Nel luglio del 1849, dopo il crollo della Repubblica Toscana, il granduca Leopoldo II rientrò dall’esilio di Gaeta. La polizia granducale venne allertata perché si temevano sommosse e soprattutto la formazione di movimenti sovversivi.
Nel febbraio del 1850 al Delegato di Governo di Fucecchio (questore di polizia politica) venne assegnato, come sede, il Palazzo Comparini, ex Galleni. Al Delegato competeva la vigilanza anche nei comuni del Vicariato: Fucecchio, Vinci, Cerreto Guidi, Santa Croce, Santa Maria a Monte, Castelfranco e Montecalvoli. La situazione in tutto il territorio del Vicariato era molto tranquilla. L’unica voce di dissenso - ma era soltanto una voce e non un movimento clandestino - era quella del parroco di Stabbia nel comune di Cerreto Guidi.
Il 2 settembre 1850, festa di S. Stefano re d’Ungheria, il parroco di Stabbia, rivolto ai fedeli, sentenziò: Questa mattina ricorre la festa di questi porci Re. Se dovessi pregare per l’imperatore rinnegherei prima Cristo.
Un giorno, trovandosi in casa di un certo fattore, rinnegò il Governo ed esaltò la Repubblica.
Una volta, prima di una cerimonia, gridò al sagrestano: Maledetto il Papa e Leopoldo II che hanno messo le feste!
1850 - Partita di palloncino
Nel 1850 si giocava a palloncino anziché a pallone.
Ma anche allora la tifoseria si eccitava o si deprimeva a seconda dei risultati della propria squadra.
Il 1850 era stato un anno rigurgitante di malumori, di agitazioni, di insoddisfazioni, di reclami, di proteste più o meno gridate, di passioncelle politiche alimentate dalla diffusione di opuscoli titolati RISORGIMENTO e PER IL GIOCO DEL LOTTO.
Il 3 settembre 1850 una squadra empolese di palloncino venne a giocare contro la squadra del Fucecchio. Il gioco procedeva regolarmente quando improvvisamente Empolesi e Fucecchiesi vennero e diverbio a causa di una palla che gli Empolesi affermavano essere andata in fallo mentre i Fucecchiesi asserivano il contrario. Gli Empolesi,allora, ricorsero alle minacce. Poiché era certo che alle minacce sarebbero seguiti i fatti,ai Fucecchiesi convenne “darla vinta” agli Empolesi. I Fucecchiesi si vendicarono decidendo che non avrebbero più giocato con gli Empolesi.
1850 - Organo della Collegiata
La Collegiata era stata inaugurata il 3 ottobre 1787. Per non sobbarcarsi ulteriori spese, il Capitolo fece rimontare il vecchio organo, un Tronci, che si trovava nella vecchia Collegiata.
Nel 1845 le condizioni di quest’organo erano veramente indecenti.
Il Capitolo della Collegiata, sollecitato dai fedeli e da alcune Compagnie deliberò di installarne uno nuovo nella cantoria sopra il portone della chiesa.
Vennero interpellate tre ditte:
- gli eredi Tronci;
- i fratelli Agati;
- il Ducci.
I più affidabili e bravi erano i fratelli Agati, ma i loro preventivi parvero troppo elevati. Però gli Agati erano una garanzia.
Nel 1846 il Capitolo deliberò di acquistare un organo dei fratelli Agati. L’impresario fece sapere che occorrevano 1300 scudi.
Il capitolo procrastinò di qualche anno l’acquisto dell’organo.
Nel 1849 il Capitolo si trovava a corto di soldi. La Compagnia di S. Candido si dichiarò disposta a sostenere un’alta percentuale della spesa per l’acquisto di un Agati. Il Capitolo chiese allora ai fratelli Agati se era possibile installare nella Collegiata un organo molto meno costoso. Gli Agati mostrarono al Capitolo un modello d’organo che sarebbe costato soltanto 700 scudi. Il Capitolo firmò allora il contratto d’acquisto dell’organo da 700 scudi.
I fratelli Agati si misero subito al lavoro. L’organo, nel dicembre del 1849, era già pronto. E proprio nel mese di dicembre l’Agati fu colpito da una seria malattia che lo costrinse a procrastinare l’inaugurazione dell’organo.
L’inaugurazione ebbe luogo la domenica del 29 gennaio 1850 . Vi si esibì il M° Emilio Conti.
La spesa per l’acquisto dell’organo fu quasi interamente coperta dalla Compagnia di S. Candido.
Negli anni ‘60 e ‘70 l’organo della Collegiata restava muto per lunghissimi periodi. Non era facile trovare un organista e un paio di persone disposte a tirare i mantici per insufflare aria nelle canne dell’organo. Inoltre non era comodo ed agevole raggiungere la cantoria posta sopra la bussola della porta d’ingresso. Ai fedeli più maturi d’età non restava che il ricordo nostalgico degli ultimi due organisti: Antonio Guasqui, detto Tonino di Trana, e don Giuseppe Marradi, detto il Nanetto.
