capitolo13-1 - STORIA di FUCECCHIO FATTI, PERSONAGGI ED EVENTI - di Mario Catastini a cura di Giacomo Pierozzi

Vai ai contenuti

Menu principale:

CAPITOLI
XIII  (parte 1-3)

FUCECCHIO COMUNE DEL GRANDUCATO MEDICEO DI TOSCANA
1569 - 1737


Questi furono i granduchi medicei che fecero il bello ed il cattivo tempo anche nel nostro Comune:

- Cosimo I il Grande 1569-1574
- Francesco I 1574-1587
- Ferdinando I 1587-1609
- Cosimo II 1609-1621
- Ferdinando II 1621-1670
- Cosimo III 1670-1723
- Gian Gastone 1723-1737

Durante questo bisecolare periodo di granducato mediceo vennero istituiti a Fucecchio il Mercato Settimanale nel 1647; il Monte di Pietà nel 1665; la Fiera annuale nel 1706.
Si verificò inoltre un’inverosimile proliferazione di luoghi pii, di compagnie, di comunità religiose:
- Chiesa e convento La Vergine 1631
- Chiesa e monastero di S. Caterina 1639
- Chiesa S. Maria delle Vedute 1730

- Confraternita della Misericordia 1606
- Congrega di S. Giuseppe 1636
- Compagnia di S. Candido 1665
- Compagnia di S. Antonio da Padova 1705

- Frati francescani zoccolanti OFM 1619
- Monache di S. Caterina 1638
- Monache oblate di S. Romualdo 1684

- Arrivo delle spoglie di S. Candida 1665
- Traslazione Madonna delle Vedute 1730
- Arrivo di S. Teofilo da Corte 1736

Le traiettorie della politica granducale medicea furono tracciate soprattutto da Cosimo I e seguite soprattutto da Ferdinando I.
In politica interna venne promossa la riorganizzazione dello Stato, la creazione e di un esercito regionale per la sicurezza interna e dell’Ordine dei Cavalieri di S. Stefano per la difesa delle coste contro i pirati; vennero favorite in ogni modo l’agricoltura, l’industria e il commercio; e constata l’insufficienza del porto di Pisa venne realizzato il porto di Livorno.
Nella politica estera, portato a compimento il progetto di inglobare anche la Repubblica di Siena, il granducato rimase inizialmente fedele all’alleanza con la Spagna; in seguito, specialmente con Ferdinando I, il granducato cercò di svincolarsi dalla Spagna e di accostarsi alla Francia.

1569 - I Fucecchiesi onorarono così Cosimo I dei Medici primo granduca di Toscana

Nel 1569 papa Pio V incoronò Granduca di Toscana il duca Cosimo I dei Medici (1519-1574).
Il duca Cosimo I dei Medici non aveva mai riscosso la simpatia dei fucecchiesi, nemmeno nel 1549, quando ridusse definitivamente il Padule a Lago di Fucecchio.
Il nostro duca per finanziare la sua guerra contro Siena e i di lei alleati ci aveva imposto delle tasse veramente esose. Nel corso poi della guerra contro Siena, conclusasi vittoriosamente soltanto nel 1554, sia la Valdinievole che le nostre Cerbaie erano state letteralmente devastate.
Ma i fucecchiesi hanno memoria corta e sono inoltre dotati di una buona dose di servilismo. Subito dopo l’incoronazione di Cosimo I l’Opera del Comune di Fucecchio e la nostra Compagnia di S. Giovanni Battista nell’intento di storicizzare questo evento presero alcune iniziative.
Sia l’Opa che la Compagnia commissionarono al pittore Pagolo Cenni delle miniature sui libri dei loro rendiconti.
L’Opa fece miniare sul suo registro un S. Salvatore con sotto lo stemma o arme del granduca.
La Compagnia di S. Giovanni Battista fece miniare sul suo registro un S. Giovanni Battista con sotto lo stemma del granduca.
I confratelli della Compagnia commissionarono a Pagolo Cenni anche due pitture murali con figure a grandezza naturale:
- una Madonna con due santi e un S. Giovanni Battista sopra la porta della loro chiesa intitolata a S. Donnino;
- una Pietà con un’Annunziata e un angelo lungo il muro della medesima chiesa.

Le due opere sono andate perdute.

Usanze della Compagnia della Madonna della Croce al tempo del Granducato

1- Le stiacciate del Giovedì Santo
Da una delibera del 26 aprile 1565 apprendiamo che ogni anno, in occasione del Giovedì Santo, la Compagnia faceva le stiacciate per tutti i confratelli che erano alcune centinaia. Infatti, ogni anno i dirigenti della Compagnia deliberavano l’ammontare della somma da spendere per commissionare ad un paio di fornai le numerosissime stiacciate da confezionare.
Questa usanza non è andata completamente perduta. Ancor oggi, per benedizione - come si suol dire - in occasione del Giovedì Santo moltissimi fedeli acquistano e consumano una pagnottella di pan di ramerino.

2- La vendita dei moccoli
Nel 1700 molti “miserabili” fucecchiesi aspettavano il giorno di Pasqua per fare incetta, a buon mercato, di MOCCOLI cioè di mozziconi di candele.
Nella chiesa di S. Donnino e in quella della Madonna della Croce i resti delle candele degli altari non venivano mai gettati. I confratelli delle rispettive compagnie, quella di S. Giovanni e quella della Madonna della Croce, li mettevano da parte (i moccoli) e li rivendevano a prezzi molto bassi il giorno di PASQUA. La vendita si svolgeva al mattino e alla sera, durante la recita dell’Ufficio dei morti.
Mentre i miserabili cercavano di comprarne tanti per illuminare alla meglio le loro stamberghe, i Confratelli delle due Compagnie si facevano una concorrenza spietata. Dimentichi della Pasqua e dell’Ufficio dei morti, i confratelli delle due Compagnie si bisticciavano, si insultavano e non disdegnavano di minacciarsi.
I fedeli fecero le loro rimostranze al Magistrato dei Nove di Firenze.
Il Magistrato dei Nove, si era nel 1762, ordinò al nostro Podestà di proibire ad entrambe le Compagnie la vendita dei moccoli.
Negli anni successivi al 1762 si consolidò un’altra usanza: la mattina di Pasqua i moccoli venivano divisi in parti eguali tra i fratelli delle due Compagnie i quali avevano l’obbligo di fare la pace e di fare la Comunione di fronte a tutti nella chiesa parrocchiale.

