FUCECCHIO COMUNE DEL GRANDUCATO MEDICEO DI TOSCANA
1569 - 1737
1672 - La guerra dei moccoli
Ogni anno, il giorno di Pasqua, al mattino e alla sera, durante la recita dell’Uffizio dei Morti, la Compagnia di S. Giovanni Battista e quella della Madonna della Croce distribuivano, dietro compenso, i moccoli.
I moccoli erano i resti delle candele che venivano accese dai fedeli nelle chiese nel corso dell’anno.
Per Pasqua i moccoli venivano venduti dentro tutte le chiese.
In ogni chiesa c’erano le bancarelle delle due compagnie.
I rivenditori non si limitavano a farsi concorrenza, ma si beccavano, cioè si insultavano, si minacciavano e creavano paure e tensioni nei fedeli presenti nelle chiese.
Inutilmente i parroci e gli officianti delle altre chiese non parrocchiali avevano tentato di por fine a questa guerra dei moccoli.
1676 - Piazza Montanelli
Nel 1676, all’epoca dei granduchi medicei, il Comune di Fucecchio deliberò di realizzare una Piazza d’Arme (per esercitazioni militari) nell’area dell’attuale Piazza Montanelli, occupata a quel tempo da una fornace per laterizi e da alcuni campi di proprietà della famiglia Corsini.
Il Comune avrebbe voluto acquistare quell’area, ma il Corsini preferì affittargliela in perpetuo contro la corresponsione di un canone annuo di affitto di 280 lire.
Quando nel 1737 i granduchi lorenesi subentrarono a quelli medicei disposero che il nucleo di armati presenti a Fucecchio fosse soppresso. Piazza d’Arme diventò Piazza delle Vedute perché vi si affacciava la chiesa delle Vedute.
Nel 1795 l’area della Piazza delle Vedute si restrinse alquanto perché vi era stato edificato l’attuale Teatro Pacini. La superficie libera, nei giorni festivi, venne usata come campo da gioco per le partite di palloncino a braccio.
Nel 1817 il nostro Comune l’ampliò demolendo una casa e una torre di sua proprietà.
Nel 1826 venne tolto il terrapieno alla base del Palazzo Aleotti (quello della cartoleria Il Segnalibro), fu data alla pavimentazione della piazza una leggera pendenza per favorire il deflusso delle acque piovane e fu “corredata” di una fogna. Sempre nel 1826, allo scopo di renderla idonea al passeggio e per impedirvi il transito dei carri e dei cavalli, fu livellata e circondata con “pioli”, da noi ribattezzati CAPITELLI, alternati con panchine in pietra.
Il 7 dicembre 1864 la Piazza passò in proprietà al nostro Comune per effetto di un atto di permuta: il Principe Corsini ci dette la Piazza e il Comune, in cambio, gli dette la proprietà della Rocca.
Il 17 luglio 1892 al centro della piazza venne collocato il monumento a Giuseppe Montanelli.
Dal settembre del 1954 la Piazza Montanelli ospita la Caserma dei carabinieri.
Nel 1994 le vecchie panchine di pietra sono state sostituite con panchine nuove, di pietra e leggermente più alte.
1679 - Cappellano
Cappellano è il sacerdote addetto al servizio di una chiesa non parrocchiale.
(Sono da considerarsi chiese non parrocchiali le cappelle private, gli oratori delle Compagnie, gli oratori comunali, le chiese annesse alle comunità religiose femminili, come ad esempio le clarisse di S. Salvatore).
Dal 1400 al 1900 potevano essere eletti o nominati CAPPELLANI anche i chierici, cioè i seminaristi che già indossavano l’abito talare ma che non erano stati ancora ordinati sacerdoti.
Siccome i chierici non potevano celebrare la Messa ed amministrare i Sacramenti - perché non erano ancora sacerdoti - si dovevano impegnare con giuramento a trovare un sacerdote che officiasse in loro vece l’Oratorio che era stato loro assegnato.
I cappellani venivano pagati o dai proprietari delle cappelle private o dalle Compagnie religiose o dal Comune o dalle comunità religiose femminili.
I cappellani delle Compagnie (S. Giovanni Battista, Madonna della Croce, S. Rocchino, Coronati scalzi, S. Candido) venivano eletti dai confratelli con una votazione vera e propria.
La nomina o l’elezione del cappellano e l’atto di consegna della chiesa da officiare seguivano un cerimoniale ben preciso.
Il cerimoniale relativo alla cappellania di S. Rocco extra Muros - oggi chiesa di S. Maria delle Vedute e di S. Rocco - è stato descritto in modo particolareggiato nelle pagine 25/26/27/28 del libro RICERCHE STORICHE SUL SANTUARIO DI S. MARIA DELLE VEDUTE IN FUCECCHIO.
In questo libro è riportato anche l’elenco di tutti i cappellani che vi hanno officiato fino al 1839, l’anno in cui la chiesa delle Vedute venne eretta in parrocchia (sezione appendice) .
CRONACA DELLA ELEZIONE DI UN CAPPELLANO DELLA COMPAGNIA DI SAN GIOVANNI BATTISTA
Nella riunione della Compagnia di S. Giovanni Battista del 4 aprile 1679 erano presenti 250 (duecentocinquanta) confratelli come risulta dal verbale stilato dal cancelliere della Compagnia Mainardi Antonio.
Siccome i radunati, chiamati per eleggere il cappellano, facevano troppa confusione nella loro piccola chiesa di S. Donnino vennero dirottati nella vicina Pieve di S. Giovanni, oggi Collegiata.
Avevano posto la loro candidatura alla cappellania della Compagnia i preti Giunti e Marco Cicci.
I confratelli si divisero in due fazioni “altercanti”.
Il cancelliere sciolse d’autorità la riunione e chiese consiglio al Magistrato dei Nove di Firenze.
Il Magistrato dei Nove ordinò che si doveva procedere alla votazione. Il 22 maggio 1679 i fratelli della Compagnia, in numero di 230, si riunirono nuovamente nella chiesa pievana per la elezione del cappellano della Compagnia.
Alla riunione intervennero anche il Podestà Francesco Papi in rappresentanza del granduca mediceo e il pievano Francesco Ringhieri.
L’assemblea dei confratelli riconfermò cappellano della Compagnia, per altri tre anni, il prete Marco Cicci.
1680 - Processo al Podestà
Tutti i Podestà, al termine del loro mandato che durava sei mesi, venivano sottoposti a sindacato cioè a giudizio: venivano giudicati.
Il 17 luglio 1680 iniziò “il sindacato” contro l’uscente podestà Arrigo Ciardi e sua corte.
Qualche giorno prima del processo, il banditore ufficiale leggeva ad alta voce sotto l’immagine di S. Cristoforo l’ordine dei sindaci del Comune diretto a “qualsivoglia persona” che nei giorni 17, 18 e 19 luglio si sarebbe fatto sindacato (processo) contro il Podestà e sua corte: ciò per chi avesse avuto qualche lagnanza da fare contro di essi.
I querelanti avrebbero dovuto presentarsi al solito banco della Cancelleria (palazzo comunale) davanti ai sindaci che svolgevano il ruolo dei giudici.
Dovettero essere in molti a querelare l’operato del Ciardi e del suo cancelliere Filippo Pieralli se risultarono essere “ministri poco osservanti delle leggi e dei bandi di S.A.R.”
Il Podestà e il suo cancelliere avevano pernottato fuori di Fucecchio senza la debita licenza ed avevano fatto estorsioni prendendosi diritti che non avevano. Inoltre avevano condannato i giusti ed assolto i rei. Avevano ricoperto la carica senza il dovuto il dovuto decoro ed avevano commesso azioni ripugnanti alla Giustizia e agli Statuti.
