FUCECCHIO COMUNE DEL GRANDUCATO DI TOSCANA DEI LORENA
DAL 1737 AL 1799
In questo primo periodo del granducato lorenese la Storia fece registrare alcuni fenomeni che finirono per modificare la vita di gran parte dell’umanità:
L’Illuminismo
La Rivoluzione americana
La Rivoluzione francese
Questi, in ordine di successione, furono i granduchi lorenesi che ci governarono:
1- Francesco II 1737-1765
2- Leopoldo I 1765-1790
3- Ferdinando III 1790-1801 e 1814-1824
4- Leopoldo II 1824-1859
Le traiettorie della politica lorenese furono tracciate soprattutto dal secondo granduca, Leopoldo I.
1738 - Francesco Stefano II, primo granduca lorenese della Toscana (dal 1738 al 1765)
Nel 1737, con la morte del granduca Giangastone, si estinse la dinastia dei Medici.
Nel 1738 la Pace di Vienna assegnò il Granducato di Toscana a Francesco Stefano, già granduca di Lorena e sposo a Maria Teresa, figlia dell’imperatore d’Austria Carlo VI.
Francesco Stefano assunse il titolo di Francesco II granduca di Toscana.
Francesco II fu costretto ad affidare il governo della Toscana ad una Reggenza che si concluse nel 1765, l’anno della sua morte.
Nel 1740 morì l’imperatore d’Austria Carlo VI, suocero del nostro granduca Francesco II.
Secondo la Prammatica Sanzione decretata da Carlo VI nel 1724, la corona imperiale doveva passare alla figlia Maria Teresa, moglie di Francesco II.
Molti sovrani europei insorsero contro l’erede imperiale e cioè contro Maria Teresa. Ne scaturì una guerra, detta di successione austriaca, che si concluse dopo 8 anni (nel 1748) con la Pace di Aquisgrana. Maria Teresa fu riconosciuta erede della corona imperiale austriaca.
Il nostro granduca Francesco II non poteva lasciare sola la moglie alla prese con quella lunghissima guerra.
Dopo la pace di Aquisgrana, Francesco II trovò molto più conveniente interpretare il ruolo di marito dell’imperatrice d’Austria.
Otto anni dopo la pace di Aquisgrana, nel 1756, la moglie di Francesco II si trovò al centro di un altro conflitto, la Guerra dei sette anni contro Federico II, re della Prussia.
Queste furono le ragioni per cui il nostro granduca fu costretto ad affidare il governo della Toscana ad una continua reggenza.
Il principe di Craon, il supplente di Francesco II, cercò di imprimere una svolta nella vita dei toscani.
Craon era perfettamente consapevole delle liti e delle risse che scoppiavano fra le Compagnie e fra i Luoghi pii (santuari, chiese).
Il principe voleva por fine a queste liti e a quelle risse. Egli emanò perciò un EDITTO con il quale invitava compagnie e luoghi pii a suggerire iniziative mirate al ristabilimento della quiete.
L’Editto cadde nel vuoto. Ai “belligeranti” toscani non interessava la pace.
I fucecchiesi erano sensibili soltanto ai quattrini. Due provvedimenti finanziari della Reggenza fecero storcere vistosamente la bocca ai nostri concittadini:
- ci venne imposta una colletta per estinguere il debito contratto per il mantenimento delle truppe spagnole;
- dovevamo contribuire a spedire a Vienna ogni anno la bellezza di 300.000 scudi per ripianare il deficit accumulato dai granduchi medicei.
I fucecchiesi non si limitarono a manifestare il loro disappunto, ma espressero anche il loro disgusto con la celebre interiezione: Iboia!
Eppure, nonostante l’assenza forzata perché dettata da contingenze storiche ineludibili il granduca Francesco II si fece vedere e sentire.
Questo granduca fece la sua prima capatina a Firenze il 19 febbraio 1739. I festeggiamenti in suo onore durarono tre giorni.
Francesco II fu padre di ben 16 figli. Fra questi sono da ricordare Maria Antonietta, moglie del re di Francia Luigi XVI, ghigliottinata nel 1794, e Leopoldo, il futuro granduca riformatore della Toscana.
Non sono affatto trascurabili i provvedimenti firmati da Francesco II:
1- in data 7 aprile 1738 ordinò a tutti i parroci di rimettere al proprio vescovo il registro dello Stato delle anime che gli consentiva di effettuare un censimento demoscopico della Toscana;
2- nel 1741 riesumò la Tassa della Macina, istituita nel 1689 ed abolita nel 1700. Con questa tassa obbligò il clero e i monasteri a pagare la tassa sul macinato;
3- nel 1745 ordinò che la gestione di ogni monastero fosse affidata a 4 Operai (amministratori) per garantire regolarità e funzionalità dei medesimi;
4- impose al clero le gabelle sul vino e sulle grasce;
5- divise la popolazione in tre classi: nobili, cittadini e popolo;
6 il 1° gennaio 1749 venne fatto registrare come 1° gennaio 1750 per uniformare il calendario storico di Firenze, Lucca, e Pisa a quello delle altre città della Toscana.
