capitolo14-3 - STORIA di FUCECCHIO FATTI, PERSONAGGI ED EVENTI - di Mario Catastini a cura di Giacomo Pierozzi

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CAPITOLI
XIV  (parte 3-4)

FUCECCHIO COMUNE DEL GRANDUCATO DI TOSCANA DEI LORENA
DAL 1737 AL 1799


1781 - Assistenza agli infermi

Dal 1350 al 1781 l’assistenza agli infermi veniva praticata da due Compagnie di ispirazione religiosa:
- quella di S. Giovanni Battista, detta anche dei Frustati neri;
- quella della Madonna della Croce, detta anche dei Frustati bianchi.
Ognuna di queste due compagnie disponeva di una chiesa, di un cimitero, di un ospedale (un paio di stanzoni arredati con letti ed armadi) di una sede con uffici per i confratelli e, soprattutto, di numerosi beni immobili - poderi, boschi e case -.
I beni immobili assicuravano alle due compagnie delle ENTRATE più che sufficienti per garantire un’adeguata assistenza agli infermi.
L’11 ottobre 1781 il granduca lorenese Leopoldo I ordinò, prima ancora di decretarne la soppressione, che l’amministrazione di tutti i beni e rendite delle due compagnie fosse affidata all’Amministrazione Comunale. Perché?
Il comune si stava indebitando fino al collo per la costruzione della Nuova Collegiata (che venne ultimata soltanto sei anni dopo, nel 1787). Questo indebitamento irritava non poco il granduca. Leopoldo I disse ai nostri consiglieri comunali: con il ricavato dei beni e delle rendite delle due compagnie, voi dovete fare queste due cose: assicurare l’assistenza agli infermi come è stato sempre fatto; utilizzare gli avanzi per coprire sia pure parzialmente le ingenti spese inerenti alla costruenda Nuova Collegiata.
Il 20 aprile 1784 il vescovo di S. Miniato, con il beneplacito del Sovrano, notificò al nostro Comune l’obbligo di erogare annualmente 490 lire in “benefizio dei poveri Infermi”.
Dieci giorni dopo, il 30 aprile 1784, il Comune deliberò le norme per un equo utilizzo delle 490 lire.
Cinque anni dopo, il 10 settembre 1789, il Comune affidò l’utilizzazione delle 490 lire alla comunale Compagnia della Carità.
Questa compagnia, in barba alle norme del 30 aprile 1784, distribuiva le 490 lire in maniera a dir poco disinvolta. Sussidiava i bisognosi a discapito dei poveri infermi. Questa operazione consentiva alla Compagnia di realizzare lauti avanzi. Gli infermi potevano anche morire.
Un anno dopo, l’11 gennaio 1790, l’Amministrazione Comunale assegnò al Capitolo della Collegiata l’amministrazione dei beni e delle rendite delle due Compagnie soppresse.
L’erogazione dell’assistenza agli infermi passava ad un altro Ente.

1781 - Oratorio di S. Carlo

Da una istanza avanzata dalla badessa del Convento di S. Andrea in data 18 dicembre 1781,sappiamo della presenza dell’Oratorio di S. Carlo (Borromeo?) di attinenza dello medesimo Convento. In questa istanza si chiede il giuspatronato delle due scalinate dell’Oratorio che era stato soppresso un anno prima,nel 1780, dal granduca Leopoldo I.
Non disponiamo di indicazioni topografiche per poter localizzare detto Oratorio.

1782 - Rocca: gli ultimi tre proprietari

Il 30 novembre 1782 il granduca lorenese Pietro Leopoldo I concesse la rocca in proprietà al Comune di Fucecchio.
Il nostro comune riconfermò la concessione della rocca, in affitto, alla famiglia Corsini. Dal 10 aprile 1676 il nostro comune aveva ottenuto dai Corsini la concessione in affitto perpetuo dell’area dell’attuale piazza Montanelli. Il Comune pagava un canone annuo al Corsini per la piazza Montanelli; il Corsini pagava un canone annuo al Comune per la rocca.
Il 7 dicembre 1864, grazie ad un atto di permuta, i Corsini diventarono proprietari della rocca mentre il Comune diventò proprietario della piazza Montanelli.
Nel 1980 gli eredi Corsini hanno venduto ad una Società privata tutta la Fattoria Corsini, rocca compresa.
Nel 1981 il Comune di Fucecchio ha acquistato la rocca e tutte le sue pertinenze: parco, palazzo, magazzini, cantine, appartamenti del fattore e degli ospiti. A distanza di un secolo il nostro comune è ridiventato proprietario della rocca.