Il popolo, nel frattempo, aveva inscenato una rumorosa protesta.
Il 20 luglio, bontà sua, Arrigo Ciardi poté lasciare Fucecchio.
1681 - Giuramento dei magistrati
Sotto la Loggia del Palazzo Pretorio c’è ancor oggi un affresco che ritrae la Madonna. L’affresco è incastonato in una cornice di pietra. Il tutto somiglia vagamente ad un tabernacolo: il “tabernacolo della Madonna”.
Proprio davanti al tabernacolo della Vergine i nuovi magistrati - le persone che ricevevano delle cariche amministrative - dovevano pronunciare il giuramento di fedeltà agli STATUTI comunali.
Sotto l’affresco di S. Cristoforo, invece, venivano firmati gli atti ed i contratti più significativi per la storia della nostra comunità.
A proposito del giuramento di fedeltà dei nuovi magistrati, riportiamo integralmente una delibera dell’1 gennaio 1681:
“...radunati nella solita Cancelleria (Palazzo Comunale) il Gonfaloniere e gli Anziani, in pieno numero di 4, si andò al solito luogo sotto le logge del Podestà, diedero il possesso alli nuovi rappresentanti la Comunità giurando di osservare gli Statuti.”
Nel registro delle delibere, in data 2 maggio 1717, si legge:
“ Adunatisi nel solito luogo della Loggia della piazza davanti all’immagine della Vergine, presero il possesso delle loro rispettive cariche con loro giuramento.....”
Infine, anche in una delibera dell’1 gennaio 1718 si legge che il giuramento delle nuove cariche avveniva sotto la Loggia davanti al tabernacolo della SS Vergine a cui era dedicata anche una lampada.
Fino al 1699 il Palazzo comunale, detto Cancelleria, si trovava di fronte alla Loggia del Pretorio ad una ventina di metri di distanza.
A partire dal 1700 il Palazzo Comunale si trovava nell’ala sinistra dell’attuale fabbricato del Liceo Scientifico, quella che fa angolo con via Mario Sbrilli.
1684 - Romualdine monache a Fucecchio (dal 1684 al 1787)
Nel gennaio del 1684, per interessamento del vescovo di San Miniato, monsignor Corsi, si stabilirono a Fucecchio certe monache dell’ordine di S. Romualdo chiamate più propriamente Religiose monache oblate di pura clausura vescovile.
Queste monache vennero sistemate nel monastero di S. Caterina posto nell’attuale corso Matteotti e costruito nel 1639 per volontà testamentaria del sacerdote Giovanni Bardini.
Nel 1783 si scatenò sopra tutti gli ordini religiosi presenti in Toscana la bufera delle soppressioni decretate dal granduca lorenese Pietro Leopoldo I. Venne soppresso anche il monastero di S. Caterina dove dimoravano le monache romualdine dette anche oblate.
Il 28 agosto 1783 il Segretario di Stato Carlo Bensy mise le romualdine di fronte a queste alternative:
1- Se volete continuare a vivere la vostra vita di clausura dovrete abbandonare Fucecchio e trasferirvi in un altro monastero;
2- Se volete rimanere a Fucecchio dovrete rinunciare alla clausura e trasferirvi nel Conservatorio (scuola per fanciulle e ragazze) realizzato nel monastero di S. Salvatore da cui sono stati già evacuati i padri conventuali;
3- Se non volete trasferirvi da Fucecchio e non volete nemmeno dedicarvi al Conservatorio dovrete dimettere i vostri abiti e ritornare ad essere delle secolari, cioè delle donne comuni.
Di fronte a queste alternative due o tre si trasferirono in un altro monastero, alcune dimisero gli abiti religiosi e si secolarizzarono e la maggior parte si trasferì subito in S. Salvatore a ricoprire il ruolo di insegnanti.
Subito dopo l’emanazione della legge delle soppressioni, la Deputazione granducale dei monasteri aveva programmato la vendita dei monasteri fucecchiesi di S. Caterina, di S. Salvatore e di S. Andrea. Questa operazione avrebbe sicuramente provocato qualche sommossa popolare. Si ricorse allora all’escamotage del Conservatorio Femminile da realizzarsi nel Monastero di S. Salvatore dove sarebbero state dirottate, previo il loro consenso, sia le monache romuladine sia le clarisse di S. Andrea. Le spese di riduzione del Monastero in Conservatorio e quelle per l’eventuale ampliamento del medesimo per far posto alla quarantina di clarisse sarebbero state coperte con la vendita di monasteri di S. Caterina e di S. Andrea.
Nel 1785 anche le 43 clarisse di S. Andrea, messe di fronte alle medesime alternative delle romualdine, si trasferirono in S. Salvatore per gestire con le romualdine il Conservatorio Femminile di S. Romualdo.
La convivenza fra le romualdine e le clarisse di S. Andrea si rivelò fin dalle prime battute difficilissima. Le due Priore fecero di tutto per rendere tesissimi i rapporti fra le due comunità. Il canonico don Giulio Taviani e gli insuesi sobbillavano le clarisse di S. Andrea. Le clarisse si resero protagoniste di raggiri,di maneggi e soprattutto di minacce nei confronti delle poche oblate.
Nel mese di giugno del 1787, tre mesi prima dell’inaugurazione della nuova Collegiata, le romualdine, temendo per la loro vita, comunicarono al vescovo che entro la fine del mese avrebbero lasciato il Conservatorio di S. Romualdo posto sul Poggio Salamartano.
E così, dopo 103 anni di permanenza a Fucecchio, le oblate bianche lasciarono per sempre Fucecchio.
1686 - Oratorio di S. Antonio da Padova
E’ posto in fondo a via Franco Bracci, sul lato destro, prospiciente alle rovine medioevali di Porta al Noce.
Appartiene attualmente alla famiglia Comparini.
Il 27 aprile 1685, Giovanni Galleni, già Orlandini, ebbe licenza dal vescovo di S. Miniato, monsignor Carlo Cortigiani, di costruire una chiesina in onore della Santissima Concezione, della Beatissima Vergine e di S. Antonio da Padova, nostri avvocati, col titolo di S. Antonio.
Il 26 maggio 1685 fu posta la prima pietra. Ai quattro angoli della cappella furono sepolte altrettante monete con l’effigie dei Santi protettori.
Il 26 ottobre 1686 l’Oratorio fu consacrato con una solenne processione a cui partecipò tutto il clero fucecchiese. Alla cerimonia presero parte anche i figli di Giovanni Galleni: Valerio, professore all’Università di Pisa, e Anton Ferano, giudice delegato del granduca di Toscana a Portoferraio. Valerio tenne l’orazione ufficiale in lingua latina; Anton Ferano dotò l’Oratorio di una pala con l’effigie di S. Antonio da Padova.
Un anno dopo, e precisamente il 13 giugno 1867, venne celebrata nell’Oratorio la prima festa di S. Antonio.
Attualmente lo stato di degrado dell’Oratorio ha raggiunto l’infimo grado.
1689 - Stemma comunale cancellato
Nel 1689 nel monastero di S. Salvatore c’erano i frati francescani conventuali, chiamati comunemente frati neri a causa del colore nero del loro saio. Questi frati erano veramente fortunati perché tutte le spese relative alla manutenzione e all’abbellimento della chiesa e del monastero di S. Salvatore erano a carico del Comune fin dal 1374. In quell’anno infatti era stato istituito dal Comune un Consiglio di amministrazione detto Opera del Comune o più semplicemente OPA con il compito, appunto, di provvedere , per conto del Comune, alla manutenzione e all’abbellimento dei due fabbricati.
Nel 1689, a conclusione di un’operazione di restauro effettuata nel chiostro del monastero di S. Salvatore, gli Operai del Comune, l’OPA, vi fecero dipingere lo stemma del comune di Fucecchio: spesero 50 scudi.