Francesco II morì il 18 agosto 1765 dopo aver assistito, tredici giorni prima, al matrimonio del figlio Leopoldo, l’erede, con Maria Luisa, figlia del re di Spagna.
1738 - Il Lago di Fucecchio sotto il granduca lorenese Francesco II (dal 1738 al 1756)
Le epidemie malariche dopo la riduzione del Padule a Lago di Fucecchio (1549) erano state molto frequenti.
Erano avvenute nel 1551, nel 1554, nel 1557, nel 1635, nel 1636, nel 1642, nel 1707, nel 1715, nel 1717 e nel 1725.
Il 9 luglio 1737 morì Gian Gastone, l’ultimo granduca mediceo.
Gli subentrò il lorenese Francesco II (1737-1765) Questi incaricò, nel 1740, il matematico Tommaso Perelli e il giureconsulto Pompeo Neri di redigere un progetto per far cessare i danni prodotti nel Valdarno di sotto dalle acque dell’Arno e dell’ Usciana.
In base a tale progetto venne scavato l’antifosso dell’Usciana da Ponte a Cappiano fino allo sbocco dell’Usciana nell’Arno.
Nel punto in cui l’Usciana sbocca nell’Arno fu costruita una CATERATTA per impedire il ritorno delle acque dell’Arno nell’Usciana e viceversa;
Furono inoltre arginate la riva destra dell’Arno e quella sinistra dell’Usciana.
Le epidemie non vennero bloccate. Se ne ebbero altre tre: nel 1745, nel 1746 e nel 1756.
Si cercò di frenare l’insorgenza delle epidemie con l’introduzione di un nuovo Regolamento di Pulizia per la Valdinievole e il Padule.
Fu ordinato il taglio periodico delle erbe palustri nei canali e nei fossi; furono vietati i ristagni di acqua anche nelle colmate.
Si presero provvedimenti anche su tutti gli immissari del Lago.
Però rimase innalzata la pescaia di Ponte a Cappiano.
1738 - Ordinamento comunale al tempo del Granducato di Toscana dei Lorena
Il POTERE veniva esercitato
- dal Consiglio Generale formato da 20 consiglieri
- dalla Giunta formata da 6 priori (assessori)
- dal Gonfaloniere (sindaco)
L’anno amministrativo iniziava il 1° marzo di ciascun anno.
Il Granducato di Toscana era stato diviso in 7 compartimenti o dipartimenti (province).
Ogni compartimento era formato da un certo numero di Comuni.
I Comuni erano aggregati in Distretti.
I Distretti erano a loro volta aggregati in Circondari.
Fucecchio era sede di un Distretto formato dai Comuni di Vinci, Cerreto Guidi, Santa Croce, Castelfranco, S. Maria a Monte e Montecalvoli.
Il nostro Distretto faceva parte del Circondario di S. Miniato che, a sua volta, era inserito nel Compartimento di Firenze.
1739 - Sestiere della Pieve di S. Giovanni Battista
Nel 1739 il vescovo di S. Miniato divise la diocesi in tanti SESTIERI.
La nostra Pieve di S. Giovanni Battista (Collegiata) venne elevata al rango di suffraganea (portavoce) di un sestiere.
Del nostro sestiere facevano parte le seguenti chiese parrocchiali:
1- S. Bartolomeo di Gavena
2- S. Maria di Bassa
3- S. Leonardo a Ripoli
4- S. Gregorio della Torre
5- Madonna della Querce a Querce
6- S. Leonardo a Cerreto Guidi
7- S. Pantaleone
8- S. Bartolomeo a Strada
9- S. Stefano a Corliano
10- S. Niccolò a Cecina
11- S. Silvestro a Larciano
1741 - Il canonico Taviani Giulio (1741-1817)
Il canonico Giulio Taviani (1740-1817) è vissuto a cavallo del trentennio più dirompente della storia del nostro paese, quello che va da 1780 al 1810. In questo trentennio si verificarono a Fucecchio eventi di portata storica per la nostra comunità:
- svendita delle Cerbaie
- istituzione del Vicariato Regio a Fucecchio
- demolizione del nuovissimo Teatro dell’Accademia dei Fecondi
- realizzazione del primo cimitero pubblico
- soppressione delle Compagnie di S. Rocco, di S. Giovanni e della Madonna della Croce
- soppressione dei frati conventuali di S. Salvatore, delle Oblate di S. Romualdo e delle monache di S. Andrea
- ricostruzione della Collegiata
- costruzione del Teatro Pacini
- immigrazione francese
- importazione delle idee della Rivoluzione francese
- dominazione ventennale indiretta e diretta dei francesi di Napoleone
- sommosse popolari antifrancesi e antinapoletane
- la guerriglia dell’esercito di Gioacchino Murat
- il ritorno del granduca lorenese
Un altro evento di portata storica fu rappresentato dall’opera del canonico Giulio Taviani che terremotò la vita ecclesiale, religiosa e culturale di Fucecchio. Soltanto oggi, a distanza di oltre duecento anni, possiamo cogliere con una certa chiarezza gli effetti delle “operazioni” del Taviani, una personalità con qualche marcia in più rispetto a tutti gli altri chierici della sua epoca.
