capitolo14-4 - STORIA di FUCECCHIO FATTI, PERSONAGGI ED EVENTI - di Mario Catastini a cura di Giacomo Pierozzi

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CAPITOLI
XIV  (parte 4-4)

FUCECCHIO COMUNE DEL GRANDUCATO DI TOSCANA DEI LORENA
DAL 1737 AL 1799


1787 - Posta o servizio postale

Nel nostro Archivio storico non esiste una relazione che illustri nei minimi particolari il funzionamento del servizio postale nei vari secoli. Soltanto alcune delibere possono fare un po’ di luce su questo servizio.
Il 15 settembre 1787, diciotto giorni prima dell’inaugurazione della nuova Collegiata, il Consiglio Comunale deliberò che nella Piazza Pubblica del paese ci fosse un luogo per le lettere con una buca esterna. Dietro la buca c’era una cassetta nella quale finivano le lettere che si volevano spedire. Sopra la buca c’erano l’Arme (stemma) del Comune e la scritta: BUCA PER LETTERE: PARTONO IL LUNEDI’ E IL GIOVEDI’ DI OGNI SETTIMANA DOPO IL MEZZODI’
I procaccia o procaccini ricevevano per emolumento una crazia fiorentina per ogni lettera consegnata fuori del paese.

1788 - Il primo cimitero civico

Da sempre, a Fucecchio, i cadaveri venivano seppelliti nei cimiteri annessi alle chiese parrocchiali e a quelle delle Compagnie religiose dette anche laicali. Anche le comunità religiose dei frati e della monache seppellivano i loro defunti nei cimiteri annessi o alle loro chiese o ai loro conventi.
La sepoltura dei cadaveri costituiva un cospicua fonte di guadagno sia per le parrocchie che per le Compagnie, incuranti della salute della popolazione - la presenza dei cimiteri all’interno del centro abitato era antigienica e metteva a repentaglio la salute e la vita delle persone -.
Il 21 settembre 1780 il granduca lorenese Leopoldo I ingiunse al nostro Comune di ispezionare tutti i cimiteri del capoluogo e lo invitò a costruire un cimitero a sterro fuori del centro abitato nel caso che quelli ispezionati fossero risultati antigienici.
Le Compagnie laicali e l’arciprete della Collegiata esercitarono la loro pressione sugli amministratori locali affinché disattendessero all’invito. E gli amministratori finsero di ignorare l’invito del granduca.
Leopoldo I “mangiò la foglia” - come si suol dire a Fucecchio - e prese, a nostro carico, due provvedimenti “storici” (cioè di quelli che producono cambiamenti nel nostro modo di vivere):
- proibì la sepoltura delle salme nei cimiteri delle Compagnie ;
- intimò di costruire, ed in breve tempo, un cimitero pubblico a sterro lontano dal centro abitato.
Il Comune si mise subito al lavoro ed incaricò il dott. Melani di trovare un terreno idoneo allo scopo. Il Melani setacciò tutta la periferia, resistette alle pressioni dei proprietari di terreni interessantissimi all’affare e alla fine segnalò l’appezzamento di terreno “vitiato” accanto all’attuale Villa Nieri lungo la via Pistoiese.
Il Comune acquistò il terreno e bandì l’asta dei lavori di costruzione che vennero aggiudicati all’impresario Aleotti.
L’Aleotti consegnò il cimitero al Comune di Fucecchio il 27 luglio 1786, un anno prima della inaugurazione della nuova Collegiata.
Il costo complessivo della costruzione del cimitero ammontò ad 805 scudi.
La commissione fiorentina di controllo, giunta a Fucecchio il 30 luglio, dichiarò inagibile il nostro primo cimitero pubblico perché il terreno era troppo argilloso. L’argillosità del terreno non avrebbe fatto filtrare l’acqua sotto terra.
Si rese allora necessari l’interramento di un numero imprecisato di “ barrocci di rena” nel terreno argilloso destinato all’interro delle salme. Questa operazione durò due anni.
Finalmente, in data 13 aprile 1788, il cimitero venne consacrato ed aperto all’interramento delle salme del nostro capoluogo e di quelle delle frazioni di S. Pierino e di Ponte a Cappiano.
Nel 1840 venne resa esecutiva anche a Fucecchio una legge granducale, del 1790, che imponeva ai parroci l’onere della manutenzione dei cimiteri.
Il 10 dicembre 1840 il Capitolo della Collegiata si assunse, obtorto collo, questo onere, fatta salva la proprietà comunale del cimitero.
Nel 1867, a seguito della soppressione del Capitolo della Collegiata ad opera dello Stato Italiano, l’onere della manutenzione del cimitero spettò nuovamente al nostro Comune.
Il 22 novembre 1878 ricominciarono i guai per il nostro cimitero.
Il cimitero, in parole povere, venne dichiarato nuovamente inagibile per la presenza di acqua a 45 centimetri di profondità e perché la sua area era insufficiente all’interro di tutte le salme.
Il 3 gennaio 1880 il nostro Consiglio Comunale deliberò
- che venisse costruito un nuovo cimitero;
- che il cimitero dichiarato inagibile “deve essere conservato quale è al presente.. e che in avvenire, NESSUNO, per qualunquesiasi ragione, pretesto, bisogno o ragione possa farne uso”.

