La Via Romea o Francigena in questo periodo deve avere subito una modifica del suo tracciato. Da Ponte a Cappiano, prima della modifica, doveva dirigersi direttamente al guado di Ripoli. In prossimità di quel guado infatti, c’era un insediamento umano con una propria chiesa pievana.
Subito dopo lo sterminio degli Ungari qualcuno fece costruire un ponte in legno sull’Arno in prossimità di quello attuale di Fucecchio. Si chiamava Ponte di Bonfiglio ed era l’unico esistente sull’Arno nel tratto Pisa Firenze. Questo ponte mise in crisi gli insediamenti di Cappiano e di Pieve a Ripoli e determinò la modifica del tracciato della Via Romea. Il nuovo tracciato Cappiano-Ponte di Bonfiglio saliva lungo l’attuale via della Ferruzza Vecchia, via Castruccio, via Guglielmo S. Giorgio, Piazza Vittorio Veneto, Borgo Valori, via Pietro Martini e via del Ponte.
La presenza di questo unico ponte nel tratto Firenze - Pisa vi dirottò moltissimi carrettieri e pellegrini. Lucchesi e pistoiesi intraprendenti si spostarono nei paraggi del ponte di Bonfiglio e vi realizzarono poste per cavalli, botteghe artigiane di fabbri, falegnami e maniscalchi, negozietti di ogni genere di comfort, locande, alberghetti. Nacque così, forse in corrispondenza dell’attuale Via Landini Marchiani un Borgo nuovo di zecca rispetto a quelli ormai vecchi di Cappiano e di Ripoli. Le costruzioni erano ancora in argilla, tavole di legno, paglia e tronchi d’albero molto giovani. Questo insediamento venne chiamato Borgonovo. Per acquistare, però, i requisiti di un paese l’insediamento umano di Borgonovo doveva disporre anche di una chiesa e soprattutto di un centro di potere.
In uno dei suoi frequenti giri di perlustrazione dei suoi beni fondiari sparsi nella Valdinievole ed anche nel Valdarno, il pistoiese Cadolo di antica origine longobarda* passò per Borgonovo e transitò sopra il nostro ponte di Bonfiglio diretto magari verso Firenze. Si rese conto delle grossissime opportunità che il nodo viario di Borgonovo col suo ponte nuovo di legno gli avrebbe offerto ora che il pericolo degli Ungari era stato scongiurato definitivamente se avesse potuto esercitare il potere. Soltanto l’imperatore Ottone I avrebbe potuto conferirgli questo potere investendolo feudatario col titolo di Conte rurale o vassallo del marchese di Toscana.
Il 9 agosto 964 Cadolo, nella riunione di Lucca, fu investito dall’Imperatore Ottone I del titolo di Conte di Borgonovo di Fucecchio. E proprio su uno dei nostri colli ricoperti di piante di fichi, sul più alto, quello della Rocca, Cadolo mise su Corte: una torre, detta oggi Torre Grossa, un piccolo villaggio di capanne, una cappella o chiesetta, una cerchia di mura.
Così anche il nostro territorio diventò il centro di un feudo. Ed il nostro feudatario Cadolo non fu meno tiranno, nei confronti dei fucecchiesi, di tutti gli altri feudatari del Sacro Romano Impero. Il nostro paese nasce quindi sotto il marchio del dolore, della fame, della sudditanza più sfacciata.
Cadolo aveva in mente un solo obiettivo: ingrandire l’area dei suoi possedimenti terrieri. Ma come? Il suo esercito era composto da poche decine di soldati e quindi non disponeva di una temibile potenza militare. Gli unici proprietari a cui poteva sottrarre beni, terreni e ori, erano i vescovi e i pievani isolati. Depredare i vescovi, però, era pericoloso perché il nostro Cadolo poteva incorrere in una scomunica. E di fronte ad una scomunica tutto il suo potere amministrativo, giudiziario e militare sarebbe evaporato all’istante.
Cadolo, da buono opportunista, si era prefisso di restare fedele, sempre, all’imperatore. Egli si domandò allora chi erano i nemici della Chiesa ufficiale e cioè dei vescovi e del papa: erano i monaci benedettini che volevano moralizzare le alte gerarchie del clero a cui non perdonavano il matrimonio e la vendita degli arredi sacri. Anche i papi di estrazione monacale stavano dalla parte dei benedettini. Per Cadolo non fu difficile individuare l’unica traiettoria possibile per espandere il territorio del suo feudo: sottrarre con l’uso della violenza e della frode i beni agli ecclesiastici con il consenso dei benedettini. Per farsi benvolere dai Benedettini fece erigere, nel 986, nei pressi del ponte di Bonfiglio un Oratorio intitolato a Gesù Salvatore e ne affidò l’ufficiatura ai benedettini medesimi.
L’anno 986 è documentato e per questa ragione facciamo coincidere la nascita di Fucecchio col 986.
L’erezione di un piccolo oratorio, però, non era sufficiente per ingraziarsi i monaci. Il conte Cadolo, allora, cominciò a far loro delle cospicue donazioni di terreni e di case.
Cadolo pretese dai benedettini una sola cosa: che l’Oratorio di S. Salvatore rimanesse illuminato sia di giorno che di notte. Era questa una forma di pubblicità ante litteram a favore dei benemeriti conti Cadolingi.
Alla sua morte avvenuta verosimilmente nel 996 lasciò i figli Lottario e Willa avuti dalla seconda moglie, Gemma, figlia del duca longobardo di Benevento. Il suo feudo si era enormemente ingrandito e comprendeva terreni nel Mugello, sui monti della Romola, di Cascioli, Sommaia, di Morello, lungo il Bisenzio, verso Volterra e verso la lucchesia.
Di lui si potrà dire che “rapinò i vescovadi per avidità, trasse benefici dalla corruzione del clero che combatteva in nome della purificazione della Chiesa, tradì tutti quelli a cui si protestò fedele, tranne l’Imperatore Ottone a cui legò la sua fedeltà di Vassallo mantenendola fino alla morte”.
Fucecchio era dunque nato anche se riconducibile a due soli insediamenti: quello di Borgonovo e quello del Castello di Salamarzana, sull’attuale Rocca.