Il Taviani fece ritorno a Fucecchio, dopo aver frequentato il Collegio seminarile di Siena, nel 1770.
Nel 1771 riuscì a far elevare l’antica Pieve di S. Giovanni Battista a Collegiata e a trasformare la Congregazione del SS Nome di Gesù in Capitolo della Collegiata.
Il Taviani si incontrò più volte, a Fucecchio e a Firenze, con il granduca Pietro Leopoldo e lo convinse a concederci il permesso di demolire la vecchia Collegiata e di costruirne una nuova (1787).
Il nostro canonico amava il paese con la stessa intensità con cui amava l’immagine che voleva dare di se stesso.
Per recuperare le radici della nostra comunità trascrisse numerosi documenti storici del 1300. E con il gusto e la scioltezza del giornalista registrò nei suoi diari tutti gli eventi di cui fu testimone (demolizione e ricostruzione della chiesa di S. Andrea; demolizione e ricostruzione della Collegiata), fatti di cronaca locale e tutti i suoi viaggi a Lucca, a Pistoia, a Firenze e a Roma.
Con scrupolo inventariò tutti i beni delle Compagnie soppresse.
Nel 1799, al tempo dell’abbattimento dell’Albero della Libertà, fu Gonfaloniere (sindaco) di Fucecchio.
Fondò un bollettino parrocchiale intitolato Varianda.
A causa della sua bravura e delle sue spiccate competenze in materia di Liturgia e di Diritto Canonico, non riscosse mai la simpatia del clero locale e della curia vescovile di S. Miniato.
Il 24 febbraio 1806 prese parte, per l’ultima volta, alla riunione del Capitolo della Collegiata da cui venne estromesso.
Si ritirò a vita privata in via Castruccio N. 7 in odore di peculato ai danni della Cassa del Capitolo.
Visse gli ultimi anni a pensione presso un suo avarissimo parente.
Morì il 6 dicembre 1817.
1741 - Cerimoniale della elezione del Cappellano di un Oratorio
Alla morte o alla rinunzia e alla scadenza triennale o quinquennale di un cappellano eletto per l’officiatura di un Oratorio comunale,si procedeva alla nomina di un altro in questo modo:
Prima del giorno fissato per l’adunanza degli Anziani, dei Capitani di parte e del Consiglio generale, presieduto dal Gonfaloniere (sindaco) o dal Podestà (giudice), il cancelliere (segretario comunale) faceva le pubblicazioni con Bando di concorso affisso alla porta dell’Oratorio e della Pieve di S. Giovanni (Collegiata).
Al concorso potevano partecipare sacerdoti e chierici (seminaristi prossimi all’ordinazione sacerdotale).
Nel Bando erano contenute le notizie circa gli emolumenti che l’eletto veniva a percepire con gli obblighi e carichi annessi.
Nel giorno convenuto, presieduti dal Gonfaloniere, si riunivano gli Anziani, i Capitani di parte e il Consiglio Generale che procedevano alla elezione del nuovo cappellano dell’Oratorio comunale.
Rimaneva eletto chi avesse riportato un maggior numero di voti. In caso di parità tra due o più concorrenti, l’elezione era devoluta al granduca.
La nomina era fatta per un triennio, ma più spesso per un quinquennio.
Se risultava eletto un chierico, il padre, o uno zio paterno, od altro stretto parente, doveva rendersi garante dell’eletto fino all’età di 25 anni compiuti.
Qualora poi l’eletto fosse giunto alla detta età senza aver conseguito l’ordinazione sacerdotale, ipso fatto sarebbe decaduto dalla cappellania e il Comune avrebbe dovuto assegnare la medesima ad altro soggetto nelle solite forme.
Anche la presa di possesso, da parte del cappellano eletto, dei beni dell’Oratorio seguiva un cerimoniale ben preciso che riportiamo in dettaglio.
A dì 29 aprile 1741.