1782 - Campanile della Pieve di S. Giovanni: demolizione

La Pieve di S. Giovanni Battista, elevata al rango di Collegiata nel 1771, aveva un bel campanile rivolto verso l’attuale piazza Vittorio Veneto.
Del campanile della Pieve è possibile raccontare gli ultimi suoi cento anni di vita.
Nel 1682 al centro dell’attuale piazza Vittorio Veneto c’era la Cancelleria o palazzo comunale con la sua bella facciata e con la sua torre dell’”oriuolo” rivolte verso il Loggiato del palazzo pretorio che all’epoca era ad un solo piano.
Poiché la torre dell’oriuolo era pericolante e minacciava “ruina”, si provvide a smontare l’orologio, a riporlo in una stanza della cancelleria medesima e poi a demolire la torre.
La mancanza dell’orologio pubblico nella Piazza provocò gravi disagi nella popolazione. Il Consiglio Comunale si rese interprete di questo disagio e nella seduta dell’11 febbraio 1684 decise di interpellare l’ingegner Francesco Silvani perché stabilisse se era possibile “rimontare” l’orologio della cancelleria sul campanile della Pieve di S. Giovanni che guardava appunto sulla Piazza, l’attuale Piazza Vittorio Veneto.
L’ingegner Silvani studiò il problema e il 6 giugno 1685 presentò il proprio progetto di sistemazione dell’orologio sul campanile della Pieve e lo corredò di una dettagliata relazione.
Il Magistrato dei Nove di Firenze approvò il progetto che tra l’altro prevedeva l’innalzamento del campanile di sette metri.
I lavori di ristrutturazione del campanile per la sistemazione dell’orologio della cancelleria procedevano molto a rilento. Nel 1692 i lavori non erano ancora “ammezzati” perché a pochissimi piaceva il disegno del tetto del campanile ideato dal Silvani.
A seguito delle frequenti proteste popolari, l’amministrazione comunale affidò nel 1692 a Maestro Agostino Landini il compito di ridisegnare la sommità del campanile della Pieve. Nemmeno il disegno del Landini trovò il consenso generale.
Il Magistrato dei Nove di Firenze, per por fine ad ulteriori lungaggini, mandò a Fucecchio il proprio ingegner Giuliano Ciaccheri che si limitò a suggerire soltanto alcuni lievi ritocchi alla sommità del campanile.
Finalmente, il 24 giugno 1693 venne inaugurato l’ex orologio della cancelleria posto sulla cima dell’innalzato campanile della Pieve.
89 anni dopo accadde un fatto che segnò un‘altra tappa, l’ultima, per la storia del campanile della ex Pieve di S. Giovanni.
Nel 178O venne demolito tutto il fabbricato della Pieve, ad eccezione del campanile, per cominciare a fabbricare l’attuale Collegiata.
Il progetto prevedeva l’utilizzazione del campanile della vecchia pieve. Quando però venne deliberato che la facciata della nuova Collegiata avrebbe dovuto essere rivolta verso l’attuale piazza Vittorio Veneto, ci si rese conto che il campanile presesistente si sarebbe trovato al centro della facciata. Che fare? Si formarono subito due partiti: quello contrario alla demolizione del campanile con l’orologio e quello favorevole alla demolizione. Per venire a capo di questa nuova diatriba venne interpellato l’architetto fiorentino Zanobi Del Rosso.
L’architetto fiorentino non ebbe alcuna esitazione: il campanile doveva essere demolito per queste tre ragioni:
- il campanile era debolissimo perché non poggiava su di un getto di malta e perché l’innalzamento effettuato un secolo prima per installarvi l’orologio della cancelleria lo aveva reso ancor più vulnerabile: poteva crollare in maniera imprevedibile sulle case che erano ad esso addossate:
- poiché la facciata della nuova chiesa sarebbe stata rivolta verso la Piazza, il vecchio campanile si sarebbe trovato proprio al centro di essa;
- la muratura di un vestibolo largo quanto tutta la facciata, per coprire il campanile, sarebbe costata la bellezza di 1.800 scudi.
I fucecchiesi continuarono a tergiversare.
Spazientito, il granduca lorenese Leopoldo I, il 9 settembre del 1782 prese due draconiane decisioni:
- fece demolire immediatamente il campanile della pieve con l’orologio pubblico;
- assegnò il campanile della chiesa di S. Salvatore alla nuova Collegiata.
Finì così la storia del vecchio campanile della ex Pieve di S. Giovanni Battista.

1782 - Festa di S. Gaetano

Il giorno di S. Gaetano cade l’8 agosto. Questo santo veniva festeggiato solennemente nella chiesa locale annessa al monastero di S. Caterina posto nell’attuale corso Matteotti.
In questo Monastero erano alloggiate le monache oblate bianche di S. Romualdo.
I dieci sacerdoti della Congrega del SS. Nome di Gesù fino al 1771 e poi i 10 canonici del Capitolo della Collegiata fino al 1782, la mattina dell’8 agosto si portavano processionalmente alla chiesa delle romualdine e vi celebravano Messe piane ed una solenne e cantata.
Erano molti i fucecchiesi che presenziavano a queste Sante Messe in onore di S. Gaetano.

S. Gaetano era nato a Vicenza nel 1480.
I suoi genitori erano dei nobili.
Si laureò in Diritto all’Università di Padova e poi si fece sacerdote.
Fu mandato a Roma a ricoprire l’ufficio di Notaio Apostolico.
Nel 1524, a Chieti, fondò l’Ordine dei Teatini, sacerdoti che si impegnavano a conservarsi moralmente puliti e a praticare le opere di misericordia corporale.
S. Gaetano morì a Napoli il 7 agosto 1547.
La ricorrenza venne spostata pochi anni dopo la canonizzazione del fondatore dei Teatini all’8 agosto.

1783 - Carcere vicariale

Il granduca lorenese Leopoldo I nel 1780 elevò Fucecchio al rango di Vicariato.
Questa specie di pretura doveva esercitare la sua funzione civile e quella criminale sulle popolazioni dei comuni di:
Fucecchio, Montecalvoli, S. Maria a Monte, Castelfranco di Sotto, S. Croce sull’Arno, Cerreto Guidi e Vinci.
La sede del Vicariato venne allestita nel Palazzo Podestarile, oggi Pretorio, nell’attuale piazza Vittorio Veneto.
Poiché le celle esistenti al piano terra non erano consone ai reati dei detenuti, il nostro Comune dovette farne costruire 8 all’altezza del primo piano del Palazzo Podestarile nell’area occupata dal Teatro dei Fecondi che era stato lì costruito nel 1753.
Il Teatro dei Fecondi venne quindi demolito per far posto a 7 celle per uomini e a una per donne.
Le sette celle per uomini avevano il soffitto a volta reale; quella delle donne aveva il soffitto con travi e tavole.
Nelle celle per uomini c’erano due pancacci (letti); in quella delle donne, più grande, ve ne erano tre.
I detenuti stazionavano nel nostro carcere vicariale non più di due mesi e potevano essere visitati, alla presenza del guardiano, il giovedì e la domenica dalle ore 10 alle ore 12.
Il pranzo veniva distribuito a mezzogiorno e veniva confezionato da un accollatario che, per 60 centesimi a testa, forniva pranzo e cena ai detenuti.
I detenuti facoltosi potevano disporre di:
- camera riservata con letto, saccone, materasso, due lenzuola, coltrone e guanciale;
- vitto venale, che veniva acquistato in trattoria;
- permesso di fare il bagno in certi vasi.
I detenuti non facoltosi avevano diritto ad una rasatura settimanale e al taglio dei capelli una volta ogni due mesi. Il barbiere vi andava di sabato.
Il cambio della biancheria personale avveniva una volta alla settimana.
Le lenzuola venivano cambiate una volta al mese.
Nei giorni festivi la S. Messa veniva officiata da un frate del Convento La Vergine.
Le carceri vennero chiuse nel 1925 quando la nostra Pretura venne soppressa.