I frati neri se la presero tanto a male che cancellarono quella pittura con una passata di calce spenta. Il popolo e gli amministratori si indignarono moltissimo. Il cancelliere (segretario comunale) Fabbrini andò personalmente dal guardiano di S. Salvatore per indurlo a far ridipingere nel chiostro, a sue spese, lo stemma del nostro comune. Il guardiano, impugnando l’atto di donazione delle monache di Gattaiola di Lucca (1299) rifiutò di obbedire e si proclamò padrone del chiostro.
Il Fabbrini, allora, stese una relazione sull’accaduto e la trasmise al Magistrato dei Nove a Firenze.
Il magistrato fiorentino Ottavio Doni, in data 30 dicembre 1689, scrisse una lettera ultimativa al guardiano nero di S. Salvatore.
E, a distanza di pochissimi giorni, lo stemma del Comune di Fucecchio venne ridipinto nel chiostro.
1690 - Organo della chiesa della Vergine
Il primo organo della chiesa della Vergine venne installato nella cantoria sopra la bussola della porta centrale fra il 1690 e il 1710.
Un nuovo a grandioso organo, pagato con le elemosine raccolte da padre Antonio da Parrana, venne montato nel 1825 dalla Ditta Benedetto Tronci di Pistoia. Cento anni dopo, nel 1925, la cantoria venne abbellita con la installazione di una grata di legno al posto delle tendine.
Negli anni ‘70 l’organo venne elettrificato e trasferito nel coro dalla Ditta Marcello di Campi Bisenzio.
1690 - Lite fra clero e frati neri
La festività del Corpus Domini, nel 1690, cadde il 12 giugno. La processione, la più solenne e la più partecipata dalla popolazione e dalle Compagnie laicali si concludeva sempre nella chiesa di S. Salvatore, officiata dai padri francescani conventuali, i frati neri, fin dal 1299.
Tutto il cerimoniale della processione era dettato da regole ben precise.
Una di queste regole prescriveva che l’intonazione delle Antifone, al rientro della processione nella chiesa di S. Salvatore, spettava ai frati neri.
Il 12 giugno del 1690 i preti vollero disattendere questa regola ed intonarono l’Antifona.
Non l’avessero mai fatto!
I frati neri non seppero contenere il loro nervosismo nei confronti del clero e, proprio in chiesa, si accapigliarono con i preti.
Ne nacque un tafferuglio incredibile.
La popolazione ne rimase sconcertata, allibita, scandalizzata.
Del fatto venne informato il granduca Cosimo III dei Medici il quale, salomonicamente, decretò: A partire dal prossimo anno la festa del Corpus Domini dovrà essere fatta sempre nella Pieve di S. Giovanni (Collegiata) e non più nella chiesa di S. Salvatore.
Il popolo accolse con entusiasmo questa soluzione.
1690 - Un’altra lite fra clero e frati neri
Il 1690 sarà ricordato come l’anno delle liti più..solenni fra clero e frati neri di S. Salvatore.
Nel 1683 era stata demolita la torre dell’orologio della Cancelleria (Palazzo Comunale) posto al centro della piazza Vittorio Veneto e di fronte al Palazzo Pretorio.
Era, quello della torre della Cancelleria, l’unico orologio del paese. Gli amministratori deliberarono di sistemare l’orologio della Cancelleria sul campanile della Pieve di S. Giovanni che si trovava in corrispondenza dell’attuale portone della Collegiata.
La collocazione dell’orologio in questo campanile prevedeva l’innalzamento del campanile medesimo e la riduzione della cella campanaria a stanza dell’orologio.
Per tutta la durata dei lavori, il campanile della Pieve sarebbe rimasto muto.
Per ovviare a questo incomodo le autorità preposte concessero in uso il campanile di S. Salvatore sia ai campanari della Pieve sia ai festaioli civici.
Per accedere alla cella campanaria del campanile di S. Salvatore, i campanari della Pieve e i festaioli dovevano passare dal chiostro dei frati la cui porta di accesso si trovava in corrispondenza dell’attuale porta del Circolo MCL del Poggio Salamartano.
I frati neri scrissero al Magistrato dei Nove lamentando che i campanari “danneggiavano i tetti, rompevano le corde delle campane, suonavano fuori delle ore stabilite e che avevano trasformato il campanile in un luogo dove si orinava, si defecava e ci si faceva all’amore”.
I frati neri, al colmo della disperazione, cambiarono la toppa della porta d’accesso al chiostro.
Il granduca Cosimo III, irritatissimo per tutte queste grane piantate dai frati neri,ordinò ai frati neri di rimettere l’antica toppa con l’arme dell’OPA alla porta del chiostro e di consegnare la chiave al Sagrestano che avrebbe suonato sia per il servizio civile sia per le funzioni della Pieve e dei padri Conventuali (i frati neri).
1692 - Tondoli Anton Maria pievano e storico
Don Anton Maria Tondoli resse la nostra Pieve di S. Giovanni Battista (Collegiata) dal 1692 al 1725, anno in cui si dimise per lasciare il posto ad un altro Tondoli, Giuseppe.
Anton Maria Tondoli, fucecchiese, era figlio di benestanti. Il padre aveva iniziato la sua attività commerciale gestendo una mescita di vino e di acquavite; successivamente era diventato venditore all’ingrosso di tabacco e di acquavite a S. Miniato e a Pescia.
Anton Maria si era rivelato ben presto un giovane intelligente, ambizioso, portato al disegno e alla letteratura, interessatissimo al denaro, desideroso di recuperare le radici della nostra comunità e cocciuto e testardo come tutti i fucecchiesi.
Nella sua veste di pievano creò non poche tensioni nella sua comunità parrocchiale. Il suo bersaglio preferito erano i frati neri di San Salvatore, quelli insomma del Poggio Salamartano. Il suo obiettivo prediletto era l’accantonamento di grosse somme di denaro che doveva essere estorto alle altre istituzioni.
Benché la Pieve di S. Giovanni Battista disponesse di 4.000 staiora di terreno agricolo che gli assicuravano una rendita annua di 28.000 lire, il Tondoli brigava continuamente per convincere la popolazione che le spese per la manutenzione della chiesa pievana spettavano all’OPA (Opera del Comune) e non al pievano.
Abusando della sua competenza in materia di storia locale inventò che la manutenzione della chiesa pievana era stata prevista anche nello Statuto relativo alla fondazione dell’OPA che risaliva al 1374.
Il Magistrato dei Nove di Firenze non cadde, però, nel trabocchetto del Tondoli: consultò l’atto di fondazione del 1374 e si rese conto della falsità del Tondoli.
Il nostro Tondoli, tanto per non smentire la sua fama di “estorsore”, in occasione della Festa del Corpus Domini pretendeva dai frati conventuali (quelli del Poggio Salamartano): l’uso gratuito dei loro paramenti sacri (che abitualmente noleggiavano); le torce; la cera grossa e minuta per le Messe basse; 60 lire per il predicatore.
Quando nel 1725 Anton Maria Tondoli si dimise dalla sua carica di pievano, i frati neri- e non solo loro - tirarono un lungo respiro di sollievo.
Noi dobbiamo essergli sommamente grati per i tre doni che ci lasciò:
1- il disegno della chiesa di S. Giovanni Battista;
2- l’elenco di tutti i pievani di Fucecchio;
3- il libro delle genealogie di molte famiglie fucecchiesi da lui ricostruite.
1693 - L’orologio della Cancelleria viene spostato
La facciata della Cancelleria (il palazzo comunale che guardava il Palazzo Pretorio) era sovrastata dalla Torre dell’Orologio con quadrante e campana (la ex martinella). La vita dei fucecchiesi era scandita dall’orologio della cancelleria.