1571 - Pitture per la chiesa di S. Donnino

La Compagnia di S. Giovanni Battista aveva la sede, l’ospedale e la chiesa, di S. Donnino, nel fabbricato dell’attuale canonica della Collegiata.
Nel 1571 i dirigenti della Compagnia commissionarono al pittore Pagolo Cenni tre pitture a grandezza naturale:
- una Pietà e d una Annunziata da dipingersi sopra la porta della loro chiesa;
- un Angelo lungo il muro esterno della chiesa medesima.
Del pittore Pagolo Cenni ci sono rimaste soltanto le miniature raffiguranti S. Giovanni Battista e l’Arma ducale (stemma) dei Medici. Queste miniature si trovano nel libro dei Partiti della Compagnia di S. Giovanni Battista a pagina 10.

1575 - Giubileo

Con la parola Giubileo o Anno Santo si indica l’annata in cui viene concessa l’indulgenza plenaria a tutti coloro che si recano in pellegrinaggio a Roma. L’indulgenza plenaria è paragonabile all’acquisto di un biglietto di ingresso al Paradiso.
Fin dall’inizio del 1575, Anno Santo, i confratelli della Compagnia di S. Giovanni Battista mettevano sempre all’ordine del giorno delle loro riunioni il pellegrinaggio a Roma per poter lucrare l’indulgenza plenaria.
Moltissimi erano i confratelli che volevano andare a Roma, ma quasi nessuno poteva andarci perché ci volevano troppi soldi e tutti erano dei poveri in canna.
Il viaggio, a piedi, era lungo. Le spese per il vitto e l’alloggio potevano essere ridotte al minimo per chi si contentava di mangiare un pezzo di pane con un po’ di companatico (insaccati, olive,agli, cipolle) e per chi sceglieva di dormire all’addiaccio. Ma se un pellegrino si ammalava per strada e non aveva i soldi per farsi curare rischiava di non ritornare più a Fucecchio né vivo né morto. Occorreva per ognuno una dotazione di almeno 25 scudi. Con questa somma ogni confratello avrebbe potuto far fronte ad ogni evenienza. La Compagnia di S. Giovanni Battista era molto ricca e avrebbe potuto anticipare i 25 scudi ad ogni confratello che avesse desiderato portarsi a Roma per lucrare l’indulgenza plenaria. La richiesta venne avanzata al Consiglio di Amministrazione della Compagnia.
Gli amministratori osservarono che le norme statutarie non consentivano di stornare dai bilanci, somme destinate a simili usi.
Per poterlo fare occorreva il nulla-osta dei Nove di Firenze.
Il nulla-osta venne richiesto e i Nove di Firenze lo concessero.
E fu così che molti confratelli, con 25 scudi in saccoccia, poterono andare in pellegrinaggio a Roma a lucrarsi l’indulgenza plenaria.

1575 - Visita pastorale: seconda a Massarella

Il 12 ottobre 1575 don Pasquale Cecconi, pievano di Lamporecchio, e padre Ettore, rettore della chiesa di S. Giorgio a Porciano, effettuarono una visita pastorale nella pieve di Massarella, su incarico del nuovo vescovo di Pistoia Monsignor Lodovico Antinori.
Gli scopi della visita pastorale furono molteplici:
- controllare lo stato del fabbricato della chiesa e degli arredi e dei paramenti;
- rendersi conto dell’assistenza religiosa praticata dal pievano o dal sostituto;
- verificare l’osservanza delle nuove disposizioni emanate a conclusione del Concilio di Trento (1545-1563).
Il titolare della pieve di Massarella era don Raffaele de’ Buonarroti da Borgo S. Lorenzo. Don Raffaele risiedeva a Firenze e per questa ragione aveva affidato tutte le incombenze del culto al solito prete fucecchiese don Alessandro quale cappellano della pieve di Massarella. Nemmeno il cappellano risiedeva a Massarella.
Questo fu l’esito della ricognizione sul fabbricato della chiesa:
- il coperchio di legno del Fonte Battesimale era indecente come così pure la tovaglia che era tutta rattoppata;
- l’unico altare era troppo piccolo per la celebrazione delle funzioni religiose ed aveva in dotazione soltanto quattro tovaglie tutte lise;
- il rosone della facciata, senza infisso, permetteva al vento di spegnere le candele.
Il visitatore don Pasquale Cecconi ORDINO’:
- di chiudere il rosone con una finestra;
- di costruire la sagrestia;
- di realizzare un armadio a muro per custodirvi l’olio santo;
- di recintare il cimitero che era davanti alla porta della chiesa;
- di abbattere l’ovile contiguo alla chiesa;
- di fornire la pieve di una pianeta di seta bianca per la festa di S. Maria e di una pianeta foderata di nero per i funerali.
Furono ascoltati anche 4 parrocchiani. Questi attestarono che la Messa veniva celebrata ogni domenica, ma che molti parrocchiani erano morti senza sacramenti perché il curato era assente ed abitava troppo lontano.
I due delegati del vescovo di Pistoia verificarono anche se erano state osservate le disposizioni del Concilio di Trento relativamente alla celebrazione della Messa, alla confessione e al matrimonio.
A proposito della Messa, i padri conciliari (quelli del Concilio di Trento) avevano imposto l’uso di un Messale nuovo ed eguale per tutti allo scopo di evitare l’anarchia liturgica. Nella pieve di Massarella c’era ancora un Messale vecchissimo. I due visitatori ordinarono al pievano di procurarsi il Messale nuovo entro dieci giorni.
Il pievano doveva far costruire anche un confessionale con grata in sostituzione della semplice sedia con inginocchiatoio.
In materia di Matrimonio il Concilio ne aveva sancita la sacramentalità ed aveva stabilito che alla celebrazione del sacramento dovevano presenziare il parroco e due testimoni.
Venne pure accertato che il cappellano compilava regolarmente il registro dei nati e quello dei matrimoni.
Il 22 ottobre 1575 venne ingiunto al pievano don Raffaele de’ Buonarroti di risiedere a Massarella. Non avendo ottemperato all’obbligo della residenza, don Raffaele venne privato della pieve di Massarella che venne affidata a don Giovanni Bartoli da Fucecchio.