Trasferitomi io cancelliere infrascritto in compagnia del chierico Giovan Battista di Giovacchino Comparini di Fucecchio, stato eletto cappellano della chiesa di S. Rocco posta fuori di Fucecchio,..... a guida di Giovanni Marzoppini, donzello di detta Comunità, insieme con gl’infrascritti testimoni, alla detta chiesa di S. Rocco di iuspatronato di detta Comunità,...diedi il vero, attuale e corporale possesso di detta cappellania al suddetto chierico Giovan Battista Comparini con avergli fatto baciare l’altare, levare e rimettere la croce, candelieri, guanciali e tovaglie della mensa del medesimo altare, e di poi fattolo passeggiare per la detta chiesa, con avergli fatto aprire e serrare le porte della medesima, et incontanenti, fattolo entrare in sagrestia, li feci toccare i paramenti, che erano sopra il banco della medesima, con avergli fatto suonare la campana di detta chiesa, ed avendogli fatto fare ogni e qualunque altro atto possessorio solito farsi dai veri legittimi padroni, lo posi, messi e rilasciai nel vero, reale, attuale, corporale possesso della detta cappellania.
Et incontanenti trasferitomi... nelle Cerbaie della Comunità di Fucecchio et in luogo detto nella valle del Podestà,o sia Val di Cava o Foscio, ad un pezzo di terra di staiora cento, che parte solcata e scopata, parte lavorativa;;, ove giunto con i suddetti e con gli infrascritti testimoni, diedi il vero possesso, quanto all’utile dominio al suddetto chierico..Comparini, con averlo fatto passeggiare per detta tenuta.., con avergli dato in mano de’ globi di terra, cespugli di grano e di segale, ramacci di segale, di ciliegio, di melo, di cerro e di altro che esisteva in detta terra,.... dichiarandosi il detto chierico Comparini che, nonostante la sua partenza da dette terre civilmente che naturalmente... E tutto senza alcuna contrarietà et alla presenza dei testimoni che qui si firmano.
Ser Domenico del quondam Andrea Fortini
Giovan Paolo del quondam Domenico Magnani
Iacopo Franchi cancelliere
1742 - Pittura a secco della cupola della chiesa della Madonna della Croce
A causa dell’umidità che aveva rovinato i muri e le pitture murarie della loro chiesa, i confratelli della Compagnia della Madonna della Croce avevano affidato all’impresario edile locale Francesco Benvenuti, nel 1742, l’incarico di eliminare quella umidità. La chiesa e la sede della Compagnia occupavano l’attuale fabbricato del Poggio Salamartano, sul lato sinistro della chiesa di S. Salvatore, conosciuto come Scuola di Catechismo.
Appena il Benvenuti ebbe terminato la sua opera, la Compagnia della Madonna della Croce commissionò al pittore fiorentino Niccolò Fiorini la pittura a secco della cupola della loro chiesa nella quale doveva rappresentare la RESURREZIONE DI GESU’.
Il Fiorini cominciò a dipingere la cupola il 7 febbraio 1742 e portò a termine il lavoro il 9 aprile del medesimo anno. In poco più di un mese il Fiorini dipinse la Resurrezione ed eseguì altre pitture e cioè due quadri laterali. Al pittore fiorentino vennero corrisposti 560 scudi.
I dirigenti della Compagnia rimasero talmente soddisfatti che commissionarono al Fiorini anche un quadro da porsi sopra la porta del fabbricato della Compagnia.
1745 - Regolamento funerario
Il Reggente nominato da Francesco Stefano II, primo granduca lorenese della Toscana (1737-1765), impose ai fucecchiesi un provvidenziale Regolamento funerario. Questi alcuni punti salienti del Regolamento:
1- Era proibito tenere in casa le salme per più di 24 ore.
2- La pompa funebre veniva così disciplinata:
- per i nobili erano prescritti 24 ceri
- per i cavalieri erano prescritti 12 ceri
- per i cittadini comuni soltanto 6 torce
- i catafalchi potevano essere eretti soltanto in chiesa
1746 - Parrucche per 2 preti
I preti, nel 1700, non potevano mettersi la parrucca senza l’autorizzazione del vescovo.
Il vescovo la concedeva se la richiesta veniva avanzata dal medico condotto il quale, naturalmente, doveva motivarla con una certificazione medica.
Il 5 novembre 1746 il medico condotto Antonio Ribotti rilasciò queste due singolari certificazioni:
Il molto reverendo don Pietro Vannucci della Terra di Fucecchio per sua indisposizione ha bisogno di usare la parrucca con l’uso della quale può facilmente difendersi da diversi inconvenienti e perciò può ricavare utili e sommi vantaggi così giudico io infrascritto.....
Il sacerdote Arturo Montanelli della Terra di Fucecchio espone a V. S. Rev. essere soggetto a continue malattie flussionali di capo come consta dall’annessa fede di medico e perciò ha bisogno di mantenere la suddetta parte del suo capo in eguale traspirazione. Chiede perciò l’uso della parrucca al sacro altare.
E l’uso della parrucca venne concesso ad entrambi i sacerdoti.