Nel 1650 la torre della Cancelleria cominciò a dare dei segni di instabilità e venne dichiarata pericolante. Nel 1682 fu dichiarata cadente.
Nel 1684 la torre della cancelleria venne demolita. L’orologio con tutti i suoi marchingegni fu sistemato in una stanza della cancelleria in attesa di essere riassemblato.
I fucecchiesi cominciarono a reclamare la presenza dell’orologio. Ma dove poteva essere collocato?
A quel tempo la facciata della Pieve di S. Giovanni (Collegiata) guardava il Monte Pisano e perciò fu esclusa la possibilità di collocarvelo. L’orologio doveva guardare la Piazza per il comodo dei cittadini. Non vi erano che due possibilità: o sistemarlo sul retro della chiesa o sulla parte alta del campanile della medesima. Il campanile , addossato alla parte posteriore della chiesa, guardava sulla Piazza.
Inizialmente ci si orientò sulla parte posteriore della chiesa; poi, nel 1685, venne scelto il campanile.
Il campanile, per far posto all’orologio della Cancelleria, venne consolidato e rialzato di 7 metri.
Il 24 giugno 1693 l’orologio, dall’alto del campanile, ricominciò a scandire le ore e, quindi, la vita dei fucecchiesi.
Nel 1782 il campanile della pieve-collegiata venne demolito ed il povero orologio dovette di nuovo sloggiare. Venne sistemato sulla parte alta della torre civica, l’ex campanile della chiesa di S. Salvatore passato in proprietà alla Collegiata per volere del granduca Leopoldo primo.
1698 - Oratorio della SS Maria Assunta di Cappiano
Il 17 settembre 1698, il granduca mediceo Cosimo III decretò che venisse costruito a Cappiano un Oratorio del tutto simile a quello eretto presso la Fattoria di Stabbia.
In seguito, per comodo della popolazione, fu stabilito che vi fosse celebrata la Messa tutti i giorni festivi dell’anno. All’officiante veniva corrisposto un compenso annuo di 12 scudi: 6 per le Messe e 6 per l’insegnamento della dottrina cristiana ai contadini e alle altre persone che vi volessero presenziare. Nel 1708 il compenso venne elevato a 24 scudi.
Grazie ad un inventario fatto stilare dal vescovo di S. Miniato monsignor Brunonr Fazzi, possiamo renderci conto degli arredi presenti nella chiesa e nella sagrestia.
In CHIESA vi erano: 14 quadretti della Via Crucis; due paraventi all’uscio di sagrestia; un confessionale all’ingresso dell’Oratorio; due panche; un inginocchiatoio; quattro candelieri di legno intagliati e logori; alcuni palliotti; un candeliere d’ottone ed un altro con croce sopra l’altare.
In SAGRESTIA vi erano: 3 sedie con bracciuoli; un quadro raffigurante Gesù; pianete, camici, cotte e corporali; 2 messali per vivi e 2 messali per morti; 8 candelieri di legno inargentati; una croce nera d’albero e un braccio di ottone per la lampada.
1698 - La prima Cancelleria della Piazza
Con il vocabolo CANCELLERIA veniva indicato fino al 1800 il palazzo comunale detto anche municipio.
Del primo palazzo comunale demolito nel 1698 esistono tre illustrazioni acquerellate, giacenti nell’Archivio di Stato a Firenze, ed altrettante riproduzioni fotostatiche esposte nella sede della Fondazione Montanelli-Bassi in via Guglielmo San Giorgio.
E’ presumibile che il fabbricato della prima cancelleria fucecchiese, posta davanti al Palazzo Pretorio, risalga al 1400.
La facciata della Cancelleria presentava un grande affresco di S. Cristoforo protetto da una tettoia, una cunetta dov’era sistemata la Madonna della peste detta anche Madonna di Piazza e, al centro, in alto, una meridiana. Dietro la facciata si innalzava la torre dell’orologio pubblico.
In questo edificio si trovava l’Ufficio e l’abitazione del cancelliere (il segretario comunale) risalente al 10 novembre del 1647.
Entrando per la porta centrale si accedeva in un andito dove si aprivano due finestre. Questo andito-ingresso dava l’accesso sia all’Ufficio sia all’appartamento del cancelliere.
Poiché fin dal 1650 la torre dell’orologio pubblico ed il fabbricato della cancelleria minacciavano rovina vennero entrambi demoliti:
- la torre dell’orologio venne demolita nel 1684;
- la cancelleria e le case retrostanti vennero demolite a partire dalla fine del 1697 come prescritto dalla delibera comunale del 21/9/1697 che prevedeva anche la realizzazione di una piazza molto più grande di quella preesistente.
1699 - La seconda Cancelleria della Piazza (1699-1855)
La prima cancelleria dell’attuale piazza Vittorio Veneto, quella con la facciata rivolta verso il Palazzo Pretorio, venne demolita nel 1698 perché pericolante da qualche decennio e per ampliare la piazza decisamente piccola ed inadeguata al mercato settimanale istituito nel 1647.
Nel 1698 il Consiglio Comunale deliberò l’acquisto della casa a tre piani, quella che faceva angolo fra le attuali piazza Vittorio Veneto e via Mario Sbrilli, per ridurla a cancelleria o palazzo comunale.
Nel primo trimestre del 1699 si conclusero i lavori di demolizione per l’ampliamento della piazza e venne ultimata la costruzione della nuova cancelleria che occupava una buona metà dell’attuale fabbricato.
Sulla facciata della nuova cancelleria che guardava gli attuali palazzi del Pacini e del Cuggino non vi furono dipinti né il S. Cristoforo né la meridiana. Una delibera comunale, ritrovata nel 1892 dal sindaco Emilio Foggini, stabiliva che l’immagine di S. Cristoforo doveva trovarsi di fronte alle persone che entravano in Piazza risalendo da Borgo Valori. Per questa ragione, nella prima decade del 1700 l’immagine di S. Cristoforo venne fatta affrescare nello specchio del palazzo dove si può scorgere anche oggi.
La statua della Madonna della peste, anche per tener fede al titolo di Madonna di Piazza, venne inserita nella nicchia scavata sulla facciata della nuova cancelleria in corrispondenza della prima finestra a sinistra, al pianoterra, dell’attuale fabbricato che ospita da 5 anni il Liceo Scientifico.
In questo nuovo edificio gli uffici comunali e l’appartamento del cancelliere vi rimasero fino al 1855.
1699 - Compagnia del Corpus Domini
Di questa Compagnia sappiamo soltanto che venne soppressa il 12 settembre 1699 con un Motuproprio del granduca mediceo Cosimo III.
Sappiamo anche che i beni di questa compagnia venivano amministrati dall’OPA, il Consiglio di amministrazione di S. Salvatore.
1700? - Oratorio di S. Fabiano
Il sacerdote Giovan Battista Rosati e i suoi fratelli, di Fucecchio, avevano una possessione nelle Cerbaie di detto Comune nell’area della Cura di S. Gregorio alla Torre.
Il terreno dei fratelli Rosati era molto lontano sia dalla chiesa curata di Torre sia da quella di Massarella sia da quella di Cappiano.
I fratelli, allora, supplicarono il vescovo per ottenere licenza di fabbricare nella loro possessione un Oratorio sotto l’invocazione di S. Fabiano e di S. Sebastiano per consentire ai contadini di quella località sperduta di soddisfare i precetti della Chiesa.
La licenza fu accordata e l’Oratorio venne eretto per la gioia dei contadini che non di sentirono più abbandonati e per la pace dell’anima dei fratelli Rosati.
