La scoperta dell’America cominciò a far sentire i propri effetti. Il bacino commerciale del Mediterraneo agonizzava. Il mercato si era trasferito in toto nell’Oceani Atlantico.
La Controriforma della Chiesa Cattolica fece cambiar rotta a tutta la Chiesa.
L’Europa e l’Italia furono funestate da una vera congerie di guerre.
Il Rinascimento stava per esaurirsi.
Di nuovo il vento della Storia passò inosservato a Fucecchio. Solo a Massarella furono percepiti i primi contraccolpi della Controriforma, ora che le frazioni cominciavano a ripopolarsi.
1530 - Lago di Fucecchio: L’antefatto
Nel 1530 i Medici ritornarono a Firenze e ne diventarono i Signori.
Naturalmente rientrarono in possesso del Lago Nuovo e delle pescaie che avevano acquistato il 25 febbraio 1518 per 2.500 scudi.
Essendo troppo indaffarati nelle campagne belliche non si presero nessuna cura del Lago Nuovo il cui stato di degrado aumentava anno dopo anno vertiginosamente. Questo stato di degrado riacutizzò i conflitti tra il Valdarno e la Valdinievole ai quali si aggiunse un altro autorevole contendente: la Repubblica di Pisa.
- I pescatori del Valdarno volevano la pescaia più alta per poter pescare una maggiore quantità di pesce;
- I contadini della Valdinievole volevano le pescaie più basse per guadagnare nuovi terreni - quelli che sarebbero emersi - da coltivare;
- La Repubblica di Pisa si opponeva energicamente all’abbattimento della pescaia (sbarramento) perché le acque del Padule immesse nell’Arno lo facevano tracimare. L’allagamento della pianura pisana distruggeva tutti i raccolti.
Cosimo I dei Medici che aveva tutto l’interesse a non inimicarsi Pisa, nel 1549 prese una storica decisione.
1532 - Principato mediceo
Nel 1532 l’imperatore Carlo V di Spagna conferì ad Alessandro de’ Medici il titolo di DUCA. Con questo titolo Firenze venne elevata al rango di Principato e cioè di Stato regionale (non più cittadino) alla pari con tutti gli altri stati europei.
Fucecchio salutò la nomina del nuovo padrone con un solenne Te Deum e al grido di “palle, palle!” a motivo delle sfere (palle) presenti nello stemma mediceo.
La medesima pantomima si ripeté quando nel 1537 diventò duca di Firenze Cosimo de’ Medici. Ai fucecchiesi interessavano più i festeggiamenti che la perdita della libertà. La decapitazione dei capitani dell’esercito repubblicano sconfitto a Montemurlo ad opera del duca fiorentino non li scalfì più di tanto. Le esecuzioni capitali rientravano nell’ordine naturale delle cose, secondo i fucecchiesi.
Noi siamo stati sempre specialisti nell’osannare i CAPI, chiunque essi fossero.
Quando sapemmo che Cosimo de’ Medici avrebbe ricevuto una nostra delegazione ad Altopascio, impazzimmo dalla gioia.
Quando ci giunse notizia che nel 1541 sarebbe passato da Fucecchio papa Paolo III diretto a Lucca per incontrarsi con l’imperatore Carlo V, l’amministrazione comunale predispose un paniere stracolmo di provvedimenti e di iniziative per rendere comodo, confortevole e trionfale il passaggio del papa dal nostro paese.
1532 - Famiglia Lampaggi
Agli inizi del 1500, i fratelli Gabriele e Pellegrino di Paolo avevano partecipato a Fucecchio ad una gara di incanto.
Questa gara prevedeva l’assegnazione in affitto di alcuni terreni coltivabili nell’ex Comune Rurale di Massarella.
I due fratelli vinsero la gara ed ottennero in concessione vasti appezzamenti di terreno agricolo.
Per controllare da vicino i contadini ai quali avevano assegnato la coltivazione di quei terreni, i due fratelli lasciarono il loro paese natio, LAMPAGGIO, in provincia di Pistoia, e si trasferirono a Massarella.
Gabriele e Pellegrino, poi, presero come cognome quello di Lampaggi derivante dal loro paese di origine, Lampaggio.