1752 - Accademia dei Fecondi
Questa Accademia fu fondata a Fucecchio nel 1752 da i notabili locali Panicacci, Orlandini, Galleni e Montanelli
Essi furono animati dalla volontà di offrire alla popolazione fucecchiese frequenti spettacoli teatrali.
Per ottenere il consenso del granduca lorenese Francesco Stefano gli trasmisero la seguente SUPPLICA:
Sacra Cesarea Maestà,
gli infrascritti della Terra di Fucecchio che godono gli onori della loro patria umilissimi sudditi di S. C. M. V. riverentemente espongono che non essendo in detta Terra un Pubblico Teatro da potersi tenere di quando in quando aperto verrebbe a privare di simile onesto divertimento la prefata terra e la gioventù del comodo di esercitarsi in sì onesto esempio, chiedono di tassare per rimettere e rifare un Teatro decente.
SUPPLICANO di costituire una ACCADEMIA con Capitoli e Costituzioni da osservarsi dagli Accademici sotto gli augustissimi auspici e protezione della Sacra Cesarea Maestà Vostra.
I Fecondi realizzarono a tempo di record un magnifico Teatro dotato perfino di palchetti all’interno del Palazzo Pretorio.
Il meraviglioso Teatro, però, ebbe brevissima vita: venne demolito nel 1780 per far posto al Carcere Vicariale.
L’Accademia dei Fecondi, in segno di protesta, si sciolse.
1753 - Teatro dell’Accademia dei Fecondi (dal 1753 al 1780)
Il 20 agosto 1753, il Gonfaloniere del Comune di Fucecchio, concesse in uso all’Accademia dei Fecondi il teatro comunale e cioè lo STANZONE delle recite, quello posto al primo piano dell’ala destra del Palazzo Pretorio confinante con l’attuale Palazzo di Pacini Arrigo, con la facoltà di “fabbricare, costruire, ingrandire e formarci palchetti intorno alla platea.
L’Accademia dei Fecondi rifece ex novo le panche della platea, l’orchestra, il palcoscenico, le scene e fece perfino costruire una fila di palchetti intorno alla platea medesima.
I Fecondi, per convertire lo Stanzone delle recite in Teatro, spesero l’astronomica somma di mille scudi.
Il teatro, funzionale ed elegante, un vero gioiello, era lungo 26 metri e largo 13 mt.
Purtroppo, questo meraviglioso Teatro ebbe vita brevissima. Nel 1780, essendo stato Fucecchio elevato a sede di Vicariato di IV categoria, il Teatro dei Fecondi venne demolito per essere ridotto a carcere vicariale dato che il Palazzo Pretorio era stato scelto come sede del Vicariato.
L’Accademia dei Fecondi, in segno di protesta, si sciolse. Fucecchio non disponeva più nemmeno dello Stanzone delle recite.
1756 - Proibizioni riguardanti i locali notturni
Fino a tutto il 1755 i locali di svago, detti comunemente “botteghe”, erano rimasti aperti anche di notte senza limiti di orario.
Questi locali notturni favorivano i giochi d’azzardo e gli affari delle passeggiatrici.
Per ovviare a questi due inconvenienti da Firenze giunse un ordine tassativo: E’ proibita l’apertura notturna dei locali di svago.
I giocatori incalliti e le prostitute non se la presero più di tanto.
I primi andarono a giocare nelle abitazioni private; le seconde continuarono a svolgere la loro attività notturna all’aperto o in abitazioni di comodo e a procurare non poco lavoro ai giudici e ai pievani.
Giudici e pievani venivano sempre chiamati in causa per dirimere gli inevitabili dissidi familiari creati dall’attività delle prostitute.
Le corna hanno sempre alimentato tribunali e confessionali.
1758 - Reclutamento
La coscrizione coatta (servizio militare imposto d’autorità) non costituiva una novità per i fucecchiesi; però non capitava spesso: era un evento raro.
Il primo granduca lorenese della Toscana Francesco Stefano II, marito dell’imperatrice Maria Luisa, emanò nel 1758 un decreto che suscitò grande scalpore nella popolazione fucecchiese: ordinò alle nostre autorità di reclutare tutti i giovani abili alle armi per arruolarli nell’esercito austriaco impegnato nella Guerra dei 7 anni (1756-1763).
Erano considerati “abili alle armi” gli scapoli e gli uomini di età compresa tra i 20 e i 40 anni. I reclutati, prima di essere arruolati, venivano sottoposti a visita medica. E la visita veniva effettuata a Pisa.
Furono 152 i giovani accompagnati a Pisa per la visita medica.
1765 - Leopoldo I granduca lorenese: la sua politica (1765-1790)
Pietro Leopoldo I, secondo granduca lorenese della Toscana, regnò nella nostra regione dal 1765 al 1790, l’anno in cui diventò imperatore d’Austria.