Ancora una volta il detto fucecchiese “Chi nasce male, muore peggio” aveva fatto centro.
Il Cimitero nuovo, quello attuale, entrò in funzione il 1° gennaio 1885.

1789 - Debiti da ripianare

La costruzione della nuova Collegiata inaugurata il 3 ottobre 1787 e la commissione di progetti di bonifica del Padule avevano affogato il nostro Comune in un mare di debiti.
Entro il mese di febbraio del 1790 dovevano essere restituiti al Monte di Pietà mille scudi.
Come e dove reperirli?
Nella riunione del 23 luglio 1789 il Consiglio Comunale prese alcune drastiche decisioni:
1- Si deliberò che il compenso dei magistrati doveva scendere da 10 a 5 scudi e che quello degli Anziani doveva scendere da 17 a 7 lire.
2- Fu deliberato l’abbassamento di stipendio annuale a carico delle seguenti categorie:
- i medici, da 135 a 120 scudi;
- il cerusico, da 50 a 45 scudi;
- i maestri, da 100 a 70 scudi;
- i becchini, da 86 a 80 scudi;
- l’orologiaio, da 14 a 12 scudi;
- il donzello, da 30 a 25 scudi.
3- Venne deliberata infine la vendita dei seguenti immobili:
- le due stanze della Cancelleria (in Piazza) che fungevano da stalle;
- il fabbricato della scuola elementare in piazza Vittorio Veneto corrispondente all’attuale palazzo di Pacini Arrigo;
- la chiesa di S. Giobbe e l’annessa stanza mortuaria poste in fondo a via Mario Sbrilli, sulla destra per chi scende;
- due grosse campane giacenti nella cancelleria.

La chiesa di S. Giobbe e la stanza mortuaria furono acquistate dal Banti per 150 scudi.
Le due stalle vennero acquistate dal Vannucci per 132 scudi.
Nessuno volle acquistare il fabbricato della scuola elementare comunale.

1789 - Fine dell’ Oratorio di S. Giobbe detto anche della Madonna dell’Umiltà

Era posto in fondo a Via Mario Sbrilli, l’ultimo fabbricato sul lato destro, in prossimità dell’antico pozzo ora coperto. Esso veniva chiamato anche Oratorio della Madonna dell’Umiltà e comprendeva una cappella con altare in pietra serena e una stanza mortuaria. Davanti alla chiesetta c’era una tettoia.
L’Oratorio era del Comune, come risulta da una delibera del 15 agosto 1617.
Nel 1770 detto Oratorio disponeva anche di una custode.
Il 10 aprile 1773 esso fu meta di una grande processione. Il vescovo e il Capitolo della Collegiata, infatti, si portarono processionalmente all’Oratorio di S. Giobbe per riconsacrare l’altare che era stato discostato dal muro di tre braccia a causa dell’umidità che filtrava dalle pareti. Il paese intero si parò a festa. E tale festa fu allietata da una decisione del granduca Leopoldo che proibiva di fare i funerali fuori della propria parrocchia. Ciò stava a significare che sia i frati neri del Poggio Salamartano sia i frati di Piazza La Vergine non potevano officiare più i funerali e che quindi gli introiti di tali servizi sarebbero stati intascati dai sacerdoti della Collegiata.
Il 23 luglio 1789 il Comune, per poter estinguere gli onerosi debiti contratti per la costruzione della nuova Collegiata (1787) e per far fronte alle spese da sopportare per gli Studi sulla Bonifica del Padule deliberò di vendere anche l’Oratorio di S Giobbe: entro il mese di febbraio del 1790 il nostro Comune doveva restituire al Monte di Pietà la ragguardevole somma di mille scudi.
L’Oratorio e l’annessa stanza mortuaria furono venduti per 150 scudi al fucecchiese signor Banti.
L’Oratorio era già stato sconsacrato dall’arciprete della Collegiata il 14 agosto 1786 su ordine impartito dal vescovo di S. Miniato il 1° agosto 1786.

1789 - Grano: un fattaccio

Fra il 1780 e il 1800 si verificarono frequenti carestie.
Negli anni di carestia si pativa la fame perché non si trovava da comprare nemmeno un chicco di grano.
Nel 1789 il raccolto di grano, nel territorio del nostro Comune, fu abbondante. Così non fu nella lucchesia. Bisognava quindi vigilare per impedire ai nostri contadini di vendere il grano ai lucchesi.
Per prevenire eventuali fughe di grano si erano costituite in paese delle squadracce pronte ad intervenire con l’uso della violenza nei confronti dei mercanti del grano nostrano.
Il 10 settembre 1789 i fratelli Rosati e Matteo Taviani seppero che il Gori e Taccino, due contadini della via delle Calle, stavano vendendo il grano a degli incettatori lucchesi.
I tre andarono per la via delle Calle, verificarono che quanto era stato loro detto rispondeva a verità e ritornarono in paese a dare l’allarme in Piazza (l’attuale piazza Vittorio Veneto).
Immediatamente si formò una squadraccia che si mise all’inseguimento dei barrocci carichi di sacchi di grano. I barrocciai lucchesi vennero raggiunti a Galleno. La squadraccia li fermò e scaricò a terra tutti i sacchi di grano. I barrocciai se la dettero a gambe levate.
Il fattaccio era successo davanti alla casa dei fratelli Cristiani. I Cristiani, nel vedere per terra tutta quella grazia di Dio, si armarono di alabarde e di falcioni e si scagliarono contro i fucecchiesi i quali, vista la mala parata, se ne ritornarono a Fucecchio giurando in cuor loro di vendicarsi.