Nel 1975 arrivò l’arciprete don Idilio Lazzeri, un valente ed appassionato organista. Purtroppo non poteva dividersi in due: suonare e contemporaneamente officiare. Con un atto di coraggio decise di elettrificare l’organo ( non ci sarebbe stato più bisogno dei tiratori di mantici surrogati da un motore elettrico) e di spostare la consolle con le tastiere nel transetto, a sinistra dell’altar maggiore ( l’organista non era più obbligato a salire nella cantoria).
Il lavoro di elettrificazione e di spostamento delle tastiere venne effettuato dalla Ditta Chichi Rosario e figli.
L’organo restaurato ed elettrificato venne inaugurato il 18 giugno 1977.
1851 - Mercato: Una vecchia questione
La sede principale del mercato settimanale istituito nel 1647 era stata sempre il paese alto.
Le aree insuesi non erano troppo estese per poter soddisfare le richieste di tutti i mercanti che sarebbero venuti molto volentieri a vendere i loro prodotti al mercato di Fucecchio.
Nel 1851, dopo innumerevoli riunioni in cui era stato dibattuto il problema dell’insufficienza delle aree insuesi destinate al mercato, il Consiglio Comunale deliberò lo spostamento del mercato in piazza Montanelli.
La delibera, però, non fu resa esecutiva perché si temevano disordini sociali che sicuramente sarebbero stati innescati dagli insuesi.
Subito dopo i festeggiamenti del Concordato fra la Chiesa e il Granducato di Toscana (25 aprile 1851) alcuni notabili fucecchiesi riuscirono a far revocare al Comune la delibera relativa allo spostamento del mercato settimanale in piazza Montanelli. E la PACE fu salva.
1852 - Campane della Collegiata: inaugurazione
Nel 1849, l’anno che segnò la fine della Repubblica Toscana ed il ritorno del granduca lorenese Leopoldo II, si costituì a Fucecchio un Comitato Cittadino per il rifacimento delle 5 campane del campanile della Collegiata.
Compito fondamentale del Comitato Campane Nuove fu la raccolta dei fondi finanziari necessari per l’acquisto delle 5 campane.
In questa operazione il Comitato fu agevolato dalla marchesa Maria Vettori la quale fornì la somma necessaria per l’acquisto della campana più grande, detta comunemente La Quinta.
Nell’arco di tre anni il Comitato centrò il suo obiettivo. Nel 1852, infatti, le 5 campane erano già pronte e pagate. Rimasero esposte per tre giorni nella chiesa di S. Salvatore. Queste le intitolazioni e le misure:
titolo diametro altezza peso in libbre
1^ S. Giovanni Battista cm 88 cm 82 1222
2^ S. Candido cm 96 cm 88 1725
3^ S. Pietro Igneo cm 105 cm 100 2040
4^ SS. Audiface e Abacuc cm 115 cm 108 2910
5^ Beata Vergine Maria cm 135 cm 120 4300
La campana della Beata Vergine Maria venne rifusa nel 1875 a causa di una incrinatura.
1853 - Scuola secondaria comunale
A Fucecchio esisteva una Scuola Secondaria dove per 37 anni, a partire dal 1816, aveva insegnato il canonico Gaetano Maria Rosati. Questa scuola veniva frequentata da una ventina di studenti. Sicuramente doveva essere una scuola privata, cioè a pagamento.
Nel febbraio del 1853 il nostro Comune, uno dei primi della Toscana ad avvertire l’esigenza di una maggiore divulgazione della Cultura, istituì una Scuola Secondaria Comunale. Anche i figli delle persone meno ricche avrebbero potuto frequentarla.
Nella nostra Scuola Secondaria Comunale si dava la priorità assoluta all’insegnamento del LATINO. La cattedra venne assegnata al canonico Rosati che, inizialmente la rifiutò perché dopo 37 anni di insegnamento si sentiva stanco e perché aveva contratto bronchite, ipertrofia del ventricolo sinistro ed ernia ombelicale. Il Gonfaloniere, però, non si diede per vinto e tanto insistette che inchiodò il povero canonico alla cattedra di Latino per altri 20 anni.
Nel 1873 il canonico Rosati, per ragioni di salute e di vecchiaia, si dimise. Il suo orario scolastico era pesantissimo: due ore di insegnamento al mattino e due ore al pomeriggio.
1854 - Urna di S. Candido in pezzi
S. Candido è il patrono del nostro paese. Il suo scheletro e l’ampolla del suo sangue giunsero a Fucecchio, da Roma, nei primi minuti del 3 ottobre 1665.
Al santo patrono di ogni paese spetta essenzialmente il compito di proteggerci dalle calamità. Nei casi di siccità o di piogge incessanti può essere invocato per alcune giorni consecutivi: per 3 (Triduo) o per 9 (Novena).
Nel 1854 le nostre campagne risultavano devastate dalla siccità. Che fare? Si ricorse a S. Candido con un Triduo per impetrare la pioggia.
Il 30 luglio l’urna contenente lo scheletro e l’ampolla del sangue del santo martire fu collocata sopra la tavola dell’altar maggiore.
Il 2 agosto, al termine del Triduo, verso le ore 11 del mattino, mentre veniva calata giù dall’altare, l’urna si ruppe in vari punti e lo scheletro franò sugli scalini dell’altare.