1783 - Le altre fiere accordate a Fucecchio

Il 14 aprile 1783 il granduca lorenese Leopoldo I accordò al nostro Comune la FIERA DEL MAGGIO che si svolgeva annualmente nei giorni di venerdì e sabato successivi alla Festa dell’Ascensione.
Questa Fiera venne soppressa nel 1866.
Il 7 agosto 1832 il Comune di Fucecchio deliberò l’istituzione della FIERA ANNUALE DI SETTEMBRE, approvata con sovrano rescritto il 6 settembre 1832.
Questa fiera si svolgeva il secondo lunedì successivo alla Festa della Esaltazione della SS. Croce che cade il 14 settembre.
Anche questa fiera venne abolita il 18 maggio 1866.
Il 29 dicembre 1856, previa approvazione granducale, venne istituita la FIERA DEL CARNEVALE che cadeva nel lunedì precedente il Berlingaggio o Giovedì Grasso.
Questa fiera venne inaugurata nel 1858 perché l’approvazione granducale è datata 18 maggio 1857.
Anche questa fiera venne abolita nel 1866.

Il 18 maggio 1866 venne istituita la FIERA MENSILE DEL BESTIAME E MERCE di ogni specie che si svolgeva il primo mercoledì di ogni mese.
Tutti i mesi vi erano quindi mercato e fiera.
E’ presumibile che questa fiera mensile abbia assunto una cadenza settimanale e che sia stata poi chiamata mercato settimanale.

1783 - Frati e monache a Fucecchio

Il 26 novembre 1873 la sottoprefettura di S. Miniato chiese epistolarmente al comune di Fucecchio che le venisse comunicato quanti sodalizi religiosi si trovassero a Fucecchio e di quali risorse finanziarie disponessero.
A Fucecchio c’erano due sodalizi religiosi: le clarisse del Monastero di S. Salvatore e i frati zoccolanti del Ritiro La Vergine.
Nel Monastero di S. Salvatore c’erano 12 monache professe e due novizie. Questo sodalizio viveva della pensione che veniva corrisposta alle 12 monache professe.
Nel Ritiro La Vergine c’erano 6 frati sacerdoti e 6 frati laici. La comunità francescana viveva della pensione che veniva corrisposta ai 6 frati sacerdoti e delle elemosine in natura e in denaro.

1783 - Frati neri soppressi

I padri francescani conventuali venivano volgarmente chiamati frati neri perché indossavano il saio nero.
I conventuali si trovavano a Fucecchio dal 1299 ed alloggiavano nella ex Abbazia di S. Salvatore che essi titolarono Convento di S. Francesco.
Il 14 gennaio 1783 la Segreteria di Stato del Granducato di Toscana, intenzionata a sopprimere un certo numero di Conventi Francescani, chiese epistolarmente al Provinciale padre Andrea Lachi una lista di Conventi da sopprimere.
Padre Lachi inserì nella lista anche il Convento di S. Francesco di Fucecchio, quello posto sul Poggio Salamartano.
I fucecchiesi protestarono tumultuosamente contro il provinciale, contro la Segreteria di Stato e per tre volte chiesero l’intercessione del vescovo di S. Miniato per far rimanere i frati neri a Fucecchio.
Sia il Provinciale padre Lachi, pentito, sia il vescovo di S. Miniato supplicarono il Granduca Leopoldo I di depennare dalla lista dei conventi da sopprimere quello di Fucecchio dove si trovavano 12 frati.
Il Granduca chiese consiglio al suo ministro Carlo Bonsj.
Il Bonsj affermò:
- La terra di Fucecchio abbonda di preti e frati ignoranti ed oziosi.. e quindi ininfluenti per la crescita religiosa e morale della popolazione.
L’indignazione dei fucecchiesi e le suppliche del Provinciale e del vescovo di S. Miniato franarono di fronte all’affermazione del ministro Bonsj.
Il Convento del Poggio Salamartano venne soppresso e i 12 frati neri dovettero abbandonare per sempre la nostra Fucecchio.

1783 - Chiesa del carcere vicariale

Il 29 giugno 1780 il granduca lorenese Leopoldo I elevò Fucecchio a Vicariato.
La sede del Vicariato venne realizzata nel Palazzo del Podestà - oggi Palazzo Pretorio - in Piazza Maggiore.
Al piano terra furono costruite tre celle per debitori civili e la chiesa, intitolata a S. Leopoldo in onore del granduca. Le altre otto celle, gli uffici, la sala delle udienze e gli appartamenti del vicario e dei suoi assistenti vennero realizzati ai piani superiori del medesimo palazzo.
La chiesa del carcere venne benedetta dall’arciprete della Collegiata il 4 febbraio 1783. Le funzioni religiose erano svolte da un frate del Convento La Vergine.
E’ presumibile che la chiesa sia stata sconsacrata nel 1925, l’anno in cui venne soppressa la Pretura che nominalmente aveva surrogato il Vicariato.

1783 - Ospedale in S. Salvatore: due progetti (1783-4)

Nel 1783, l’anno delle soppressioni leopoldine che sfoltirono le famiglie di alcuni ordini religiosi e alcune grosse Compagnie laicali, i notabili di Fucecchio concordarono sulla necessità di dotare il paese di un ospedale. Gonfaloniere e Priori affidarono al canonico don Giulio Taviani il compito di avanzare al granduca Leopoldo I la richiesta di un ospedale. Il Taviani in data 2 giugno 1783 trasmise la richiesta corredandola anche di un Memoriale (vedi la voce memoriale).
Da Firenze giunse la risposta negativa perché le entrate del Monastero erano insufficienti a coprire le spese per l’erezione e la gestione di un ospedale.
Il 5 gennaio 1784 giunse da Firenze il progetto del granduca Leopoldo I mirato a realizzare un ospedale pubblico nell’ex Monastero di S. Salvatore. Dal Monastero erano stati mandati via, nel 1783, i padri conventuali OFM che vi alloggiavano dal 1299. Pochi mesi dopo il loro abbandono vi erano state trasferite le oblate di S. Romualdo, nemmeno dieci, perché era stato soppresso il loro Monastero di Corso Matteotti. Se il progetto fosse stato approvato, le oblate sarebbero state dirottate in un altro Conservatorio.
A questo progetto, però, dissero di NO il Capitolo della Collegiata, il Vicario Regio e la popolazione.
- Il Capitolo della Collegiata si oppose al progetto per non perdere il fabbricato del Monastero e i connessi benefici della proprietà del medesimo. Proprio il granduca aveva assegnato un anno prima la proprietà del Monastero e dei suoi beni al Capitolo della Collegiata.
- Il Vicario Regio disse recisamente di NO sostenendo che il Comune di Fucecchio, indebitato fino al collo per la costruzione della nuova Collegiata, non aveva i soldi per affrontare le spese di riduzione del Monastero ad ospedale e quelle di gestione del medesimo. Il Vicario fece anche notare che nel monastero vi erano state trasferite le monache di S. Romualdo e che le uniche due Compagnie sopravvissute alla mannaia delle soppressioni, quella dei Coronati Scalzi e quella del SS Sacramento non disponevano di entrate e che quindi non erano in grado di rendere esecutivo il progetto del granduca. Infine, il Vicario anticipò al granduca un’informazione davvero sorprendente: I fucecchiesi sono talmente assuefatti all’idea di essere ricoverati nell’Ospedale di Pescia che non trovano indispensabile questo Servizio.
- La popolazione, pilotata dai canonici del Capitolo, affermò infatti a chiare note che preferiva gli ospedali di Pescia e di Altopascio ad un eventuale ospedale in S. Salvatore.
E Fucecchio rimase ancora senza un ospedale.