1700 - Processioni con rappresentanza comunale
Il Gonfaloniere e gli Anziani, quali rappresentanti del Comune, nel 1700, dovevano partecipare alle seguenti processioni:
1- processione dell’Immacolata Concezione;
2- processione dell’Epifania;
3- processione della Purificazione con benedizione delle candele;
4- processione della Domenica delle Palme;
5- processione del Corpus Domini;
6- processione di S. Candido;
7- processione di S Giuseppe istituita nel 1719.
1702 - Noleggio paramenti liturgici
Nel 1700 i frati neri di S. Salvatore noleggiavano sacre immagini e paramenti alle Compagnie più povere.
Per le Compagnie ricche come quelle di S. Giovanni Battista e della Madonna della Croce il problema non sussisteva perché disponevano di ricche dotazioni di paramenti e di forti somme di denaro.
I fucecchiesi, abituati a vedere nei frati dei servi di Dio ligi al dovere e distaccati dalle bramosie del denaro, non riuscivano a giustificare quella strana attività venale dei conventuali francescani.
Ripetutamente manifestarono il loro disappunto sia al Podestà Giuseppe Maria Salvetti che al cancelliere. Entrambi, però, fingevano di non sapere niente.
Alcuni fucecchiesi, allora, stufi di attendere qualche salutare provvedimento podestarile, scrissero una lettera informativa al granduca di Toscana Cosimo III. Irritatissimo, il granduca convocò a Firenze il vescovo di San Miniato, monsignor Cortigiani, e gli intimò di por fine ai mormorii della popolazione.
Il 2 agosto 1702 il vescovo di S. Miniato scrisse una lettera all’Operaio dell’OPA che amministrava i beni della chiesa di S. Salvatore. Il vescovo intimò all’Operaio e, per lui, ai frati neri di non noleggiare più paramenti alle Compagnie povere.
1703 - Padre Carlini Alberico frate-pittore (1703-1775)
Il pittore che ha affrescato le 24 lunette e i 40 medaglioni del chiostro del Convento La Vergine di Fucecchio era un frate francescano OFM e si chiamava padre Alberico Carlini da Vellano.
Padre Alberico Carlini era nato a Vellano di Pescia il 28 giugno 1703 ed era stato battezzato con il nome di Clemente.
A 15 anni entrò nel Convento dei frati minori osservanti di S. Romano.
Dopo essere stato ordinato sacerdote nel Convento fiorentino di Ognissanti (1725) frequentò a Firenze, per due anni, l’Accademia di Disegno diretta da Ottaviano Dandini. Poi si trasferì a Roma dove, per 3 anni, frequentò la Scuola di Pittura ed Affreschi diretta da Sebastiano Conca da Gaeta.
Nel 1730 ritornò a Firenze e da qui venne mandato nel Convento La Vergine di Fucecchio a dipingere due grandi tele da collocarsi sui dossali degli altari di S. Giuseppe e S. Francesco. Le due tele - Il transito di S. Giuseppe e S. Francesco riceve le stigmate - sono attualmente appese ad una parete di uno dei tanti corridoi del Convento di Fucecchio.
Dopo avere dipinto le due tele, su committenza di alcune famiglie benestanti di Fucecchio, affrescò 24 episodi della vita di S. Francesco nelle lunette del chiostro del convento La Vergine, i 40 medaglioni nelle vele delle volte del chiostro e le 14 stazioni della Via Crucis nelle cunette scavate nella facciata della chiesa e in un muro esterno del chiostro del Convento fucecchiese. Il Carlini rimase a lavorare nel convento di Fucecchio fino al 1738. Questa sua lunga permanenza gli permise di conoscere perfettamente S. Teofilo da Corte che era arrivato a Fucecchio nel 1736.
Nel 1744 padre Alberico Carlini venne richiamato nel Convento La Vergine di Fucecchio per una committenza speciale: doveva dipingere su tela padre Teofilo da Corte. Il Carlini dipinse in una grande tela Padre Teofilo da Corte assiste un moribondo. Anche questa tela è attualmente appesa alla parete di un corridoio del convento francescano di Fucecchio.
Dopo aver tanto dipinto a Fucecchio, padre Alberico Carlini lavorò nella chiesa di Ognissanti a Firenze, in quella di Pietrasanta e in quella del Convento francescano di Colleviti di Pescia dove si spense il 24 agosto 1775 all’età di 73 anni.
1705 - Compagnia o congrega di S. Antonio
La Congrega di S. Antonio da Padova nacque nel 1705.
Tale compagnia non aveva né cappa né capitali.
Fra il 1750 e il 1800, durante il priorato di Francesca Aleotti, la Congrega dotò l’altare di S. Antonio da Padova di queste suppellettili che venivano usate ogni anno il 13 giugno, festa del santo:
- una lampada d’argento
- una croce con piede d’argento
- un giglio d’argento
- un diadema d’argento con pietre
- un reliquiario con sfoglie d’argento
- un leggìo con guarnitura d’argento
- la mantellina e il palliotto dell’altare ricamati in oro
Queste suppellettili acquistate con le offerte dei fedeli del santo, essendo preziose, non venivano custodite in convento bensì in casa della famiglia Aleotti.
A partire dal 1807 le suppellettili vennero custodite dalla famiglia Lampaggi, erede dell’Aleotti.
Nel 1890-1891 i Lampaggi vennero a diverbio con il guardiano del convento padre Eraclio Ghelli e, per ritorsione, non usarono più le suppellettili per la festa del santo.
Nel 1922 corse voce che l’erede Lampaggi voleva vendere quelle suppellettili.
Il guardiano del convento padre Vincenzo Checchi, visto che la Congrega si era sciolta, chiese ed ottenne di incontrarsi con Nello Lampaggi.
Per un compenso di 400 lire il Lampaggi affidò in perpetuo la custodia delle suppellettili di S. Antonio da Padova ai frati del convento La Vergine di Fucecchio.
L’atto di affidamento venne rogato il 19 novembre 1922.
1706 - Biblioteca del Convento La Vergine
La stanza della biblioteca del convento francescano La Vergine venne realizzata nel 1706 nell’angolo della Loggia, sopra il chiostro, in corrispondenza della porta d’ingresso al chiostro medesimo.
Essa fu provvista di libri da padre Giovan Maria Maestrini Definitore Generale dell’Ordine Francescano. Fece pervenire alla Biblioteca La Vergine 6O opere per un totale di 109 volumi. Tra le opere più celebri:
- Somma Teologica di Scoto
- Cronache di Marco da Lisbona
- Annali di Wadding (8 volumi)
Dal 1736 al 1740, durante il guardianato di padre Teofilo da Corte, venne completata la raccolta degli Annali del Wadding.
Nel 1839 l’illustre e benestante fucecchiese, Filippo Landini, sindaco apostolico del Convento La Vergine,donò tutti i suoi libri alla biblioteca francescana che non era passata indenne dalle soppressioni e del granduca Leopoldo I (1790) e del Governo Napoleonico (1809).
Nel 1928 venne collocato al centro della stanza della biblioteca uno scaffale a doppia faccia dove vennero sistemati 800 volumi. Vennero acquistati molti libri e tra questi la Collana dei Santi.
I Novizi, pochi anni dopo, stilarono l’indice alfabetico di tutti i volumi giacenti in biblioteca che assommavano a tremila unità.
Il 7 gennaio 1996 l’ultimo padre francescano presente nel nostro Convento Francescano, padre Roberto Grazzini, è stato destinato a Cortona.
Ai frati francescani sono subentrati i Monaci Identes che per 20 anni godranno del diritto d’uso del convento e della chiesa La Vergine.
Nel medesimo mese di Gennaio sono stati trasportati nella sede provinciale francescana di Firenze sia i documenti dell’archivio che i volumi della biblioteca francescana.