L’arciprete Silvestro Montanelli informò subito dell’accaduto il vescovo di S. Miniato e lo pregò di venire a Fucecchio per procedere alla ricognizione dello scheletro del santo che era stato provvisoriamente chiuso nel vano dove si era sempre conservato ed i cui uscioli e sportelli erano stati sigillati con ceralacca rossa avente le impronte dello stemma capitolare e di quello del comune di Fucecchio come risultava dal verbale sottoscritto dall’arciprete Silvestro Montanelli, dal Gonfaloniere Silvestro Checchi, dal dott. Niccodemo Trivellini, dall’Operaio Niccolò Lensi, dai testimoni Oliviero Lotti e Arturo Rosati.
Il vescovo, non potendo venire a Fucecchio, delegò l’arciprete ed il canonico Gaetano Maria Rosati alla rottura dei sigilli e all’estrazione dello scheletro del santo dal vano sigillato per riporlo in un’altra URNA alla presenza dei firmatari del primo verbale. Il vescovo chiese anche il verbale dell’operazione di traslazione.
In occasione dell’operazione di traslazione, l’arciprete invitò il medico dott. Ranieri Montanelli affinché eseguisse una ricognizione sullo scheletro per constatare se vi fossero delle ossa rotte.
Il medico affermò che lo scheletro era completo sebbene presentasse delle fratture a carico sia di tre dita della mano sinistra (indice, medio, anulare) sia del femore e della tibia della gamba sinistra.
L’arciprete esaminò l’ AMPOLLA del sangue che nell’AUTENTICA si diceva annessa al corpo del santo. Essa fu trovata ridotta in pezzi e il sangue pietrificato fu reperito sia sulle pareti interne dell’ampolla sia sul piano dell’urna sotto forma di polvere. Questo sangue polverizzato e pietrificato fu raccolto insieme ai frammenti di ampolla, chiuso e sigillato in due carte col sigillo vescovile e posto nell’URNA nuova che venne riposta sotto l’altar maggiore.
1855 - Cancelleria - la terza - quella di via Lamarmora
Se il granduca lorenese Leopoldo II non avesse istituito nel 1850 la Delegazione di Governo di Fucecchio - una questura politica che controllava i Comuni di Fucecchio, S. Croce, Castelfranco, S. Maria a Monte, Montecalvoli, Cerreto Guidi e Vinci- quasi sicuramente il nostro palazzo comunale si troverebbe ancora in Piazza Vittorio Veneto nel fabbricato che attualmente (1997) ospita da 5 anni il Liceo Scientifico.
Gli uffici della Delegazione erano stati sistemati al piano terra del Palazzo Comparini, già Galleni, in via Castruccio.
Il Delegato aveva fatto buon viso a cattiva sorte. Ma dopo qualche mese cominciò prima a lamentarsi, poi a protestare e infine a chiedere autorevolmente di trasferire la Delegazione in Piazza Vittorio Veneto. Ma dove?
Il Delegato rispose: - Nel fabbricato della cancelleria. Basterà trasferirla in un altro palazzo del paese. E siccome anche il fabbricato della vostra cancelleria è piccolo, voi (Comuni del vicariato) acquisterete la casa a confine (della cancelleria), le demolirete entrambe (casa e cancelleria) e le ridurrete a Palazzo della Delegazione di Governo.
Il 13 ottobre 1854 il nostro Comune, asfissiato dalle pressioni del Delegato di Governo e dalle raccomandazioni di Firenze, stipulò il contratto d’acquisto del Palazzo Montanelli-Ducci di via Lamarmora per trasferirvi con la massima rapidità gli uffici della cancelleria di piazza Vittorio Veneto.
Il palazzo Montanelli-Ducci venne pagato 3960 scudi. Al proprietario nominale, il consigliere ed assessore comunale Antonio Montanelli Ducci, non andò nemmeno una lira perché il palazzo era tutto ipotecato.
All’atto dell’acquisto il palazzo era composto da:
- 4 cantine con pozzo, un orto ed una corte;
- 10 stanze al piano terra;
- 11 stanze al primo piano;
- 10 stanze al secondo piano;
- 4 stanze praticabili a tetto.
I lavori di restauro e di riduzione a palazzo comunale, eseguiti dall’impresa Lucullo Bongi, vennero iniziati nel gennaio del 1855 e si conclusero alla fine di giugno del medesimo anno, proprio nel periodo in cui anche a Fucecchio esplose l’epidemia di colera che colpì 361 persone e ne uccise 128.
A luglio, del 1855, venne effettuato il trasferimento della cancelleria di Piazza nell’ex Palazzo Montanelli Ducci di Via Lamarmora.
Sei stanze del piano terra, due cantine e mezzo orto costituirono l’appartamento dell’aiuto-cancelliere con l’obbligo di corrispondere al Comune un canone annuo di affitto di 600 lire.
Gli uffici comunali vennero sistemati al primo piano:
- sul lato sinistro trovarono posto gli uffici del Cancelliere (segretario) e del Ministro del Censo, quello degli Atti Civili, i tre uffici della Giunta e il salone per le riunioni del Consiglio Comunale;
- sul lato destro furono sistemati l’Ufficio del Catasto, l’ufficio dell’Aiuto Cancelliere, l’Archivio (che occupò 4 stanze) e la stanza, buia, per i donzelli.