Gli assi portanti della sua politica furono:
- la demolizione definitiva di tutti i residui di feudalesimo ancora presenti in Toscana;
- l’introduzione di una economia liberista volta a favorire la privatizzazione in tutti i campi;
- l’attuazione di una politica ecclesiastica concordata a Roma con il fratello, l’imperatore Giuseppe, in occasione dei funerali di papa Clemente XIII morto il 3 febbraio 1769, che prevedeva una drastica riduzione del numero dei religiosi e la sottrazione delle proprietà fondiarie alla Compagnie religiose.
I 25 anni di governo di Leopoldo I introdussero nella vita di tutti i toscani una serie interminabile di cambiamenti:
-La Toscana passò da una condizione di antichi privilegi medioevali, aristocratici ed ecclesiastici ad una condizione di Stato moderno nel quale, fra l’altro, venne sancita l’uguaglianza fiscale per tutti, granduca compreso;
- Leopoldo separò i beni della corona da quelli dello Stato;
- rese pubblico il bilancio statale;
- abolì, con l’introduzione del suo Codice, la tortura e la pena di morte;
- soppresse il Tribunale dell’Inquisizione;
- riordinò la Magistratura e il sistema penitenziario;
- stabilì un indennizzo per carcerati o processati vittime di errori giudiziari;
- riformò l’istruzione scolastica e universitaria;
- diede impulso alle autonomie locali;
- privatizzò tutto quello che fu possibile privatizzare;
- laicizzò il tessuto sociale sopprimendo ordini religiosi e compagnie laicali alle quali sottrasse i capitali destinandoli ad opere di pubblica utilità;
- perseguì una politica estera che faceva cardine sulla neutralità;
- estinse il debito pubblico ereditato dai granduchi Medicei.
1765 - Cambiamenti di vita a Fucecchio sotto Leopoldo I (dal 1765 al 1790)
I cambiamenti più vistosi operati dalla politica di Leopoldo I nella vita dei Fucecchiesi coincisero con le decisioni granducali che ci riguardarono direttamente. Eccone un campionario ordinato cronologicamente:
1- Fu prescritta al nostro Comune la vendita delle Cerbaie che ci appartenevano.
2- Fucecchio dovette dotarsi di un cimitero pubblico.
3- Fucecchio venne elevato al rango di Vicariato.
4- Vennero soppressi i seguenti ordini religiosi locali:
- i padri francescani conventuali di S. Salvatore;
- le oblate di S. Romualdo di Corso Matteotti;
- le clarisse del monastero di S. Andrea.
5- Furono soppresse le seguenti compagnie laicali:
- la Compagnia di S. Rocchino;
- la Compagnia di S. Giovanni Battista;
- la Compagnia della Madonna della Croce.
6- Vennero soppressi questi luoghi pii:
- la chiesa di S. Giobbe;
- la chiesa di S. Carlo;
- la chiesa e il monastero di S. Andrea;
- la chiesa e il monastero di S. Salvatore;
- la chiesa e il monastero delle Oblate di S. Romualdo;
- la chiesa e la sede della Compagnia di S. Giovanni Battista;
- la chiesa e la sede della Madonna della Croce;
- la chiesa di S. Rocchino;
- l’Opera di S. Salvatore.
1765 - Ritiro e Riforme di Leopoldo I (dal 1765 al 1790)
La politica religiosa del secondo granduca lorenese Leopoldo I terremotò anche la disciplinatissima vita della comunità francescana dei Ritiro La Vergine di Fucecchio.
Nel 1765 Leopoldo I sferrò le sue prime 4 picconate che ferirono quasi mortalmente il nostro Ritiro:
1- venne proibito ogni rapporto con il Papa e con il Generale dell’ordine;
2- venne decretata la dipendenza dei frati dal vescovo diocesano e dal Parroco del luogo (l’arciprete);
3- fu proibita ai Superiori Generali e Provinciali la visita dei loro Conventi senza il permesso del Governo;
4- venne proibita la professione dei VOTI prima del 24° anno di età.
Nel 1779 i locali del CHIOSTRO furono adibiti a Scuola Popolare Gratuita.
Nel 1787 fu soppressa la Congregazione del Terz’Ordine.
Nel 1788 i frati stranieri, cioè coloro che non erano sudditi del granducato di Toscana, dovettero lasciare il Ritiro.
Nel 1790, per ordine del Governo Granducale, il nostro Ritiro dovette accogliere padre Andrea Edoardo Nocetti, seguace del giansenista vescovo di Pistoia, monsignor Ricci.
1767 - Giovani scapestrati
Giovani scapestrati sono coloro che infrangono con noncuranza i comuni codici morali che regolano la vita familiare, quella sociale e quella civile.
L’attitudine alla trasgressione non è il frutto di contingenze storiche; fa parte della nostra condizione umana.