I terreni presi in concessione dai Lampaggi confinavano con quelli che un certo Bastiano aveva preso in affitto nella gara d’incanto del 1523 e che lasciò nel 1532.
Alla gara d’incanto per la concessione in affitto dei terreni lasciati da Sebastiano presero parte anche i fratelli Lampaggi. I Lampaggi vinsero la gara d’incanto con l’offerta di un compenso annuo di due quintali di grano al Comune di Fucecchio.
Dopo questa seconda gara d’incanto i Lampaggi disponevano di quasi tutta l’area che era stata occupata dal 1200 al 1309 dal Comune Rurale di Massarella.
1549 - Lago di Fucecchio
Il 26 febbraio 1549 Cosimo I dei Medici, principe di Firenze, decretò che il Padule fosse nuovamente ridotto a LAGO, tal quale come lo era prima del tentativo di prosciugamento operato da donna Alfonsina Orsini, vedova Medici, nel 1515.
Cosimo I autorizzò anche l’imposizione di tasse per coprire le spese occorrenti al ripristino del Lago.
Fece porre anche due iscrizioni, una in latino e l’altra in volgare, proprio sulle Calle di Cappiano. Questo il testo in lingua volgare:
COSIMO MEDICI DUCA DI FIRENZE
HA RIFATTO QUESTO LAGO DAI FONDAMENTI
PER BENEFICIO PUBBLICO
E NON SIA CHI LO DISFACCIA PIU’
CON ISPERANZA D’ACQUISTAR COMODO AL PAESE
SAPPIENDO CHE SI E’ DISFATTO
ESSERSI PERDUTO DI SOTTO L’USO DELLA TERRA
DI SOPRA DELLA PESCAGIONE
SENZA ACQUISTO ALCUNO
La malaria riprese ad infierire nel nostro territorio.
“L’acqua corrompendosi venne ad infettare l’aria all’intorno e gli abitatori dei luoghi cominciarono a diventare gonfiati e gialli, e in pochi dì cadevano morti.”
Morirono oltre due terzi delle popolazioni rivierasche.
Le suppliche popolari non risortirono alcun effetto.
Gli anni delle epidemie furono il 1551, il 1554, il 1557, il 1635, il 1636, il 1642, il 1707, il 1717, il 1725.
1551 - Lago di Fucecchio: le cause del disastro
Dal 1516 al 1549, il periodo in cui il Lago Nuovo rimase prosciugato, crebbero nel letto del Padule pacciami, cannelle, giunchi, vettrici ed ontani.
Durante i 39 anni di prosciugamento nessuno tagliò mai tutta questa vegetazione.
Il Lago di Fucecchio venne inaugurato nel 1551.
Le acque palustri sommersero tutta la vegetazione incolta cresciuta nel letto del Padule. La vegetazione marcì e mandò in stato di putrefazione l’acqua, e conseguentemente morire quasi tutti i pesci.
La morte delle piante e dei pesci infettò l’aria. E l’aria infetta fece morire persone e piante.
Infatti, morirono tutti gli ulivi delle colline circostanti al Lago di Fucecchio.
Le donne per 5 anni “non ingravidarono “ e se qualcuna rimaneva in stato interessante abortiva.
Se tutta quella vegetazione fosse stata tagliata prima di dar vita al Lago di Fucecchio, il disastro delle epidemie malariche sarebbe stato evitato.
1544 - Monastero di S. Andrea: i quattro Operai
I monaci e le monache dei monasteri dello stato fiorentino lasciavano alquanto a desiderare perché sembravano essersi dimenticati di Dio.
Assillati dal quotidiano bisogno di risolvere i problemi della sussistenza, quelli della manutenzione dei fabbricati e quelli non meno facili della liturgia (non era facile trovare un sacerdote confessore od officiante quando non si avevano i soldi per pagarli) i religiosi e le religiose dei monasteri avevano appunto accantonato Dio, la Madonna e i Santi.
Il timor di Dio e l’esemplarità della vita monacale erano habiti (abitudini) caduti in disuso.
La Signoria allora tentò di alleggerire i monasteri dei problemi della quotidianità istituendo per ogni monastero degli Operai (amministratori) che avrebbero dovuto provvedere alla manutenzione dei fabbricati, al reclutamento e al pagamento di un sacerdote officiante.