1855 - Colera
Il colera è una malattia infettiva prodotta da un batterio a forma di virgola che colpisce l’intestino.
Si manifesta con violenti attacchi di diarrea - le feci, seriose, sono simili ad acqua di riso - seguiti da una elevata disidratazione.
Nel settembre del 1854, in Borghetto, oggi via Lamarmora, si temette l’esplosione di un’altra epidemia di colera.
In un appartamento di due stanze umide e quasi buie vivevano Modesto Ciulli, un arrotino di sessanta anni, e la sua famiglia.
La sera del 15 settembre 1854, quando rientrò a casa, Modesto si sentiva molto male: si contorceva, urlava, era fuori di sé. La moglie e i figli mandarono a chiamare subito il medico, il dottor Giovanni Montanelli.
Le urla e le convulsioni del Ciulli misero in stato di apprensione i residenti di via Borghetto, di via Gattavaia e anche quelli di Piazza Montanelli: tutti temevano il ritorno del COLERA che aveva falcidiato la nostra popolazione nel 1816-1817.
Quando arrivò il dottor Montanelli, il povero Modesto aveva la bava alla bocca, vomitava, aveva la febbre altissima e si contorceva per le convulsioni. Il medico osservò attentamente il Ciulli, vide qualcosa nel braccio destro e chiese alla moglie:
- Da chi è stato morsicato?
- Da un cane, qualche giorno fa, in Montellori. Ieri sera la morsicatura gli prudeva moltissimo. Ha il colera?
- No. Ha la rabbia. E non c’è niente da fare.
La buona notizia si diffuse rapidamente.
Modesto, l’arrotino di Borghetto, morì da lì a qualche giorno fra atroci dolori.
Fucecchio tirò un sospiro di sollievo, ma per poco.
La mattina del 2 giugno 1855, Agnese Daddi , una mendicante che viveva insieme alla madre cieca in una lurida stanza di via Gattavaia, andò ad accattare a S. Croce sebbene non si sentisse bene.
Spossata, la povera Agnese ritornò a casa anzitempo, si distese sul giaciglio e nella notte morì. Sua madre Caterina, impietrita dal dolore, la vegliò tutta la notte.
Soltanto i fratelli Bartolomeo ed Ulivo Ciardini, poverissimi, ebbero il coraggio e la bontà di portare la salma di Agnese al cimitero.
Quando rientrarono in via Gattavaia trovarono la povera cieca in preda a fortissimi dolori addominali. I due fratelli rimasero nella stanza di Caterina per assisterla. La cieca durante la notte morì.
Bartolomeo ed Ulivo portarono la sua salma al cimitero e la seppellirono.
Anche i due fratelli furono colpiti da diarrea e vomito e nel giro di 24 ore morirono.
Le autorità sanitarie non diedero troppa importanza a queste quattro morti fulminanti. E invece era il segnale inconfondibile dell’inizio dell’epidemia di colera. A metà giugno il colera infierì in maniera micidiale in Gattavaia , il quartiere dei miserabili.
A Fucecchio vennero colpiti 169 maschi e 192 femmine.
Si prodigarono come nessun altro i medici: Giovanni Montanelli, il Freschi e soprattutto Edoardo Turchetti di S. Croce sull’Arno che nel 1856 venne insignito di medaglia al merito dal granduca lorenese Leopoldo II.
Il canonico Gaetano Maria Rosati, per far fronte a questa emergenza, ordinò l’apertura anticipata del costruendo ospedale S. Pietro Igneo.
1855 - Ospedale S. Pietro Igneo: nascita
Nel 1830 a Fucecchio troppa gente, specialmente bambini, moriva per mancanza di cure. Troppi miserabili erano costretti a consumare la loro breve esistenza nei tuguri del Cassero, di Gattavaia, delle Greppe, di Cammullia, di Valdarnese, degli Ortacci.
Il canonico Gaetano Maria Rosati, insegnante di lettere nella Scuola Superiore di Fucecchio, cancelliere del Capitolo della Collegiata e futuro parroco della istituenda parrocchia di S. Maria delle Vedute, nel 1834 cominciò ad ospitare in una sua stanza, in prossimità di piazza Montanelli, qualche infermo molto povero e ve lo tratteneva gratuitamente fino alla guarigione.
Molti infermi miserabili bussarono alla porta di quella stanza che ben presto si rivelò troppo piccola. Fu allora che maturò nel canonico Rosati l’idea di costruire un vero e proprio ospedale.
Nel luglio 1836, quando il nostro Giuseppe Montanelli aveva 23 anni, il canonico riuscì a far firmare a 57 possidenti di Fucecchio un Atto Notarile con cui ognuno dei firmatari si impegnava a versare una quota destinata ad erigere il futuro ospedale di Fucecchio.
Un anno dopo, nel 1837, i 57 notabili si riunirono in una sala del Palazzo Pretorio e concessero pieno mandato, per la costruzione dell’ospedale, al canonico Gaetano Maria Rosati, a Niccodemo Trivellini e a Giovanni Bardzsky.
Il primo problema affrontato dai tre fu quello della ubicazione dell’ospedale: chi lo voleva in collina e chi in pianura.