1706 - Fiera annuale
La fiera è un mercato di vaste proporzioni, in sede ed in epoca determinate, dove si danno convegno venditori con le loro merci e compratori.
Fucecchio, dopo aver ottenuto con reiterate richieste la concessione del mercato settimanale nel 1647, chiese insistentemente anche il permesso di poter effettuare una fiera annuale.
Un rescritto granducale del 26 settembre 1706 accordò al comune di Fucecchio il permesso di fare una FIERA, per tre anni, nei giorni 31 ottobre, 1 e 2 novembre.
Il permesso fu prorogato per altri 5 anni con un altro rescritto del 23 marzo 1709.
Il 10 settembre 1782 fu deliberato che la FIERA annuale doveva esser fatta il martedì, mercoledì e giovedì dopo la prima domenica di novembre.
In seguito, ma prima del 1832, fu stabilito che la FIERA doveva aver luogo il martedì, mercoledì e giovedì successivi alla Commemorazione dei Defunti. Questa norma vige ancor oggi.
Dall’inizio di questo secolo XX la FIERA è “corredata” dal LUNA PARK che rappresenta la vera attrazione per piccoli e grandi.
Questa la destinazione dei tre giorni di FIERA:
- Il martedì si svolge la Fiera del Bestiame (animali da soma, da stalla e da cortile);
- Il mercoledì viene definito Fiera dei contadini;
- Il giovedì viene invece chiamato Fierone o Fiera dei paesani.
Fino agli anni ‘50 i bambini poveri ricevevano dai genitori un giocattolino soltanto il giorno del “Fierone”. Il ciuco natalizio, infatti, portava fichi secchi, arance, qualche cavalluccio e carbone: mai un giocattolo.
1711 - Bancarelle
Nei primi anni del 1700, tutte le volte che c’era una processione, la Piazza Vittorio Veneto ridotta alle attuali dimensioni proprio all’inizio di quel secolo, si riempiva di bancarelle.
I venditori, da dietro le loro bancarelle, cercavano di imbonire quanti si recavano alla processione.
Molte persone rimanevano scandalizzate dal comportamento imbonitorio dei bancarellisti; altre non giustificavano la presenza di bancarelle come quelle dei funai, dei caciaiuoli e dei merciai.
Proteste e lagnanze raggiunsero anche i detentori del potere, gli amministratori comunali.
Bisognava prendere qualche provvedimento per tacitare le continue proteste.
Nel 1711 il Comune impose ai funai, ai caciaiuoli ed ai merciai di spostare le loro bancarelle, in occasione delle processioni, nella Piazza di S. Rocco extra Muros, oggi Piazza Montanelli.
1712 - Compagnia dei Coronati Scalzi
Il 23 febbraio 1712 vennero approvate dal nostro vescovo monsignor Poggi le COSTITUZIONI della Confraternita dei Coronati Scalzi, istituita nell’Oratorio di S. Rocco extra Muros nel 1710 da 25 persone appartenenti alle principali famiglie del paese.
La Compagnia venne eretta perché fossero “esercitate privatamente con tutta la devozione possibile le discipline, le orazioni mentali, gli uffizi divini ed altri esercizi spirituali ad onore e gloria del Sommo Dio e salute delle anime nostre”.
Secondo le Costituzioni della Confraternita, la Compagnia non poteva accogliere più di 50 fratelli.
Gli aspiranti dovevano poi dimostrare di conoscere bene la dottrina cattolica
Il priore della Confraternita - che poteva essere anche un laico - veniva eletto ogni anno a febbraio.
La condotta del priore doveva essere esemplare. Egli doveva presiedere tutte le terze domeniche del mese una riunione dei fratelli che prevedeva:
- un discorso sulla Passione di Gesù;
- un quarto d’ora di orazione mentale;
- un discorso sulla disciplina;
- la recita dell’Uffizio della Beatissima Vergine Maria e di altri uffizi divini applicati sempre ai meriti di Dio.
I fratelli avevano l’obbligo di parlare a bassa voce e con umiltà.
Inoltre erano obbligati a prender parte alla processione del Venerdì Santo, vestiti con un sacco rosso, a piedi scalzi , con una corona di spine sulla testa reclinata a terra e con una croce sul petto legata ad un canapo intorno al collo.
Nel 1741 i fratelli eressero nella chiesa di S. Maria delle Vedute l’Altare della Passione di Gesù, quello con la pala raffigurante Gesù che porta la croce.
Nel 1750 costruirono, sul retro della medesima chiesa, una stanza che venne usata come sede, come spogliatoio e come ripostiglio delle cappe e delle corone.
Nel 1783, per sottrarsi ai provvedimenti granducali di soppressione delle compagnie, i coronati scalzi assunsero il titolo di confratelli della Compagnia di Carità e di Misericordia. Si obbligarono così alle opere di Carità e al trasporto delle salme con l’assistenza del parroco. A tale scopo gli ex coronati sostituirono le cappe rosse con quelle nere.
Nel 1791, quando al granduca Leopoldo I successe il Figlio Ferdinando III, molto meno laico del padre, la Compagnia riprese il proprio nome e la propria divisa.
A partire dal 1900 comincia il lento ma inesorabile declino della Confraternita che cessò di esistere subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.
1719 - Processione di S. Giuseppe
Il 2 dicembre 1719 il nostro granduca Cosimo III de’ Medici istituì la festività di S. Giuseppe da effettuarsi il 18 dicembre con PROCESSIONE e MESSA SOLENNE allo scopo di implorare la potentissima protezione del Santo sui felicissimi stati. Alla processione doveva partecipare anche la rappresentanza del Comune.
Di fronte a questa evenienza, l’8 dicembre 1719 il Generale Consiglio si riunì e prese queste decisioni:
1- i rappresentanti del Comune avrebbero preso parte all’annuale processione della festa di S. Giuseppe del 18 dicembre;
2- il Comune, in occasione di questa festività, avrebbe offerto 6 ceri di mezza libbra ciascuno all’altare del Santo nella chiesa La Vergine;
3- si fecero confezionare 4 LUCCHI (abiti da cerimonia) di stoffa nera di filaticcio e seta: uno per il Gonfaloniere, tre per gli Anziani e uno per il cancelliere.
Il nostro Gonfaloniere (sindaco), ligio agli ordini ricevuti, organizzò la processione e ne relazionò così l’esecuzione ai Signori Nove di Firenze:
Illustrissimi Signori,
in esecuzione dell’istimatissimi comandi di Sua Altezza Reale partecipatami coll’umanità di lor signorìe illustrissime in stampa del 2 dicembre stante, la mattina del 18 del medesimo seguì la solenne processione con Clero, Ecclesiastici e Compagnie di questa terra all’altere del glorioso S. Giuseppe che è nella chiesa dei padri francescani dell’osservanza di questa terra, dove fu cantata la Messa solenne in onore di detto santo, sempre con l’assistenza e l’intervento di questi Signori Anziani dai quali furono offerte libbre 3 di cera al medesimo altare, e ne fu fermata e stabilita la continuazione di detta devozione ogni anno in perpetuo, come si vede registrata da questi libri.
Il cancelliere Santini 20/12/1719
1722 - Giangastone dei Medici ultimo granduca mediceo
Quando il 31 ottobre 1722, all’età di 83 anni, morì il granduca Cosimo III de’ Medici, Fucecchio si mise a lutto.
Sette giorni dopo il decesso, Giangastone, il successore, andò, secondo il costume, a visitare in duomo il SS Sacramento, ma in compagnia di certi cortigiani suoi amanti. La presenza di quei cortigiani dissacrò vergognosamente il gesto rituale prescritto dal protocollo di corte.
Con quel gesto, Gian Gastone, ultimo granduca mediceo, inaugurò una politica di..anticonformismo. Ne seppero qualcosa anche i fucecchiesi.