1582 - Visita apostolica nella pieve di Massarella

La visita apostolica è diversissima da quella pastorale.
La VISITA PASTORALE serve per verificare lo stato di alcune parrocchie e viene stabilita dal vescovo della diocesi che generalmente la effettua in prima persona e qualche volta tramite uno o due Vicari.
La VISITA APOSTOLICA viene ordinata dal pontefice per verificare lo stato di una diocesi affidandone l’incarico al vescovo di un’altra diocesi cui spetta il compito sia di visitare tutte le parrocchie della diocesi sia di trasmettere al pontefice i verbali delle singole visite.
Nell’autunno del 1582 papa Gregorio XIII incaricò il vescovo di Sarsina, monsignor Angelo Peruzzi, di effettuare la visita apostolica della diocesi di Pistoia.
Mons. Angelo Peruzzi cominciò il suo giro dalla parrocchia di S. Baronto l’11 novembre 1582. E, sempre nel mese di novembre, venne a visitare anche la pieve di Massarella.
Il pievano fucecchiese don Angiolo Bartoli, contravvenendo all’ordinanza vescovile del 1576, non risiedeva ancora a Massarella. Questa inadempienza indusse il visitatore apostolico a dichiarare illegittime tutte le rendite percepite dal 1576 al 1582.
Constatato che la pieve di Massarella non disponeva di una canonica, ordinò al pievano di ridurre a canonica la casa colonica del contadino contigua alla chiesa. Per consentire al pievano di coprire le spese per la realizzazione della canonica e per la costruzione di una nuova casa colonica per il contadino della pieve, il monsignore garantì la sanatoria delle rendite degli anni passati e di quelle future, per tutto il tempo necessario a portare a termine i lavori.
Mons. Peruzzi aggiunse altre 3 prescrizioni:
1- Don Giovanni Bartoli, pievano di Massarella, doveva cominciare a risiedere in parrocchia entro la festività di Natale.
2- Il pievano doveva acquistare subito un Messale nuovo e due pianete.
3- Doveva, il pievano, provvedere al restauro dell’icona posta sopra l’altare.

1549 - Compagnia di S. Rocchino o dei pomposi (1549-1783)

Era la Compagnia dei ricchi che faceva capo all’Oratorio di S. Rocchino.
I confratelli indossavano una cappa verde.
Il numero degli affiliati non superò mai il centinaio nei suoi due secoli di vita.

1595 - Oratori extra muros

Al di fuori della cinta muraria, che ormai nel 1590 non esisteva più essendo stata demolita per ricavarne mattoni, c’erano questi tre Oratori o chiesine, essi pure caduti in disuso da una quarantina d’anni:
- l’Oratorio della Vergine Maria della Ferruzza
- l’Oratorio della Vergine delle 5 Vie (in piazza La Vergine)
- l’Oratorio dei SS Rocco e Sebastiano (chiesa S. Maria delle Vedute)

Proprietario di questi tre Oratori era il Comune di Fucecchio. I tre Oratori erano caduti in disuso perché nessun prete voleva officiarli. E i preti non volevano andarci a celebrare le Messe ed altri servizi religiosi perché nessuno era disposto a pagarli.
Il 1° aprile 1595 il nostro Comune, pressato dalle richieste di tanti contadini e di numerosi paesani, affrontò il problema dell’officiatura dei tre Oratori. Occorreva trovare dei fondi per pagare un sacerdote disposto ad officiarli tutti e tre. In quella riunione del 1° aprile i nostri Consiglieri deliberarono di assegnare 200 staiora (misura) di terre sode in beneficio al prete che avesse officiato i tre Oratori. La delibera venne approvata anche da S.A.R (sua altezza reale) il granduca Ferdinando I.
Le 200 staiora di terre sode nelle Cerbaie, di proprietà comunale, appetirono molti sacerdoti. Il primo sacerdote eletto all’officiatura dei tre Oratori fu padre Iacopo di Gherardo Gherardi (1595-1613)
Gli altri sacerdoti furono:
- padre Nicola Capponi (1613-1622)
- don Cristiano Baroni (1622-1541)
- padre Dionisio Lotti (1641-1651)
- padre Piero Martini (1651-1687)
- don Perugini (1687-1710)

A partire dal 1606 l’ex Oratorio della Vergine delle 5 Vie venne assegnato alla Compagnia della Misericordia che provvide in proprio all’officiatura del medesimo.
Alla morte del secondo cappellano, padre Nicola Capponi, gli oratori della Ferruzza e di S. Rocco vennero divisi. L’elenco riporta i nomi dei cappellani che officiarono l’Oratorio di S. Rocco.