1790 - Campanilino della chiesa S. Salvatore

Nel 1782 il campanile del monastero e della chiesa di S. Salvatore dove, dal 1299 al 1782, avevano vissuto ed officiato i frati francescani conventuali venne assegnato dal granduca Leopoldo I alla Collegiata rimasta senza torre campanaria.
Nel 1783 le Oblate di S. Romualdo, trasferite dal loro monastero posto nell’attuale Corso Matteotti in quello di S. Salvatore, non manifestarono mai alcun disagio per la mancanza di una torre campanaria dato che non potevano disporre del campanile di S. Salvatore.
Le lagnanze cominciarono a piovere a Firenze, a S. Miniato e a Fucecchio nel 1785 quando vennero trasferite nel Monastero di S. Salvatore anche le clarisse del monastero di S. Andrea posto nell’attuale piazza dell’ospedale.
Le nuove inquiline di S. Salvatore, le clarisse di S. Andrea, costrinsero, prima, le povere oblate di S. Romualdo a lasciare Fucecchio e poi, grazie alla loro instancabile petulanza, ottennero nel giro di pochi anni il permesso di innalzare un loro campanilino sull’angolo posteriore destro del tetto della chiesa di S. Salvatore.
Non soddisfatte, si rivolsero ancora a Firenze per ottenere gratuitamente anche due campane da installare nel loro campanilino. La Regia Giurisdizione di Firenze, in data 28 gennaio 1790, concesse loro le due campane più piccole dell’ex campanile di S. Salvatore.
Tale concessione venne notificata al vescovo di S. Miniato, monsignor Brunone Fazzi.
Il vescovo ordinò al Capitolo della Collegiata di consegnare alle clarisse insediatesi in S. Salvatore le due campane più piccole dell’ex campanile di S. Salvatore.
Il 6 febbraio 1790 vennero staccate e consegnate alle clarisse le due campanine che recavano queste scritte pervenuteci grazie al canonico don Giulio Taviani, l’onnipresente:
I^ - NANNI PISANI ME FECIT ANNO DOMINI 1385
II^ - OPERA SANCTI SEBASTIANIS FECIT FIERI 1561 ME PINUCCIAM

Nel 1819 le clarisse di S. Salvatore commissionarono la fusione di due nuove campane: una di libbre 246; l’altra di libbre 327.
Le due campane sono state motorizzate dalla Ditta Giachi di Montespertoli nel 1984.

1790 - Leopoldo I lascia il Granducato di Toscana

Il 1° marzo 1790, in seguito alla morte dell’Imperatore Giuseppe, il nostro granduca Leopoldo I lasciò la Toscana per l’Austria dove assunse il trono di imperatore.
Il 21 luglio del medesimo anno (1790) l’Imperatore Leopoldo rinunziò al Granducato di Toscana e lo passò al suo secondogenito Ferdinando che assunse il governo della Toscana nell’aprile del 1791.

1791 - Evviva dei fucecchiesi in onore dei CAPI

I Fucecchiesi hanno sempre osannato i Capi.
E anche i nostri amministratori, in passato, erano dei perfetti prototipi di questo costume. L’adagio a cui sembravano conformarsi da sempre suonava: “ Magnificate tutti i Capi che verranno a comandarvi. E magnificateli ogni volta che se ne presenterà l’occasione”
Il 3 luglio 1791 si svolse nella nuova Collegiata una grande cerimonia religiosa in onore del nuovo granduca lorenese Ferdinando III. Alla cerimonia presero parte, in pompa magna, tutte le cariche locali. A conclusione della cerimonia venne cantato il Te Deum laudamus (Ti lodiamo, o Signore, per averci dato questo capo).
Appena i fedeli uscirono di chiesa si esibirono in prolungate salve di EVVIVA e di applausi all’indirizzo di Ferdinando III.
Il 5 agosto 1791, a poco più di un mese di distanza, ricorrendo l’onomastico del granduca, venne di nuovo intonato in Collegiata il Te Deum in onore di Ferdinando III.
Quando, nel 1799, i Francesi di Napoleone misero da parte il granduca Ferdinando III, i nostri amministratori mandarono don Remigio Soldaini a Firenze, in veste di ambasciatore, affinché a nome di tutto il popolo fucecchiese porgesse le nostre congratulazioni al Governo Francese.
Quando l’8 luglio 1799 i Francesi lasciarono la Toscana, i Fucecchiesi intonarono di nuovo il Te Deum in onore del granduca Ferdinando III.
Questi capovolgimenti di fronte si sono ripetuti con molta frequenza fino al 1861, l’anno della proclamazione del Regno d’Italia.