Infatti, sette giorni dopo quella sua visita dissacratoria al SS Sacramento, Gian Gastone ingiunse ai nobili di Fucecchio di vestire alla francese . Perché?
Perché anche i nobili fucecchiesi lo odiavano e lui intendeva punirli con quel provvedimento.
L’ultimo granduca mediceo, inoltre, non corrispose più la pensione né alle persone che si convertivano al Cristianesimo né a quei preti e a quei frati che facevano le spie a Corte.
Come ultimo atto anticonformista, quello che mandò in collera preti e frati fucecchiesi, ci fu il rifiuto di Gian Gastone a frequentare le feste religiose.
Un’epoca stava per finire.
Gian Gastone, morto nel 1737, anticipò alcuni segni dell’epoca lorenese che si aprì dopo la sua morte.
1730 - Traslazione della Madonna delle Vedute
La chiesa di piazza Montanelli è intitolata a S. Maria delle Vedute perché l’immagine della Madonna che vi si venera proviene dalle Vedute, una località fucecchiese posta tra Ponte a Cappiano e il Galleno.
A seguito di alcune vicende, l’immagine affrescata della Madonna venne traslata in pompa magna dall’Oratorio delle Vedute in quello di S. Rocco extra muros di Fucecchio il 18 maggio 1730, solennità dell’Ascensione di Nostro Signor Gesù Cristo.
La sacra immagine, attaccata ad una porzione di muro ritagliato dall’Oratorio, fu portata a Fucecchio per mezzo di una barella a padiglione. Non si sa se venne portata a spalla. La tradizione popolare ha tramandato che la barella con l’immagine della Madonna fu trasportata da un paio di buoi bianchissimi.
Alla imponente processione che partì dalle Vedute presero parte il clero secolare e regolare, tutte le Compagnie religiose della terra di Fucecchio, il vescovo Monsignor Andrea Cattani, il Gonfaloniere, il Cancelliere, gli Anziani del Comune e una grandissima moltitudine di popolo con torce e lumi.
“Per dare un’idea della fervorosa devozione con la quale la Madonna fu traslata, è da sapersi che la larga via delle Calle non era capace di contenere il popolo che vi era accorso da tutti i paesi limitrofi. I campi a fianco della strada furono guastati interamente come se vi fosse passato un grosso esercito. Il vescovo nel veder tutta questa gente non poté trattenere le lacrime”.
Pioveva.
Giunti dinanzi all’Oratorio di S. Rocco, i buoi si fermarono. Ebbe così inizio il rito del collocamento della sacra immagine nell’Oratorio di S. Rocco che da allora assunse il nome di Santuario della Madonna delle Vedute.
1730 - Opera (consiglio di amministrazione) di S. Maria delle Vedute
Il 4 maggio 1730, quattordici giorni prima della traslazione della Madonna delle Vedute nell’Oratorio di S. Rocco extra muros, il Gonfaloniere e gli Anziani del Comune istituirono l’Opera di S. Maria delle Vedute. Essa era costituita da DUE OPERAI a vita.
Questi i loro obblighi:
- dovevano amministrare gratuitamente gli interessi dell’IMMAGINE di Maria delle Cerbaie;
- dovevano “tener conto” di tutte le elemosine che sarebbero state offerte dai fedeli con l’obbligo di “renderne conto” al Cancelliere (segretario comunale) del Comune e di registrarle in un libro a parte.
Oltre agli obblighi, il Gonfaloniere e gli Anziani assegnarono all’Opera delle funzioni specifiche.
Queste le funzioni:
- migliorare il fabbricato dell’Oratorio di S. Rocco extra muros (nel volgere di un secolo l’Oratorio diventò una chiesa a tre navate);
- favorire il culto della Madonna (che culminò nella solenne festa della sua Incoronazione) avvenuta il 20/05/1830).
La storia dell’Opera di S. Maria delle Vedute fa registrare alcuni cambiamenti di rilievo:
- Nell’aprile del 1784 il Comune impose all’Opera un Regolamento ben preciso.
- Il 27 maggio 1786 vennero riunite l’Opera delle Vedute e quella di S. Candido.
- Il 28 maggio 1789 venne riunito il camarlingato delle due Opere unificate nella persona del camarlingo del Comune.
- Il 3 dicembre 1807 le due Opere, quella delle Vedute e quella di S. Candido, vennero nuovamente separate.
- Il 5 dicembre 1831 e il 13 novembre 1835 il Comune stilò due nuovi Regolamenti per l’Opera delle Vedute.
1736 - Spagnoli a Fucecchio
Nel 1735 riscoppiò la guerra tra Francia e Spagna. Gli spagnoli di stanza nell’Italia Meridionale dilagarono per tutta la Toscana prima di raggiungere la Lombardia. Giangastone, l’ultimo granduca mediceo della Toscana, si comportò in maniera scopertamente accondiscendente dato che non poteva opporsi militarmente agli spagnoli. E gli spagnoli si comportarono come padroni. Ne seppero qualcosa anche i fucecchiesi.
Nel 1736 il duca spagnolo di Montemar fece acquartierare nei comuni di Fucecchio, Santa Croce e Castelfranco 2 battaglioni di fanteria. Ordinò che venissero preparati 500 sacconi, 500 coperte, 500 materassi. Inoltre pretese i letti per tutti i sergenti e per tutti gli ufficiali e le stalle per i cavalli.
Un episodio curioso accadde nella casa di Giuseppe Ferrini dove per due mesi alloggiarono gratuitamente due soldati spagnoli. Quando se ne andarono, il Ferrini scese in cantina dove aveva installato una raffineria di acquavite che, all’arrivo dei due ospiti, aveva sapientemente camuffato. Con suo grande stupore scoprì che i fiaschi di acquavite sepolti nelle coperte e nelle balle erano stati tutti quanti vuotati.
Le truppe spagnole di passaggio devastarono le campagne, fecero consumare ai loro cavalli tutte le erbe da fieno, tagliarono legna da ardere e quando non ne trovavano abbattevano pure gli ulivi. Nessun divieto le fermava. Ci oltraggiavano, in barba ad ogni diniego, ridendoci in faccia.
1736 - Teofilo da Corte frate OFM (Ordine Francescani Minori)
E’ l’unico santo fucecchiese, anche se adottivo. Eppure nel 1736, quando giunse a Fucecchio per istituirvi un Ritiro, i fucecchiesi, istigati dai preti e dai medesimi frati del Convento La Vergine, ci adoperammo in mille maniere per mandarlo via: lo minacciammo, l’offendemmo, lo prendemmo a sassate e lo additammo al pubblico ludibrio. Imperterrito e animato da una Fede a prova di bomba, padre Teofilo rimase fra noi, si fece fucecchiese, si guadagnò la stima e l’affetto di tutti.
Figlio unico di Giovanni Antonio de’ Signori e di Maria Maddalena Aringhi, nacque a Corte, in Corsica, il 30 ottobre 1676 e fu battezzato col nome di Biagio. Egli trascorse la sua fanciullezza e la sua adolescenza fra casa, scuola e chiesa.
A 17 anni entrò nel Convento dei padri Cappuccini. Un mese dopo, e precisamente 21 settembre 1693 lasciò il Convento dei cappuccini ed entrò in quello degli Osservanti.
Pronunciò i voti il 22 settembre 1696 e prese il nome di Teofilo.
Nel 1696 fu mandato a Roma a studiare Filosofia e poi a Napoli dove studiò Teologia.
Il 30 novembre 1700 venne ordinato sacerdote nel convento di S. Maria la Nova a Napoli. Nel 1701 ricevette la patente di lettore.