1595 - Oratorio della Ferruzza

L’affresco quattrocentesco sulla parete dell’unico altare rende credibile l’ipotesi che l’Oratorio sia stato eretto nel corso del 1400.
La prima delibera che lo menziona è quella del 1595 che affrontò il problema dell’officiatura dei tre Oratori posti al di fuori della cinta muraria.
L’Oratorio della Vergine della Ferruzza apparteneva al Comune che, a partire dal 1595, lo rifece officiare ad una cappellano pagato in natura.
Nel 1773, dopo la morte del cappellano officiante, don Benvenuti, il famoso canonico don Giulio Taviani esperì tutte le procedure per istituire la PARROCCHIA della Vergine della Ferruzza. La richiesta venne bocciata dalla Curia vescovile di S. Miniato, dal Granduca di Firenze e dal Consiglio Generale del nostro Comune.
Nel 1990 la Contrada Ferruzza ha dotato la chiesa di leggìo, di ambone e di un altare in pietra disegnato da don Lindro Borgherini e realizzato dal marmista locale Del Bubba.
Nel 1995 il parrocchiano Livio Conti, nato a Genova il 17 maggio 1934 e residente a Fucecchio dal 1972, ha dotato l’Oratorio di 14 quadretti rappresentanti le stazioni della Via Crucis. I quadretti sono stati realizzati dallo stesso Livio Conti. Sono tridimensionali, bicolori e pirografati.
Nella chiesa, officiata dal cappellano della Collegiata, vengono celebrate una Messa nei giorni festivi, le funzioni notturne del Maggio, qualche matrimonio, alcuni funerali e la festa dell’Assunta con processione la prima domenica di settembre.
Il tetto dell’Oratorio è sorretto da 3 capriate.
Esso prende luce da un rosone posto al centro del frontoncino della facciata, da un finestrone a sesto acuto che si trova sulla parete sinistra, da un lampadario in ferro battuto al centro della navata, da sei candelieri in ferro battuto con due lampadine e da 4 faretti disposti nel transetto.
La parete destra presenta un confessionale, la porticina che immette nella Sagrestia ed una finestra (nel transetto) che guarda in sagrestia.
Sulla parete di fondo, addossata al muro, c’è un’acquasantiera di marmo, semisferica.
Nella navata ci sono due file di sette panche a quattro posti.
Sul lato destro del presbiterio, sopraelevato di un gradino, ci sono due armonium.
La sagrestia è dotata di un bancone, di due armadi e di un tavolo.

1596 - Ferruzzina

All’incrocio della Ferruzza, durante questo cinquantennio, prima della installazione dei semafori, sono avvenuti molti incidenti stradali prodotti dallo scontro di veicoli a motore.
Nel lontano 1596 all’incrocio della Ferruzza si verificavano continuamente dei fattacci a carico dei passanti: stupri, furti, giochi d’azzardo, risse e atti osceni.
Allo scopo di inibire queste oscenità, il 14 agosto 1596, con il consenso della popolazione, il Comune deliberò di spendere 10 scudi per edificare sull’incrocio un chiesino che venne chiamato FERRUZZINA.
Il 27 dicembre 1596 ne venne deliberata l’imbiancatura.
La presenza di questa edicoletta sacralizzò l’incrocio e fece scomparire come d’incanto tutte le oscenità.
La Ferruzzina rimase in vita per quasi due secoli.
Il 14, il 17 e il 21 maggio 1786 fu messa in vendita con pubblico incanto unitamente al terreno circostante per far fronte alle enormi spese imposte dalla costruzione della nuova Collegiata.
La Ferruzzina ed il suo terreno circostante venne acquistato da Francesco Gori che sborsò al Comune 90 scudi e 10 soldi.

1599 - Ospedale della Compagnia di S. Giovanni Battista

La Compagnia di S. Giovanni Battista gestiva dal 1374 un ospedale formato da due stanze: una per uomini e una per donne.
L’ospedale era annesso alla loro sede che si trovava nell’attuale piazza Garibaldi nel fabbricato dell’attuale canonica della Collegiata.
Nel 1599 il gestore di questo ospedale che si limitava a fornire alloggio ai miserabili si chiamava Bernardino di Giovanni di Bino da Fucecchio.
Al piano terra vi era la stanza per uomini, una stanza umida, puzzolente, malsana: vi sfiatava il pozzo nero. Vi erano 6 letti, 4 materasse di capecchio (pettinatura di lino e di canapa), 4 pagliericci in cattivo stato e 4 coperte.
Al primo piano vi era la stanza per le donne. Dentro vi erano due letti di legno, 1 materasso di capecchio, 1 pagliericcio e 1 coperta.
L’ospedale disponeva di 9 lenzuola fra buone e cattive. Per impedire ai miserabili di rubare lenzuola, coperte, materassi e piumacci erano state ingraticolate le finestre delle due stanze. L’ospedale aveva assunto la fisionomia di una galera.
Bernardino, il gestore dell’ospedale non riceveva nessun compenso. Disponeva soltanto dell’alloggio gratuito; ma, oltre a sorvegliare l’ospedale, doveva fare anche il sagrestano della chiesa di S. Donnino, quella della Compagnia di S. Giovanni Battista.

1600 - Censimento delle attività produttive

Dal censimento effettuato nel 1600 ricaviamo queste informazioni:
- gli abitanti del nostro Comune erano 5.000
- le attività produttive più importanti erano 3: la raccolta del miele; la macerazione del lino; l’agricoltura

La macerazione del lino veniva praticata nell’Usciana.
Questa attività, purtroppo, provocava un duplice disagio alle popolazioni che abitavano nelle vicinanze delle aree di macerazione:
- un fetore insopportabile che ammorbava l’aria nel tratto Cappiano - Santa Croce. Questo fetore ammorbante indusse il granduca a prescrivere il divieto di macerazione nell’Usciana;
- la morìa di reine (pesci) che riduceva gli introiti dei pescatori.

1600 - Usanze della Compagnia di S. Giovanni Battista

1- La cappa nera
Da una delibera del 3 marzo 1583 apprendiamo che ogni confratello, quando moriva, indossava la cappa nera della Compagnia e che questa cappa veniva regalata ad ogni membro della Compagnia medesima.

2- Pane, stiacciata e fichi secchi
Dal 1374 al 1783 la Compagnia offriva a tutti i mendicanti, in occasione delle festività di S. Giovanni Battista (24 giugno), di Natale e di Pasqua, pane, stiacciata e fichi secchi.

3- processione di S. Giovanni
Fino al 1700 la festa di S. Giovanni veniva celebrata con grande solennità. Si faceva una grande processione. Il Comune faceva “spazzare” la piazza e le strade che venivano percorse dalla processione.

1600 - Usanza pasquale

Da un documento del 1608 scopriamo che la mattina di Pasqua i bambini venivano condotti dai loro genitori in piazza Vittorio Veneto perimetrata dal Palazzo Pretorio, dalla Cancelleria (palazzo comunale al centro dell’attuale piazza e con la facciata rivolta verso il Pretorio) e dalla via che segnava la prosecuzione di Borgo Valori.
Ad attendere i bambini c’erano alcuni sacerdoti seduti dietro dei piccoli tavoli dove erano sistemati dei bicchierini e soprattutto fiaschi di vinsanto. Ad ogni bambino venivano offerti due sorsi di vinsanto.
In pratica i sacerdoti preposti riempivano un bicchierino di vinsanto e lo facevano bere ad ogni bambino. Appena aveva bevuto il suo bicchierino di vinsanto, immancabilmente ogni bambino si mostrava visibilmente raggiante ed euforico.