Il 4 gennaio 1838 venne scelta la località in cresta al colle, un luogo detto il Convento (in prossimità del soppresso Convento delle monache di S. Andrea) dove si trovavano gli orti dei fratelli Montanelli e di Domenico Comparini.
Due mesi dopo, gli ingegneri Giovanni Domenico Guidi e Vincenzo Banti presentarono il progetto dell’Ospedale. Il 14 giugno 1838 iniziò la costruzione del nosocomio.
Il canonico Rosati credeva che l’ospedale potesse essere costruito nel volgere di due anni; ma fu una pia illusione.
Sopraggiunsero enormi difficoltà finanziarie e i tre incaricati cercarono di superarle con questue settimanali sia nel capoluogo che in campagna, specialmente nel periodo dei raccolti. L’Amministrazione comunale si mostrò scopertamente disinteressata all’iniziativa.
Nel 1855, mentre il nostro Giuseppe si trovava in esilio a Parigi, la nostra Fucecchio fu colpita da una epidemia di colera. Il Comune chiese di poter ricoverare gli ammalati di colera in quella parte di ospedale che era già pronta. I tre non dissero di no, anzi..
Il 7 ottobre 1855, con una cerimonia semplice ed affrettata, in anticipo sui tempi previsti, vennero aperti il seminterrato ed il piano terra dell’ospedale intitolato a S. Pietro Igneo per ospitarvi i colpiti dal colera.
L’inaugurazione ufficiale si svolse nel marzo del 1857.
1856 - Prosternazione mancata
Tutti gli anni un Collegiata si svolgevano due funzioni religiose alle quali presenziavano anche le più alte autorità comunali:
1- la funzione del RINGRAZIAMENTO che si faceva il 31 gennaio alle ore 18;
2- la funzione di PROPIZIAZIONE che veniva effettuata il 1° gennaio nel tardo pomeriggio.
Queste due funzioni liturgiche erano precedute dalla CERIMONIA DI PROSTERNAZIONE che si svolgeva in sagrestia: i dodici canonici del Capitolo della Collegiata dovevano prosternarsi ai piedi dell’arciprete per riconoscerne l’autorità.
I nostri canonici, la sera del 31 dicembre 1856, elusero questo cerimoniale anticipando così il loro ingresso nel coro, dietro l’altar maggiore.
L’arciprete, arrabbiatissimo, fece celebrare la funzione di Ringraziamento ad un altro sacerdote.
I canonici del Capitolo, che non amavano troppo l’arciprete, omisero la prosternazione anche il 1° gennaio. L’arciprete gridò: - Se i canonici non vengono a prosternarsi, io non celebrerò la funzione.
Autorità e fedeli attendevano con impazienza l’inizio della funzione di Propiziazione. Più impazienti di rivelarono i canonici che si trovavano in coro. Uno di loro si fece coraggio e disse: - La celebrerò io la funzione!
Il canonico andò in sagrestia a pararsi (vestirsi con gli abiti liturgici). Non l’avesse mai fatto! L’arciprete lo assalì con urla che si udivano rimbombare anche dentro la chiesa stipata di fedeli.
Anche questa volta, l’arciprete fece celebrare la funzione ad un altro sacerdote.
Nel frattempo le autorità e i fedeli avevano cominciato a rumoreggiare e a protestare. Ce ne volle del tempo prima di riportare un po’ di calma all’interno della chiesa.
1857 - Ospedale S. Pietro Igneo: cronistoria fino al 1997
Dopo l’inaugurazione del 1857, i lavori di ampliamento dell’ospedale non hanno praticamente conosciuto periodi di sosta.
- Nel 1869 fu inaugurato il primo piano dove venne realizzato il Reparto di Chirurgia. Al piano terra c’era il Reparto di Medicina.
- Nel 1897, sul lato destro dell’ospedale venne costruito un SANATORIO, cioè un reparto distaccato per ammalati di tubercolosi. Questo reparto venne chiuso nel 1957 perché la tubercolosi era stata debellata a livello nazionale.
- Il 2 ottobre 1904, nell’edificio che attualmente ospita la portineria e gli uffici dell’ospedale, venne inaugurato il RICOVERO DI MENDICITA’ per uomini e donne anziani. Il ricovero venne chiuso, dopo aver cambiato sede un paio di volte, nel 1968.
- Nel 1927, sul lato sinistro dell’ospedale, venne costruito un MANICOMIO per sole donne che rimase in funzione fino al 1967.
- Nel 1957 venne edificato il braccio destro dell’ospedale.
- Nel 1967 venne realizzato il LABORATORIO DI ANALISI.
- Nel 1968 entrarono in funzione il Reparto di OSTETRICIA e quello di CARDIOLOGIA.
- Nel 1969 fu dato un assetto definitivo al reparto di RADIOLOGIA.
- Nel 1971 fu aperta, nei locali dell’ex Manicomio, una divisione di PEDIATRIA che nel 1980 venne trasferita a S. Miniato.
- Nel 1973 entrò in funzione la nuova LAVANDERIA.
- Nel 1976 fu inaugurata la divisione di ORTOPEDIA installata in un fabbricato appositamente costruito sul retro dell’ospedale.