1792 - Il granduca Ferdinando III ingrana la retromarcia

Dopo la morte improvvisa del padre Leopoldo I di Lorena, imperatore d’Austria e ex Granduca di Toscana, Ferdinando III si trovò solo alla guida della Toscana e denunciò un’arrendevolezza poco..lorenese. Con un colpo di spugna Ferdinando III cancellò alcune riforme rivoluzionarie del padre:
- revocò la libertà di commercio proibendo l’esportazione dei generi di prima necessità;
- approvò la ricostruzione di congreghe e compagnie religiose.
La revoca della libertà di commercio avviò la Toscana verso la catastrofe economica. Fortunatamente il granduca se ne rese conto e ripristinò la libertà di commercio.

1792 - Onomastico del granduca Ferdinando III

Nel 1792 in molte zone della Toscana si propagò la voce che a Fucecchio si complottava l’organizzazione di tumulti popolari contro le autorità granducali.
Il Comune, allora, per prevenire provvedimenti pesanti da parte del Governo, spedì a Firenze due ambasciatori e due residenti per prosternare al Granduca Ferdinando III in persona omaggio di SOGGEZIONE e di VENERAZIONE del popolo di Fucecchio, sorpreso e mortificato per le “false invenzioni” con le quali si tentava di “porlo in disgrazia del suo Sovrano”.
Il granduca, dopo aver ricevuto benignamente la deputazione del Comune volle che si scrivesse in suo nome una lettera di ringraziamento e di rassicurazione al nostro Comune.
Il Comune, per ingraziarsi ancora di più Ferdinando III, volle che il 25 agosto 1792, giorno onomastico del Granduca, fosse cantato il Te Deum in ringraziamento a Dio della rivendicata innocenza del popolo di Fucecchio e fosse celebrata una Messa solenne con l’intervento del Consiglio Generale unitamente al Vicario Regio nella chiesa Collegiata.

1792 - I suonatori di banda minacciano di andare a S. Miniato

La Società dei dilettanti di musica ( la Banda) minacciarono il Capitolo della Collegiata di trasferirsi tutti quanti a S. Miniato se non fosse stato corrisposto un aumento rispetto a quello pattuito nel contratto. Il Capitolo, allora, per poter contare sulle prestazioni della Filarmonica, accettò di dare 12 scudi come supplemento alla somma pattuita.

1793 - Immigrati francesi a Fucecchio

Il 14 luglio 1789 era scoppiata la Rivoluzione francese.
I fucecchiesi, forse, nemmeno avevano saputo che la Francia era stata e continuava ad essere teatro di un così sconvolgente fenomeno storico.
Se ne resero conto soltanto nel febbraio-marzo del 1793 quando anche a Fucecchio giunsero una ventina di immigrati francesi.

Il 21 gennaio 1793 era stato giustiziato, con decapitazione, il re di Francia Luigi XVI. Alla decapitazione del re Luigi XVI fece seguito l’intervento armato dell’Austria contro la Francia rivoluzionaria e repubblicana.
Molti francesi approfittarono di questo conflitto per abbandonare la Francia e rifugiarsi in Toscana.
Il granduca Leopoldo I, che si era dichiarato neutrale nei confronti della Francia, si mostrò molto tollerante nei confronti degli immigrati francesi nonostante gli allarmi lanciati dai parroci. Essi affermavano: Gli immigrati seminavano idee rivoluzionarie che prima o poi sovvertiranno l’ordine vigente.
Il parroco di Castelfranco di Sotto, Federico Tondoli, denunciò al Vicario di Fucecchio un fatto che egli giudicava grave: “ Vengono affissi al muro dei cartelli che mi levano il decoro “
Queste operazioni erano forse il frutto delle idee rivoluzionarie propalate dagli immigrati francesi. Il nostro granduca preferiva non tenerne conto.
Il 7 settembre 1793, però, il ministro inglese Harvey, con l’orologio alla mano, minacciò il granduca Leopoldo I di far bombardare Livorno dalla flotta inglese giunta davanti al porto della città se nel giro di 3 ore non si decideva “ad andar contro la Nazione francese e a prendere severi provvedimenti contro gli immigrati francesi”.
Il granduca, messo alle strette, dovette piegarsi: emanò una circolare che proibiva l’immigrazione francese e che intimava agli immigrati presenti nel nostro territorio di allontanarsi dalla Toscana.

1793 - Poggio Salamartano: mistero svelato

Nel tratto iniziale della strada che da piazza Garibaldi porta sull’ammattonato del Poggio Salamartano, vi era un rettangolo di terreno di mt 15x9 sterrato e delimitato da un cordolo di pietra sui due lati che toccavano la strada: gli altri due lati erano a confine col muro castellano e col muretto delle scarelle.
Nessuno sapeva spiegarsi il perché di questo tratto sterrato. Qualcuno avanzava l’ipotesi che vi fosse ancora l’ossario del cimitero della Compagnia di S. Giovanni Battista che aveva la sua chiesa quasi a confine.
L’enigma è stato svelato dall’architetto Francesco Dei. Quel pezzo di terreno era stato acquistato nel 1793 dal sig. Michele Casini per 50 scudi fiorentini. Il Casini avrebbe voluto costruirvi un’abitazione, ma il Comune non gli dette il permesso per la decisa opposizione dell’arciprete della Collegiata. Quel fabbricato avrebbe tolto molta luce alla canonica.
Trattandosi di una proprietà privata nessuno poteva né toccare né tanto meno lastricare quel pezzo di terreno sterrato.
Nel 1985, ignara di ciò, la nostra amministrazione comunale prescrisse all’impresa Bruno Placidi la lastricatura dell’ex proprietà di Michele Casini.

