola Elementare Maschile.
Nel capitolato del contratto il Comune si riservò la libertà di modificare la struttura dei locali, ma si impegnò, in caso di rescissione del contratto, a ripristinarli così come li aveva trovati.
Nel 1857 la ex chiesa e l’ex convento vennero acquistati dalla neonata Misericordia.
Il Magistrato della Misericordia rivide i l canone di affitto e riconfermò i capitolati del precedente contratto.
Nel 1872 il Comune disdisse l’affitto dei locali dei due ex luoghi pii che non potevano più contenere gli scolari del paese che erano aumentati notevolmente.
Il Comune avrebbe dovuto ripristinare i locali nella loro forma d’origine.
Da una stima fatta da un esperto risultò che la spesa per il ripristino dei locali al loro stato primitivo sarebbe ascesa a lire 1517,78.
La cifra non era indifferente se si tiene conto che il Comune avrebbe dovuto spendere un’altra cospicua somma per ridurre a scuola elementare maschile e femminile l’ex Monastero di S. Salvatore.
L’ingegner Comparini Rossi, consigliere comunale, su delega del Consiglio avanzò alla Misericordia questa proposta: - Se voi ci cederete la proprietà della ex chiesa e dell’ex convento di S. Andrea che noi vogliamo demolire per realizzare una bella piazza davanti all’ospedale S. Pietro Igneo, noi vi cederemo in proprietà
- la chiesa di S. Salvatore
- la statua della Madonna di Piazza
- i locali del piano terra della Foresteria di S. Salvatore dove voi potrete realizzare la nuova sede della Misericordia.
La Misericordia accettò lo scambio.
L’atto di PERMUTA venne siglato il 3 dicembre 1874.
1874 - Scuola elementare maschile sul Poggio Salamartano (1874-1899)
Dal 1872 al 1874 le aule per gli alunni della scuola elementare maschile vennero allestite nel Palazzo Banti in piazza Vittorio Veneto.
Nel 1873 il Comune, su proposta dell’ingegner Pietro Comparini Rossi, chiese al Demanio dello Stato o Fondo per il Culto la cessione gratuita dei seguenti fabbricati:
Il convento o monastero di S. Salvatore, la chiesa di S. Salvatore, la tinaia e la foresteria di S. Salvatore;
Il Fondo per il Culto ci concesse subito il convento, la chiesa, la tinaia ma non la foresteria di S. Salvatore (primo e secondo piano dell’attuale Casa del Poggio). Il Fondo pose anche alcune condizioni:
1- doveva essere assegnato alle monache regolarmente professe e presenti una parte comoda di convento da usarsi come loro abitazione;
2- si doveva impedire l’ingresso nel convento di altre suore.
I lavori di riduzione ad aule scolastiche dell’ala del convento di San Salvatore posta sopra la scuola femminile, operante dal 1783 al piano terra del medesimo convento, vennero assegnati all’impresa Battista Soldaini che si impegnò ad eseguirli in 30 giorni per la somma pattuita di 2.805 lire.
L’impresa Soldaini eseguì i lavori nella primavera del 1874.
Il 4 novembre 1874 entrò in funzione sul Poggio Salamartano anche la Scuola Elementare Maschile. La sua vita fu breve. Durò fino al 1899, l’anno in cui venne inaugurata la scuola di Piazza XX Settembre.
Dal 1876 al 1900 il potere nel Regno d’Italia venne gestito dalla Sinistra, formazione politica scopertamente progressista.
In questo lungo periodo incisero profondamente sulla vita fucecchiese le decisioni della Sinistra ed alcuni avvenimenti maturati in Europa e nel mondo:
- fu allargata notevolmente l’area del suffragio elettorale;
- venne abolita la tassa sul macinato;
- venne resa obbligatoria l’istruzione pubblica;
- decollò, ma non a Fucecchio, il processo di industrializzazione grazie ad alcune invenzioni (motori a vapore, a scoppio ed elettrici);
- nacque e si affermò ovunque il movimento operaio che generò socialismo e sindacalismo;
- anche il Regno d’Italia intraprese la politica colonialistica a spese dell’Africa con esito fortemente negativo;
- la crisi agricola ed industriale venne risolta con le repressioni autoritarie;
- l’uccisione del re Umberto I segnò la fine del potere esercitato dalla sinistra.