- Nel 1977 fu inaugurato il CENTRO TRASFUSIONALE, uno dei tredici della Toscana.
- Nel 1978 venne inaugurato il 2° piano dove fu trasferito il Reparto di Chirurgia.
- Nel 1984 le divisioni di Medicina e di Ostetricia vennero trasferite nell’ospedale di S. Miniato, mentre la divisione chirurgica di S. Miniato venne trasferita a Fucecchio.
- Nel 1988 è stato inaugurato il Reparto UTIC (Unità Terapia Intensiva Coronarica).
- Nel 1994 è stata chiusa la CUCINA. I suoi locali ospiteranno la CARDIOLOGIA.
- Nel 1997 l’ORTOPEDIA è stata trasferita nell’ex Reparto di Chirurgia II. Il fabbricato della ex Ortopedia ospiterà in seguito il reparto di UROLOGIA.
1857 - Misericordia: la rinascita
L’8 febbraio 1857 venne celebrata solennemente dentro il nostro ospedale la prima festa di S. Pietro Igneo, titolare del nostro nosocomio.
Il Canonico Gaetano Maria Rosati invitò tutti i notabili presenti alla festa ad una riunione che si sarebbe svolta, sempre nell’ospedale, il giorno 11 febbraio.
Alla riunione dell’11 febbraio presero parte 83 notabili.
In quella occasione il Canonico Rosati lanciò l’iniziativa della costituzione di una Arciconfraternita della Misericordia.
Questa Arciconfraternita avrebbe dovuto provvedere al trasporto degli ammalati nell’ospedale, all’assistenza di chi viveva in stato di miseria e al trasporto delle salme nel cimitero.
Tutti i presenti aderirono all’iniziativa.
L’11 febbraio 1857 rinacque la soppressa Compagnia della Carità Misericordia.
Nei giorni successivi vennero redatte le Costituzioni (Statuto) e furono trasmesse a chi di competenza le richieste di autorizzazione.
Inoltre venne chiesto ai proprietari dell’Oratorio di S. Antonio da Padova, posto in fondo all’attuale via Franco Bracci, il permesso di potervi officiare.
La Sottoprefettura di S. Miniato, in data 11 agosto 1857, accordò al Canonico Rosati il permesso di fondare la Confraternita “ purché essa stia nell’ambito della chiesa Collegiata”.
Anche i proprietari dell’Oratorio di S. Antonio da Padova, con una lettera spedita da Empoli, risposero:
“..siamo ben lieti di mettere tale Oratorio a vostra disposizione”.
Era così rinata la nobile istituzione della Misericordia.
1857 - Misericordia: L’organizzazione dei SERVIZI CARITATIVI
Allo scopo di assicurare i servizi caritativi per tutto l’arco della settimana, il Magistrato della Misericordia aveva istituito 7 brigate di fratelli attivi. Ogni brigata era formata da 11 fratelli attivi.
In ogni brigata vi erano:
- un capo di guardia;
- i giornanti che esercitavano i servizi caritativi durante la giornata;
- i nottanti addetti all’assistenza notturna degli ammalati;
- i mutanti, addetti alla muta degli ammalati e dei loro letti;
- i visitatori dei poveri;
Quali erano i SERVIZI CARITATIVI?
1- Soccorrere in qualsiasi luogo e in qualsiasi ora gli ammalati, i feriti, i moribondi;
2- Trasportare gli ammalati o al loro domicilio o all’ospedale;
3- Assistere gli infermi;
4- Trasportare i morti al cimitero.
1857 - Misericordia: le tre sedi
La prima sede della Misericordia venne realizzata in uno dei locali dell’ex chiesa e dell’ex convento di S. Andrea, situati nell’attuale piazza dell’ospedale.
La chiesa ed il convento di S. Andrea erano stati soppressi nel 1783. La soppressione diventò esecutiva nel 1785, l’anno in cui le clarisse di S. Andrea vennero trasferite nel Monastero di S. Salvatore.
La chiesa ed il convento di S. Andrea vennero acquistati da un privato che ridusse i locali a magazzini.
Nel 1840 il proprietario dei due ex luoghi pii li affittò al Comune che li ridusse a Scuola Elementare Maschile.
Nel 1857 i due fabbricati vennero acquistati dalla Misericordia. Siccome la Scuola Elementare Maschile non occupava per intero i due fabbricati, la Misericordia poté realizzarvi anche la propria sede.
Nel 1875 la Misericordia realizzò la propria sede, la seconda, nel Poggio Salamartano in corrispondenza del piano terra dell’attuale Casa del Poggio.
La Misericordia aveva abbandonato la propria sede posta nell’attuale piazza dell’ospedale perché la ex chiesa e l’ex convento minacciavano di rovinare da un momento all’altro. Inoltre, grazie ad un atto di permuta datato 3 dicembre 1874 la Misericordia aveva ottenuto dal Comune i locali del Poggio Salamartano senza spendere una lira.
Ai primi di gennaio del 1900 la Misericordia acquisto dal Demanio dello Stato anche gli altri due piani sovrastanti la sua sede. Al primo piano vennero sistemati gli uffici e al secondo l’appartamento del custode della Misericordia.