1783 - Memoriale del canonico Taviani

Nel 1783, dopo che il padre provinciale dei francescani Andrea Lachi aveva inserito il convento dei frati neri di S. Salvatore nella lista di quelli da sopprimere, il Gonfaloniere (sindaco) e i Priori (assessori) del comune di Fucecchio sottoscrissero un MEMORIALE indirizzato al Granduca Leopoldo I.
Il memoriale corredava una richiesta precisa: si chiedeva al granduca di ridurre ad ospedale i locali del convento dei frati neri, sul Poggio Salamartano, che di lì a poco sarebbe rimasto vuoto per effetto della soppressione.
Il memoriale redatto dal Gonfaloniere, il canonico Giulio Taviani, fa una radiografia interessantissima della nostra popolazione: “....siamo un popolo di 7.000 anime, tutti attivi perché da grande tempo vivi traffici han preso gran piede in paese “ motivo per cui i braccianti lavorano “nell’esercizio della calzoleria o nelle fornaci dei piatti o nelle lavorerie dei lini ritraendone sufficiente assegnamento giornaliero.”
A Fucecchio, dunque, si stava benino.
Quando però sopraggiungevano le malattie, - spiega il Taviani - per la mancanza di un OSPEDALE, le risorse delle famiglie si esaurivano in un baleno. Generalmente quando si ammalava un membro della famiglia si ammalavano anche tutti gli altri perché vivevano ammassati in un’unica stanza. Le famiglie degli operai preferivano prendere in affitto una sola stanza per risparmiare sul canone di affitto e per metter da parte i soldi necessari per far fronte alle malattie.
Se ci fosse stato un ospedale, l’ammalato vi sarebbe stato ricoverato e non avrebbe contagiato i familiari.
In calce al memoriale venivano indicate anche le fonti di entrata per coprire sia le spese di riduzione del convento ad ospedale sia le spese di gestione del medesimo: bastava utilizzare le consuete entrate di cui godevano i frati neri.
Il granduca Leopoldo I, benché sognasse di dotare ogni paese di Scuola e di Ospedale, non accolse la richiesta contenuta nel memoriale perché giudicò largamente insufficienti le Entrate del Convento di S. Salvatore del Poggio Salamartano.

1783 - Padri conventuali OFM lasciano Fucecchio

I frati conventuali o neri erano giunti a Fucecchio nel 1299 ed erano stati sistemati nella ex Abbazia vallombrosana di S. Salvatore sul Poggio Salamartano. Essi esercitarono la loro autorità sulla Pieve di S. Giovanni Battista (Collegiata) fino al 1622, l’anno in cui venne istituita la diocesi di S. Miniato nella quale anche la Fucecchio ecclesiale venne inserita.
All’inizio del 1783 la Segreteria di Stato del Granducato chiese ai Padri provinciali di ogni Ordine ecclesiale di compilare una lista di conventi da sopprimere. Il Provinciale dei conventuali, padre Andrea Lachi, incluse nella lista dei conventi da sopprimere quello di S. Salvatore in Fucecchio. Il granduca decretò immediatamente la soppressione dei frati neri del Poggio Salamartano.
Gli insuesi di Fucecchio quando seppero che i conventuali sarebbero stati mandati via per sempre, si lasciarono andare in manifestazioni tumultuose. Per il povero Provinciale padre Andrea Lachi non mancarono né le ingiurie né le minacce. Impaurito, padre Lachi supplicò il granduca Leopoldo I di depennare dalla lista dei conventi da sopprimere quello di S. Salvatore di Fucecchio. Il granduca gli fece rispondere che era impossibile.
Il popolo fucecchiese tumultuò di nuovo e pretese che il nostro vescovo intercedesse presso il granduca a favore dei nostri frati neri. Per ben tre volte i fucecchiesi sollecitarono il vescovo di S. Miniato. Questi alla fine scrisse al granduca per chiedergli di non demolire il monastero-convento di S. Salvatore e di ripiazzare i frati neri con una famiglia di SCOLOPI o di SEVITI allo scopo di addottorare il clero di Fucecchio teologicamente ignorante. Il granduca fu irremovibile.
Il vescovo di S. Miniato chiese allora un incontro con il Padre Provinciale dei conventuali di Fucecchio per capire la ragione per cui li aveva inseriti nella lista delle soppressioni. Il Provinciale lo aveva inserito in quella lista per poter dirottare le rendite cospicue di S. Salvatore in altri Conventi. Quando si rese conto che la Legge granducale di soppressione non glielo consentiva, cercò di fare marcia indietro, ma non ci riuscì.
Il vescovo, monsignor Brunone Fazzi, scrisse nuovamente al granduca per convincerlo a revocare il provvedimento di soppressione dei conventuali. Il Fazzi fece una radiografia a dir poco raggelante sul clero fucecchiese. Scrisse che in Fucecchio c’erano 30 preti del tutto inutili. Due soli erano degni di esercitare il sacerdozio: per questo la presenza dei conventuali era necessaria.
Nel frattempo il canonico don Giulio Taviani chiese di trasformare il convento di S. Salvatore in ospedale. Il granduca rispose di NO al vescovo e al Taviani.