1605 - Oratorio di S. Rocchino

Nell’attuale piazza Vittorio Veneto esisteva, forse sin dal 1400, un piccolo Oratorio dedicato ai SS Rocco e Sebastiano che avrebbero dovuto proteggere la popolazione di Fucecchio dalla peste.
Questo piccolo Oratorio - da qui il diminutivo S. Rocchino - veniva officiato da un cappellano eletto e pagato dal Comune come risulta da una delibera datata 5 maggio 1526. Il cappellano degli appestati e dei sospetti aveva l’obbligo di celebrare la Messa in Piazza o nell’Oratorio di S. Rocchino a favore degli individui che fossero stati “sospetti” di peste.
Nel 1595 venne fondata la Compagnia di S. Rocchino, detta anche dei Pomposi per l’esteriore decoro e per la pulizia della cappa di color verde dei fratelli e per le numerose persone di spicco che ne facevano parte. La Compagnia deliberò subito la costruzione di un Oratorio più grande. Poiché era impossibile reperire un’area congrua nella Piazza venne studiata la possibilità di edificare il nuovo Oratorio nelle adiacenze della Pieve di S. Giovanni, fra la Piazza e la chiesa in corrispondenza della seconda rampa dell’attuale scalinata in pietra.
Nel 1603 il pievano don Guglielmo Lupi donò alla Compagnia il terreno adiacente alla pieve (Collegiata) ed un “casolino”. Dopo il terreno occorreva anche l’autorizzazione dell’episcopessa di Fucecchio suor Alessandra Maccarini che, dal convento delle clarisse di Gattaiola in Lucca, esercitava la propria giurisdizione ecclesiastica su Fucecchio per effetto del privilegio del Nullius Diocesis risalente al 1085.
L’episcopessa confermò la cessione e deputò il suo vicario lucchese Vincenzo Sisti “acciocché detto Oratorio sia benedetto onde in quello celibrino e possino celebrare i divini uffizi e Messe, e che possa seppellirsi i detti confratelli”
L’episcopessa concesse licenza ai confratelli che nella festività della NATIVITA’ della Beata sempre Vergine ( 8 settembre) facessero benedire il detto Oratorio secondo il costume della Santa Romana Chiesa al Vicario lucchese Vincenzo Sisti. In caso di eventuale indisponibilità venne autorizzato a tale ufficio il pievano don Guglielmo Lupi.
Il nuovo Oratorio di S. Rocchino venne benedetto, e quindi inaugurato, l’8 settembre 1605, giorno della Natività di Maria Vergine.
Questo Oratorio non ebbe lunga vita: venne, infatti, demolito nel 1782, dopo essere stato soppresso dal granduca Leopoldo I, per far posto alla costruenda nuova Collegiata.

1607 - Oratorio della Vergine delle cinque Vie

A partire dal 1484 è documentata la presenza di un piccolo Oratorio, di proprietà comunale, nel luogo dove oggi si trova la chiesa della Vergine ed in corrispondenza dell’altar maggiore della medesima.
In questo Oratorio veniva venerata una graziosa immagine della Madonna affrescata da ignoto pittore.
Questo Oratorio veniva chiamato delle 5 vie perché si trovava all’incrocio di 5 strade: Via della Rocca, Via dei Fossi (Corso Matteotti), Via di Cerreto Guidi, Via del Montello e Via di Stabbia.
Dal 1500 al 1600 la devozione del popolo nei confronti della Vergine delle 5 Vie andò sempre più crescendo a causa delle numerose grazie che i fedeli ne ricevevano. E per effetto delle numerose grazie l’Oratorio veniva considerato addirittura un santuario.
L’Oratorio-Santuario veniva frequentato dalle persone di paese e da quelle delle vicine campagne. Soprattutto di domenica le persone venivano all’Oratorio per invocare l’aiuto della Madre di Dio e per cantare le laudi in suo onore.
Nel 1608, per volontà di 15 persone fucecchiesi, l’Oratorio venne ingrandito e diventò la chiesina della Vergine delle 5 Vie o della Misericordia.

1606 - Arciconfraternita della Misericordia

La prima Arciconfraternita della Misericordia nacque il 25 marzo 1606. Veniva chiamata Compagnia della Carità di Fucecchio.
Essa fu fondata dai medesimi 15 uomini che qualche anno prima avevano deciso di trasformare l’Oratorio della Madonna delle 5 Vie in una chiesina. I lavori di costruzione di questo luogo pio si erano appunto conclusi nel 1606.
Gli scopi fondamentali della Confraternita della Misericordia erano principalmente tre:
1- l’esercizio delle opere di misericordia;
2- l’assistenza ai poveri e agli infermi;
3- il seppellimento di quei morti che “non avessero con che farsi il funerale”.
La Confraternita si dette anche uno Statuto costituito da 19 Capitoli.
Lo Statuto-Regolamento venne approvato il 29 aprile 1611 dal Vicario Generale Ippolito dei Nobili quale rappresentante dell’ultima Episcopessa di Fucecchio, Donna Alessandra Maccarini, la badessa delle monache clarisse di Gattaiola di Lucca.
Il primo atto della neonata Misericordia fu la costruzione di un Convento adiacente alla chiesina della Vergine delle cinque Vie. In questo Convento sarebbero venuti a vivere i frati francescani zoccolanti ai quali era stata assegnata l’officiatura della chiesina.
Il terreno per la fabbricazione del Convento fu donato in data 9 novembre 1611 da Giovan Battista Lotti, uno dei 15 fondatori della Misericordia.
La Confraternita fu soppressa nel 1790 e i suoi beni vennero incorporati dal Capitolo della Collegiata.