Per il Monastero di S. Andrea vennero nominati 4 Operai: Domenico di Giovanni, Iacopo di Arturo, Batista di Santi e Domenico di Andrea.
La Signoria ordinò loro che provvedessero il monastero di un prete e che a nessuna persona fosse permesso di andare in Parlatorio o alle grate senza il permesso degli Operai.
1544 - Opera della chiesa e del monastero di S. Andrea
Il 4 ottobre 1544 il Ducato di Firenze istituì l’Opera del monastero e della chiesa di S. Andrea per “scaricare” le clarisse di tutti i problemi legati al loro sostentamento e alla manutenzione della chiesa e del monastero-convento.
La Signoria ducale desiderava che le clarisse si occupassero esclusivamente di Dio e della loro crescita spirituale.
Le nostre monache non apprezzarono il comportamento di Firenze e con una lettera pepata Le prosternarono il loro dissenso, il loro malumore e soprattutto il timore che gli Operai vendessero tutti i beni del loro sodalizio. Ancora una volta gli interessi materiali prendevano il sopravvento su quelli specificamente spirituali.
Le Magistrature fiorentine prescrissero al nostro Podestà, a scanso di equivoci, di far inventariare dagli Operai tutti i doni o ex voto offerti dai fedeli al CROCIFISSO miracoloso della chiesa di S. Andrea. Le clarisse non avevano mai esitato fino ad allora a svendere anche quelle preziose testimonianze di fatti prodigiosi come le grazie o i miracoli.
Con l’inventario dei doni diventava letteralmente impossibile la loro vendita.
1544 - Monaca di S. Andrea minacciata dalle consorelle
Le clarisse del Monastero di S. Andrea non sono mai state degli stinchi di santi. Ne seppero qualcosa le povere oblate bianche di S. Romualdo nel 1785.
Nel 1785 le clarisse di S. Andrea (piazza dell’Ospedale) vennero trasferite d’autorità nel Monastero di S. Salvatore dove, da due anni, si trovavano le suore di S. Romualdo, esse pure trasferitevi di autorità. Le oblate di S. Romualdo furono costrette ad evacuare dal Monastero di S. Salvatore perché minacciate di morte dalle clarisse di S. Andrea.
Le clarisse, quanto all’uso delle minacce, erano delle recidive secolari.
Suor Fiammetta degli Aldobrandi negli anni 1543-1544 veniva continuamente perseguitata e minacciata dalle altre monache del convento di S. Andrea.
Suor Fiammetta nel 1544 scrisse ai suoi due fratelli informandoli che voleva abbandonare il Monastero di S. Andrea a causa delle persecuzioni e delle minacce perpetrate nei suoi confronti dalle consorelle.
I due fratelli segnalarono il fatto alla Signoria di Firenze.
La Signoria di Firenze in data 16-12-1544 impartì degli ordini ben precisi agli Operai del Monastero istituiti due mesi prima e precisamente il 5/10/1544:
“ Perciò vi ordiniamo che andiate a trovare la Badessa di detto Monastero e la esorterete non solo a non volerla perseguitare in modo alcuno e quando le nostre persuasioni non siano rispettate e le altre monache perseverino pure nel bistrattarla, le comanderete loro per parte nostra e ce ne darete avviso affinché si possa agire come ci parrà conveniente ad una tale disobbedienza et alle qualità di una simil cosa.”
E’ presumibile che quest’ordine della Signoria abbia prodotto il suo salutare effetto.
1547 - Importazioni ed esportazioni
Fucecchio intratteneva rapporti commerciali con Bologna, Firenze e Pisa.
Da Bologna importavamo panni canapini, funi, cordami e canapi.
Dalla Valdelsa (Montaione, Poggibonsi, Colle Valdelsa, S. Gimignano) importavamo zafferano (usato per fabbricare le tinte) e fiaschi.
Da Empoli importavamo ben diciotto prodotti: Fiaschi, panni, corde, manufatti di cuoio, bambagia, candele, sapone etc.
Fucecchio esportava ad Empoli seta, lana, carbone, bovini, anitre, germani e altri uccelli del Padule.