Il 31 luglio 1783 il Segretario di Stato fece convocare il padre provinciale Andrea Lachi per intimargli di far evacuare da S. Salvatore i frati neri. Il vescovo di S. Miniato ed il Vicario Regio di Fucecchio di fronte all’aut aut del Segretario di Stato temettero disordini popolari. E i disordini ci furono; ma le proteste, questa volta, partirono dagli ingiuesi che si opposero al trasferimento delle oblate di S. Romualdo nel Monastero di S. Salvatore al posto dei frati neri. Perché non volevano il trasferimento? Semplicemente perché agli ingiuesi tornava molto più comodo andare ad ascoltare la Messa festiva nella chiesa delle romualdine in Corso Matteotti.
A metà agosto del 1783 i frati neri erano già andati via, e per sempre, da Fucecchio. S. Salvatore era vuoto. In attesa dell’arrivo delle oblate il chiostro del monastero venne irrimediabilmente tamponato.

1783 - Soppressioni leopoldine

Il granduca Leopoldo I, lorenese, voleva smantellare tutti gli “apparati ecclesiali” per ridurli al minimo indispensabile. Le Compagnie e gli Ordini religiosi, secondo Leopoldo I, parassitavano la società e costituivano molte volte un freno allo sviluppo economico delle realtà locali.
Il granduca lorenese seppe sempre cogliere tutte le occasioni propizie per smantellare pezzo per pezzo le secolari strutture religiose.
Pietro Leopoldo I aveva visitato la nostra Collegiata, ricettacolo dei fetori delle salme ivi sepolte. Quando gli venne chiesto il permesso di demolirla per costruirne una nuova, lui rispose subito di sì, ma pose delle condizioni ben precise:
- Dovete darmi il vostro assenso quando sopprimerò le Compagnie di S. Rocchino, della Madonna della Croce e di S. Giovanni Battista. Io vi cederò tutte le loro proprietà e voi dovrete rivenderle. I soldi che incasserete li utilizzerete per coprire le spese inerenti alla costruzione della Nuova Collegiata.
Il Capitolo della Collegiata esultò ed approvò. Il futuro “repulisti” del granduca avrebbe liberato il Capitolo da certe presenze veramente scomode.
E così nel 1783 arrivarono a tamburo battente le soppressioni delle tre Compagnie e delle tre comunità religiose che da secoli operavano in Fucecchio; le Oblate bianche di S. Romualdo, le clarisse di S. Andrea e i padri conventuali del Poggio Salamartano. La storia di Fucecchio voltò pagina.

1783 - Scuola elementare femminile

La scuola elementare femminile venne istituita a Fucecchio soltanto nel 1783 per merito del granduca Leopoldo I.
Questa scuola venne realizzata al piano terra dell’attuale foresteria del monastero di San Salvatore nei locali attualmente occupati dal Circolo MCL e dal nuovo Parlatorio del Monastero.
Dal 1783 al 1785 vi insegnarono le oblate di S. Romualdo che vi erano state trasferite proprio nel 1783.
Dal 1785 al 1787 vi svolsero il ruolo di insegnanti le oblate di S. Romualdo e le clarisse di S. Andrea.
Dal 1787 al 1867 la scuola femminile venne gestita dalle clarisse e basta.
Dal 1867 al 1899 vi operarono maestre elementari laiche.

1785 - Monache di S. Andrea trasferite

L’allarme sulla soppressione dei Conventi e dei Monasteri di clausura si era fatto sentire chiaramente nel 1783 : avevano lasciato i loro monasteri i frati neri (Poggio Salamartano) e le oblate di S. Romualdo (Corso Matteotti).
Un anno dopo, la Deputazione dei Monasteri ridusse quello di S. Andrea, dove le clarisse vi si erano stabilite fin dal 1334, a CONSERVATORIO ( Scuola per fanciulle e per adulte zittelle) previo consenso delle monache.
Le monache presenti in S. Andrea (piazza dell’Ospedale) nel 1784 erano 43. Di queste, 23 si dichiararono disponibili alla nuova forma di vita; le altre 20, no. Poi se ne pentirono e fortunatamente ottennero la grazia di rimanere nel CONSERVATORIO di S. Andrea anche le 20 dissenzienti.
Dal giugno del 1784 al 21 marzo del 1785 le clarisse di S. Andrea vissero tranquillamente nel loro nuovo stato di suore di Conservatorio.
Il 21 marzo 1785 il granduca Leopoldo I intimò ad ogni monaca di qualsiasi monastero del Granducato di Toscana di scegliere, a scrutinio segreto, tra il Conservatorio e la clausura.
Le monache di S. Andrea, pur di non lasciare il loro monastero, scelsero il Conservatorio.
Il granduca, però, impose alle monache di S. Andrea di lasciare il loro monastero e di trasferirsi in quello di S. Salvatore, sul Poggio Salamartano, dove già si trovavano dal 1783 le oblate di S. Romualdo.
Siccome le clarisse non vi si volevano trasferire, il granduca fu costretto ad usare le brutte maniere (“vi furono violentemente trasferite” ).
Sempre nel 1786, prima che la chiesa ed il monastero fossero venduti, il vescovo di S. Miniato monsignor Bruno Fazzi chiese ed ottenne il CIBORIO e la TELA di S. Andrea entrambi collocati nell’altar maggiore della chiesa di S. Andrea.
Il ciborio venne sistemato sull’altar maggiore della Cattedrale di S. Miniato; il quadro con l’immagine di S. Andrea venne destinato all’erigenda chiesa di S. Andrea in quel di S. Maria a Monte.
La chiesa ed il Monastero di S. Andrea di Fucecchio vennero venduti ad un privato per la somma di 4.368 scudi quasi tutti utilizzati per ridurre il Monastero di S. Salvatore a Conservatorio e ad alloggio per una sessantina di suore.
La convivenza tra le già presenti oblate di S. Romualdo e le clarisse di S. Andrea si rivelò subito molto difficile.
Sobbillate dagli Insuesi, le clarisse di S. Andrea si resero talmente intrattabili ed insopportabili da costringere le oblate di S. Romualdo, ripetutamente minacciate di morte, ad andarsene per sempre da Fucecchio.
Il successore di Leopoldo I, il granduca Ferdinando III permise alla clarisse di S. Salvatore, nel 1816, di riacquisire il loro stato di clausura.