1607 - Peste

Di nuovo, nel 1607, Fucecchio venne colpito dalla peste. Ne rimase vittima anche il pievano Guglielmo Lupi.
Per scongiurare la peste furono invocati tutti i Santi e vennero fatte oggetto di culto speciale tutte le icone presenti nelle nostre chiese. Ma non bastava. I fedeli erano fermamente convinti che la peste si sarebbe dileguata se avessimo saputo individuare l’immagine giusta da invocare. Bisognava farne dipingere altre. Questa era la strada da seguire.
La Compagnia di S. Giovanni Battista, per propiziarsi la benevolenza del Signore e scongiurare la virulenza dell’epidemia fece dipingere da Andrea Aringhieri un CROCIFISSO nella stanza del suo ospedale e una PIETA’ sopra la porta principale dell’ospedale medesimo.
Il podestà Amerigo dei Medici fece dipingere nel palazzo Pretorio, da Andrea Aringhieri, una Madonna.
Il granduca Ferdinando I dei Medici ordinò che fossero sigillate le tombe delle chiese e che non vi si seppellissero più i morti. I fucecchiesi, allora, chiesero ed ottennero il permesso di poter seppellire i loro morti nel Poggio Salamartano. Il granduca ordinò inoltre che venissero interrati i letami e che fossero bruciate le immondizie. Il Magistrato della Sanità prescrisse la pulizia accurata delle strade e delle stanze.
Nonostante tutti questi provvedimenti la peste infuriò nel nostro paese e nel mese di luglio raggiunse il suo massimo grado di virulenza.

1607 - Ossario e cimitero nel Poggio Salamartano

Da una supplica stilata dal canonico fucecchiese Giulio Taviani il 7 dicembre 1793 possiamo ricavare due informazioni sulla destinazione d’uso dell’area dell’attuale piazza del Poggio Salamartano.

L’area della piazza del Poggio Salamartano veniva utilizzata come OSSARIO dei cimiteri della Pieve, del Monastero e delle Compagnie di S. G. Battista, di S. Rocchino e della Madonna della Croce.
Il sottosuolo di detta piazza era stracolmo di ossa umane. Ogni volta che si scavano le buche per sostituire le piante o quando nel 1984 si è realizzata la pavimentazione in laterizio della piazza sono stati tolti molti quintali di ossa umane, delle vere e proprie montagne.
Soltanto in occasione di gravi epidemie, come quelle del 1607 e del 1632, fu prescritto dai granduchi che il Poggio Salamartano divenisse “l”unico luogo e CEMETERIO (sic) urbano di tutta la popolazione”.
In queste occasioni veniva anche comandato dai granduchi che “si serrassero e chiudessero affatto tutti gli avelli delle chiese e Compagnie per allontanare l’occasione di fetori e contagi. E allora rimase unico e singolare questo luogo per l’interro (sepoltura) dei cadaveri.”
Soltanto il 13 aprile 1788 entrò in funzione il primo Cimitero Pubblico, lontano dal centro abitato.

Il secondo cimitero pubblico, quello attuale, entrò in funzione il 1° gennaio 1885.

1608 - Loggia del Palazzo Pretorio

L’attuale loggia del Palazzo Pretorio presenta soltanto una sezione orizzontale con due luci frontali e quella laterale che si affaccia su Borgo Valori.
Anche nel 1609 la loggia del Pretorio era identica all’attuale. Proprio in quell’anno, il 24 maggio, i nostri amministratori chiesero ai Nove di Firenze il permesso di costruire un’altra loggia attigua a quella esistente, posta tra il Pretorio e la Scuola pubblica (attuale Palazzo Pacini). Se il permesso fosse stato accordato la loggia del Pretorio avrebbe assunto la forma della lettera ELLE.
Una planimetria della Piazza (Vittorio Veneto) disegnata nel 1685 dall’architetto Silvani di Firenze mostra chiaramente che anche l’altro braccio della loggia era stato realizzato. In epoca successiva questo braccio della loggia venne tamponato per ricavarvi una macelleria.
Nel 1647 venne istituito il mercato settimanale. Le bancarelle venivano sistemate nella piazza.
Col passare dei decenni era invalso l’uso di “parcheggiare” le bestie da traino sotto la loggia. Siccome i divieti venivano disattesi, nel 1760 gli ingressi attraverso la luce delle logge vennero chiusi con l’apposizione di sbarre di ferro ancor oggi esistenti che consentivano soltanto il passaggio di una persona alla volta. Con questo espediente il parcheggio delle bestie da traino e dei carri venne trasferito sul Poggio Salamartano.
Dopo aver rimediato a questo inconveniente, il 29 giugno del medesimo anno,il 1760, i nostri consiglieri comunali di allora deliberarono di “ rifare la nicchia del nuovo tabernacolo della SS Vergine esistente in detto loggiato.”
Sotto l’immagine della Madonna per alcuni secoli avevano pronunciato il loro giuramento di fedeltà agli Statuti comunali tutti coloro che erano stati chiamati a ricoprire una carica pubblica.
Il 30 maggio 1774 si ebbe in Fucecchio il primo mercato dei BOZZOLI. Questo mercato si svolgeva, come prescritto da una delibera comunale, sotto la loggia del Pretorio.
Dal 1954, l’anno in cui il Pretorio venne lasciato dai carabinieri che dal 1883 vi avevano installato la loro Caserma, la loggia è stata maltrattata in mille maniere. Essa è stata via via adibita a parcheggio per motocicli, a cucina da campo per la Contrada S. Andrea, a campetto per il calcetto dei piccoli, a deposito di scatoloni vuoti.

1608 - Madonna del Palazzo Pretorio

Nel 1608 il podestà Amerigo Medici fece dipingere al fucecchiese Aringhieri Andrea una Madonna sulla parete del tabernacolo che era stato realizzato con delibera del 1445.
E’ presumibile che il tabernacolo sia stato realizzato dentro il Palazzo Pretorio che a quell’epoca comprendeva soltanto il piano terra e il primo piano.
Il piano terra, come si sa, era occupato esclusivamente dalla Loggia e da alcune celle carcerarie. Qualcuno ha ipotizzato che l’Aringhieri abbia dipinto la Madonna ancor oggi esistente nella parete del tabernacolo della Loggia.