Non è possibile cancellare dal nostro codice genetico questa attitudine negativa alla trasgressione; possiamo soltanto cercare di frenarla con la minaccia di severe punizioni.
Il granduca lorenese Leopoldo I sapeva perfettamente tutto questo quando nel 1767 prese dei provvedimenti severi contro la gioventù scapestrata.
Il 27 novembre 1767 giunse anche alle autorità preposte a vigilare sull’ordine pubblico a Fucecchio l’ordine di vigilare sulla gioventù perché, secondo il granduca, c’erano troppi scapestrati nelle strade delle città e dei paesi. Ve ne erano quindi anche a Fucecchio e in tutto il suo distretto.
Per scoraggiare gli scapestrati, Leopoldo I prescrisse che tutti i giovani trovati in quelle condizioni venissero immediatamente arruolati nelle truppe di stanza a Livorno e a Portoferraio.
Il provvedimento si rivelò un ottimo deterrente. Gli scapestrati cominciarono a darsi una regolatina.
1767 - Vacanze scolastiche
Nei secoli passati, l’anno scolastico iniziava il 6 novembre e si concludeva il 28 settembre. Le vacanze estive non esistevano. Esisteva soltanto quella autunnale che coincideva con il solo mese di ottobre.
Nel 1767 venne fissato il calendario delle vacanze sia per la Scuola Minore sia per la Scuola Maggiore. Fu abolita la vacanza del sabato e venne introdotta quella infrasettimanale del GIOVEDI’ che sarebbe saltata se fossero cadute delle festività o di martedì o di mercoledì o di venerdì.
L’ORARIO scolastico prevedeva due ore di lezione al mattino e due ore al pomeriggio. Nel pomeriggio del sabato era prescritto l’obbligo di fare la “Dottrina e il Catechismo ai ragazzi”.
Per le seguenti solennità religiose era concessa la vacanza anche per la vigilia:
- Epifania
- Ascensione
- Pentecoste
- Corpus Domini
- SS. Trinità
- Purificazione
- Annunciazione
- Assunzione
- Concezione e Natività della Madonna
- S. Giovanni Battista
- S. Niccolò
- S. Antonio Abate
- S. Antonio da Padova
- S. Lucia
- Rogazioni
La vacanza di Carnevale si dava il sabato antecedente la Sessagesima.
1767 - Peste
Alle epidemie di peste del 1763 e del 1765 seguì quella più pesante del 1767. Il granduca Leopoldo I si rese conto che la situazione era aggravata dall’indigenza dei suoi sudditi che venivano uccisi sia dalla peste che dalla fame. Per ovviare almeno agli inconvenienti della fame, Leopoldo I, concesse sussidi finanziari ai sudditi più bisognosi.
Questa forma di assistenza durò pochissimo tempo perché l’imperatore d’Austria, fratello del nostro granduca, pretese dalla Toscana l’astronomica somma di 2 milioni di fiorini. Per questa ragione l’assistenza ai miserabili venne tagliata immediatamente.
All’epidemia della peste si aggiunsero quindi le sciagure della miseria e della fame.
A Fucecchio soltanto le Compagnie della Madonna della Croce e di S. Giovanni Battista poterono aiutare i poveri. La Compagnia della Madonna della Croce distribuì sotto forma di sussidi 400 scudi; quella di S. Giovanni distribuì alimenti e aprì le porte del proprio ospedale alle persone più povere.
Il granduca, non potendo elargire quattrini, incoraggiò la ripresa agricola concedendo molte esenzioni fiscali. Inoltre, per conoscere meglio le condizioni dei suoi sudditi volle visitare minuziosamente paesi, campagne e città della Toscana; ma dopo che l’epidemia di peste era finita.
1767 - La prima delle tre visite a Fucecchio del granduca Leopoldo
Il 1767 fu un anno tragico per noi e per tutta la Toscana.
Carestia, fame, miseria e una epidemia di tifo petecchiale decimarono la nostra popolazione.
Si moriva là dove un’intera famiglia era costretta a vivere in una stanza e a coricarsi su pagliericci.
Si moriva là dove mancava il pane.
L’unica stanza dell’Ospedale della Compagnia di S. Giovanni Battista era talmente gremita che non c’era più posto nemmeno per un altro saccone. Questa Compagnia fece il possibile per dare un aiuto materiale ai troppi miserabili del paese.
La Compagnia della Madonna della Croce mise a disposizione della gente misera ben 400 scudi.
Nonostante la drammaticità della situazione Leopoldo I a giugno volle visitare tutta la Toscana per rendersi conto dello stato in cui vivevano le nostre popolazioni: lo definì uno stato di deplorevole abbandono.
E venne anche a Fucecchio.
“Pettegoli e vanesi” gli apparvero i benestanti locali; “ insolenti e rumorosi “ i popolani.