1785 - Gli inquilini del Monastero di S. Salvatore

Nel 1622 venne istituita la diocesi di S. Miniato.
Con la istituzione della diocesi di S. Miniato l’ecclesia di Fucecchio non dipese più dall’episcopessa di Gattaiola. L’ultima episcopessa di Fucecchio, donna suor Alessandra Maccarini, si trova effigiata nel primo medaglione del chiostro del convento La Vergine di Fucecchio.
A partire dal 1622, Lucca uscì definitivamente dalla storia di Fucecchio.
I conventuali rimasero in S. Salvatore, ribattezzato Convento di S. Francesco, fino al 1783.
Nel 1783 fecero il loro ingresso nella secolare Abbazia di S. Salvatore le Oblate bianche di S. Romualdo che erano state estromesse dal loro monastero di S. Caterina e S. Romualdo, sito in corso Matteotti.
Nel 1785 entrarono nel monastero di S. Salvatore anche le 45 clarisse del monastero di S. Andrea.
Alla fine del 1785 le oblate bianche di S. Romualdo se ne andarono via.
Le clarisse dovettero rinunciare alla clausura e adattarsi a gestire l’omonimo Conservatorio (Scuola Femminile).
Nel 1816 ottennero lo stato di clausura e si dotarono di una tinaia e di una foresteria allestite nell’ex fabbricato della Compagnia della Madonna della Croce addossato al lato sinistro della chiesa di S. Salvatore.
Nel luglio del 1866, a seguito della Legge dell’Incameramento dei Beni Ecclesiastici da parte del Regno d’Italia, anche il Monastero di S. Salvatore venne soppresso.
Le clarisse non vennero allontanate perché erano 14. Se fossero state 6 o meno di sei, per effetto della Legge dell’Incameramento, sarebbero state mandate via.
Le 14 monache potevano rimanervi, se lo volevano, fino alla morte ed avevano diritto ad un congruo numero di locali e al rispetto della loro clausura.
Il monastero, la chiesa, la tinaia, la foresteria e tutti gli altri beni immobili passarono in proprietà allo Stato.
Lo Stato poteva rivenderli, ma aveva l’obbligo di cederli gratuitamente ai Comuni che ne avessero fatta richiesta per motivi di pubblica utilità.
Il comune di Fucecchio chiese ed ottenne, in data 19 luglio 1873, la cessione gratuita del monastero, della chiesa e della tinaia di S. Salvatore.
Il nostro Comune cedette la chiesa e la tinaia alla Misericordia e ridusse a Scuola Elementare Maschile e Femminile l’ex Monastero.
La nuova Scuola Elementare venne aperta l’1 novembre del 1874.
Il Poggio Salamartano parve risorgere a nuova vita.
Gli scolari, però, aumentavano a dismisura anno dopo anno.
L’Amministrazione Comunale, animata dal proposito di costruire un edificio scolastico capace d’ospitare almeno 500 alunni, mise in vendita il monastero. Con il ricavato avrebbe potuto costruire la scuola elementare nuova.
Le 9 monache rimaste in S. Salvatore si mostrarono interessate all’acquisto.
Il Comune chiese loro la somma di 30.000 lire. Quella cifra era un po’ troppo elevata per le loro tasche, ma le monache non si arresero.
Fiduciose nella Provvidenza Divina, incaricarono il signor Luigi Benedetti di Ponte a Egola di riprendere le trattative per l’acquisto del monastero.
La mossa si rivelò vincente.
Il Benedetti riuscì ad abbassare il prezzo dell’immobile da 30.000 a 20.000 lire.
A questo punto le monache si dichiararono disposte ad acquistare il monastero.
Il contratto venne rogato l’8 ottobre 1886 e fu sottoscritto dal sindaco Carlo Landini Marchiani e dalle clarisse Lampaggi Teresa (ex badessa),da Benedetti Cherubina e da Benedetti Giuseppa.
Le monache versarono subito 10.000 lire e si impegnarono a versarne altrettante non appena i locali occupati dalla Scuola Elementare fossero stati liberati.
Dovettero trascorrere 13 anni prima che fosse pronta l’attuale Scuola Elementare di Piazza XX Settembre.
Nel settembre del 1899 i locali scolastici di S. Salvatore vennero liberati. Le monache versarono le rimanenti 10.000 lire e rientrarono in possesso di tutto il Monastero di S. Salvatore.

1785 - Massarella passa sotto la diocesi di Pescia

Fin dalla sua nascita, la Pieve di S. Maria di Massarella (998) aveva fatto sempre parte della diocesi di Pistoia.
Le altre pievi del nostro territorio comunale, fino al 1622, erano state sempre sotto la diocesi di Lucca; poi erano state inserite nella diocesi di S. Miniato.
Nel 1780 il nuovo vescovo di Pistoia, monsignor Scipione Ricci, promosse il riordinamento del territorio diocesano basato sul criterio di far coincidere i confini della giurisdizione ecclesiale con i confini della giurisdizione civile del territorio pistoiese.
Naturalmente al vescovo di Pistoia non sfuggì la situazione anomala della parrocchia di Massarella.
Con il consenso unanime dei vescovi di Pistoia, Pescia, S. Miniato, del granduca Leopoldo I e del Pontefice venne ridisegnata questa carta ecclesiale :
- la diocesi di Pistoia avrebbe ceduto a quella di S. Miniato le parrocchie di Massarella, Vinci, S. Donato in Greti, S. Ansano in Greti;
- la diocesi di S. Miniato avrebbe ceduto a quella di Pescia le parrocchie di Altopascio, di Orentano e di Galleno.
Questo accordo dei vertici, conclusosi nel 1783, fu avversato dalle popolazioni interessate.
Di fronte alle rimostranze delle popolazioni i vertici furono costretti a far marcia indietro.
Appena il vescovo di Pescia, monsignor Francesco Vincenti, si mostrò disponibile ad accogliere Massarella nella sua diocesi, raccolse immediatamente il favore entusiastico di tutti i massigiani.
I massigiani motivarono così la loro propensione per Pescia:
Per raggiungere la Curia di S. Miniato dobbiamo attraversare il Lago di Fucecchio e l’Arno che sono sprovvisti di ponti. D’inverno il disagio è ancora maggiore perché molte volte i traghettatori non possono attraversare il fiume Arno. E se avessimo urgente bisogno di un certificato curiale?
Di fronte a siffatta motivazione tutti chinarono la testa.
Il 9 aprile 1785 fu rogato l’atto con cui il vescovo di Pistoia cedeva alla diocesi di Pescia la parrocchia di S. Maria di Massarella.