All’inizio degli anni ‘50 la Misericordia si trasferì in toto nel palazzo , di sua proprietà, sito in corso Matteotti. E questa è la terza sede della Misericordia.
1857 - Governatori della Misericordia dal 1857 al 1994
La più alta carica in seno alla Misericordia è quella di Governatore che viene eletto dai 30 membri del Consiglio Generale eletti a loro volta dai confratelli.
Il Governatore presiede una Giunta, denominata Magistrato, formata da 10 membri eletti essi pure dal Consiglio Generale.
Il Governatore è coadiuvato dal Cancelliere, dal Provveditore, dal Tesoriere, dal Computista, da due Cappellani, da due Servi (sic) in servizio permanente.
Siccome l’autorizzazione granducale e vescovile fu emessa soltanto nell’estate del 1858, la carica puramente onoraria e pro-tempore, dall’11 febbraio 1857 al 24 agosto 1858, fu affidata al fondatore della Misericordia, il canonico Gaetano Maria Rosati.
Questi i Governatori eletti:
1° Giovanni Nelli dal 25/8/1858 al 9 / 9 /1859
2° Luigi Bonfiglioli dal 10/9/1859 al 29/10/1862
3° Gaetano Pacchi dal 1°/ 6/1864 al 29/1 / 1868
4° Carlo Benvenuti dall’1/3 / 1868 al 28/1 / 1877
5° Angelo Bonfiglioli dall’1/2 / 1877 al 22/4 / 1882
6° Torcello Benvenuti dall’11/3/1883 al 15/4 / 1888
7° Sestilio Benvenuti dal 16/4/ 1888 al 25/1 / 1925
8° Raffaello Turchi dal 26/1/ 1925 al 13/1 / 1927
9° Andrea Taviani dal 26/12/1927 al 21/7 / 1933
10° Gustavo Calosi dal 22/7 / 1933 al 5/ 3/ 1935
11° Giovanni Lotti dal 6/3 / 1935 al 23/12/1943
12° Andrea Taviani dal 24/12/1943 al 15 /1 /1955
13° Tommaso Cardini dal 16/ 1/ 1955 al 9 / 3 /1967
14° Giulio Vezzosi dal 10/ 3/ 1967 al 13/ 4/ 1970
15° Osvaldo Nelli dal 24/ 4/ 1970 al 2009
16° Mauro Scarpellini dal 2009
1858 - Misericordia: le patrone o protettrici
Il 24 settembre 1858 il Consiglio Generale della Misericordia, presieduto dal Governatore Giovanni Nelli,deliberò con il beneplacito del Comune di porre la Confraternita sotto il patronato della Madonna di Piazza detta anche Liberatrice della peste.
Il 3 agosto 1860, a due anni di distanza, papa Pio IX concesse plenaria indulgenza di tutti i peccati a tutti i fedeli di ambo i sessi che sarebbero entrati in detta Confraternita, il primo giorno del loro ingresso.
Il vescovo di S. Miniato concesse ai confratelli e alle consorelle altre indulgenze che potevano essere lucrate
- l’8 settembre, natività di Maria Santissima;
- l’8 febbraio, festa di S. Pietro Igneo;
- il 19 marzo, festa di S. Giuseppe;
- il 29 agosto, ricorrenza della decollazione di S. Giovanni Battista.
59 anni dopo, e precisamente l’1 febbraio 1917, il vescovo di S. Miniato monsignor Carlo Falcini proclamò Maria SS di Lourdes patrona della Misericordia.
Il vescovo prescrisse alla Misericordia di celebrare in perpetuo, ogni anno, l’11 febbraio, con decoro e solennità, la festa dell’apparizione della Madonna a Lourdes.
Il vescovo stabilì infine che l’indulgenza plenaria concessa dalla Santa Sede con il Breve del 3/8/1860 e fissata per il giorno 8 settembre fosse anticipata all’11 febbraio.
Dietro l’altare della Cappella della Misericordia che occupava l’attuale auditorium della Casa del Poggio, a partire dal 1874, venne ricostruita nel 1917 una grotta all’interno della quale venne collocata una statua di gesso della Madonna.
1859 - Festeggiamenti: La vittoria di Magenta
Il 29 aprile 1859 prese avvio la Seconda Guerra di Indipendenza.
Due giorni prima, una grande dimostrazione popolare costrinse il granduca lorenese Leopoldo II, che aveva rifiutato di partecipare alla seconda guerra come alleato del Piemonte, ad abbandonare per sempre la città di Firenze.
Il 4 giugno il generale francese Mac Mahon, dopo una battaglia dall’esito a lungo incerto, sbaragliò a Magenta l’esercito austriaco.
Due giorni dopo, e precisamente il 6 giugno, venne affisso anche a Fucecchio il Bollettino di guerra che annunciava la vittoria di Magenta da parte delle Armate Alleate (così veniva chiamato l’esercito franco- piemontese).
Grande fu lo scalpore suscitato nella popolazione fucecchiese da questo evento.
Dietro la banda che percorse tutte le vie e le piazze del paese brillantemente illuminate, si formò un corteo che si sciolse in Piazza del Teatro.
Qui furono accesi piccoli razzi e fascine di legna.