1793 - Le aree del mercato settimanale

Queste erano le aree dove si svolgeva il mercato settimanale nel 1793:
- PIAZZA VITTORIO VENETO
Nel 1793 piazza Vittorio Veneto aveva le stesse dimensioni di quella attuale, ma presentava due particolarità:
- aveva al centro una cisterna;
- era separata dalla via che la costeggia da due scalini che ne riducevano la forte pendenza.
Nell’area posta dietro la cisterna si vendevano le grasce (grano, granturco, orzo etc.); nell’area posta fra la cisterna e i due scalini c’erano le bancarelle dei merciai; sotto la Loggia del Pretorio si vendevano i BOZZOLI dei bachi da seta.
- PIAZZA S. GIOVANNI (Garibaldi)
In questa piazzetta antistante la canonica si vendevano animali da cortile (polli, conigli, piccioni, anatre..)
- PIAZZA SAMBUCA (Cavour)
Vi si vendevano frutta, verdura e pesce.
- VIA SOTTO VALLE (Mario Sbrilli)
Vi si vendevano bestie, fieno, erba e salci.
- PIAZZA DELLE VEDUTE (Montanelli)
Qui si vendevano poponi, cocomeri, agli, cipolle e stoviglie.

1794 - Campanilino della Collegiata

L’inizio delle sacre funzioni religiose - Messe, Vespri, tridui, novene - veniva sempre annunciato ai fedeli con il suono di una campana: la Prima.
Perciò, anche per ogni S. Messa, il sagrestano-campanaro doveva recarsi in cima alla cella campanaria dell’ex campanile di S. Salvatore per suonare la campana adibita all’annuncio di tale atto liturgico.
Il lavoro domenicale del povero sagrestano, che in genere doveva annunciare ben 5 Messe, era pesantissimo.
Per alleggerire questo lavoro del sagrestano, il Capitolo della Collegiata decise di costruire un piccolo campanile sul tetto della sagrestia e di collocarvi una campana: il sagrestano si sarebbe risparmiato tanti faticosi viaggi.
L’Amministrazione Comunale non solo approvò questo progetto, ma donò alla Collegiata la campana destinata al campanilino della sagrestia.
Nel 1794 venne realizzato sopra il tetto della sagrestia il campanilino, ancor oggi esistente, e vi venne collocata la campana donata dal Comune.
Il sagrestano poteva ora annunciare tutte le funzioni religiose tirando una corda dalla sagrestia.

1794 - Riseghe della Collegiata

La Collegiata, così come noi la vediamo, venne inaugurata il 3 ottobre 1787.
La sua facciata rivolta verso la Piazza Vittorio Veneto presenta quattro file di RISEGHE simili a scalini e , al di sopra dell’architrave della porta d’ingresso, diverse file di cunette a forma cubica. In queste cunette i piccioni sin dal 1787 cominciarono a nidificare.
I ragazzi, ma anche molti adulti, salivano sulle riseghe, raggiungevano i nidi, prendevano i piccioncini e se li portavano a casa. Qualche volta gli improvvisati scalatori cadevano e, se si rompevano qualche osso, dovevano essere portati su di un carretto all’ospedale di Pescia.
Inutili erano stati i divieti delle autorità comunali e le raccomandazioni dell’arciprete e dei canonici: i ladri di piccioni si arrampicavano sulle riseghe anche di notte. E le fratture delle ossa aumentavano.
Il 9 giugno 1794 il Capitolo della Collegiata deliberò di “chiudere alcune riseghe o meglio dire rendere piano il muro, togliere le sporgenze, ricominciando questa chiusura dalla linea superiore dell’architrave della porta maggiore e seguitando sino a tanto possa dirsi prudentemente rimossa l’occasione a quelli che a tutte le ore ed in specie di notte si sono cimentati di salire con l’aiuto delle riseghe a cavare dal suo nido i piccioni nati nelle dette buche, come pure a regolare detto lavoro in modo che non rimanga deformato il prospetto e facciata della chiesa “
Il lavoro, affidato al muratore Domenico Rosati, riuscì perfetto. E nessuno poté più arrampicarsi fino all’altezza dei nidi di piccioni.
Nel 1985 l’arciprete don Idilio Lazzeri ha fatto togliere dalla facciata della Collegiata le tamponature delle riseghe effettuate da Domenico Rosati. E così la facciata della chiesa ha ripreso il suo aspetto originario.