1609 - Cosimo II dei Medici quarto granduca della Toscana (1609-1621)

Cosimo II salì al trono del granducato di Toscana, appena diciottenne, nel 1609, l’anno in cui morì il grande Ferdinando I, suo padre.
Il granducato venne governato, prima, dalla madre e poi dalla moglie Maddalena d’Austria.
Durante i 12 anni del suo regno si verificarono a Fucecchio tre fenomeni storici di notevole rilievo:
1- Le nostre Cerbaie diventarono il bacino di rifornimento di querce anche per l’arsenale di Livorno oltre che per quello di Pisa. L’impulso dato allo sviluppo del porto di Livorno sia dal padre Ferdinando I che dal figlio Cosimo II favorirono il trasporto fluviale sia lungo l’Arno che lungo l’Usciana;
2- Tra il 1609 e il 1621 si verificò nel nostro comune un ragguardevole flusso immigratorio. Questo flusso era un segnale inoppugnabile della nostra crescita economica. Sia la popolazione che gli Amministratori cercarono in tutte la maniere di ostacolare questo flusso, ma non ci riuscirono;
3- Il cancelliere (segretario comunale) Valerio Galleni, consultando le MEMORIE del 1400 e del 1500 si rese conto che la scrittura andava svanendo a causa dell’inchiostro che era stato usato e che risultava essere “leggero”.
Valerio Galleni, consapevole del valore documentale di quelle Memorie, le fece ricopiare ad un antiquario di Pescia.
Da queste Memorie il Galleni trasse, per uso personale, l’elenco e la storia di tutti i pievani di Fucecchio.
L’elenco e le storie dei pievani vennero ricopiati anche dal sacerdote Tondoli.
La copia fatta dal Galleni passò al figlio Giovanni che a sua volta la trasmise al figlio dott. Giovanni.

1609 - Ospedali a Fucecchio

Il 29 aprile 1609 il Notaio di Fucecchio ispezionò i tre ospedali ancora esistenti nel nostro paese:
1- quello di S. Giovanni Battista in piazza Garibaldi, nell’area attualmente occupata dalla canonica della Collegiata;
2- quello della Madonna della Croce o della Vergine che si trovava sul Poggio Salamartano nell’attuale Scuola Parrocchiale di Catechismo;
3- quello delle monache di S. Andrea, in fondo a via Castruccio a confinare con via Franco Bracci.

Le condizioni dei tre ospedali erano miserevoli.

Vi trovò qualche letto di legno, lenzuola consunte, coltronacci, pagliericci, materassi di capecchio e sacconi. Come suppellettili inventariò una sedia, un tavolo, un armadio e un cassettone.

1609 - Immigrazione

Nel 1609 si verificò in Fucecchio un notevole flusso immigratorio.
Naturalmente si trattava di forestieri miseri, più miseri dei fucecchiesi, ma animati dal proposito di rimanervi per sempre.
Se fosse stato loro possibile avrebbero volentieri acquisito subito la cittadinanza fucecchiese.
Il Comune, però, per scoraggiare questi flussi immigratori deliberò che soltanto dopo 10 anni di permanenza i forestieri avrebbero potuto ottenere la cittadinanza fucecchiese.

1610 - Galleni Valerio cancelliere

Valerio Galleni ricopriva la carica di cancelliere che equivaleva a quella odierna di segretario comunale.
A differenza di tutti gli altri cancellieri che lo avevano preceduto, egli aveva compreso l’importanza della conservazione delle MEMORIE STORICHE.
Nel 1610 fece ricopiare da un antiquario di Pescia le memorie dei pievani che avevano retto la nostra pieve di S. Giovanni Battista dal 1400 al 1600.
Inoltre trascrisse in ordine cronologico l’elenco di tutti i pievani.
Nel secolo successivo le memorie furono ritrascritte da un altro cultore di storiografia: il sacerdote Tondoli.

1617 - Chiesa di S. Giobbe

Questa chiesa, di proprietà del Comune, era intitolata anche alla Madonna dell’Umiltà. Si trovava in fondo a Via della Valle (l’attuale via Mario Sbrilli), sul lato destro, di fianco all’antica Porta della Valle ed in prossimità dell’omonimo pozzo medioevale, ora coperto.
La chiesa di S. Giobbe, ad una navata e con altare in pietra serena, disponeva anche di una stanza mortuaria.
La porta d’ingresso era protetta da una tettoia.
Era accudita da una custode.
Questa chiesa conobbe un momento di celebrità il 10 aprile 1773, giorno in cui fu meta di una processione a cui presero parte il vescovo di S. Miniato, il Capitolo della Collegiata e la popolazione dell’intero paese. In questa occasione venne riconsacrato l’altare che era stato spostato di tre braccia dalla parete a causa dell’umidità.
Sedici anni dopo questa storica cerimonia, la chiesa di S. Giobbe, la cui presenza in Via della Valle è attestata da un documento del 1617, chiuse i suoi battenti.
Infatti, il 23 luglio 1789 il nostro Comune, per estinguere in parte gli onerosi debiti contratti e per la costruzione della nuova Collegiata e per gli studi sulla Bonifica del Padule, deliberò di vendere questa chiesa.
Entro il mese di febbraio del 1790 il Comune doveva restituire al Monte di Pietà mille scudi. La chiesa e l’annessa stanza mortuaria furono venduti per 150 scudi a un certo sig. Banti di Fucecchio.