1549 - Ponte mediceo di Cappiano
Il ponte di Cappiano, a due luci, così come oggi lo vediamo, venne progettato dall’architetto Niccolò Piccoli, detto il Tribolo, in collaborazione con Davide Fortini.
I lavori per la realizzazione di quest’opera grandiosa iniziarono nel 1549 e si conclusero soltanto nel 1551.
Nel luogo dove ora noi vediamo il ponte e la piazza, il Tribolo fece costruire un’immensa piattaforma in pietra e calce che poggiava su migliaia di pali di ontano lunghi 15 braccia (quasi 4 metri) infilati nel letto del padule e dell’Usciana.
Su questa immensa piattaforma, a partire da sinistra per chi dal Padule guarda verso l’Usciana (S. Croce), vennero realizzati: il vivaio; la casa del ministro; la prima torre; la calla della prima torre; il ponte coperto; la 2^ torre ; la calla della 2^ torre; la torretta; il callone della torretta; il ponte scoperto a 2 luci; la pescaia a gradoni; il mulino; le 2 callette del mulino; la gora del mulino e il mulino.
Su ciascuna delle due torri fu collocata una tavola di marmo recante questa scritta:
COSIMO MEDICI DUCA DI FIORENZA
HA RIFATTO QUESTO LAGO DA’ FONDAMENTI
PER BENEFIZIO PUBBLICO
ET NON SIA CHI LO DISFACCIA PIU’
CON ISPERANZA D’ACQUISTARE COMMODO AL PAESE
SAPPIENDO OGNI VOLTA CHE S’E’ DISFATTO
ESSERSI PERDUTO
DI SOTTO L’USO DELLA TERRA
ET DI SOPRA DELLA PESCAGIONE
SENZA ACQUISTO ALCUNO
Gli elementi strutturali del ponte erano: il VIVAIO (1) consistente in una grande vasca in muratura dove venivano conservati i pesci pescati ancora vivi. Accanto al vivaio c’era la casa del guardiano; le TORRI servivano ad alloggiare gli argani con i quali venivano aperte o chiuse le calle B e C. Dalle torri veniva controllato anche il transito dei passeggeri; le CALLE; il Palazzo di Fattoria o dell’Amministratore, posto dietro il PONTE COPERTO (3), era il luogo dove tutti i pescatori dovevano depositare e vendere tutto il pesce pescato. I pescivendoli avrebbero dovuto acquistare il pesce in questo Palazzo; la TORRETTA col Callone serviva a regolare il traffico delle imbarcazioni che entravano od uscivano dal Padule o Lago di Fucecchio; la PESCAIA in muratura posta sotto il ponte scoperto a due luci era in pratica lo sbarramento che tratteneva l’acqua del Padule riducendolo ad un lago; le CALLETTE del Mulino facevano passare l’acqua che faceva girare le ruote del Mulino. L’acqua veniva poi dirottata in una GORA attraverso la quale raggiungeva la ruota della FERRIERA che tramite cinghie faceva funzionare i macchinari che vi erano alloggiati.
1549 - Ferriera di Cappiano
Nel 1549 il duca di Firenze Cosimo I ordinò che il Padule venisse ridotto a lago, così com’era prima che ne prendesse possesso donna Alfonsina Orsini vedova de’ Medici.
Per effettuare questa conversione, nel luogo dove ora vediamo il ponte e la piazza, venne costruita una piattaforma immensa in pietre e calce che poggiava su migliaia e migliaia di pali di ontano lunghi quasi 4 metri ed infilati nel letto del lago e della Gusciana. Su questa piattaforma vennero innalzati la torre, il ponte fuori della torre, il ponte coperto, la casa del ministro, il mulino con l’abitazione, due torri, la casa del pescatore, la steccaia, i vivai, l’osteria e la ferriera.
Per far girare le mole del mulino e le ruote della ferriera era necessario tenere alto il livello delle acque del Lago.
Il mulino e la ferriera appartenevano al duca e gli assicuravano dei ghiotti introiti.
La conduzione di tutte le attività connesse con il Lago era affidata ad un ministro, il ministro del Lago. E il ministro del Lago doveva tutelare solo e soltanto gli interessi privati del duca e non quelli delle popolazioni rivierasche.