Poi tutti si riversarono in Collegiata dove venne intonato il Te Deum.
Analoghi festeggiamenti si svolsero, in notturna, nei paesi vicini.
1859 - Palazzo Delegazione di Governo
La Delegazione di Governo, al tempo del Risorgimento, era una Questura politica che teneva d’occhio i sovversivi, coloro cioè che avversavano la classe governante.
Questa struttura poliziesca venne impiantata a Fucecchio nel 1850. La sua sede iniziale fu realizzata al piano terra dell’ex Palazzo Galleni di Via Castruccio. Dell’ex Palazzo Galleni erano diventati proprietari i Comparini, gli amministratori dei beni Galleni.
La Delegazione di Governo esercitava i suoi compiti di vigilanza politica nei comuni di Fucecchio, Cerreto Guidi, Vinci, Santa Croce, Castelfranco, S. Maria a Monte e Montecalvoli.
Gli uffici in Via Castruccio non piacevano per niente al Delegato di Governo. Egli pretendeva un Palazzo intero ubicato nell’attuale piazza Vittorio Veneto. Le sue continue lamentele indussero il nostro Comune a costruirgli un Palazzo in piazza Vittorio Veneto, quello che oggi ospita il Liceo Scientifico.
Nel 1855 gli uffici comunali vennero trasferiti da piazza Vittorio Veneto nel Palazzo Montanelli-Ducci di via Lamarmora. Nel medesimo anno venne acquistata la casa ex Cocchi contigua al palazzo comunale abbandonato.
Nel 1856 vennero demoliti entrambi gli edifici, l’ex palazzo comunale e la Casa ex Cocchi, e venne dato inizio alla costruzione del Palazzo della Delegazione di Governo. I lavori durarono tre anni.
Il Palazzo della Delegazione di Governo venne inaugurato nel gennaio del 1859. Il Delegato se lo godette per soli tre mesi. Anche lui, come il granduca Leopoldo II, dovette fare i fagotti ed andarsene per sempre.
1859 - Proclami popolari
Il 19 aprile 1859, mentre Giuseppe Montanelli si trovava ancora in esilio a Parigi, un gruppo di fucecchiesi, in previsione dello scoppio imminente della Seconda Guerra di Indipendenza, tappezzò i muri di Fucecchio con un Proclama indipendentista. Questo il testo:
L’ora della grande lotta si appresta e Italia ed Austria si troveranno di fronte per decidere se dobbiamo essere liberi o schiavi. Dobbiamo vincere noi perché, se l’Austria soccombe, l’Italia non sarà più serva mai.
Combattiamo da giganti!
Venti città lombarde umiliarono Barbarossa; ventisei milioni di uomini non potranno spezzare le catene?
Patrizi, voi che avete amici e coniugi nelle schiere del Re italiano, sarete voi minori di lui, del nostro sangue e del tempo?
Chi può, impugni la spada che i prodi maggiori brandirono a Firenze, Gavinana, a Montemurlo.
Chi non può col braccio, soccorra la Patria col consiglio, con la parola, col denaro.
Pochi giorni dopo venne affisso un altro proclama nel quale campeggiavano le parole
GUERRA GUERRA GUERRA
1859 - Montanelli Giuseppe Il rientro in Italia
Qualche giorno prima dello scoppio della Seconda Guerra di Indipendenza vennero affissi in Fucecchio, nottetempo, alcuni proclami antiaustriaci.
Il Delegato di Governo, che finalmente aveva la propria sede nel nuovissimo palazzo (oggi Liceo Scientifico) di Piazza Vittorio Veneto, sguinzagliò i propri agenti nelle bettole e nelle frazioni. Gli agenti non trovarono nemmeno un indizio.
Il 23 aprile 1859 scoppiò la guerra. Giuseppe Montanelli, che nel 1853 era stato condannato in contumacia all’ergastolo, lasciò Parigi, rientrò in Italia e si arruolò nel Corpo Volontario dei Cacciatori delle Alpi di Giuseppe Garibaldi.
Il 27 aprile 1859, a Firenze, una grande dimostrazione popolare costrinse il granduca Leopoldo II, che aveva rifiutato di prender parte alla guerra come alleato del Piemonte, ad abbandonare la Toscana.
In Toscana venne istituito un Governo provvisorio, a capo del quale Vittorio Emanuele, re del Piemonte, nominò, come proprio rappresentante un commissario regio, il conte Carlo Boncompagni, già ambasciatore piemontese presso il granduca.
L’11 luglio 1859 la Seconda Guerra di Indipendenza si concluse vittoriosamente con l’armistizio di Villafranca. Garibaldi mandò il nostro Giuseppe Montanelli ad Alessandria a conferire con Napoleone III di Francia per avere assicurazioni sul destino dell’Italia Centrale. Napoleone spiegò al nostro Montanelli che il granduca di Toscana sarebbe potuto rientrare in possesso del granducato, ma senza intervento straniero e a condizione che vi fosse stato richiamato dalle stesse popolazioni che lo avevano costretto alla fuga il 27 aprile.
Nell’estate del 1859 Giuseppe Montanelli rientrò a Fucecchio e non nascose la sua contrarietà all’annessione della Toscana al Regno del Piemonte.