1768 - Opifici presenti a Fucecchio
La popolazione fucecchiese è stata sempre molto operosa e non ha mai disdegnato nessun tipo di attività produttiva. Magari ci ha fatto sempre difetto il senso di imprenditorialità. Siamo industriosi, ma non industriali.
Nel 1768 vi erano 9 fornaci che producevano annualmente 4.000 stoviglie ( piatti, tegami, tazze, zuppiere...).
Le botteghe dei calzolai, numerosissime, producevano 8.000 paia di calzature. Duemila paia erano destinate al mercato locale; le altre seimila venivano “esportate” negli altri comuni del granducato di Toscana.
I calderai producevano 4.000 manufatti di rame (paioli, vasi, mezzine..).
I tessitori producevano stoffe di lino e di canapa.
Le filande sfilavano 15.000 bozzoli di bachi da seta.
Esisteva anche una conceria di pelli bovine.
Al di là delle cifre serpeggiava già una crisi recessiva.
La conceria chiuse quasi subito i battenti. Avevano già chiuso le botteghe dove si tesseva la stoffa di lana. Nell’arco di pochissimi anni chiusero i battenti anche le fabbrichette che producevano stoviglie, troppo brutte e troppo care.
1768 - Festeggiamenti per la nascita di Leopoldo II
La nascita del futuro granduca Leopoldo II, avvenuta l’11 febbraio 1768, fu salutata a Firenze con la salva di 101 colpi di cannone; a Fucecchio, invece,venne festeggiata con luminarie, con una Messa Solenne e con il canto del Te Deum.
A tanta conclamata solennità faceva riscontro una realtà locale, la nostra, drammatica.
In campagna si viveva dentro capanne fatte con i fusti della saggina e con il tetto impastato di mota e tenuto da qualche trave.
A Cappiano molte case andavano a fuoco quando il vento sollevava le fiamme del focarile usato per cuocere i cibi e per riscaldarsi.
In paese i “miserabili” vivevano nel continuo timore di essere visitati nottetempo dalla ronda che bussava alla porta di certe abitazioni per constatare se alcuni recidivi osservavano o meno quanto era stato loro ordinato.
Le uniche note positive del 1768 furono:
- il successo dell’allevamento del baco da seta;
- la pubblicazione del libro intitolato TIFO PETECCHIALE scritto da un medico fucecchiese . Il libro venne recensito dalla Gazzetta Toscana;
- la presenza di tre vescovi venuti a Fucecchio per avviare la pratica di venerabilità a favore di padre Teofilo da Corte morto in odore di santità a Fucecchio il 19 maggio 1740.
1770 - Pievano menefreghista
Nel 1770 la nostra chiesa (Collegiata) aveva la facciata rivolta verso Santa Croce.
Il 18 marzo 1770, terza domenica di Quaresima, i fucecchiesi videro attaccato sul portone un manifesto. Ce lo aveva attaccato il calzolaio Giuseppe Crociani per ordine del pievano Benvenuti.
Quel manifesto conteneva il testo di una Bolla pontificia emessa dal nuovo papa Clemente XI, al secolo Francesco Albani. Questo il passo più significativo della Bolla:
“............Il sommo pontefice per implorare il divino soccorso nel principio del suo Pontificato concede a tutti il Giubileo......”
Cioè l’indulgenza plenaria fino alla domenica di Passione.
La maggior parte dei fucecchiesi non sapeva leggere, ma appena corse voce che poteva essere lucrata l’indulgenza plenaria tutti si precipitarono in chiesa per poterne usufruire subito. Invano i sacerdoti supplicarono il pievano di spiegare al popolo che l’indulgenza poteva essere lucrata durante tutto il tempo che ci separava dalla Domenica di Passione. Il pievano Benvenuti non volle spiegare né cos’era la Bolla né come né fino a quando si poteva lucrare l’indulgenza plenaria.
1770 - Vannucci Maria Pietro vescovo
Pietro Maria Vannucci, il futuro vescovo di Massa e Populonia, era nato a Fucecchio il 18 ottobre 1715.
Dopo essersi consacrato sacerdote, venne “assunto” dalla Curia Vescovile di S. Miniato dove ricoprì la carica di Vicario e Provicario Generale.
Il 14 giugno 1770, quando aveva 55 anni, venne nominato, ufficiosamente, vescovo di Massa e Populonia, in Maremma. La notizia rimbalzò a Fucecchio il 29 giugno. Il Comune mandò due personalità di spicco, Giuseppe Montanelli e Giuseppe Aleotti, a congratularsi con il Vannucci.
Pietro Maria Vannucci fu consacrato vescovo il 16 ottobre 1770.
Il Vannucci avrebbe preferito rimanere in Curia a S. Miniato.
Malato e povero ebbe spesso a lamentarsi della nomina che purtroppo aggravò le sue condizioni di salute e la sua povertà.