1786 - Vendita della Chiesa di S. Andrea

Nel 1774, la chiesa venne demolita per essere ricostruita ex novo.
La posa della prima pietra, a forma del Rituale Romano, avvenne il 30 maggio 1774 ad opera del canonico Pellegrino Guerrazzi.
La cerimonia della spoliazione della chiesa si svolse il 19 luglio dello stesso anno alla presenza di tutto il popolo di Fucecchio particolarmente devoto al miracoloso SS. Crocifisso di quella chiesa.
Il 25 luglio 1775 la nuova chiesa, a tre navate, venne consacrata da monsignor Giuseppe Pamilini, Vicario generale della Curia di S. Miniato.
Il 22 settembre 1775 la chiesa venne dotata di un nuovo campanile.
Il Venerdì Santo (5 aprile) del 1776 fu riesposto al pubblico il SS. Crocifisso. Alla cerimonia presenziarono anche le 6 Confraternite locali:
- la Compagnia della Madonna della Croce;
- la Compagnia di S. Giovanni Battista;
- la Compagnia di S. Rocco e S. Sebastiano;
- la Compagnia di S. Caterina;
- la Compagnia di S. Crispino e S. Crispiniano;
- la Compagnia dei Coronati Scalzi.

Otto anni dopo la ricostruzione si abbatté sul Monastero, e quindi anche sulla chiesa di S. Andrea, il fulmine granducale della soppressione.
Nel 1785 le clarisse vennero evacuate e di conseguenza il Monastero e la chiesa vennero chiusi e messi in vendita.
Il 14 dicembre 1786, prima che si compisse l’atto di vendita, il vescovo di S. Miniato, monsignor Brunone Fazzi avanzò questa richiesta al ministro Martini:
Dovendosi vendere la chiesa di S. Andrea di Fucecchio unitamente all’evacuato Monastero, ordirei supplicare la clemenza sovrana volersi far la grazia di accordarmi il CIBORIO (tabernacolo) di marmo di quello Altar Maggiore con i due gradini giacché non può apportare diminuzione di prezzo per quella fabbrica per collocarlo a mie spese sopra l’Altare di questa Cattedrale (di S. Miniato) dove si conserva l’Augustissimo Sacramento essendovi un Ciborio di legno veramente vergognoso e intarmato.

Il vescovo chiese anche il quadro di S. Andrea per collocarlo in una chiesa di S. Maria a Monte.
Le richieste vennero accolte.
All’inizio del 1787 la chiesa ed il Monastero di S. Andrea vennero venduti ad un certo Montanelli che li adibì a magazzini.
Nel 1840 il Comune affittò i due fabbricati e li ridusse a Scuola Elementare Maschile.
Il Comune disdisse l’affitto dei due fabbricati che minacciavano di rovinare nel 1872.
Nel 1891 la chiesa e il monastero vennero demoliti per aprire l’attuale piazza dell’ospedale che venne inaugurata nel 1892 in concomitanza con lo scoprimento del monumento a Giuseppe Montanelli.

1787 - Oblate di S. Romualdo lasciano Fucecchio

Le oblate di S. Romualdo erano giunte a Fucecchio nel 1684 ed erano state sistemate in Corso Matteotti nel Convento di S. Caterina da Siena.
Nel 1783, dopo aver optato per il Conservatorio ( scuola femminile ), vennero trasferite, a seguito della loro soppressione, nel monastero di S. Salvatore da cui, nel frattempo, erano stati allontanati i padri conventuali, meglio conosciuti come frati neri.
Nel 1785 vennero trasferite nel Monastero di S. Salvatore anche una quarantina di clarisse del Convento di S. Andrea (in piazza dell’ospedale). I rapporti fra le oblate di S. Romualdo e le clarisse di S. Andrea diventarono così tesi ed opprimenti da indurre le romualdine ad abbandonare per sempre Fucecchio.

Il comportamento delle clarisse era stato, a dir poco, pesantissimo come lo si desume dalla lettera che la priora delle oblate scrisse al suo confessore.
“......Mi farà la finezza di fare noto a monsignore la mia partenza insieme con suor Gertrude e suor Colomba e che io assolutamente non ci potevo più stare temendo ancora la VITA mia e delle altre ché se io ho avuto un profondo silenzio e lassato fare ciò che vogliono, io credo che non sarei VIVA sicché vivere con timore e ogni momento dubitare di affronto e vivere da disperati sicché sa che le contingenze presenti mi hanno portato, la VITA è cara a tutti e il medesimo lo dico per parte di suor Benedetta che più di me può temere. La medesima va a Montopoli.”

1787 - Terza visita del granduca Leopoldo I

Il 27 marzo 1787 il granduca Leopoldo I onorò Fucecchio di una sua visita.
L’avvenimento venne riportato così sulla GAZZETTA TOSCANA.

Alle ore 2,15 dopo mezzogiorno con previo avviso giunse felicemente da Pisa in queste Terra Sua Altezza Reale incontrato dal clero e dalle persone principali del luogo e dal Popolo.
Sua Altezza Reale, smontato da cavallo nella Piazza Superiore, fu ricevuto dal Vicario Regio, dai ministri del Tribunale e dal cancelliere comunicativo, con essi si portò a vedere il soppresso monastero di S. Andrea, indi la nuova Chiesa Collegiata la quale per eleganza e maestria del disegno e felice esecuzione ha meritato gli encomi del Sovrano.
Passò di lì alla chiesa di S. Salvatore dove fu ricevuto dal Capitolo e quindi nel CONSERVATORIO di S Romualdo (nel monastero di S. Salvatore) ad osservare i nuovi stabilimenti per il più decente comodo delle Religiose e della Scuola e finalmente si trasferì al Palazzo Pretorio ove pranzò e nella sera ebbe la clemenza di ascoltare le suppliche di 100 persone fino a notte inoltrata e nella mattina seguente circa le ore 7 prese il cammino verso S. Miniato avendo a tutti dimostrato gli affetti profondi del suo cuore.

1787 - Canonica della Collegiata

La canonica è l’abitazione del sacerdote titolare di una parrocchia.
Da circa due secoli le canoniche sono annesse alla chiesa parrocchiale.
L’attuale canonica della Collegiata, annessa all’omonima chiesa, si trova dal 1787 in piazza Garibaldi nel fabbricato dove, fino al 1783, si trovavano la sede e l’ospedale della Compagnia di S. Giovanni Battista.
Negli anni antecedenti al 1787 la canonica si trovava in fondo a Via Borghetto - l’attuale via Lamarmora - ed era attigua alla fornace di stoviglie del Principe Corsini.