1794 Missioni

Quando i parroci registrano un infiacchimento della fede o un rilassamento morale dei loro parrocchiani organizzano quasi sempre una Missione: chiamano un gruppo di persone (sacerdoti o frati o suore) alle quali affidano il compito di rinfocolare la fede e il senso morale.
Anche il nostro arciprete don Gabriello Baccini, con il consenso del Capitolo e l’autorizzazione del vescovo, organizzò una Missione che durò poco meno di un giorno e mezzo.
Alcuni sacerdoti della Congregazione di S. Iacopo, di Firenze, giunsero a Fucecchio il 6 maggio 1795 alle ore 18,30. Essi furono ricevuti in forma privata dal clero e dalla popolazione con la quale si portarono in Collegiata.
Dopo aver pregato davanti all’Altar Maggiore, i missionari esposero al popolo le ragioni della loro venuta.
Questo il Programma del 7 Maggio, giorno delle missioni:
- ore 5: S. Messa, laudi, catechismo, confessione;
- ore 18: laudi, catechismo, predica.
Alla sera, tanto e tale fu il concorso della popolazione che la metà delle funzioni, dato che il tempo era bello, furono celebrate nella pubblica Piazza.
E proprio nella Piazza si conclusero queste Missioni.
Dopo la Benedizione i nostri Dilettanti di Musica (la Corale) cantarono il Te Deum accompagnati dall’Orchestra delle due bande locali.

1795 - VARIANDA bollettino interparrocchiale

Nel 1975 Fucecchio si impose all’attenzione di tutta la diocesi di S. Miniato per merito del solito canonico fucecchiese don Giulio Taviani.
La probabile ed imminente dominazione francese non preoccupava più di tanto i fucecchiesi, convinti che la dichiarazione di neutralità del nostro granduca lorenese Ferdinando III ci avrebbe procurato un lungo periodo di pace e di prosperità.
In questo clima “storico” il nostro canonico si fece promotore di una iniziativa editoriale singolare: la pubblicazione di un BOLLETTINO interparrocchiale che recava il titolo VARIANDA.
Il Taviani voleva utilizzare questo Bollettino quale arma per la sua battaglia contro la diocesi sanminiatese rea di aver sempre negato riconoscimenti e privilegi che invece sarebbero spettati al clero fucecchiese.
VARIANDA ebbe vita brevissima. Infatti, prima della fine del 1795, il vescovo mons. Fazzi, con il consenso della Curia, ordinò la sospensione della pubblicazione.
Quali furono le colpe imputate al canonico Taviani?
1- Egli aveva scritto “ il Vescovo nostro” anziché l’Illustrissimo e Reverendissimo monsignor Vescovo.
2- Aveva scritto anche “ i nostri RR canonici “. La sigla RR rappresentava un’usurpazione di titoli. Il titolo RR spettava soltanto ai canonici curiali, a quelli cioè della Curia vescovile e non a quelli del Capitolo della Collegiata.

1795 - Trattato di neutralità

La nostra povera Toscana per molti secoli è stato territorio di passaggio di milizie straniere. I contadini, i boscaioli, i paesani ne sapevano qualcosa di questi passaggi che erano sinonimi di ruberie, devastazioni, stupri, soprusi, angherie.
Il 2 marzo 1795 venne ratificato il Trattato di neutralità del Granducato di Toscana con la Francia Repubblicana partorita dalla Rivoluzione Francese del 14 luglio 1789. Questa Francia Repubblicana aveva messo e teneva in subbuglio tutta l’Europa.
La notizia della ratifica del Trattato di neutralità fu accolta con soddisfazione ed entusiasmo dai fucecchiesi sempre timorosi di nuove invasioni e di ulteriori passaggi di truppe straniere. Essi ora speravano in un lungo periodo di PACE e pregustavano l’esenzione dal passaggio di truppe straniere sul nostro territorio.
Anche il Senato fiorentino nutrì le medesime illusioni dei fucecchiesi Se ne fece portavoce il senatore Alessandro Adami che si felicitò così con il granduca Ferdinando III:
“Le molte premure che Sua Altezza Reale si è dato per ristabilire i suoi amatissimi sudditi in quella tranquillità che un giusto timore dell’altrui violenza fin dal 1793 aveva fatto perdere alla Toscana in mezzo alle convulsioni politiche suscitate dalla Repubblica Francese in diverse parti del mondo, avendo sortito con la ripristinata neutralità l’effetto più glorioso e per la Toscana il più utile.”

Poveri fucecchiesi! Poveri senatori! Si sbagliarono proprio di grosso.