La ferriera ed il mulino avevano bisogno di tanta acqua? Ed allora per nessuna ragione al mondo venivano abbassate le calle, nemmeno se le persone del bacino del Lago morivano a grappoli.
Soltanto con l’arrivo dei granduchi lorenesi che governarono la Toscana dal 1737 al 1859, la ferriera, il mulino e lo stesso Lago vennero smantellati per sempre.
1549 - Calle del ponte di Cappiano
Le CALLE sono aperture operate nel corpo del ponte.
Quelle del ponte di Cappiano erano 5 e venivano aperte o chiuse tramite cateratte collegate con argani posti nelle torri, nella torretta e nel mulino.
Ogni calla o apertura assolveva ad una funzione specifica.
Le CALLETTE erano le trappole per i pesci e le anguille. Ogni calletta aveva una doppia cateratta: una dalla parte del Padule e una dalla parte dell’Usciana. Quando i pesci o le anguille migravano verso l’Usciana venivano chiuse le cateratte dalla parte del Padule, mentre le calle venivano chiuse dalla parte dell’Usciana. I pesci e le anguille per poter andare verso l’Usciana dovevano passare dalle calle, aperte dalla parte del Padule. Pesci ed anguille rimanevano intrappolati nei pozzi e venivano tirati su con le reti. Sembrava di assistere alla pesca miracolosa narrata dai Vangeli!
Quando i pesci risalivano dall’Usciana verso il Padule, le calle venivano chiuse dalla parte dell’Usciana. Queste chiusure costringevano i pesci ad entrare nelle callette sbarrate dalla parte del Padule. Dopo che erano entrati, venivano calate giù anche le cateratte dalla parte dell’Usciana . Di nuovo i pesci vi rimanevano intrappolati e venivano tirati su con le reti preventivamente disposte.
Le callette alimentavano la gora che faceva girare le mole del MULINO e le ruote della FERRIERA installati a Cappiano.
Tecniche di pesca nel Lago di Fucecchio (1500-1600)
Dal 1500 al 1600 furono usate due tecniche di pesca:
- quella della LIMA
- quella della MAGLIA
I pescatori che praticavano la tecnica della lima usavano gli AMI; quelli che praticavano la tecnica della maglia usavano invece le RETI.
Generalmente gli AMI venivano usati nelle acque alte e quando i pesci non erano in frega (amore); le RETI venivano usate per le acque più basse e nei periodi di frega.
Per la pesca a lima delle TINCHE venivano usati degli ami non grandi (gli amonetti o aghi torti) attaccati a dei fili lunghi un metro legati ad un cordoncino lungo 400 metri. Come esca venivano usati i gamberetti prelevati lungo la riva del Lago. Gli amonetti con l’esca venivano distesi a sera; al mattino due pescatori prelevavano le tinche che avevano abboccato.
Per la pesca a lima dei LUCCI venivano usati ami molto grandi: gli amoni nei quali venivano infilate, come esca, le scarbatine. L’amone veniva legato ad una lenza lunga 3 metri. La lenza veniva fissata ad una canna che i pescatori infilavano nel letto del Lago. Al centro della lenza veniva fissato un galleggiante costituito da un toccoletto di biodo.
I pescatori, due di giorno e due di notte, prelevavano i lucci che avevano abboccato e infilavano nuovamente negli amoni le scarbatine pescate con una rete chiamata gorro.
La tecnica della maglia, o rete, veniva praticata quando i pesci andavano in frega. Nel periodo della frega i pesci non mangiano e quindi non abboccano all’amo.
I tipi di rete più usati erano il bertivello, la collatoia, il retino e il tramaglio. Il principe delle reti era il bertivello.
Il bertivello era usato a gennaio e febbraio per la pesca dei lucci e delle scarbate in fase di frega. Veniva parimenti usato ad marzo ad aprile per le tinche che in questo periodo vanno in frega.
Per le ANGUILLE venivano usate le reti a maglie molto fitte chiamate siepi che venivano sistemate negli sbocchi che dal mare portavano al lago e ai suoi immissari e viceversa.