La chiesa della vecchia Collegiata era stata demolita completamente nel 1780.
I lavori di ricostruzione erano stati bloccati nel medesimo anno dal granduca Leopoldo I.
Quando nel 1784 arrivò il permesso per iniziare la costruzione della nuova Collegiata, non era stata trovata ancora una soluzione per annettere la canonica alla fabbrica della nuova chiesa.
Per sei secoli l’abitazione del parroco della Collegiata non era stata mai annessa alla chiesa.
Nel 1783 fu proposta e progettata la riduzione a canonica del fabbricato posto nell’attuale piazza Garibaldi, dove si trovavano la sede e l’ospedale della Compagnia di S. Giovanni Battista.
Il nostro Comune si oppose rigidamente a questo progetto perché voleva consegnare ai posteri un complesso edilizio di notevole spessore storico: la sede, l’ospedale, la chiesa e il cimitero della Compagnia di S. Giovanni Battista.
Il granduca lorenese Leopoldo I non si lasciò convincere dalle argomentazioni “storiche” del nostro Comune. Anzi, nel settembre del 1784 ordinò tassativamente di ridurre il fabbricato della Compagnia di S. Giovanni Battista “ ad uso di casa canonica per comodo dell’arciprete”. Inoltre, per sgravare il Comune delle spese per la riduzione del fabbricato in canonica autorizzò la nostra Amministrazione Comunale:
- a vendere l’organo e i parati della soppressa Compagnia di S. Giovanni Battista;
- a vendere i parati della Compagnia della Madonna della Croce;
- ad utilizzare le 900 lire della soppressa Compagnia di S. Rocchino;
- a vendere, se necessario, gli argenti inutili delle Compagnie soppresse.

E così il 3 ottobre 1787 vennero inaugurate sia la chiesa sia la canonica della nuova Collegiata.

1787 - La nuova chiesa Collegiata

Questa Collegiata con la facciata a riseghe rivolta verso Piazza Vittorio Veneto e ricostruita ex novo a partire dal 1784 sull’area della vecchia Pieve di S. Giovanni Battista venne inaugurata il 3 ottobre 1787, festa di S. Candida patrona di Fucecchio.
La vecchia Pieve era stata “spogliata” e demolita nel 1780. Nel medesimo anno erano state fatte anche le fondamenta. I lavori furono però subito interrotti per ordine del granduca Leopoldo I. Due anni dopo, il granduca prescrisse anche la demolizione dell’ex campanile della pieve che si trovava in corrispondenza dell’attuale portone della Collegiata.
La chiesa, in stile neoclassico, è ad una sola navata con sei Cappelle a nicchia. Essa fu progettata dall’architetto Giuseppe Vannetti che si avvalse della collaborazione dell’ingegner Francesco Sodi e della supervisione di Zanobi Del Rosso, architetto di Sua Altezza Reale il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo I.
Il campanile della Collegiata, per volontà del granduca Leopoldo I, è quello incorporato nel retro della vicina chiesa di S. Salvatore.

OPERE E DOTAZIONI AGGIUNTIVE

Nel 1794 venne murato sopra il tetto della sagrestia un campanilino con campana per alleggerire il lavoro del sagrestano-campanaro.
Nel medesimo anno vennero tamponate , al di sopra dell’architrave del portone della Collegiata, una decina di riseghe per impedire ai ladri diurni e notturni di piccioni di cadere dalle riseghe su cui si arrampicavano, visto che i divieti non avevano impedito delle cadute rovinosissime. Le tamponature delle riseghe sono state eliminate negli anni’80.
Nel 1803 vennero realizzati gli altari delle sei cappelle a nicchia.
I tre altari sulla destra della navata sono:
- l’altare del principe Corsini con la tela ad olio raffigurante la Madonna col Bambino e due santi del neo-raffaellita Gaspero Martellini (1785-1857);
- l’altare di S. Lucia con statua in gesso colorata;
- l’altare del SS. Sacramento con due tele di autore ignoto: la Madonna col Bambino e il martirio di S. Lucia.

I tre altari della navata sinistra sono:
- l’altare del Fonte Battesimale con pala dipinta nel 1526 da Pier Francesco Foschi;
- l’altare della Madonna dei sette dolori con piccola tela del 1700;
- l’altare della Madonna di Piazza con altorilievo del 1600.

Nel 1805 venne eretto su disegno del Marcellini l’Altar Maggiore tenuto a battesimo dalla Reggente Maria Luisa, moglie del nostro defunto re, Ludovigo Borbone di Parma. Sotto la mensa di questo altare è custodita l’urna di Santa Candida.
Nel 1824 fu costruita la scalinata grandiosa in pietra serena su progetto dell’ingegner Pietro Carraresi.
Nello stesso anno, grazie ad un lascito, fu realizzata la pavimentazione in marmo della chiesa con mattonelle quadrate bianche e nere di marmo.
Il 5 marzo 1829, sotto la cuspide della facciata venne collocato l’orologio girellone con il quadrante rotondo e bianco sormontato dalla campana che per alcuni secoli era stata la martinella del nostro Palazzo Comunale.
Nel 1847 il Capitolo dotò il portone della chiesa di una bussola fabbricata dal falegname fucecchiese Gaetano Guerrazi con 101 tavole d’abete di Moscovia.
Il 29 gennaio 1850 venne inaugurato il nuovo organo, un Agati, al posto del vecchio e trasandato Tronci. Il nuovo organo fu pagato quasi per intero dalla Compagnia di S. Candido. Nel 1976 la Ditta Chicchi Rosario e Figli di Sovigliana ha provveduto alla ripulitura ed alla elettrificazione della ventilazione dei mantici. Nel 1997 l’organo è stato arricchito con un marchingegno collocato nel coro.
Nel 1873 furono eseguite le scanalature dei pilastri e la decorazione della cupola del transetto a lacunari con rosoni e triangoli. La chiesa venne anche ripulita ed imbiancata. Entrambe le opere furono compiute dai fratelli Bernardo ed Alessandro Bernardini.
Nel dicembre del 1873 la Cappella a nicchia del SS. Sacramento assunse l’attuale profondità per decisione della omonima Compagnia su disegno dell’ingegnere fucecchiese Alcibiade Melani. Successivamente la Cappella venne dotata di due tele di pittori ignoti del XVII secolo: il Martirio di S. Lucìa e la Madonna del Rosario.

Nel 1975 la chiesa è stata ripulita ed imbiancata dalla locale Ditta Donati Enzo.


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