1619 - Convento La Vergine delle cinque Vie

Nel 1500, al posto dell’attuale chiesa La Vergine c’era un piccolo Oratorio comunale con l’affresco della Madonna delle Cinque Vie sopra il dossale dell’altare.
Nel 1606 la Confraternita della Misericordia di Fucecchio fece costruire, intorno all’Oratorio, una chiesa lunga 14 metri, larga 4 e alta 7 metri.
Nel 1608 la chiesa, anzi la chiesina, se paragonata con l’attuale, era pronta.
La Confraternita ne affidò l’officiatura ai frati minori di Firenze.
I frati minori si dichiararono disposti a venire a Fucecchio purché la chiesa fosse dotata di convento con chiostro.
I confratelli della Misericordia si misero subito al lavoro: raccolsero trecento scudi e, immediatamente, chiesero al granduca mediceo Ferdinando I l’autorizzazione a fabbricare un Convento accanto alla chiesina.
Il 1° luglio 1609 il granduca notificò ai confratelli della Misericordia l’autorizzazione a costruire il convento.
Il 9 gennaio 1611, Giovan Battista Lotti, uno dei 15 fondatori della Misericordia, donò il terreno per fabbricarvi il convento.
Il 1° novembre 1611 si svolse il processionale della fondazione del Convento La Vergine. Padre Cristoforo della Rena, Minore Provinciale, col permesso della reverendissima donna Alessandra Maccarini, badessa del convento francescano di Gattaiola di Lucca ed ultima episcopessa di Fucecchio e con il rescritto della S. Congregazione dei Regolatri, si portò processionalmente sull’area dove “aveva da sorgere” il convento e con rito solenne vi piantò una croce.
La posa della prima pietra avvenne il 1° maggio 1617 ad opera del pievano Simone Fanciullacci per ordine del granduca Cosimo II. Era pontefice Paolo V.
I lavori di costruzione vennero ostacolati ripetutamente da alcuni teppisti prezzolati: di notte riempivano le fondamenta scavate di giorno o gettavano a terra i muri eretti nel corso della giornata.
Ne venne informato il granduca.
Cosimo II intervenne pesantemente e, per scoraggiare definitivamente i teppisti, fece collocare sull’erigendo muro del convento lo stemma mediceo scolpito in pietra. Questo stemma informava a chiare note che il granduca prendeva sotto la sua protezione il Convento.
I lavori non subirono più alcuna interruzione.
Nel 1619 i lavori del primo nucleo del Convento La Vergine erano terminati. Questo nucleo comprendeva 5 vani al piano terra e 14 al primo piano.
Il 1° giugno 1619 venne eletto, a Firenze, nel corso del Capitolo Provinciale in Ognissanti, il primo guardiano del nostro convento nella persona di padre Mattia da Firenze.
I frati della nuova famiglia francescana furono sei o sette.
Lo stemma mediceo, nel 1631, venne tolto dal muro del convento e collocato sulla facciata della nuova chiesa La Vergine.

1622 - Diocesi di S. Miniato

S. Miniato era passato sotto la Repubblica di Firenze nel 1409.
Firenze chiese subito a papa Alessandro V la erezione di S. Miniato a sede vescovile. Il papa aveva accolto favorevolmente la richiesta, ma morì prima di avere stilato la Bolla di erezione.
La pratica rimase insabbiata nei cassetti della burocrazia vaticana per 213 anni.
Nel 1622, su proposta della vedova del granduca mediceo Cosimo II, Maria Maddalena d’Austria, Governatrice di S. Miniato, il vescovo di Lucca monsignor Alessandro Guidiccione chiese di nuovo alla Santa Sede la erezione di S. Miniato a diocesi.
Il 5 dicembre 1622 papa Gregorio XV pubblicò la Bolla con la quale veniva istituita la Diocesi di S. Miniato.
Il 5 dicembre 1622 si chiuse per Fucecchio un’epoca storica di natura ecclesiale iniziata nel 1085, l’anno in cui, per merito dell’abate Pietro Igneo,venne accordato al nostro monastero di S. Salvatore il privilegio del NULLIUS DIOCESIS.
A partire dal 5 dicembre 1622, ben 118 fra chiese, conventi, monasteri e luoghi pii passarono sotto la giurisdizione della Diocesi di S. Miniato.
Anche Fucecchio, con i suoi due conventi francescani, il suo monastero e le sue chiese passò sotto la giurisdizione della diocesi sanminiatese. Il privilegio del Nullius Diocesis venne depennato per sempre dalla Santa Sede.

1622 - Cresima dopo il 1622

La diocesi di S. Miniato, di cui anche noi facciamo parte, venne istituita nel 1622.
Fino al 1622 il sacramento della Cresima, nella nostra parrocchia di S. Giovanni Battista, era stato amministrato da vescovi - quasi sempre di Lucca - autorizzati dalla Episcopessa di Fucecchio, la badessa delle clarisse di Gattaiola di Lucca.
Gli intervalli fra una Cresima e l’altra duravano 10 e più anni perché la nostra Episcopessa non voleva calcare la mano sulle Casse della nostra Amministrazione comunale.
Il Comune, in occasione delle Cresime, doveva addossarsi delle spese non indifferenti: il vitto per il vescovo e la sua corte; un alloggio consono alla dignità del vescovo e della sua corte; non è da escludere un sostanzioso gettone di presenza.
A partire dal 1622 l’Ecclesia di Fucecchio non dipese più dalla Episcopessa di Gattaiola. Il sacramento della Cresima sarebbe stato amministrato dal nostro Vescovo di S. Miniato che, a sera, avrebbe potuto far ritorno a S. Miniato con l’incomodo, magari, di dover attraversare l’Arno a bordo di un traghetto (il ponte non esisteva).
Il primo vescovo di S. Miniato, monsignor Nori, nel mese di ottobre del 1623 venne a Fucecchio a cresimare i nostri bambini.
La nostra Amministrazione Comunale per solennizzare questo evento assoldò 4 trombettieri, abbellì il Palazzo Comunale sito nell’attuale piazza Vittorio Veneto di fronte al Palazzo Pretorio, fece erigere un arco trionfale e nominò una Deputazione incaricata di “fare i complimenti” al vescovo a nome di tutta la Comunità.
Da una dettagliata cronaca del 27 maggio 1770 abbiamo rilevato che il sacramento della Cresima, in quel secolo, veniva amministrato all’aperto in Piazza Vittorio Veneto che aveva assunto le dimensioni attuali.
Il Palazzo Comunale si trovava nell’area attualmente occupata dal Liceo scientifico. I cresimandi venivano sistemati in un recinto realizzato con panche ai piedi dell’affresco di S. Cristoforo. Il vescovo li raggiungeva processionalmente partendo dall’Oratorio di S. Rocchino, all’altezza dell’attuale sagrato della Collegiata, e scendendo dalla via che dalla piazza saliva sul Poggio Salamartano.


Torna ai contenuti | Torna al menu