1795 - Teatro G. Pacini

Il 14 marzo 1794 il dott. Agostino Panicacci ottenne il permesso di costruire in Piazza Montanelli un teatro, il “Teatro G. Pacini”, demolito poi nel 2003.
A costruzione iniziata, il Panicacci rivendette il costruendo teatro a Gino Conti.
Il nuovo Teatro venne inaugurato nel 1795.
A causa di contingenze storiche poco fortunate ( il fabbricato venne perfino ridotto a caserma per le truppe francesi) il teatro entrò in gravissima crisi.
Nel 1833 si ricostituì a Fucecchio l’Accademia dei Fecondi, scioltasi nel 1780, ed assunse la denominazione di Accademia dei Fecondi Ravvivati.
I Fecondi Ravvivati, come primo atto della loro rinascita, acquistarono il Teatro di piazza Montanelli e, per garantirne una lunga sopravvivenza, si diedero uno Statuto che preferirono chiamare Le Costituzioni.
L’Accademia rivitalizzò le rappresentazioni teatrali e soprattutto la musica lirica. Giovanni Pacini, compositore pistoiese, nel 1836, scelse il teatro di Fucecchio per la prima esecuzione della sua Opera Lirica intitolata SAFFO. In ricordo di questo raro privilegio il Teatro Regio di Fucecchio assunse il titolo di Teatro G. Pacini.
I Fecondi Ravvivati realizzarono all’interno del Teatro, utilizzando le numerose stanze presenti nel fabbricato, un Circolo Ricreativo Privato.
Nel 1930, ad un secolo di distanza, I Fecondi Ravvivati fecero foderare con velluto rosso i due ordini di palchetti; inoltre fecero laccare e dorare tutte le cornici di legno.
Il 23 febbraio del 1930, l’anno VIII dell’Era Fascista, il Teatro Pacini venne riaperto. Enorme fu lo stupore suscitato dal suo nuovo look. Il poeta fucecchiese A. Taddei dedicò all’evento una poesia che si conclude con questo appello:
Accorri, colto popolo,
giudica il mio valore.
Versa cospicuo l’obolo
che cangi il mio esteriore!
....................................................
Anche la veste mia sarà fiorita:
il tuo concorso e l’Arte
faran l’opra compita!
E rimarrà per secoli,
sfidando il tempo, i venti,
questo bel monumento
al culto delle genti!

Nel 1941 I Fecondi Ravvivati vendettero il loro Teatro alla famiglia Morelli Guido di Fucecchio.
Nel 1952 il Teatro Pacini subì una ristrutturazione radicale. Vennero demoliti i Loggione, i due ordini di palchetti e il soffitto dipinto. Sparirono tutte le stanze ed il Circolo ricreativo. Vi vennero realizzati un grande palcoscenico, una platea ampia e profonda, ed una galleria a gradinata posta sopra la parte posteriore della platea. Dell’ottocentesco Teatro Pacini erano rimasti soltanto i muri perimetrali.
Subito dopo l’apertura del nuovo Teatro Excelsior, in Via Cesare Battisti, avvenuta il 22 luglio 1978, il Teatro Pacini cadde in disuso e negli anni ‘80 venne chiuso per sempre.

1796 - Francesi a Fucecchio: passaggio di Napoleone

L’esercito francese, guidato da Napoleone, nel 1796 entrò in Italia e, dopo aver sconfitto l’esercito antifrancese a Marengo, si diresse verso gli Stati Pontifici.
Forte del trattato di neutralità sottoscritto dal nostro granduca Leopoldo I il 2 marzo 1795, Napoleone chiese ed ottenne di poter attraversare con le sue truppe il territorio della Toscana.
Ricominciava per Fucecchio una storia nota e dolorosa.
Il granduca intimò:
“Tutti gli abitanti siano avvertiti ad usare ogni riguardo e rispetto in ogni maniera alle truppe francesi, come pure a somministrargli quello che potrà loro abbisognare e che sarà dalle medesime pagato in contanti”
Si ripeteva la Via Crucis delle requisizioni.
Il 24 giugno 1796, quando le truppe francesi stavano per raggiungere Pistoia, giunse al nostro Vicario quest’ordine:
“Occorrendo povvisionare la cavalleria francese al suo passaggio per la Valdinievole, si compiacerà di prelevare dalle fattorie 400 staia di avena, duecentomila libbre di fieno, circa mille staia di farina.”
Il 25 giugno 1796 Napoleone giunse a Pistoia.
Il giorno dopo, il 26, le truppe francesi e lo stesso Napoleone passarono da Fucecchio, senza farvi sosta, diretti all’Osteria Bianca e da lì a Livorno per liberarla dal dominio inglese; poi avrebbero proseguito la loro marcia per intraprendere la campagna militare contro gli Stati Pontifici.
Gli Inglesi, informati tempestivamente della mossa a sorpresa di Napoleone, abbandonarono immediatamente Livorno. Napoleone non dovette sparare nemmeno un colpo di fucile per liberare la città.
Il 28 giugno il nostro Vicario fu raggiunto da un dispaccio che tra l’altro prescriveva:
“.... si provveda, per il giugno, l’approvvigionamento di fieno, grano.. per 160 uomini di cavalleria francese che in detta data dormiranno a Fucecchio. “
Il 29 giugno Napoleone pernottò a S. Miniato, in casa di un prelato suo parente, ed il giorno dopo venne ossequiato dal vescovo, dalla nobiltà e dalle magistrature locali.
Il 4 luglio il nostro Gonfaloniere (sindaco) fece un rapporto catastrofico sulla nostra situazione finanziaria e sui danni causati dalle truppe francesi nel mese di giugno.
Il 4 luglio 1796 passò per Fucecchio un’intera Armata della Repubblica Francese.
In questo caso particolare, dato che lo Stato Maggiore e gli Ufficiali subalterni avevano scelto Fucecchio come luogo di sosta, i notabili fucecchiesi dovettero ospitare nei loro palazzi i generali, gli ufficiali superiori e quelli subalterni.
Allo scopo di evitare in altre simili occasioni i prevedibili disagi a carico dei privati e visto che il Comune doveva risarcire ai titolari dei palazzi le spese sostenute, il Consiglio Comunale deliberò la destinazione ad alloggio militare delle locande principali di Fucecchio.
La locanda del Soldaini venne riservata allo Stato Maggiore. Le osterie Banti, Baldini e Maggiore vennero destinate ai soldati semplici.
Questa storia si protrasse fino all’11 maggio 1797, giorno in cui gli Inglesi abbandonarono l’isola d’Elba e restituirono al Granducato la città di Portoferraio.
I francesi, allora, resero esecutivo il Trattato fra Granducato di Toscana e Napoleone del 23 febbraio 1797. Esso prevedeva:
- che i Francesi avrebbero lasciato la Toscana non appena gli Inglesi avessero evacuato Portoferraio;
- che il granduca di Toscana non avrebbe accordato il passaggio sul territorio del granducato alle truppe in stato di guerra con la Repubblica Francese;
- che Livorno avrebbe avuto la sua libertà non appena gli Inglesi avessero lasciato Portoferraio;
- che il granduca avrebbe rimborsato ai Comuni toscani le spese da essi sostenute in occasione del passaggio delle truppe francesi.
Quando i francesi lasciarono la Toscana, i fucecchiesi si divisero in filo-francesi ed in antifrancesi.