Allo scopo di potersi ben preparare al concorso per l’insegnamento a cui era destinato, nella prima metà del 1702 padre Teofilo volle ritirarsi nel solitario cenobio di S. Francesco presso Civitella S. Sisto (Bellegra) dove conobbe il beato Tommaso da Cori. Quell’incontro indusse padre Teofilo a rinunciare all’insegnamento.
Nel 1709 venne mandato nel Ritiro di Palombara dove ricoprì la carica di guardiano.
Nel 1715 ritornò a Civitella dove rimase 12 anni.
Nel 1730 venne mandato ad istituire un Ritiro a Zuani in Corsica.
Nel 1734 fu richiamato a Roma e fu poi mandato di nuovo a Civitella.
Nel 1736 venne mandato nel convento OFM di Fucecchio per fondarvi un Ritiro. E a Fucecchio morì quattro anni dopo, in odore di santità, il 19 maggio 1740, all’età di 64 anni.
Le numerose e prodigiose guarigioni verificatesi sopra la tomba di padre Teofilo indussero il clero fucecchiese ad iniziare l’itinerario per la santificazione del frate corso.
Padre Teofilo venne dichiarato VENERABILE da papa Benedetto XIV il 21 novembre 1755.
Il nostro frate fu dichiarato BEATO da Leone XIII il 19 gennaio 1896 a seguito dei due miracoli illustrati dalle maxitele appese alle pareti del presbiterio della chiesa La Vergine:
- la guarigione istantanea di Francesco Tognetti affetto da paraplegia alle gambe (1860);
- la guarigione istantanea della piccola Giuseppina Aleati sofferente di coxalgia (1877).
Il nostro beato fu proclamato SANTO il 29 giugno 1930 da papa Pio XI dopo il riconoscimento di altri due miracoli:
- la guarigione istantanea di suor Teresa Ulivelli, del nostro monastero di S. Salvatore, affetta da cistoadenoma. La mattina dell’8 settembre 1924, a conclusione di una novena, il tumore era letteralmente scomparso.
- la guarigione altrettanto istantanea (12/8/1926) di suor Matilde Pollacchi delle Visitandine di Massa e Cozzile, della diocesi di Pescia, affetta da fibroma multiplo al lato destro dell’addome.
Le sue spoglie si trovano nella chiesa La Vergine.
1736 - Processione del Corpus Domini
La processione del Corpus Domini, almeno a Fucecchio, è stata sempre la più bella di tutte le altre che si svolgono nel corso dell’anno.
Essa, nel 1700, era organizzata secondo regole precise dai FESTAIOLI.
Anche allora l’Amministrazione Comunale vi prendeva parte con una rappresentanza vestita in pompa magna e preceduta dal gonfalone che doveva essere portato da un secolare in cappa rossa. Il gonfalone veniva custodito nella chiesa di S. Salvatore officiata dai frati conventuali ( i frati neri).
Siccome la processione era preceduta dalla S. Messa celebrata dal pievano nell’attuale Collegiata, i frati neri vi si recavano processionalmente partendo dalla loro chiesa e preceduti dal portatore del gonfalone.
Nel 1736 la festa del Corpus Domini cadeva il 31 maggio.
Alla processione, come di consuetudine, prendevano parte i 10 sacerdoti della Congregazione del SS. Nome di Gesù, il clero secolare, i frati di S. Salvatore, i frati del convento La Vergine e tutte le compagnie laicali.
Quel giorno tutti i fucecchiesi scesero nelle vie non solo per godersi lo spettacolo della processione ma soprattutto per veder un frate, padre Teofilo da Corte, mandato nel nostro convento La Vergine per istituirvi un Ritiro, un modo di vivere francescano regolato da norme molto più severe di quelle allora vigenti in convento.
L’aspettativa dei fucecchiesi andò, purtroppo, delusa: padre Teofilo non era in processione: era assente.
Aveva volutamente disertato la processione dato che il popolo, sobbillato dai preti e dai frati del convento La Vergine, aveva più volte manifestato scopertamente il desiderio di mandarlo via?
- Chi crede di essere? - commentavano i fucecchiesi - Ma perché è venuto a dettar legge nel nostro convento?
Le Autorità pretesero una spiegazione dai frati minori di piazza La Vergine.
- Quando stavamo per uscire per venire alla processione, - spiegò il guardiano - abbiamo preso di forza padre Teofilo e lo abbiamo rinchiuso a chiave in sagrestia. Temevamo per la sua incolumità. I fucecchiesi, come voi ben sapete, sono soliti gettar tanti fiori al passaggio della processione. Qualcuno avrebbe potuto benissimo lanciare sassi contro padre Teofilo, dato che non riscuote la simpatia di nessuno. Per non rischiare, abbiamo preferito rinchiuderlo in sagrestia.
La spiegazione fu convincente e anche la processione del Corpus Domini del 1736 si chiuse senza strascichi polemici.
1736 - Ritiro nel Convento OFM La Vergine di Fucecchio
Il Ritiro è una forma di vita conventuale che cerca di attenersi rigidamente e scrupolosamente alla primitiva Regola francescana. E in ogni Provincia Francescana, anche nel 1700, veniva sempre istituito almeno un Ritiro.
Nel 1736 il Definitorio della Provincia Francescana, con il consenso del granduca Gian Gastone de’ Medici, istituì un Ritiro nel Convento La Vergine di Fucecchio. Tutta la comunità dei frati del Convento La Vergine non se la sentì di adeguarsi alle Ordinazioni (Regola) del Ritiro e se ne andò via da Fucecchio. I nuovi frati che scelsero liberamente di vivere secondo le norme delle Ordinazioni del Ritiro e che giunsero anche da “fuori” ebbero come guardiano padre Teofilo da Corte, morto quattro anni dopo in odore di santità.
La nuova comunità francescana del Ritiro La Vergine dovette adottare le Ordinazioni ( Regole) della Provincia Romana (vedi ORDINAZIONI) e dovette fronteggiare per qualche mese le ostilità sia del clero che delle autorità civili locali. Di fronte alle evidenti integrità e santità della nuova famiglia francescana le ostilità non ebbero più ragione di essere.
Le 12 Ordinazioni che regolavano attimo per attimo la vita dei frati del Convento La Vergine restarono in vigore fino al 1789.
Dal 1789 al 1905 le 12 Ordinazioni vennero sostituite dalle Costituzioni formate da 17 Capitoli.
Il 21 febbraio 1905 vennero promulgati per tutti i Ritiri gli Statuti che presero il posto delle Costituzioni. Con l’introduzione degli Statuti, formati da 11 rubriche, “ scomparvero tante belle costumanze che provocavano la pratica delle virtù”.
1736 - Noviziato presso il Convento La Vergine di Fucecchio
Il Noviziato è il fabbricato che ospita i NOVIZI, cioè coloro che desiderano professare i voti specifici dell’Ordine da essi scelto. In questo fabbricato, il Noviziato, gli aspiranti si sottopongono, sotto la guida un maestro spirituale, ad un periodo di prova prima di professare i voti. Il periodo di prova può durare da uno a due anni.
Nel 1736, in concomitanza con la fondazione del Ritiro, venne istituito anche a Fucecchio presso il Convento La Vergine un Noviziato.
Dal 1736 al 1810 (l’anno della soppressione francese) il nostro Noviziato accolse novizi chierici, cioè aspiranti al sacerdozio.
Dal 1826 al 1904 il nostro Noviziato accolse chierici di primo Noviziato.
Nel 1904 i chierici di 1° Noviziato vennero trasferiti nel Noviziato del Convento del Calvario nei pressi di Pistoia.
A partire dal 1904 il nostro Noviziato accolse soltanto aspiranti laici; cioè novizi che dopo la professione dei voti non intendevano farsi sacerdoti.
Negli anni ‘50 il Noviziato di Fucecchio venne chiuso per mancanza di novizi.