1796 - Napoleone Bonaparte passa da Fucecchio

Qualcuno ha asserito che Napoleone Bonaparte, il 26 giugno 1796, si sia addirittura fermato a pranzare a Fucecchio nel Palazzo della Fattoria Corsini. Non esistono in Archivio documenti che comprovino questo assunto. Ecco, invece, cosa narrano i documenti.
Il giorno 26 giugno, Napoleone partì da Pistoia alle ore 7 del mattino dopo aver spedito un dispaccio al Granduca ed un aiutante a S. Miniato. Il dispaccio informava il granduca Ferdinando III che Napoleone, prima di dirigersi negli Stati Pontifici, avrebbe capeggiato una spedizione punitiva contro gli Inglesi acquartierati a Livorno.
L’aiutante di Napoleone andò a S. Miniato ad avvertire il canonico Filippo Bonaparte di scendere al passaggio di Napoleone per la Strada Maestra Pisana perché il generale desiderava vederlo.
Sfrecciando prima per Monsummano e poi per Fucecchio, Napoleone, ventisettenne, si presentò puntualmente all’appuntamento con il canonico suo parente che era ad attenderlo lungo la Strada Maestra in compagnia dei cittadini più illustri di S. Miniato che lo invitarono a visitare la città dei suoi avi. Napoleone declinò l’invito e promise che sarebbe salito a S. Miniato al suo ritorno da Livorno.
Il 29 giugno 1796, Napoleone, tenendo fede alla parola data, pernottò a S. Miniato. La mattina del 30 giugno venne ossequiato dal clero e dalla nobiltà sanminiatese. Il discorso di saluto e di ossequio fu pronunciato da Simone Cardi Cigoli.
A conclusione di questa cerimonia, Napoleone riprese il cammino verso Firenze.

1797 - Regolamento scolastico

Il 16 marzo 1797 il Consiglio Comunale deliberò il nuovo Regolamento scolastico che comprendeva anche il Calendario delle vacanze.

ART. 1- Il maestro di Prima Scuola ha l’obbligo di insegnare tutti i giorni UMANITA’ e RETTORICA; e si escludano da queste due classi gli inabili o insufficienti.

ART. 2- L’Orario scolastico comprende 2 ore di lezione al mattino e 2 ore al pomeriggio.

ART. 3- Il sabato devono essere insegnati anche gli atti di pietà, i doveri religiosi, il Catechismo Romano, il Concilio di Trento e si devono altresì recitare le Litanie della Madonna.

ART. 4- Gli scolari devono essere preparati a dare un saggio pubblico di quello che hanno imparato dinanzi al Magistrato (membri del Consiglio Comunale).

ART. 5- Il maestro dovrà scegliere uno degli alunni più preparati il quale, in pulpito, dovrà recitare il panegirico di S. Niccolò da Bari il giorno della sua festa (6 dicembre) con l’aiuto del maestro.

ART. 6- Il Calendario delle vacanze prevede:
- un giorno di vacanza infrasettimanale a piacere del maestro;
- le vigilie di Natale, Pentecoste, la sera della vigilia di Corpus Domini, di S. Giovanni Battista e le mattine delle Rogazioni e nei due giorni intermedi fra l’Ascensione e la domenica della festa della Madonna delle Vedute;
- il maestro può dare una vacanza al mese;
- le vacanze di Carnevale vanno dal lunedì di settuagesima fino alla mattina delle Ceneri;
- le vacanze di Pasqua vanno dal Mercoledì Santo fino al terzo giorno di Pasqua;
- le vacanze d’Autunno vanno dal 28 ottobre al 6 novembre.


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